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Autore: Jawaads Smile    24/06/2017    0 recensioni
Emma e Gabriele si sono amati più di quanto fosse lecito, lui ha preso qualcosa da lei, lei ha preso qualcosa da lui e non saranno mai più gli stessi dopo la fine della loro storia.
Emma e Gabriele si sono amati per due anni e quasi due mesi, fra alti e bassi, litigi e riappacificazioni, felicità e dolore.
Poi Gabriele è andato via, da un giorno all'altro, e come si fa a reagire alla fine di una storia d'amore così grande? come si dimentica?
Questa è la storia di una ragazza che deve imparare a rialzarsi da sola e rifarsi una vita dopo averla incentrata sull'amore.
Questa è una storia d'amore, una storia di forza, una storia di dolore.
Questa è la mia storia.
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Sei lì, proprio davanti a me, in silenzio.
Non riesci a parlare, hai gli occhi lucidi, lo so che vorresti trovare una soluzione, che non riesci a credere di dover arrenderti ancora una volta al destino che irrimediabilmente non ci vuole insieme.
Nemmeno io vorrei doverlo fare.


Io guardo te, tu guardi altrove.
E’ da un po’ che non mi guardi più negli occhi, in realtà non mi guardi affatto. Ma alla fine succede, no? Tutte le coppie hanno questi periodi un po’ così, che si litiga per tutto, che uno dei due non sente più la necessità di stare con l’altro.. giusto?

Le 20:52, continui a restare in silenzio.
Vorrei rimanere, restare a guardarti, restare in silenzio finché non cambi idea, ma non posso.
Ti guardo:‹‹Hai qualcosa da dirmi, Gabriele?››
Non stacchi gli occhi dal muro di fronte a te, vorrei afferrare quel viso che ho imparato a conoscere così tanto bene e urlarti di guardarmi:‹‹Credo tu sappia già cosa voglio dirti››, colpita e affondata.
Lo so già, lo so da settimane in realtà. Da quando siamo tornati a casa da quel weekend terribile, quello decisivo, quello che:
“O va bene, o finisce quì”.
Però poi nessuno dei due ha avuto il coraggio di lasciare, forse perché tuo padre si è sentito male ed è stato all’ospedale, forse perché ancora non volevamo rassegnarci.
Si, io la so la verità, e insieme ad essa la consapevolezza di ciò che sarà mi scava dentro una voragine, ma ho bisogno di sentirmelo dire per realizzare.
Chiamami pure masochista.
‹‹Quindi è finita, di nuovo››, dico.
‹‹Emma..›› sospiri, poi resti in silenzio ancora qualche minuto. ‹‹Capisci perché lo sto facendo, vero?››
‹‹No›› dico, mentre cerco di controllare le emozioni dentro di me.
Ancora un po’.
Ancora un po’.

‹‹Non siamo fatti per stare insieme. Abbiamo due caratteri completamente diversi, e non facciamo altro che litigare.››
E vorrei piangere, urlarti che forse è vero ma non è questo il motivo per cui non facciamo altro che litigare. Il motivo reale è che tu, in primis, sei stanco di questa relazione. Che a vent’anni non ti senti ancora pronto a fare tante azioni, a occuparti di tante cose, e nemmeno io ero pronta, ma abbiamo fatto quei passi insieme e dovevamo affrontare le conseguenze insieme, ma non lo faccio.
‹‹Guardami›› dico, e tu lo fai.
Hai gli occhi rossi.
Gli occhi di uno che sa che ci perderà la testa.
E vorrei poterti proteggere, ma non è più il mio compito. ‹‹Io non ho intenzione di implorarti di restare, non trattengo nessuno, voglio che tu stia bene e se io non sono il tuo bene, è giusto così,
però..››, guardi a terra ora, lo sai cosa sto per dire,
fa male anche a te come fa male a me? ‹‹..però non devi cercarmi più, per nessun motivo. Io sono
morta per te, capito? Non abbiamo litigato, non sono andata via, non è che non mi hai mai conosciuta, sono morta!›› lo dico piano e mentre lo dico probabilmente sputo veleno, come se le mie fossero le ultime parole di una persona assassinata da chi più amava al mondo.
Lui annuisce, come uno scolaretto a cui stanno insegnando una lezione.
‹‹Questa è l’ultima volta che mi vedi››, dice. So che non è vero, che massimo un paio di giorni e sarà di nuovo qui, nello stesso posto, con la stessa gente, con la sola differenza che non avrà più me accanto.
Ma perché rendergliela più difficile? E allora mi limito ad annuire.

Le 21:08.
‹‹Devo andare a casa›› dico, più a me che a te.
Devo andarmene da qui, devo trovare la forza di lasciarti andare.
‹‹Vuoi che ti accompagno?›› mi guardi.
In un’altra occasione avrei sperato che fosse un segno.
Una speranza per noi.
Ma tu mi hai tolto ogni speranza.
Semplice cortesia, la tua.
Cortesia che non mi devi, e non ti devo.
‹‹No.››

Le 21:10
E non c’è più altro da dire.
Me ne vado.
Non so dove l’ho trovata la forza di lasciarti andare.
  
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