Mi sento sporca.
Macchiata di petrolio, sul corpo, nella mente, sul cuore.
Petrolio che si attacca alla pelle come un morbo, non va via, anche a costo
di grattare via la pelle, far sgorgare il sangue.
Questi pensieri che mi inquinano, non mi lasceranno andare. Mai.
Mi stanno intossicando, piano piano, come il fumo e la cenere.
Delle rovine bruciate dalle quali non posso fuggire.
Il terreno su cui cammino è percosso da una tempesta, lo sento oscillare.
So che cadrò, prima o poi, perché la mia presa è scivolosa, per colpa di
questo maledetto petrolio che mi inquina.
Mi sento come intrappolata in un pozzo oscuro,
raschio la parete cercando di uscire,
ma anche la parete è vischiosa e scivolo giù,
di nuovo,
ancora e ancora.
Distesa in un mare di oscurità indelebile,
fisso il volto della notte e delle stelle,
annegate in un cielo fatto di infinità ed illusioni.
Annego negli oceani della mia coscienza e mi trascina verso il vuoto, verso
il ventre del nulla.
Di fronte alla mia vista sporca,
vedo solo una vita sfocata, senza colori,
effimera come le nuvole in un mondo che è come una prigione d'oro.
All'ombra della Luna, il mio spirito sposa l'oscurità,
condanna la luce.
Troppo fievole, troppo pura, troppo dolorosa.
Per una cosa sporca come me,
il filo rosso non può condurmi in nessun altro luogo che non siano le acque
del Lete,
a rendere il mio corpo polvere,
e il mio spirito contaminato vapore.
Vivo ogni giorno aspettando in bocca il sapore di quelle acque,
aspettando Caronte,
e la parola fine,
scritta col sangue delle mie vene.