Anime & Manga > Tokyo Ghoul
Segui la storia  |       
Autore: Chemical Lady    22/06/2017    0 recensioni
[[ Spoiler su tutto Tokyo Ghoul :re - Presenza di personaggi OC nella storia ]]
La figura che troneggiava su di lei sembrava un angelo.
Distinta, si stagliava verso il cielo possente, spezzando il buio notturno con la sua bianca presenza. Il cappotto candido cadeva fino al terreno, immacolato ad eccezione di qualche piccola ma visibile goccia di sangue. Una costellazione vermiglia, spaventosa, che impregnava il tessuto sovrapponendosi ad altre più vecchie, marroni e rapprese, ad alta velocità.
Il volto, invece, pareva quello di un demone. Gli occhi dall'innaturale sclera nera spiavano impassibili e annoiati il solo superstite della squadra Hidaishi.
Riversa sul marciapiede, in una pozza della sua stessa urina, c'era una ragazza dai capelli neri, che spuntavano arruffati da sotto il casco della divisa antisommossa del CCG. Teneva gli occhi ambrati fissi su quelli del ghoul dalla maschera rossa, incapace di distoglierli.
Sto morendo , si diceva in una lenta litania. Sto morendo.
Aiko Masa, vent'anni sprecati a compiere scelte inutili, stava morendo.
[[ Quinx Squad center ]]
Genere: Angst, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Nuovo personaggio, Sasaki Haise, Sorpresa, Un po' tutti, Urie Kuki
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
saboteur

僕は孤独さ  No Signal

Parte quarta: Il caso Lisca.

 

 

Luci abbaglianti, tubi, ventose e aghi.

Si sentiva una rana pronta per essere dissezionata.

Cercava inutilmente di reggere il lenzuolo che le copriva il petto, mentre attorno a lei i borbottii si facevano sempre più coincitati. Le doleva ogni singola parte del corpo, a iniziare dalle braccia, fino al ventre. Si sentiva un porta spilli di carne viva, una bestia strana ed esotica da studiare. Un nervo scoperto ripetutamente stimolato.

«Credevo che quella dell’altra volta sarebbe stata l’ultima seduta. Perché sta succedendo di nuovo?»

Tatara spostò lo sguardo dalle lastre appese alla lavagna luminosa al viso della giovane. Una lacrima le  solcava la tempia, mentre tremava per il dolore. Quando gli occhi rossi scivolarono verso il ventre tenuto aperto da un divaricatore anatomico, si ritrovò a realizzare Aiko stava vivendo l’intera situazione come una tortura. E che forse gli importava.

«Non lamentarti. Sono stato io a somministrarti la anestesia locale.»

«Ha terminato il suo effetto da quelle che mi sembrano ore.»

Il metabolismo dei ghoul era molto più veloce di quello umano e anche quello dei Quinx doveva essere simile. Tatara smise però di prestarle attenzione, arguendola con non curanza. «Sopportalo. Sii più forte del dolore stesso.»

«Povera Aiko-chan. Oggi ci sto mettendo più tempo del solito, ma non faccio altro che distrarmi!»

L’albino assottigliò lo sguardo. «Sta facendo perdere tempo a tutti con questo atteggiamento, dottor Kanou.»

Il dottore rise, scuotendo il capo giulivo. «Chiedo scusa. Mi rimetto subito all’opera allora.» Quindi prese in mano la sega chirurgica. Aiko prese dei lunghi respiri, rabbrividendo nel sentire l’attrezzo accendersi. Un dolore cieco la scosse, mentre sentiva Kanou smussare le sue vertebre. Si morse il labbro fino a farlo sanguinare e quando non riuscì più a resistere lasciò cadere quel lenzuolo, incurante del pudore. Allungò la mano e strinse con forza la manica di Tatara, cercando di inarcare la schiena e sottrarsi, ma le cinghie di cuoio che la tenevano inchiodata a quel letto glielo impedirono.

I minuti che passarono le parvero anni, fino a che, di punto in bianco, l’albino parlò di nuovo. «Basta così.»

Kanou smise di affettarla con un bisturi, alzando gli occhi sul generale di Aogiri. «Purtroppo temo di dover necessariamente smettere in ogni caso. Non posso rimuovere la gabbia in nessun modo, per quanto ci abbia provato. Senza contare che ho qualche idea di cosa succederebbe se la rompessi e liberassi il kakuho. Tutte queste teorie però hanno un brutto epilogo.»

Aiko respirò affannosamente, alzando il capo per spiare il ventre, prima di ributtarlo giù, sul cuscino. Si rese conto che stava tenendo la mano di Tatara, così la sfilò velocemente, guardando il maestro. Questi si voltò, afferrando da un carrello una siringa. «Dottore, è questa?»

Kanou allungò il collo, prima di rimuovere il divaricatore. «Sì, esatto. Con quella l’apporto di cellule rc verrà prodotto il doppio più rapidamente. Così si rigenereranno le ossa e gli intestini, visto che gli altri li ho buttati.» Il ghoul bianco fu abile a trovare una vena nel braccio. Fece l’iniezione, mentre il dottore ancora osservava l’interno del ventre della ragazza, ammaliato. «Tutto questo è così affascinante. È un peccato che io non possa smontarti, cara.»

«No, non può.»

La voce di Tatara uscì particolarmente minacciosa in quel frangente. Così tanto che Kanou non replicò oltre, ringraziando Aiko per il sui ‘tempo’, prima di uscire, con tante foto da analizzare e qualche campione anatomico prelevato tramite biopsia. Poteva dirsi soddisfatto. Masa lasciò che Tatara la liberasse, prima di alzarsi seduta. Allungò una mano verso il basso, sentendo il buco con le dita e sfiorando la gabbia metallica in acciaio quinque con la punta del polpastrello. Poi la ritirò immediatamente, tenendo gli occhi sgranati sul lettino.

«Sarebbe tutto più semplice se uno dei tuoi nuovi amici morisse.»

Aiko non rispose a quella frase forte. Tenne il capo abbassato e le braccia strette attorno al petto nudo, chiudendosi su se stessa. Poi, con voce piccola, fece una semplice richiesta al maestro. «Puoi lasciarmi sola, per favore?»

Tatara annuì, buttandole addosso il lenzuolo. Esso le ricadde sulle spalle e sul capo, nascondendola solo parzialmente alla vista. Attraversò la stanza silenzioso e, arrivato alla porta, la chiamò. «Mèi-mèi», sussurrò, con tono basso e quasi carezzevole, facendole alzare lo sguardo. Aveva gli occhi distrutti. «Hai tempo mezzora. Poi ti aspetto per allenarci con il Dao

«Va bene, Laoshi

Non era sicura che sarebbe riuscita a continuare a flettersi a quel modo senza spezzarsi, ma non aveva scelta. Kanou voleva delle cavie e lei era lì, per regalare a Eto quell’esercito che tanto desiderava. Doveva fare la sua parte, lo diceva sempre Tatara. Perché Aogiri è sacrificio totale, non c’è posto per gli egoisti, qui.

Eppure lei, che egoista non lo era mai stata, desiderò diventarlo.

Un’ombra nera e veloce scivolò nella stanza attraverso la porta lasciata socchiusa. Fu impossibile per la giovane accorgersi della sua presenza fino a che non la raggiunse sul lettino operatorio con un balzo.

«Seidou…»

Il ghoul studiò il suo viso segnato dalle lacrime, prima di sospirare. Si abbassò il cappuccio, liberando la chioma candida, prima di iniziare a frugare dentro al suo mantello, tenendo lo sguardo ben piantato sulla voragine che le deturpava il tronco. Le porse un sacchettino che odorava di sangue, «Mangia, guarirai prima.»

Lei lo prese con mani tremanti, prima di buttarsi contro di lui, stringendosi al suo collo come se rischiasse di affogare. Sentì la mano di Takizawa appoggiarsi alle sue reni, mentre le labbra tinte di nero si accostarono al suo orecchio.

«Va tutto bene», dichiarò, sprezzante, con una leggera nota di cieca follia nella voce. «Li ucciderò tutti. Li ucciderò tutti e lo farò presto.»

E l’avrebbe fatto, oh eccome se lo avrebbe fatto.

 

Capitolo ventitré

«Take! Take! Ei!»

Aiko si era letteralmente buttata dalle scale, appoggiando le mani sulla ringhiera come una ginnasta per scendere al piano di sotto e cercare di raggiungere l’ex caposquadra. Questi era chiuso in un’accesa discussione sottovoce con Arima, ma si bloccò in mezzo al corridoio quando la sentì chiamarlo. Il risultato fu che Masa, che lo stava rincorrendo, si schiantò contro la sua schiena, facendo un fracasso del demonio.

Hirako non si smosse e nemmeno Arima al suo fianco. Si voltò semplicemente nella sua direzione, porgendole una mano per aiutarla ad alzarsi, visto che era volata con il sedere per terra. «Buongiorno.»

«Buongiorno ad entrambi», salutò lei, sistemandosi la camicetta. Poi si rivolse a Take, «Hai un minuto? Volevo parlarti di una cosa.»

Questi guardò Arima, che guardò Aiko, che continuò a fissare in attesa Hirako. Lo Shinigami fece un semplice cenno, rubando tutti i fogli che il collega reggeva in mano, «Fai con comodo. Ciao Aiko.»

«Ciao, classe speciale.» Masa alzò una mano, guardando Arima defilarsi piuttosto in fretta, prima di appoggiare entrambe le mani sui fianchi. Tornò a rivolgersi a Take, prendendolo poi per un polso per tirarlo da parte e permettere così ad un paio di colleghi di passare. «Che dici, ci spostiamo da in mezzo al corridoio? Ti offro in caffè.»

Accettò, ma finì comunque per essere lui a pagare il caffè  per entrambi. Come sempre. Lei si lamentò, cercando di impedirglielo e regalando una scenetta iconica agli avventori della sala relax, che poterono godere della vista di una ragazza di cinquanta chili che provava a spostare fallendo un uomo molto più veloce di lei a scansarsi. Un essere umano normale contro un Quinx.

Il Quinx perse.

«Di cosa volevi parlarmi?»

Seduta sul divanetto di fronte a quello del rosso, Aiko abbassò gli occhi sul caffè. «Volevo scusarmi per ieri. Ti ho risposto davvero male, più del solito almeno.» Abbozzò un sorriso, guardandolo di nuovo prima di riprendere. «Penso sia stata la giornata peggiore nell’ultimo anno, tolto ovviamente il casino del Lunar Eclipse. Non mi sembrava che nulla sarebbe andato per il verso giusto.»

«Non sono arrabbiato con te», le disse, con tono pacato, portando il bicchiere di carta alle labbra. «So che conoscevi il ghoul della tua indagine.» Lei si chiese chi potesse averglielo detto, ma Take glielo rivelò subito. «Shimura

«Ah. Pensavo Aizawa

«Aizawa mi ha tolto il saluto, non so perché.» La ragazza ridacchiò, prima di bere il suo caffè. Lui si sporse in avanti. «Vuoi parlarne, comunque?», domandò, «Della giornata di ieri, intendo.»

«Diciamo solo che è stata lunga e sofferta. Non ho molto di cui lamentarmi in realtà, ma sai quando sei così stanco che ti basta una minima provocazione per sentire i nervi stridere?»

«Pensavo che per te fosse così ogni giorno.»

Aiko alzò le sopracciglia, «Mi stai prendendo in giro?»

Hirako si alzò in piedi, «Io? Mai. » Buttò il bicchierino in un cestino. «Se hai bisogno di me sai dove trovarmi. Ora devo tornare al lavoro.»

«Buona giornata, Tappetino di Arima-san.» Lo salutò con la manina e un sorrisetto divertito, realizzando che si sentiva molto, molto meglio. Più leggera. Buttò a sua volta il bicchierino, facendo canestro senza alzarsi dal divano. Poi si allungò con le gambe, appoggiando le mani sul ventre.

«Oi Masa!»

Aprì un occhio solo. «Ciao, Komoto

Il tecnico si mise a sedere di fronte a lei, sorridendo allegro. «Come stai?», le domandò gentile, prendendo da una busta sterile un paio di bicchierini di carta. Li passò in rassegna attentamente, controllando che non fossero sporchi. Poi li riempì  usando il suo bellissimo termos da scuola elementare e gliene porse uno.

Masa si appuntò mentalmente di non berne altri nel corso della giornata o non avrebbe dormito per la seconda notte di fila. Quella appena trascorsa l’aveva passata abbracciata così stretta a Urie da non riuscire a prendere sonno, ma incapace di allentare la presa. «Sono stanca morta. Tu?»

«Alla grande. Ho comprato un bellissimo pesce combattente. È viola e blu scuro, assomiglia al tuo kagune.» Con entusiasmo, iniziò a descrivergli attentamente il nuovo acquisto e il bellissimo acquario che aveva tutto per sé, nel quale aveva anche installato un sistema di piante acquatiche davvero molto belle. Poi fece un’osservazione. «Sei stata in ferie a giugno, no? Come fai ad essere già così stanca?»

«Il lavoro dell’agente è opprimente», rispose, sorseggiando soddisfatta il caffè, di una qualità cento volte migliore di quella solubile della macchinetta. «Ogni tanto si entra in contatto con realtà che avremmo preferito evitare.»

Lui annuì, con la faccia di qualcuno che non ha assolutamente idea di cosa il suo interlocutore stia dicendo, ma che comunque ne rispettava il punto di vista. A prescindere. «Parlami un po’ delle tue vacanze, piuttosto.» Si sistemò sul divanetto, attento a non appoggiarci sopra le mani per non dover correre al riparo con il disinfettante in gel. «So che sei stata a Okinawa. Hai fatto vita da spiaggia? Mi piacerebbe molto farmi un viaggio del genere, ma il pensiero di un gruppo di persone mezze nude che condividono un pezzo di spiaggia, pestando la stessa sabbia, fumandoci e mangiandoci sopra per poi buttarsi in un mare inquinato dalle scorie di Fukushima, mi fa rabbrividire.»

Masa ridacchiò sotto ai baffi. «A me piace molto invece. Il mio sogno è vivere in un posto del genere. Adoro il mare.»

«Scommetto che metà di questo dipartimento sogna di viverci con te», la colse di sorpresa Komoto, arrivando quasi ad ammiccare.

«Cosa intendi, Sheldon Cooper?», gli chiese, facendolo ridere.

«Mi riferisco alla foto che Urie Kuki ha postato su instagram mentre eravate ancora ad Okinawa. Quella di te, che esci dalle onde dell’oceano radioattivo come la Venere del Botticelli, ma senza la conchiglia, con addosso un succinto costumino bianco.» Chiuse gli occhi, riportando alla mente tutti i dettagli in modo davvero inquietante. «La mano fra i capelli corti lucidi perché bagnati, il volto leggermente chino e un bel sorriso. Anche se io preferisco ricordarmi del vecchio in sfondo. Scusami, ma la sua espressione mentre guardava il tuo lato b è impagabile. Credo sia morto di infarto subito dopo.»

«Stai svilendo una bellissima foto.»

«Ha avuto più di cinquecento like non per quello e lo sai benissimo. Sono cinquecento applausi alle tue gambe. Urie non ha mai avuto così tanta visibilità all’account in tutta la sua vita e non credo ne avrà mai più.» Fece una pausa, concedendosi di ridere con la mora. «Nemmeno se si facesse un selfie con la testa del Re col Sekigan in mano. Solo una cosa fa girare il mondo, anche se ammetto di saperne poco.»

Aiko scosse il capo, divertita. «Sei ancora in tempo per perdere la tua verginità. Hai la mia età, non farmi sentire vecchia.» Finì il suo caffè, ripensando alla foto, al fatto che Urie l’avesse definita la sua ‘collega’ sotto di essa e a tutte le risate che si erano fatti notando l’aumentare dei like. Fino a che Urie non aveva smesso di ridere, soprattutto  visti i commenti dei loro amici. Kuramoto si era divertito davvero un sacco a prenderlo in giro.

«Ci proverò. Ma il pensiero di entrare in contatto con il liquido secreto dall’apparato genitale femminile mi fa un po’ rabbrividire.»

«Prova con l’apparato genitale maschile, allora.»

Lui la guardò con disgusto. «Ancora peggio.»

«Masa!»

E così arrivo anche Aizawa.

«Alzati, ti porto al :RE a bere un caffè. Urie ha detto che intanto ora non gli servi.»

Lei lo guardò sorpresa. «Ma ne ho già bevuti due.»

«Allora ti prenderai una spremuta. Avanti, muoviti.»

 

Aiko non aveva avuto molta scelta se non alzarsi, scusarsi con Komoto per quella fuga inaspettata e andare dietro al patologo, che pareva più fuori di testa del solito. Lo seguì in macchina e una volta lì, il biondo alzò il volume della radio, settata su una frequenza che mandava musica country, per non parlare.

E non parlarono fino all’arrivo. Una volta fermi nel parcheggio di fronte allo stabile che ospitava il bar di Kirishima, Aizawa tolse le chiavi dal cruscotto e la radio venne messa a tacere. Si voltò verso Aiko, guardandola serio come mai in vita sua.

«Se oggi non tornerò in laboratorio entro le cinque, una email che ho programmato verrà inviata sulla casella di posta di Urie Kuki. Al suo interno ho raccolto tutte le prove che servono per fargli sapere chi sei veramente, Labbra Cucite

Lei lo guardò, assottigliando gli occhi. «Mi stai minacciando?»

«Sto solo dicendo che ti conviene pensarci molto bene, prima di ammazzarmi.»

Aiko slacciò la cintura, guardandolo ancor più male. «Andiamo. Devi offrirmi qualcosa di molto più forte di un caffè per sopportare la conversazione.»

Lui annuì con un cenno secco, prima di smontare dalla vettura nello stesso momento in cui lo fece anche la mora. Nel bar lei si comportò normalmente, salutando Touka e Nishiki, prima di prendere posto in un tavolino distante dagli altri occupati, di lato rispetto all’ingresso. Lui la seguì, chiedendo a Touka due bicchierini del suo liquore più forte e una fetta di torta alle fragole.

«Lascia la bottiglia», disse poi alla cameriera, con la voce da cowboy e imitando anche il gesto di sistemarsi un cappello immaginario. Kirishima eseguì, sorridente come sempre, lasciandoli sul tavolo, non chiedendo nemmeno se stessero bene. Dopotutto stavano iniziando a bere molto presto. Quando Aizawa prese in mano una delle fragole, lucida a causa della gelatina di frutta, la sovrappose al viso di Masa, di fronte al suo occhio. «Sei un’attrice davvero formidabile, i miei complimenti.»

«Arriviamo al punto. Cosa vuoi sapere da Aogiri?»

Il dottore si sporse in avanti, sul tavolo, guardando gli occhi da gatta di Aiko. In quel momento però era all’erta e lo fissava come una pantera pronta a compiere il balzo per divorarlo. Si ritrovò un po’ eccitato all’idea che quella sarebbe davvero potuta essere la sua ultima conversazione con qualcuno. Nella sua testa, Masa non poteva davvero amare Urie e poi servire l’assassino di suo padre senza nemmeno fare una piega. Anzi, agendo in modo così magistralmente compiaciuto.

«Prima ti dico quello che so, così potrai dirmi o meno se sono cazzate.»

Lei fece un cenno con mento. «Prego, a te il microfono.»

«Sei sulla difensiva? Mi piace. Vuol dire che mi ritieni una minaccia.» Masticò velocemente la fragola, storcendo il naso con espressione disgustata, poi iniziò. «Tutto ha preso una brutta piega quando Mei ha trovato il Ragno.» Fece già una pausa, guardando il viso di Aiko. «Un tuo amico anche lui?»

«Mai sentito nominare. Dimmi di più.»

Il patologo decise di crederle. «Questo simpatico aracnide fa parte dell’organizzazione degli uomini col cappello. Mei non mi ha mai voluto parlare molto di loro, sicuramente per proteggermi o proteggere se stessa. Magari entrambe le cose, chi lo sa cosa cazzo le passasse per la testa. Al massimo si è sbottonata sul fatto che questa organizzazione è composta non solo da ghoul amanti dei copri capi, ma anche da esseri umani. Quando è riuscita a parlare con lui, tutto  andato al diavolo. Si è messa in testa strane cose, blaterava riguardo al fatto che si era fatta un’idea totalmente sbagliata dell’organizzazione e doveva saperne di più. Così ha iniziato a parlare del Gufo col Sekigan, Yoshimura.» Aiko cercò di rimanere impassibile, ma lui notò un piccolo movimento delle labbra. Avevano avuto un tremito. «Non ho idea di come tu ti sia ficcata in questo casino, ma Mei ha insistito per infilarcisi a sua volta. Mi ha detto che un sottoposto del Gufo l’avrebbe condotta da lui e dopo qualche ora è tornata da me e sai cosa mi ha detto? Masa Aiko è Labbra Cucite. Ecco come so tutto.»

«Lo avrà detto, di nuovo, per proteggerti.»

«O per darmi un’arma contro di te. Dio solo sa cosa hai in mente, Aiko.»

La mora svuotò il primo bicchierino. Lui la imitò, per poi versare di nuovo sotto al suo sguardo attento. Masa incrociò le mani sotto al mento. Non avrebbe risposto a quella domanda indiretta. «Va’ avanti.»

«Non so cosa il Gufo abbia detto alla mia ragazza, ma lei è andata ancor più fuori di testa. Mi ha lasciato.» Fece una pausa, prendendo un respiro per riempire i polmoni. «Sembrava insicura su tutto, smarrita. Spaventata. Su una cosa però era molto sicura: mi ha detto che era convinta che sarebbe morta di lì a poco. E che succede? Viene trovato il suo braccio, reciso da una quinque. Chi indaga sul caso? Tu.» La guardò e Masa pensò che se avesse potuto, se avesse avuto conferma dei suoi dubbi, avrebbe provato ad ucciderla a mani nude. Kagune o meno. «Quindi, tirando le somme, ecco cosa penso sia successo: sapeva la tua identità e Aogiri la voleva morta. Per questo l’avete lasciata andare, per farla soffrire un po’, prima di toglierla di mezzo. Ho ragione?»

«Sei così tanto fuori strada da non vedere nemmeno lontanamente la realtà.» Masa si appoggiò al tavolo con il gomito, portando la tempia contro il polso. «Non sai praticamente nulla, dico bene? Non ti ha detto nulla degli uomini col cappello, né di Aogiri. Non sai nemmeno chi è il Gufo. Tu non sei arrabbiato perché pensi che io abbia ucciso Mei. Tu sei furioso perché lei non ti ha mai detto nulla. Sei un bluff vivente.»

Lui abbozzò un sorrisetto amaro, svuotando un altro bicchierino. «Hai ragione, mi fa incazzare tutto questo mistero, anche se è per il mio bene.» Si passò la mano sul viso, sentendosi stanco di tutte quelle macchinazioni, di donne manipolatrici e segreti. «Se sono fuori strada, allora, aiutami a ritrovare il sentiero. Avanti, Labbra Cucite, sono tutto orecchi.»

«Tanto per iniziare, Aogiri non ha interesse nella sua morte. Anzi, ha suscitato una simpatia nel Gufo col Sekigan.» Ivak non le credette, così Masa gli diede qualche altra informazioni. «Diciamo solo che hanno una storia in comune e quindi quando è uscita dal covo nel quale l’ho accompagnata, Mei lo ha fatto in totale libertà. Sono state le informazioni che però ha preteso di sapere che l’hanno portata al martirio, non chi le ha date.»

«Quindi Aogiri non ha ucciso o attaccato Mei

«No, non lo ha fatto.» Aiko soppesò l’eventualità di metterlo al corrente anche dell’altra organizzazione. Poi decise che sì, valeva la pena rischiare. Abbassò tantissimo la voce, così tanto che praticamente prese a parlargli nell’orecchio. «Gli uomini col cappello si fanno chiamare V. e sono molto più pericolosi di quanto lo siamo mai stati noi. È un’organizzazione molto longeva. Non so molto di loro, quasi nulla, però posso dirti ciò che ho colto dalle conversazioni fra il Gufo e Tatara: il loro compito è quello di creare ibridi tra umani e ghoul che possano primeggiare su entrambe le razze. Non solo. Controllano che i ghoul non alzino troppo la cresta, facendo fuori coloro che esagerano con le predazioni, per far mantenere alla specie un profilo il più basso possibile. Essi sono intrecciati con il ccg in modo totalitario, sotto le direttive della famiglia Washuu. Per questo non te ne ha mai parlato, per non metterti in pericolo.»

Aizawa inorridì. «I Washuu», sussurrò, senza fiato.

«Tragicomico che dietro ai ghoul ci siano le colombe, non credi? Il nostro mondo è questo: una ruota di corruzione che gira su se stessa.»

Gli permise di entrare in contatto con quella traumatica realtà, così surreale da sembrare credibile. Quando Ivak annuì lentamente, aveva una sola domanda. «Se tutto quello che mi stai dicendo è vero, allora chi ha ucciso Mei

«L’hanno uccisa loro.» Lapidaria, Masa non aveva dubbi. «Mei mi ha confidato che quel giorno, qui al :RE, stavano attaccando lei. Non Kikyo, non me. Lei. È nei loro obiettivi da tanto, troppo tempo e ora sono arrivati a trovarla. Non ho la minima idea di chi le abbiano mandato contro, ma una cosa è certa: è più probabile che sia morta che in fuga.»

«Non possiamo dirlo con certezza.»

«No, non possiamo. Ma Ivak», portò una mano sul suo avambraccio. «Sono persone pericolose.»

«Se anche Aogiri li teme, allora sì, lo sono.»

Aizawa aveva molte cose su cui rimuginare e la mora lo capiva. Mangiò metà della sua torta perché lui lo stava facendo a forza e ricordò che Mei ne prendeva sempre una fetta. Un’abitudine, sicuramente erano stati in quello stesso luogo per molte volte, insieme.

Rimasero zitti per più di cinque minuti, entrambi con i loro pensieri per la testa. Poi il biondo aprì di nuovo bocca. «Tu lo ami? Urie intendo. Perché io voglio credere che Mei mi amasse davvero, anche se aveva un obiettivo. E tu sei uguale. Hai un obiettivo, anche se non so quale.»

Masa lo guardò e a lui sembrò così triste da spezzargli il cuore. Arrivò addirittura a dispiacersi per lei, per quanto fosse molto complesso per lui empatizzare. Perché la sera che Mei aveva scoperto della donna seduta di fronte a lui, la sua vita era andata in pezzi ed era rimasto solo.

«Il mio obiettivo è sempre stato quello di non morire, né fare morire le persone a cui voglio bene.» Aiko parlava dimessa, spezzata. «Sapevo molto bene di essere debole. Non potevo difendere nessuno, né salvare me stessa. Dovevo quindi diventare forte per poterlo fare, perché non volevo perdere i pochi che mi fanno sentire ancora viva. Ironicamente, negli anni, fra queste persone se ne sono aggiunte molte altre. Sono ghoul. E io voglio molto bene loro, anche se fanno cose terribili. Così ho iniziato a vedere le cose in prospettiva: possiamo condannare il prodotto della natura? Loro devono mangiare carne umana per vivere, non perché vogliono o meno. È solo un mero caso nascere esseri umani. Così ho finito per cadere nel paradosso e assecondare i miei aguzzini fino in fondo, spontaneamente. Ho abbracciato la causa di Aogiri.»

«Il mondo ai ghoul?»

«Il mondo ai forti.»

Lui non capì. «I forti che schiacciano i deboli non sono meglio dei ghoul che uccidono le persone.»

«Ma come essi sono natura. Il più adatto si evolve e sopravvive. Senza contare che il vero progetto di Aogiri è distruggere la nostra realtà minandone le fondamenta. Radere al suolo il nostro mondo per poi ricostruirlo in modo che non ci siano più dislivelli di giustizia. In modo tale che anche i ghoul possano vivere una vita piena.»

Il dottore sospirò piano. «Credo che sia questione di opinioni. Io penso sia aberrante tradire così i propri ideali. Perché è questo che fai ora che sei forte, vero?»

«Da Aogiri non si esce vivi, nemmeno volendolo ora potrei voltare pagina. Però hai ragione. Ora faccio questo», nella sua voce si avvertì una nota sprezzate. «Potevo uccidermi, così da impedire al Gufo di fare del male ai miei cari, e non pensare che non ci abbia provato. Ma non ho avuto possibilità di fuga e ho deciso di lottare. Ho deciso di capire. E non chiederò scusa per questo. Io darei la mia vita per tenere al sicuro tutti voi.»

Ivak si sentì strano nell’essere inserito nel discorso della ragazza, ma dubitava che sarebbe morta per lui. In ogni caso, prese un altro bicchiere, invitando la mora a bere a sua volta. «Allora, lo ami o no? Non evitare la domanda.»

Lei bevve, poi chiese subito un altro giro di liquore. «Evito la risposta perché se ora ammettessi che lo amo, mi sentirei così tanto in colpa che temo non riuscirei a guardarlo in viso. Sai la sua storia e cosa il Gufo gli ha fatto.»

Aizawa annuì lentamente, sospirando così forte da sgonfiarsi come un palloncino mentre si accasciava sulla sedia. «Anche lui ti ama, povero biscotto. Quando si scoprirà tutto – perché lo sai benissimo anche tu che si verrà a sapere in un modo o nell’altro- ne uscirà distrutto.»

«Saremo in due, temo. Spero solo di essere morta per allora.»

Ivak sospirò. «Egoista.»

«Al contrario. Se non sarò morta io lo sarà lui, perché se esce fuori chi sono, allora avrò fallito. In quel caso Tatara, non avrà pietà.» Aiko chiuse la bottiglia, segnando che la loro conversazione aveva raggiunto un punto morto e lui fu d’accordo con lei per la prima volta da quando si erano seduti. «Non parlare a nessuno degli argomenti toccati oggi.»

«Non ti denuncerò, se hai paura di questo. Non è carità, solo mi dispiace davvero tanto per Urie e magari puoi essermi utile in futuro.» La guardò, facendole un cenno. «Il più forte sopravvive, no? Io dico il più furbo.»

«Vero anche questo.» Terminando la torta, Aiko si appoggiò allo schienale. La testa le girava appena, quel liquore era davvero forte. Ironicamente, era anche alle fragole. Schioccò la lingua contro al palato. «Quindi mi hai portato qui per ubriacarci alle dieci e mezzo del mattino?»

«No, sei tu che hai deciso di ordinare qualcosa di forte.»

«Giusto, mi hai portato qui perché pensavi che avessi ucciso Mei

Il dottore annuì lentamente. «Puoi biasimarmi? Una quinque ha reciso il suo braccio.»

La mora alzò le spalle. «Io avrei chiesto a un mio sottoposto di farlo. Per non compromettermi. Anche se ci sono ghoul che usano quinque. Molte sono rubate alle colombe uccise, altre comprate sul deepweb. Arima lavorava a un caso di contrabbando anni fa, magari potremmo chiedergli qualcosa. Alla fine, tutte le quinque lasciano segni distintivi e-»

Masa si interruppe di botto, gli occhi fissi sul muro.

Ivak la guardò in attesa. «Ti si è inceppato il disco rigido?»

«Siamo degli stupidi Aizawa.» Si fece più vicina, cospiratoria. «Se V. è nel seno del ccg, allora alcuni agenti ne faranno parte, non credi?»

Il biondo la guardò perplesso. «Può darsi, quindi?»

«Quindi le loro quinque non saranno nel sistema. Non le hanno registrate proprio per casi come questo.» Gli occhi del medico presero a brillare, consapevoli. «Ma noi abbiamo un modo per confrontare le quinque con la ferita sul braccio senza usare il database.»

«…Usando le foto dei singoli casi.»

«Usando le foto dei singoli casi.»

«Voi due.» Kirishima li fece sobbalzare entrambi. Ottenne la loro attenzione, con uno sguardo piuttosto severo in viso. «Aogiri, ccg, casi, indagini…. Mi state spaventando tutti i clienti. Potete continuare questo discorso fuori?»

«Scusa, Touka.» Masa prese il portafogli, ma la cameriera la fermò.

«Offro io, ma ora andare. Ok?»

Si alzarono insieme e sempre insieme barcollarono. Masa doveva farsi un esame di coscienza, per quanto stava bevendo in quel periodo. Si scusarono con la cameriera, notando un paio di tavoli occupati da ghuol che li seguivano con gli occhi mentre uscivano, spaventati e all’erta.

«Abbiamo alzato la voce, eh?»

«A quanto pare. Fortunatamente non sulla parte più brutta del discorso.» Arrivarono alla macchina, ma non misero in moto. Si diedero il tempo di riprendersi dalla bevuta, tenendo i finestrini belli aperti. «Ok, sentimi bene, Aizawa. Torna all’obitorio e fai un backup del server. Così avremo tutte le foto di tutti i casi. Confronteremo i segni distintivi delle ferite con quelli che abbiamo ricavato dal braccio. Io vado a casa a preparare il programma per il confronto. Poi vieni allo chateau.»

«Ricevuto.»

«Un ultima cosa.» Ivak la guardò, attento. Potevano risolvere quel caso, potevano farlo davvero grazie all’intuizione della ragazza. «Non dire a nessuno che seguiamo questa traccia. Nemmeno a Kuki, per ora.»

Lui non comprese. «Perché?»

«Perché ancora non sappiamo chi è stato e potrebbe rivelarsi una mossa avventata. Ti ricordi l’ultimo articolo di Mei? Esiste una gerarchia interna al ccg che prevarica il grado.»

 

 

Aiko aveva lavorato per quasi due ore sulle fotografie scattate al braccio di Mei. Aveva estrapolato la visuale migliore, mettendo in risalto i dettagli delle creste e degli avvalli creati dall’arma nel momento in cui si era abbattuta sull’arto del ghoul.

Se avesse dovuto ripetere quel lavoro su tutte le foto che Aizawa le avrebbe fatto avere, allora, ci avrebbero impiegato giorni interni. Mesi forse.

Anche con l’aiuto del programma per la rielaborazione fotografica in 3d ci avrebbero impiegato una vita.

Nel momento in cui il medico mise piede allo chateau, con lo sguardo animato da una nuova speranza e un disco esterno in mano, Masa ebbe la conferma che sì, ci avrebbero impiegato una vita.

«Dovremmo iniziare da Kijima.»

La mora corrugò la fronte, smettendo di scrollare la quantità industriare di cartelle che contenevano, a loro volta, una quantità industriare di fotografie. «Ma di cosa stai parlando?»

«Perché porta un cappello», fu la motivazione di Aizawa, che le fece alzare gli occhi al cielo. «Pensaci bene. Ti ricordi quando è successo tutto quel casino con Jail? Alla fine è stato tutto messo a tacere, anche se lui ha-»

«Kijima è morto ad aprile, Ivak

«Oh. È vero.»

Aiko gli fece cenno di scendere dal divano e di sedersi con lei sul tatami, «Concentrati, ok? O staremo qui per tutta la notte. Quale agente che conosciamo potrebbe lavorare per V.?», gli sussurrò, complice, lanciando continue occhiate alle scale che portavano al piano di sopra, dove Higemaru, Saiko e Hsiao stavano ormai da tutto il pomeriggio.

«Immagino debba avere una certa anzianità, no?», fu la prima ipotesi a freddo del biondo, che si passò la mano sul viso. Era già stanco. «Se è così degno di fiducia. O magari direttamente un Washuu. Matsuri?»

«Come inizio non è male. Vediamo.»

Matsuri aveva registrati diversi casi con solamente due diverse quinque. Quaranta minuti dopo, nessuna delle due corrispondeva.

«Una cosa l’ho capita. Facciamo un confronto ad occhio e poi solo se troviamo punti in comune allora li confrontiamo o diventa un lavoro troppo lungo.» Masa si passò la mano dietro al collo pensierosa. «Un altro nome, avanti.»

«Confronta anche quella di Urie. Magari Matsuri lo ha chiesto al suo cucciolo.»

Masa lo guardò offendendosi, «Scherzi? Mei era una sua amica. Senza contare che Kuki era sconvolto quando ha scoperto che lei è un ghoul.»

Ivak si morse piano il labbro, indeciso. «Io voglio bene a Urie», ammise, «Però conosco la sua sete di ambizione. Forse non sapeva chi stava combattendo, non pensi? Poi perché Nokochiwa è andato da lui?»

«Si chiama Nobunaga ed è andato da lui perché Mei lo ha indirizzato, lasciandogli il biglietto da visita di Kuki.»

«Possiamo farlo lo stesso? Per stare tranquillo. Per favore.»

Aiko prese un bel respiro, aprendo una cartella. «Scartiamo Ginsui a prescindere. Quella quinque morde, non taglia.» Sorteggiò un vecchissimo caso, dei tempi in cui usava ancora la sua vecchia arma, datagli appena uscito dall’accademia. Mise sullo schermo il taglio trasversale sul busto di un uomo e il braccio e aumentò i contrasti. «Scagionata anche Tsunagi. Non è stato lui, ma ci avrei scommesso? Vuoi vedere anche Inazami?», gli domandò ironica.

Aizawa sbuffò, «Taglio troppo largo per essere stato fatto da Inazami.»

«Sai chi mi viene in mente?», domandò retorica la ragazza. «Marude. Lui e Yoshitoki sono amici da sempre. Magari ha portato fuori la spazzatura al suo posto.»

«Marude avrà una ventina di quinque.»

Aiko annuì, «Iniziamo da quelle che usa di più e andiamo a ritroso. Che ne pensi?»

Ivak, che intanto aveva preso a sfogliare le foto della scena del crimine dal fascicolo, la fermò. «Aiko aspetta», qualcosa gli balenò nella mente all’improvviso. «Non ci sono altre tracce di sangue se non questa grande e questi schizzi sul muro?»

Lei scosse il capo. «No, credo sia stato un singolo colpo inferto con forza.»

«Però c’era il liquido segreto dal kagune sulla parete.» Lei annuì, non capendo il punto. Lui invece aveva capito eccome. «Come è possibile che se la porta non è stata scardinata e che se Mei ha avuto il tempo di usare il kagune, il suo aggressore non si sia ferito? Poi perché lo ha fatto entrare? Lo conosceva? Voglio dire…» Le mise sotto al naso la pozza di sangue. «Non ci sono altri contributi di dna in tutta la casa. Chiunque le abbia fatto questo è stato bravo, evitando quei maledetti aghi che le escono dal braccio e ti assicuro che  è impossibile non ferirsi quando li usa. Come è possibile? Poi non ci sono segni di lotta, nessun mobile rotto… Nemmeno lo Shinigami Bianco potrebbe…

La frase cadde a metà, perché Aiko era sbiancata. Non solo.

I suoi occhi la stavano tradendo.

«…Non mi dirai che hai sempre pensato che-»

«Arima Kishou è un Washuu», buttò fuori, di punto in bianco Masa, ghiacciandolo. «Me lo ha detto il Gufo, mesi fa. Non ci ho pensato fino ad ora, ma quale sicario migliore della Morte Bianca?»

Ivak non rispose. La lasciò lavorare, prima su Narukami e poi su IXA. Quando vide Masa selezionare dal programma digitale dell’elaborazione 3d la ferita inferta su un ghoul morto da quest’ultima si irrigidì.

Quando Aiko inserì entrambe le immagini riviste nel programma, si voltò, portando le braccia attorno alle ginocchia e costringendosi a non guardare.

Se era vero, se era stato Arima, allora non c’erano speranza.

Mei era sicuramente morta.

Aiko invece non distolse lo sguardo dallo schermo, con le mani unite come in preghiera di fronte alle labbra e gli occhi fissi. Quando arrivò il risultato, abbassò il capo sconfitta.

E la porta di ingresso si aprì.

«I cellulari sono diventati un optional? Ti sto chiamando da due ore, Aiko!», Urie chiuse la porta con un calcio, tenendo in mano un sacchetto pieno di quello che sembrava cibo da asporto. Odorava come cibo da asporto. Attraversò il salotto fino alla cucina e quando arrivò ad appoggiare tutto sul tavolo, notò il dottore. «Oi, Aizawa. Cosa ci fai qui?» E poi vide il viso di Masa e allora si preoccupò. Non l’aveva mai vista così sconvolta, la pelle del viso le si era fatta più grigia che bianca «…Cosa succede?»

Ti prego non dirmi che sei incinta.

«Ho risolto il caso.»

Per i primi secondi Urie non disse niente. Poi, quando Ivak si prese il capo fra le mani, iniziando a piangere, si sentì in dovere di esternare a sua volta i suoi sentimenti.

«Che cosa cazzo sta succedendo?!»

Aiko gli fece cenno di calmarsi, mentre teneva entrambe le mani sulle spalle del biondo, guardandolo come se fosse scemo. «Shukumei era la sua ragazza», disse ovvia, illuminandolo, contato che da solo non c’era arrivato. Kuki ci rimase sinceramente male, ma la pregò di continuare mentre li raggiungeva, sfilandosi i guanti neri. «E l’ha uccisa Arima.»

«Cosa facciamo ora?», guaì Ivak. Disperato. «Come possiamo incriminarlo se quello che mi hai appena detto è vero?»

«Ovvero?»

Masa guardò Urie, «Arima è intoccabile nel dipartimento. Mei aveva ragione nel suo articolo.» Massaggiò le spalle del dottore, prima di pensare accuratamente, lasciando che Urie confermasse le loro conclusioni. Non c’erano possibilità di errore, la verità era lì, nera su bianco.

«IXA non è registrata nel sistema?»

«A quanto pare no. Come procediamo, caposquadra?»

«Lo so io», Aizawa si fece coraggio, pulendosi gli occhi con le maniche della maglia che indossava, prima di guardare Urie con determinazione. «Tu ora vai da Matsuri, gli porti tutto questo e gli dici che quello stronzo bastardo va incriminato!»

Urie titubò e non lo nascose nemmeno un po’. «Ha ucciso un ghoul.»

«Ha ucciso Mei!», gli urlò in viso disperato Ivak, guardandolo con gli occhi che bruciavano di odio. «Cosa faresti se lo avesse fatto a te? Cosa faresti se avesse ucciso Aiko?»

Ci fu una pausa, poi visto il silenzio di Urie, Masa si alzò in piedi con il telefono in mano.

«Io chiamo Take.»

«Cosa??», domandò, attonito, il dottore. «Non puoi chiamare Take! È il suo braccio destro.»

«Sembra anche a me una pessima idea.» Urie storse il naso. «Poi cosa potrebbe farci Hirako?»

«Darmi delle rispose», insistette Aiko, cercando il numero in rubrica.

Kuki le strappò l’apparecchio di mano, alzandosi a sua volta. «Quando lo dirà ad Arima, perché sai anche tu che lo farà, noi saremo tutti fottuti. Non possiamo giocarcela così male.»

«Affiderei a Take la mia vita, Cookie. Lui non mi tradirebbe così.»

«Ah no? Allora perché lo insulti sempre? E perché hai cambiato squadra?» Le domande di Urie arrivarono alle sue orecchie crudeli. Tanto che Aiko si morse il labbro per non prenderlo a schiaffi. «Pensaci molto attentamente, perché se accusiamo Arima senza un motivo preciso e delle prove solide allora potremmo rischiare molto più di una retrocessione.»

«Abbiamo una corrispondenza perfetta della sua quinque sul braccio di Mei. E vuoi sapere l’accusa? Ha ucciso un ghoul senza denunciare l’operazione.»

Urie sbuffò, «Sai cosa otterrà lui? Un buffetto. Noi due invece? L’odio del dipartimento intero.»

Aiko lo guardò, schiudendo le labbra. «Va bene», disse quindi. «Va bene se mi odieranno tutti. Non mi interessa un cazzo dell’opinione altrui, qui si parla di giustizia. Era la ragazza di Ivak

«Grazie per esservi ricordati che sono ancora qui.»

Nemmeno Aizawa si schivò un’occhiataccia da Urie. «Tu potresti finire in galera per averla protetta se questa storia esce fuori di qui, lo sai vero?»

«Per citare la tua ragazza, che è molto più umana di te: Va bene. Non mi interessa niente Urie, hanno ucciso la donna che amo e per quel che mi riguarda possono anche darmi la pena di morte.»  Ivak si alzò in piedi solo per sprofondare sul divano. «Vorrei vederti al mio posto.» Indicò la mora. «Lo ripeterò visto che prima non hai risposto, perché pretendo questa risposta. Se Arima Kishou avesse ucciso Masa, tu non faresti qualsiasi cosa per fargliela pagare? Non lo vorresti uccidere tu stesso? O forse lei per te non conta abbastanza. In effetti, non sembrerebbe.»

«Questo è un colpo basso anche per te, Aizawa

«Al momento posso solo colpire dalla posizione in cui sto, Urie.»

Quello stallo alla messicana fra i due uomini rischiava di non risolversi e Aiko non ce la faceva più. Tornò al computer, salvando i risultati delle loro ricerche e chiedendosi se sarebbero serviti a qualcosa.

Poi, finalmente, Kuki rispose, seppur in modo diretto, alla domanda di Aizawa.

«Andrò subito da Matsuri portandogli quelle foto. Ne parlerò con lui e chiederò di perseguire Arima Kishou per aver infranto il nostro regolamento interno.» Sotto lo sguardo sorpreso di Aizawa, si allontanò verso le scale. «Non spererei molto però, se fossi in voi due.»

Masa lo guardò salire le scale, con un groppo in gola.

Poi Aizawa, che si sentiva tutto meno che un vincitore, le battè una mano sulla spalla.

«Hai detto che moriresti per lui? Bene, lui morirebbe per te. Perché non fate una bella cosa e scappate insieme in Thailandia?»

Masa sorrise pallidamente, scuotendo il capo. «Preparo una chiavetta con i nostri risultati. Inizia a pregare il tuo Dio.»

«Il mio Dio non mi ascolta minimamente, Aiko. Magari il tuo uomo sarà in grado di soddisfare abbastanza Matsuri senza bisogno di raccogliersi in preghiera.»

Non c’era entusiasmo sui loro visi, ne speranza nei loro cuori.

Urie aveva ragione.

Stavano dando la caccia a un cacciatore.

Quindi, per riflesso, le prede erano loro.

 

Continua….

 

 

 

 

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Tokyo Ghoul / Vai alla pagina dell'autore: Chemical Lady