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Autore: arsea    22/06/2017    2 recensioni
Lo vide sbiancare ancora di più se possibile, cereo: "Cosa vuoi fare?" domandò spaventato "Non è la prima volta, Charles. È sempre così: ci incontriamo, ci amiamo e io rovino tutto. Mi dispiace… mio Dio… mi dispiace" "Cosa stai dicendo?" gli prese la destra, così debole, oh, così morbida, e la incatenò alla sua "Fidati di me" disse "Ti troverò" lo baciò mentre teneva la sua mano, lo immobilizzò con quel bacio e prima che potesse fermarlo affondò il pugnale dritto nel suo cuore
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Charles Xavier/Professor X, Emma Frost, Erik Lehnsherr/Magneto, Raven Darkholme/Mystica
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Per la seconda volta in pochi giorni, aprì gli occhi e si rese conto di non trovarsi sul suo letto, anche se questa volta il pensiero non fu seguito dal ricordo di come aveva raggiunto il nuovo giaciglio.
A volte quando prendeva i sonniferi restava intontito per un po’, forse si era spostato e non lo ricordava, tuttavia non conosceva nessun posto come quello << Non muoverti >> sentì, un ordine seppur appena sussurrato, ma riconoscere la voce non lo tranquillizzò.
Voltò il capo ancora un po’ pesante e riconobbe Erik dall’altra parte della stanza, seduto nell’angolo più lontano rispetto a lui << Ovviamente >> sospirò quello scuotendo il capo esasperato << Perché non dovrei muovermi? >> << Perché adesso sanno che sei sveglio >> no, non era semplicemente una stanza.
Era una cella.
Tre pareti di nuda pietra e una di robusto plexiglass che avrebbe mostrato tutto l’interno a chiunque fosse passato per il corridoio, anch’esso nero seppur illuminato da alogene.
Un brivido di reminescenza gli risalì lungo la spina dorsale mentre si metteva seduto sul pavimento di linoleum, e farlo gli rivelò che aveva i muscoli abbastanza indolenziti per tradire un sonno prolungato << Dove siamo? >> << Se non ti fossi drogato come una casalinga isterica lo sapresti >> sibilò Erik rabbioso, un tono che non gli aveva mai sentito, ma anche quello sguardo cupo era una novità.
Non si sarebbe affatto “drogato”, come diceva lui, se non fosse stato per colpa sua << Non hai sentito nulla! >> lo accusò ancora, e i pugni poggiati sulle ginocchia si strinsero con forza.
Trasmetteva pericolo, anche se non avrebbe mai associato quella parola ad Erik prima, e pensarlo lo portò a chiedersi perché non lo avesse mai giudicato tale.
Era palese che lo fosse, anche al di fuori della sua mutazione, quegli occhi gelidi possedevano una spietatezza inconfondibile, eppure non lo aveva mai considerato meno che innocuo << Sono entrati in casa tua, Xavier! Hanno rapito tua sorella mentre dormivi >> fece sprezzante, imprecando poi in yiddish << Puoi urlarmi contro se preferisci, ma preferirei che prima mi spiegassi quello che sta succedendo >> ribatté infine, nascondendo il senso di colpa sotto la rabbia, anche se solo sentire quello Xavier fu quasi uno shock.
Non lo aveva chiamato per cognome nemmeno quando erano davvero degli sconosciuti, non lo aveva mai considerato tale, eppure adesso... adesso Charles lo era.
Si alzò quando vide che l’altro non parlava, raggiunse il plexiglass e guardò fuori, ma riuscì a scorgere solo un’altra cella, accanto alla loro; nonostante le luci accese all’interno però non riusciva a vederne gli inquilini << Dov’è Raven? >> << Potresti dirlo tu a me >> << Ho capito, va bene? >> ribatté, ricacciando il panico sul fondo del suo stomaco, lì dove abitava di solito.
C’erano miriadi di ragioni per farsi sopraffare da esso, una peggiore delle altre, ma lo conosceva troppo bene per non saperlo controllare adesso << Hai capito? >> azzannò Erik alzandosi in piedi, e per la prima volta Charles fu dolorosamente consapevole che fosse più alto di lui.
Vide del sangue sulla nuca e impallidì << C-cosa...? >> << Erano come noi >> lo freddò << Come noi? >> << Mutanti. Emma mi ha detto che è così che ci definisci >> il suo cuore cominciò a battere furioso come le ali di un colibrì, ma di nuovo Charles lo tenne a bada << Dimmi... dimmi cosa è successo >> Erik rimase a guardarlo in cagnesco ancora per un momento, poi scosse il capo e lo accontentò.
Non che servisse a molto visto che le sue informazioni restavano esigue, tuttavia lo aiutò a capire quanto meno di più.
L’incognita più grossa era chi fosse questo Schmidt, non aveva mai sentito parlare di lui, perciò non riusciva nemmeno ad immaginare cosa potesse volere da loro.
Denaro? Beh, avrebbe avuto senso se avesse preso solo Raven e lui, oppure Emma, ma Erik... d’altro canto sembrava che avesse seguito i due dopo il Galà, quindi forse lui e Raven non erano affatto gli obiettivi principali << Cercava mutanti. Lui stesso lo è >> << Che genere di potere? >> << È molto forte, abbastanza da scaraventarmi dall’altra parte della stanza con un dito >> come Cain allora?
Charles si lasciò scivolare a sedere lungo il muro, pensoso << Forse non vuole farci del male >> ipotizzò << Non posso credere che tu l’abbia detto >> << Perché farcene? Ci ha rapito, è vero, ma siamo incolumi >> << Tranne per il fatto che siamo in una cazzo di cella >> << Non cercava nessuno in particolare a quanto ho capito, questo significa che non siamo bersagli specifici. Esclude l’estorsione come movente almeno >> << La ringrazio per l’ovvietà, professor Xavier >> fece l’altro sarcastico, tornando ad occupare il posto da cui si era alzato, e sostenne con gelida sfida l’occhiataccia che Charles gli rivolse << Questa ostilità non aiuta >> << Non ho alcun motivo di non esserti ostile >> ribatté Erik rabbiosamente << Vuoi sentirmi dire che mi dispiace, Erik? È questo che... >> << Lehnsherr >> lo interruppe lui gelido << Non chiamarmi per nome. Io e te siamo degli sconosciuti, ricordi? L’hai deciso tu stesso >> fu peggio di un pugno.
Lo lasciò senza fiato, con la stessa cocente sensazione, solo che non gli avrebbe lasciato solo un livido e niente più, quelle parole si irradiarono dentro di lui come veleno, prosciugandolo di ogni risposta.
Distolse lo sguardo, fissandolo sul pavimento di fronte a sé, e rimase a fare i conti col fatto che probabilmente Erik non lo avrebbe mai perdonato.
Si era forse aspettato che lo facesse?
Perché?
Maledetto ragazzino.
Fu come se qualcuno gli avesse urlato nelle orecchie; trasalì nel rendersi conto che era la voce di Erik quella che gli aveva attraversato la testa e il groviglio duro e freddo che riposava all’altezza del suo stomaco si stiracchiò come un felino pigro, ricordandogli che era un mostro.
È bianco come carta.
Sta per svenire?
Forse è spaventato << Non sono spaventato >> ci fu un istante in cui si guardarono e basta, uno rendendosi conto di aver risposto ad un pensiero e l’altro scioccato nel vederglielo fare, tanto che i suoi occhi si spalancarono di vero e proprio terrore << Non farlo più >> comandò << S-scusa. Io... non so controllarlo >> << Stai zitto >> << È stato un riflesso. Non sono entrato nella tua... >> << Stai zitto! >> urlò allora Erik, con tale violenza da raggelarlo.
Forse Charles era più spaventato dalla situazione di quanto osasse ammettere a se stesso, ma quel comando gli gelò il sangue nelle vene << Il fatto che non conoscano il tuo potere è l’unico vantaggio che abbiamo >> gli ringhiò contro, ma quella spiegazione non rese più piacevole la sensazione di aver ucciso Erik.
Quello davanti a sé non era lui, non il suo migliore amico, non l’uomo che aveva conosciuto alla tavola calda.
Era qualcun altro, uno sconosciuto come si era dichiarato, perché cancellare la sua memoria non aveva semplicemente eliminato un uomo qualsiasi da una vita qualsiasi, non era stato come con Moira; Erik aveva vissuto ventisette anni cercandolo e amandolo, Erik era stato l’unica possibilità che aveva di essere amato con assoluto e cieco sentimento e l’aveva distrutta con le sue mani.
Per questo si era imbottito di farmaci e aveva preferito dormire, per questo il mal di testa lo aveva tormentato straziante: aveva ucciso Erik e niente di quel che poteva fare avrebbe rimediato a questa azione << Non ho le mie medicine con me >> parlò come un automa, le uniche parole vagamente innocue che gli erano rimaste, e non riuscì neppure più a guardarlo << Ah... Mia madre me l’ha detto. Quanto è pericoloso senza? >> << Non lo so. Non sono mai stato senza >> lo sentì schioccare la lingua, e non era preoccupato, era seccato.
È inutile << Lo so >> ansimò Charles ingoiando il groppo alla gola << Ti ho detto di non farlo >> << Mi dispiace >> << Chiedere scusa non aiuta. Anzi, mi fa solo innervosire >> << Non volevo farlo. Ero... ero sconvolto, ho agito senza pensare >> << Niente di quel che puoi dire aiuterebbe quindi stai zitto e basta >> con una mano Erik si toccò la nuca e diede in una smorfia, ritirandola sporca di sangue << Sei ferito? >> << Niente di grave >> << Le ragazze in che stato erano quando le hai viste l’ultima volta? >> più per automatismo che per coraggio, Charles prese il proprio fazzoletto dalla tasca e lo raggiunse per porgerglielo.
Grazie << Hai davvero un fazzoletto di stoffa? >> la discrepanza tra pensiero e parola fu abbastanza evidente da lasciarlo interdetto, ma Erik si limitò a guardarlo intensamente.
Ascoltami. Ehi! Non è il tuo potere? Xavier!
Una fitta alla tempia gli spezzò il respiro, ma si costrinse ad ingoiarla << Ti ascolto >> con un gesto repentino Erik gli tappò la bocca con la mano, afferrandolo malamente per il bavero.
Non parlare << Vuoi che legga i tuoi pensieri? >> Finalmente!
La ruga ostile sulla fronte di Erik si distese, rivelando anche un accenno del vecchio sorriso.
Lo lasciò andare, tornando ad appoggiarsi alla parete di pietra.
Sei parecchio ottuso per essere un genio << Pensavo non volessi che ti leggessi la mente >> Non volevo che tu rivelassi di poterlo fare. Se parli lo capiranno.
Charles sedette sul pavimento di fronte a lui << Non hai paura? >> Di cosa? << Di questo. Della telepatia >> Non ho paura di Emma, mi pare, e lei è come te << Lei è più potente di me >> Non a quanto mi ha detto. Altrimenti avrebbe potuto farmi tornare la memoria, ma non ha potuto. Tu sei solo fuori allenamento.
Lo disse come se Charles avesse trascurato di andare in palestra per qualche settimana, lo stesso tono noncurante, e in qualche modo riuscì a smorzare un po’ la paura sorda che invece tormentava il telepate.
Tra poco gli inibitori avrebbero terminato il loro effetto del tutto, Erik lo sapeva, ma in qualche modo non pareva preoccupato.
Puoi uscire di qui? << Intendi cercare qualcun altro? >> Qualsiasi informazione sarebbe utile. Presto verranno qui << Posso... posso provare. Ma non sono così preciso. Sinceramente mi sto stupendo anche solo del fatto che riesca a parlare con te senza farti scoppiare il cervello >> Questo è rassicurante.
Non è facile mentire quando si parla nella mente.
Avrebbe potuto farlo in realtà, era un telepate, avrebbe dovuto saper controllare la propria testa, solo che non era affatto così, non ricordava nemmeno un momento della sua vita in cui lo fosse stato, e adesso era troppo tardi per rimediare.
Aveva mai cercato di leggere qualcuno che non fosse a pochi passi di distanza?
Eppure sapeva di poterlo fare, in passato quando aveva ritardato gli inibitori aveva sentito le voci di persone anche a miglia di distanza, tuttavia... mai con controllo << Ehi >> la voce di Erik lo richiamò al presente, portandolo di nuovo a focalizzarsi su di lui, e sussultò quando gli prese la mano.
Vide un piccolo guizzo del vecchio Erik in lui, dolcezza e preoccupazione per un istante, spazzate via poi subito dopo.
Di cosa hai paura?
Forse era più pratico elencare le cose di cui non aveva paura.
Non era un codardo. Si rifiutava di esserlo, eppure la paura restava.
Chiuse gli occhi e diede in un lungo respiro profondo.
Molto tempo prima aveva dato corpo agli inibitori nella sua mente, alte mura di pietra che lo circondavano in un rassicurante abbraccio, poteva a malapena spostarle quando si sforzava, ma non per questo erano meno solide.
Adesso erano fragili come carta, sottili, l’orologio che si portava incastonato nel petto gli annunciò che l’effetto stava per finire, e questo significava che doveva agire subito: una volta che fosse successo non avrebbe avuto più alcun potere, solo...
Un altro respiro profondo.
Raven fu la più facile da trovare, la sua voce risuonò come una campana di cristallo in mezzo alle altre sconosciute, e fu così grande il sollievo di vederla sana e salva che lei sussultò nel venirne investita << C-Charles? >> ansimò, in qualche modo riuscì a percepirlo, e lui ne fu sorpreso in egual modo.
Stava bene, non pareva ferita, e anche lei come loro si trovava in una cella, solo che questa era di metallo, asettica, con due brande e un piccolo tavolino, tutto incassato nel pavimento.
Davanti a lei, rannicchiata sul sottile materasso, stava Emma, con le ginocchia strette al petto, gli occhi azzurri fissi nel nulla e i lunghi capelli biondi scomposti sulle spalle.
Il trucco solitamente perfetto era colato sul suo volto, tradendo lacrime e accenni di lotta a giudicare dai vestiti sgualciti e strappati << Cosa le è successo? >> non ci fu bisogno di dire a Raven di non parlare, lei era di gran lunga più perspicace di lui.
Non lo so. Quando sono rinvenuta era già così. Non parla e non si muove, come... come è successo a te.
Anche lui aveva avuto lo stesso inquietante aspetto?
Non vi aveva dato affatto peso, ma cosa gli era successo in quelle ventiquattro ore di buio? Il suo cervello si era come spento, quel che gli aveva lasciato da affrontare era stato semplicemente troppo.
Cosa aveva visto Emma per ridurla in quello stato?
Il suo potere reagì alle sue domande come possedesse volontà propria, si allontanò da Raven e si focalizzò su qualcun altro, una voce che non conosceva.
Non la comprendeva nemmeno, non aveva mai imparato il russo, eppure capì le immagini, i ricordi.
Era stato lui a portare Emma nella cella, e sempre lui l’aveva portata al laboratorio.
Cos’era quel posto?
Vide un’enorme stanza circolare tappezzata di pannelli blu, vide un giovane con il camice, vide...
Un urlo straziante gli perforò le tempie, facendolo boccheggiare, e fu terrificante rendersi conto che era stata Emma ad urlare.
Erano nella strana stanza sferica, su una pedana sospesa nel vuoto, e la vide davanti a sé, legata ferocemente ad una seduta di metallo mentre si dibatteva come una folle.
Urlò ancora e Charles la schiaffeggiò.
No, non era stato lui, com’era possibile?
Era dentro un ricordo. Di chi?
La luce improvvisa lo accecò, un altro grido disperato della ragazza lo infastidì, ma prima che potesse scorgere altro Charles si ritrovò da tutt’altra parte.
Era in una camera da letto completamente bianca.
Lo era il pavimento e le pareti, lo erano le lenzuola del baldacchino, il tappeto, l’armadio.
Il silenzio improvviso fu doloroso quasi quanto le urla, eppure gli permise di riprendere fiato, ingoiando il cuore che gli stava tamponando il pomo d’Adamo.
Poi un singhiozzo, appena accennato, e si voltò di scatto.
Emma era rannicchiata in un angolo, irriconoscibile vista la fragilità che palesava e l’aspetto scosso, non l’aveva mai vista così, non terrorizzata e piangente << Charles? Sei tu? >> in realtà non sapeva cosa risponderle.
Non era sicuro di trovarsi in un lungo reale. Come poteva esserlo?
Nello stesso momento in cui pensò questo, il suo corpo si materializzò dal nulla, un suo se stesso identico alla realtà, con tanto di cardigan sformato e mocassini con la suola in gomma.
Non si diede il tempo di essere troppo sconvolto da se stesso comunque, anzi, gli era fin troppo naturale a dire il vero.
Il pugno di panico si allentò un po’, solo un po’, il sufficiente a permettergli di assaporare la soddisfazione di riuscire ad usare il suo potere senza stare male << Devi andartene >> ansimò lei con gli occhi fuori dalle orbite, e senza che notasse il suo movimento se la ritrovò davanti, l’espressione spiritata mentre lo afferrava per le spalle e lo scuoteva malamente << Lo capirà, non capisci?! Non deve sapere che sei un telepate! >> << Cosa stai dicendo? Chi non deve saperlo? Schmidt? >> << Shaw >> lo corresse, sputando quel nome con rabbia feroce, come fosse un insulto esso stesso << Sebastian Shaw. È un uomo terribile, Charles. Non sai cosa ha fatto... non sai cosa è capace di fare! >> << Spiegamelo. Come può sentirci qui? >> << Non lo so >> gemette lei, e le sfuggì un singhiozzo prima di allontanarsi da lui e voltargli le spalle.
Non avrebbe mai immaginato di vederla così.
A dire il vero non era nemmeno sicuro che potesse piangere << Sei più meschino di quel che pensassi >> gli disse, palesando che sentiva i suoi pensieri chiaramente quanto le sue parole.
Probabilmente però fu una fortuna perché l’orgoglio schiacciò la disperazione e quando tornò a guardarlo tra le lacrime c’era il duro sprezzo che gli era più familiare << Hai nascosto la tua natura in modo eccellente questi anni. Devi solo fare in modo che sia così anche con lui >> << È impossibile. Non ho gli inibitori qui con me. Presto... quando finirà il loro effetto... sarà terribile, lo so >> lei sollevò un sopracciglio, avanzando di un passo di nuovo nella sua direzione, e quel solo gesto bastò per trasformarla completamente.
Tornò Emma Frost, fasciata in un magnifico abito di seta candida che le sfiorava le caviglie e diamanti che le circondavano il collo e la fronte in gioielli niente meno che magnifici << Noi siamo i re e le regine delle nostre menti, Charles. Sei tu a controllare tutto, non il tuo potere >> << Tu non riesci a capire. Non sono io a non voler controllarlo! È solo... è passato troppo tempo, capisci? Non l’ho mai controllato, come posso farlo adesso?! >> la donna lo fulminò con lo sguardo, con tale livore che lui fu certo lo avrebbe colpito, invece si limitò a venirgli vicinissima, un respiro di distanza, sensuale in un altro contesto, ma adesso solo terribile come un serpente << Sai cosa vuole fare Shaw? >> sibilò, e Charles percepì chiaramente il gelo cominciare a pervaderlo, una lingua di freddo gli risalì la schiena in un tocco impalpabile, eppure abbastanza forte da raggelargli il fiato << Rinchiuderà tua sorella in un laboratorio finché non dimenticherà la luce del sole, torturerà ogni persona che è cara ad Erik finché non lo trasformerà nella sua arma personale e non appena scoprirà che sei un telepate ti legherà ad una dannata sedia e ti farà scoppiare il cervello con la sua macchina >> anche le sue parole erano aghi di ghiaccio, tanto potenti che il suo cuore arrancò << L’unica cosa che può salvarci, per quanto odi ammetterlo, è il tuo potere. Non mi importa nulla che tu sia terrorizzato. Siamo tutti terrorizzati. Portaci fuori di qui e poi torna a circondarti delle tue illusioni rassicuranti, a me non importa, ma adesso piantala di fare l’inglesino educato che non sei e fai quello che ci serve >> quasi lo avesse scacciato fisicamente, Charles rinvenne con un ansito nella cella, i polmoni urlanti per il bisogno d’aria e il cuore quasi fuori dal petto.
Rabbrividì mentre le sensazioni trasmesse da Emma ristagnavano in lui, era come riemergere da una pozza d’acqua gelida, per questo ebbe bisogno di qualche istante per rendersi conto di trovarsi tra le braccia di Erik << Stanno arrivando >> lo avvertì concitato, rimettendolo dritto praticamente di peso.
Cazzo sembri un fantasma << Emma non è stata troppo gentile >> si aprì il colletto della camicia con le dita che tremavano come foglie.
È sveglio.
La voce che sentì possedeva la pesantezza e l’oscurità vischiosa del petrolio.
Se Emma lo aveva raggelato, questa mente fu veleno annichilante, fu come toccare l’essenza stessa della paura.
Il figlio di Brian Xavier. Non sapevo fosse un mutante... per questo voleva la figlia dei Darkholme?
È come lei?
L’uomo che si fermò dall’altra parte del plexiglass non aveva anima.
Charles non percepì alcuna emozione provenire da lui, i suoi pensieri possedevano la vacuità di una voce che rimbomba in una stanza vuota, e se non fosse stato per il vero e proprio ruggito che sentì invece nell’essere al suo fianco e che lo scosse, solo contemplare quel vuoto oscuro poteva scioccare << Finalmente la vedo sveglio, dottor Xavier >> per quanto assurdamente, l’unica cosa che riuscì a formulare fu: << Non sono ancora dottore >> il sorriso che piegò le labbra di Shaw era sincero, per Dio, sincero come quello di una bambola.
Un sociopatico assoluto.
Charles aveva studiato questa condizione, sapeva della sua esistenza, aveva incontrato criminali definiti tali, ma quello... quello era l’incarnazione di quella parola << Naturalmente! Ho sentito meraviglie sui suoi studi da genetista. Ho letto anche la sua tesi. Interessante, ancor di più vista la nostra natura. Non avrei mai immaginato però che parlasse per esperienza propria >> non senza un certo sforzo, si sollevò in piedi e si rassettò gli abiti sporchi e sgualciti, fissandolo ingoiando la paura.
Forse non poteva controllare il suo potere, ma per certo sapeva controllare il suo corpo.
Non era la prima volta che si trovava dietro una parete di plexiglass come un animale allo zoo, né la prima che una telecamera e due paia di occhi tenevano d’occhio ogni sua espressione << Lei è un mutante quindi? >> Erik era subito dietro di lui, rabbia odio e feroce concentrazione, la sua solidità era quasi palpabile, e sentirla irradiare nella sua schiena lo tranquillizzò un poco << Mutante, certo. Ho apprezzato il suo modo di definirci, signor Xavier, rende il tutto molto meno pericoloso >> << Perché ci troviamo ospiti di Sebastian Shaw, se posso chiedere? >> il sorriso si incrinò un poco al suono del nome, sorpresa e sospetto passarono in lui, ma non si sbilanciò ulteriormente.
Si avvicinò invece alla console di fianco al muro e premendo un pulsante fece sollevare la parete trasparente per avanzare.
Quello che sembrava una mutazione animale rimase alle sue spalle, Charles cercò di non far affiorare la sua parte di studioso eccitato all’idea di avere un simile esemplare a portata di mano, tuttavia non riuscì a nascondere del tutto la curiosità << Sono sicuro che lei sia la persona più adatta a comprendere >> disse Shaw seguendo il suo sguardo divertito << Comprendere cosa? >> << Quello che faccio >> mentre parlava la mente di Shaw lo stava analizzando.
Forza? Velocità? Adattamento? Che tipo di mutazione poteva avere?
Charles era letteralmente incredulo dalla moltitudine di poteri che riuscì a formulare.
Quanti mutanti aveva incontrato?!
Charles!
La voce di Raven lo raggiunse come un’unghiata sulla lavagna, tanto violenta da farlo barcollare.
Vide sua sorella braccata da due uomini armati nella sua cella << Signor Xavier? >> fu con uno sforzo immane che tornò in sé, non era capace di isolarsi, i suoi amati scudi erano quasi del tutto crollati << Cosa vuole farci? >> << A dire il vero vorrei la vostra collaborazione >> << Direi che siamo un po’ oltre la collaborazione, signor Shaw. Ci ha rapiti. Cosa vuole da noi? >> Shaw si avvicinò ancora, scandagliandolo dalla testa ai piedi, ma Charles non si lasciò intimidire.
O almeno non lo diede a vedere << Non ho mai incontrato un gruppo di mutanti >> << È stato un caso se ci siamo ritrovati, nient’altro >> l’altro sollevò un sopracciglio << Crede che sia un caso che Emma Frost sia amica di sua sorella? Crede lo sia il fatto che suo padre abbia adottato una bambina mutante? >> si volse verso Erik << Non vedo il caso nemmeno nell’ingegner Lehnsherr a dire il vero >> lo pensò solo adesso, ma aveva ragione.
Sapeva perché lui ed Erik si erano conosciuti, non capiva ma sapeva, tuttavia riguardo ad Emma...
Era una telepate.
Lui era stato lontano per la maggior parte del tempo, ma cosa aveva impedito a lei di usare il suo potere su Raven?
Il suo cuore saltò un battito, non riuscì ad impedirselo, e Shaw parve capirlo da come il suo sorriso si allargò << A dire il vero credevo volesse studiarla >> continuò, indietreggiando di un passo come per osservarlo meglio << Quando gli ho venduto quella bambina ho creduto che volesse farne oggetto di studio... non pensavo certo che avesse già suo figlio. L’ha presa per farti sentire meno solo? Il giocattolo da compagnia del principino di Westchester? >> << Vai a farti fottere >> azzannò Erik, ma Shaw si limitò solo a sorridere di più, falso come una banconota da tre dollari, e i suoi occhi blu splendettero di sadico compiacimento << Qual è il tuo potere, Charles? >> domandò senza guardarlo, fissava ancora Erik, ma la voce si era fatta più morbida, melliflua, come volesse condividere una confidenza.
 
Charles! Aiutami! Charles!
 
Sentì le cinghie stringersi sui propri polsi e caviglie, con un ansito nel petto vide la luce bianca e asettica con cui i suoi occhi vennero accecati mentre lo immobilizzavano su quella brandina.
No.
L’uomo che stava per iniettare in sua sorella qualche porcheria si immobilizzò, stupito lui stesso dal pensiero che gli attraversò la mente, poi lasciò cadere la siringa e cominciò a scioglierle i legamenti << Va tutto bene >> disse alla ragazza blu che si dimenava disperatamente << Sono io, Raven. Va tutto bene, mi senti? Sono qui >> lei si immobilizzò << C-Charles...? >> << Sì >> << Voleva... voleva! Dobbiamo scappare! >> adesso che il pericolo era diminuito il ragazzo sentì il potere sul corpo dell’uomo affievolirsi, era stata la gelida paura a farlo agire, non una decisione vera e propria, e adesso se ne rendeva conto chiaramente << Devi scappare. Cercare aiuto. Kurt. Chiama Kurt >> << Come? >> si tolse il badge appuntato al taschino con mano tremante e glielo consegnò << È un mutante anche lui. Nascondilo e diventa lui. Hank. Hank McCoy. Mi senti? Ricorda il suo nome >> bastò volerlo per fargli perdere conoscenza e non appena tornò in sé si accorse di essere sul pavimento e a giudicare dal pulsare violento all’altezza delle ginocchia era caduto a peso morto << Bentornato >> sibilò la voce di Shaw alla sua destra e nel voltarsi vide che teneva Erik per il collo, il pollice premuto sulla trachea, del tutto incurante dei pugni che quest’ultimo gli sferrava per liberarsi.
Era cianotico ormai << Cos’hai fatto? >> ringhiò Shaw << Qual è il tuo potere? >> << L-lascialo andare >> << Rispondi e forse non ucciderò il signor Lehnsherr stanotte. Sarebbe un peccato, lo ammetto, ma posso permettermi di romperlo un po’. Le mie risorse hanno fatto fare passi da gigante alle tecniche di tortura, Charles. Posso guarirlo dopo averlo scuoiato vivo, riesci ad immaginarlo? Forse sarebbe persino più utile dopo >> << Lascialo! >> << Qual è il tuo potere?! >> Non dirlo.
Il pensiero di Erik era freddo e controllato come sempre, assurdamente controllato vista la situazione, eppure riuscì a calmarlo il sufficiente per pensare << Lascialo e lo dirò. Non respira. Lascialo >> Shaw allentò la presa subito dopo, Erik crollò a terra tossendo convulsamente, ma quando lo guardò i suoi occhi restavano forti come montagne << Parla >> comandò Shaw e Charles non riuscì a fare a meno di accontentarlo.


PS: Okay, l'ispirazione è tornata. Non so per quanto durerà, ma per il momento ne approfitto! So che la storia sta prendendo una piega imprevista, so che forse non è quello che vi aspettavate, ma spero anche si non deludere le aspettative. Ovviamente i vostri commenti sono preziosissimi, se volete lasciarmi le vostre impressioni sappiate che vi sarò molto grata, e per coloro a cui non ho ancora risposto... lo farò prestissimo! Grazie ancora, vi voglio bene.
Arsea


 
   
 
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