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Autore: tbhhczerwony    21/06/2017    0 recensioni
[Ascolta sempre il cuore Remi]
【one-shot piccina | modern!AU | remi x mattia (friendship) | “cos'è la felicità, per te?”】
dal testo:
Si accorse solo dopo che gli adolescenti qualche volta si voltavano a guardare lui, il suo amico e i suoi animali, ridacchiando tra loro.
Cosa avevano da ridere? Non era affatto divertente dormire per terra anziché in un comodo letto come avrebbero potuto fare loro, invece andavano in giro a urlare e fare caos con la loro musica, mossa che avrebbe potuto svegliare l’intero palazzo, e questo era il minimo.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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non so cosa mi sia preso, ma alcune mattine guardo italia uno alla tv e vedo i cartoni che ci sono. molti di questi hanno segnato la mia infanzia, di molti ne ho cancellato i ricordi e grazie alla programmazione mattutina posso rinfrescarmi la memoria e, non pensavo che sarei potuto arrivare a scrivere proprio su remi. tra l'altro mi ricordo pure che ce n'erano due: questo su cui ho scritto la ff e un altro, dove remi è femmina. quest'ultimo non mi piace, perché appunto non è fedele al romanzo. (un po' come sailor moon: non mi piace l'anime degli anni novanta perché non è fedele al manga, e sailor moon crystal è arrivato a salvare la situazione) ma dopo questa lunga premessa, vi lascio alla breve ff, che spero che vi piaccia... e che ad alcuni di voi faccia rivivere dei ricordi d'infanzia anche se è un modern!au.


Felicità
felicità
/fe·li·ci·tà/
sostantivo femminile
1. La compiuta esperienza di ogni appagamento; godere, assaporare giorni di f..
2. Opportunità, convenienza, eccellente riuscita.
"la f. di un'espressione"

 


Fare gli artisti di strada per Remi e Mattia era davvero divertente, la loro vita sarebbe noiosa senza qualche esibizione – a parere di quest’ultimo – e ci guadagnavano anche. Ma loro erano davvero felici di ciò? Fare gli artisti di strada in quel tempo, li rendeva fieri di loro stessi?
La notte si dovevano sempre rifugiare sotto qualche portico, in caso fosse venuta la pioggia all’improvviso; loro erano gli unici senza riparo, mentre gli altri avevano tutti un ombrello. Proprio quel giorno, infatti, successe: stava cominciando a piovere, e Mattia e Remi si cercarono il riparo più vicino insieme a Capi e Joli Coeur.
Erano più o meno le due del mattino, le uniche persone che giravano erano degli adolescenti con i loro telefoni accesi, la luce abbagliante arrivò fino agli occhi di Remi, che si svegliò per colpa della luce proiettata dai telefoni dei passanti, che si allontanavano piano piano. Si accorse solo dopo che gli adolescenti qualche volta si voltavano a guardare lui, il suo amico e i suoi animali, ridacchiando tra loro.
Cosa avevano da ridere? Non era affatto divertente dormire per terra anziché in un comodo letto come avrebbero potuto fare loro, invece andavano in giro a urlare e fare caos con la loro musica, mossa che avrebbe potuto svegliare l’intero palazzo, e questo era il minimo. Il giovane sospirò e si voltò verso Mattia, che stava dormendo come un ghiro.
Remi era abbastanza combattuto: non voleva svegliare l’amico, ma allo stesso tempo voleva parlargli di una questione a lui molto importante e cara. Scosse leggermente la testa e passò una mano sulla spalla di Mattia, scuotendolo leggermente e mormorando il suo nome, sperando di poterlo svegliare il più presto possibile. Il ragazzino tolse semplicemente la mano dell’amico dalla spalla, cambiando lato nel sonno e borbottando: «Remi, non mi sbattere, ci andiamo domani al centro commerciale…».
Il diretto interessato inarcò un sopracciglio, “tsk, sta sicuramente sognando” pensava, ridacchiando tra sé e sé. Con tutto ciò, però, continuava a scuotergli un po’ la spalla e chiamarlo a bassa voce. Dopo un po’ di minuti, Mattia aprì gli occhi e si voltò verso Remi.
«Finalmente sei sveglio» gli disse, sorridendo, «Ho bisogno di parlarti di una cosa importante».
Mattia inarcò un sopracciglio e si strofinò gli occhi con le mani, ancora stanco, poi guardò l’orologio digitale che aveva trovato per terra: erano le tre meno un quarto. «Remi, sai che ore sono, vero?» domandò, tenendo in mano l’orologio.
«Quasi le tre?» tirò ad indovinare l’amico, «Io sono sveglio dalle due: sono passati degli adolescenti che si sono messi a ridere di noi e avevano dei telefoni con la musica accesa. Da lì non sono più riuscito a dormire, mi sono messo a riflettere».
«Devo riflettere anche io, quindi?» Mattia sbuffò, spostando il ciuffo dei suoi capelli dagli occhi, mettendosi seduto e sgranchendosi le ossa delle braccia.
«No, no… volevo solo parlarti di noi due».
«Remi, potevi dirmelo subito che ti piacevo, ma non siamo un po’ troppo giovani?».
Remi arrossì appena in volto e si mise a ridacchiare, «Non è questo l’argomento!» e gli diede un piccolo schiaffetto sulla spalla scherzosamente, «Vedi, si tratta delle nostre esibizioni».
«Sì, e allora?».
«Noi lavoriamo giorno e notte per organizzarne una adatta e inedita, e a qualcuno piace anche il nostro lavoro, come piace anche a noi, ci divertiamo e—».
«Vai al punto».
Remi rimase qualche secondo in silenzio: non sapeva se chiederglielo o no, per lui stesso sembrava una domanda senza senso, si trovava in difficoltà. Conoscendo Mattia, avrebbe potuto rispondere anche con tono sgarbato, per quanto fosse priva di senso.
«Ma noi siamo davvero felici?».
Tra i due ci fu qualche secondo di silenzio. Rimasero a guardarsi per un po’, Remi era perplesso, mentre Mattia era abbastanza confuso: perché quella domanda? Era così difficile che non sapeva trovare una risposta. In effetti, a pensarci bene, al di fuori delle esibizioni non erano tanto felici come speravano di essere, bastava guardare la situazione in cui erano in quello stesso momento: telo steso per terra, in modo tale da non sporcarsi i vestiti, le borse poggiate sul telo, gli animali che dormivano, i cappelli poggiati davanti a loro al rovescio in modo tale che se loro si mettevano a suonare da seduti la gente poteva metterci i soldi dentro e, ultimo ma non meno importante, dormivano proprio lì sopra e non era per niente comodo.
Per Mattia però, la felicità aveva un altro significato. Rimase ancora in silenzio a guardare Remi, che stava ancora attendendo una risposta alla sua domanda difficile. Il corvino si mise a ridacchiare e, non appena quella risatina provocò l’espressione confusa dell’amico, si limitò subito dopo a sorridere.
«E tu sei felice?» gli chiese. Per Remi era come una trappola: a una domanda non si risponde di certo con una domanda. Rimase un po’ deluso da ciò.
«Questa non è una risposta» affermò, incrociando le braccia al petto.
«Allora ti spiegherò prima io il motivo per il quale sono felice lo stesso» rispose, prendendo in mano il suo cappello e giocherellandoci, «Vedi, tu sei il mio migliore amico, e passare il tempo con te mi rende molto felice. Non importa in quale posto siamo, in quali guai ci troviamo o cosa facciamo: basta che sto insieme a te, questo mi basta».
Remi ne rimase stupito: in effetti anche per lui era così. Non ci aveva proprio pensato, e voleva solo vergognarsene. Si limitò a sorridere, inizialmente voltandosi da un’altra parte, sentendosi un po’ in imbarazzo, ma subito dopo si voltò verso Mattia, prendendogli una mano.
«Per me è lo stesso».
«Davvero?».
Il bruno annuì, «Devo ammettere che, a primo impatto non ci avevo pensato, ma non appena tu mi hai detto tutte queste belle parole, mi sono… “risvegliato”, ecco».
«Lieto di averti dato il buongiorno, allora».
I due si misero a ridere, infine si abbracciarono. In quello stesso momento Mattia sbadigliò, mettendosi una mano davanti alle labbra.
«Forse è meglio dormire, vero?».
«Tu dici, eh?».
 
   
 
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