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Autore: LatazzadiTea    24/06/2017    3 recensioni
Oscar inizia a rendersi conto di ciò che prova, quando André smette di parlarle come faceva un tempo. Ora che tutto sembra cambiato, lei cercherà di ritrovare se stessa aprendo il suo cuore a un nuovo sentimento. Il suo amore per lui cresce dentro al suo cuore facendosi strada giorno per giorno, divendo sempre più intenso e opprimente, quanto il silenzio che la circonda senza il suono della sua voce.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Il fatidico giorno dell'addio alla guardia reale era arrivato. Con solenne commozione ogni soldato aveva reso omaggio al suo comandante, sfilando davanti a lui in una perfetta e indimenticabile parata di saluto. Oscar si era accomiatata con commozione dagli uomini che aveva comandato in quegli ultimi anni, e rimase molto colpita dalla mestizia generale con cui la guardia reale aveva reagito alla sua decisione di abbandonare quel comando, per una riassegnazione del tutto discutibile.

- Non c'è possibilità alcuna di farvi cambiare idea? - chiese in un ultimo accorato appello il maggiore Girodel.

- No! Ma il pensiero di lasciare questi splendidi uomini nelle vostre mani maggiore Girodel, mi rincuora - rispose lei tendendogli la mano. Girodel anziché stringerla si portò la mano di Oscar alle labbra, lasciandola completamente interdetta.

- Sappiate che questo non è un addio, madamigella Oscar. Sono certo che ci rivedremo presto! - disse Victor lasciandola finalmente sola coi suoi pensieri.

Oscar cercò di dare un senso a quel gesto e a quelle strane parole come se oltre si celasse un oscuro significato, non riuscendo proprio però ad immaginare quale fosse. Il pensiero corse di nuovo ad André e al bisogno sempre più pressante che aveva di lui.



- Non pensavo che un giorno ne avrei indossata una... sono ridicolo! - esordì André stentando a riconoscersi allo specchio.

- Invece a parer mio, l'uniforme ti dona! - rispose Oscar entrando nella sua stanza senza farsi annunciare. Come si aspettava, André ammutolì di colpo.

- Mio padre ne ha combinata un altra delle sue, è così? -

- Lui pensa solo al tuo bene Oscar. Per quello che mi riguarda, non avrei disatteso le tue aspettative se non mi avesse obbligato a farlo... - si giustificò il giovane senza osare alzare lo sguardo su di lei.

- Non importa, infondo, malgrado tutto credo sia la cosa migliore per me - ammise finalmente lei.

A quel punto Oscar azzardò un mezzo sorriso, che inevitabilmente si spense di fronte all'espressione imbarazzata che André aveva assunto subito dopo averla vista entrare nella sua camera da letto.

- Cercherò di non darti nessun fastidio, se avrai bisogno del mio aiuto non dovrai far altro che darmi un ordine Oscar... - replicò André.

Aveva messo subito in chiaro quale sarebbe stato il suo ruolo nella sua vita da quel momento in poi, ma non gli avrebbe permesso di escluderla ancora.

- E quello che ho sempre fatto André! Questo non cambierà, giusto? - ribatté lei sperando in una reazione diversa dell'accondiscendenza che ormai sembrava accompagnare ogni sua frase o parola.

- Sì, è così, questo non cambierà -  rispose lui senza tradire nessuna emozione.

Per lei non era cambiato niente: aprirle il proprio cuore non era servito a nulla. Ora aveva la certezza che la sua era stata un'inutile e irreparabile follia.

- Ah, un ultima cosa André... - Oscar addolcì il tono ma lui si girò appena.

- Sì, Oscar? -

- Tu non sarai mai un fastidio per me, sappilo André - finì di dire.

Uscì senza dargli il tempo di replicare con un indecifrabile emozione nel petto, simile a un misto di felicità e speranza insieme. Anche se quelle poche parole che si erano scambiati non potevano definirsi una vera e propria conversazione, dopo quel pomeriggio, Oscar si sentì decisamente più sollevata.



Quella sera André uscì di nuovo, sperando di trovare un po di conforto nel vino, e le false lusinghe di una prostituta.

- Hey, ma tu non sei il giovane di qualche settimana fa'? Come te la passi amico? - Alain si sedette al suo tavolo approfittando della bottiglia, svuotando ciò che ne restava nel proprio bicchiere.

- Tu sei Alain. Un soldato della guardia metropolitana, giusto? Che coincidenza... lo sai, fra poco condivideremo la stessa camerata noi due: non è fantastico, amico mio! - lo mise al corrente André decisamente alterato dall'alcol.

Dopo il mal riuscito il tentativo di Oscar di riconciliarsi con lui quel pomeriggio, il peso che portava sul cuore si era fatto ancor più insopportabile. Non avrebbe mai ottenuto quel tipo d'affetto da lei, doveva rassegnarsi. Oscar avrebbe continuato a considerarlo alla stessa maniera, ma lui non poteva più essere un fratello per lei. Né tanto meno un amico, ormai era chiaro. Fu distratto dai canti popolari dei suoi nuovi compagni di bevuta, che come ogni mese festeggiavano la misera paga che percepivano. Così, per ringraziarli della compagnia, decise di accordare come meglio poteva un vecchio pianoforte che il locandiere teneva da anni seppellito sotto un cumulo di ragnatele e polvere. Quando poi, finalmente si sedette per suonare intonando una vecchia e triste canzone d'amore, tutti i presenti ammutolirono al suono della sua voce.

Alain si mise in disparte, e malgrado la bravura della sua giovane nuova conoscenza, storse il naso. Non era per niente contento. Quel ragazzo non era affatto un poveraccio come loro: da come parlava, s'atteggiava e vestiva, André pareva proprio essere un nobile. Per non parlare di come cantava e suonava il pianoforte; quel giovanotto sembrava aver ricevuto un educazione degna di un principe, un male per uno che aveva mentito, affermando di essere il figlio di un falegname. Era un caso che quell'André si fosse arruolato proprio all'indomani dell'arrivo del loro nuovo comandante? Era certo di no.

- Hey, ragazzo! Guarda che non posso pagarti... - sbottò il locandiere dopo che lui aveva terminato di cantare.

- Non importa signore, stasera offro io! - esclamò André prima di rimettersi a suonare.




- Una proposta di matrimonio? - Oscar sgranò gli occhi esterrefatta.

- Sì figliola, il maggiore Girodel mi ha chiesto la tua mano proprio questa mattina - annunciò il generale Jarjayes con un filo di commozione nella voce.

- Ma padre io... io non desidero affatto sposarmi... - ribatté Oscar ancora incredula.

- Il generale Bouillé dice che i soldati della guardia hanno scritto una lettera a sua maestà, dove dichiarano chiaramente che non accetteranno mai ordini da una donna. Nella guardia reale eri al sicuro Oscar, ma con questa gentaglia... ti prego di considerare questa idea figlia, potresti finalmente vivere come una vera donna, e gustare tutte le gioie tipiche del tuo sesso che con la mia scelta ti ho così egoisticamente negato... - replicò suo padre quasi supplicandola.

Sembrava sinceramente pentito della sua scelta di crescerla come un uomo, ma non era quello il punto fondamentale. A cosa era servita la sua vita? E la sua giovinezza? Aveva rinunciato ad essere una donna molto tempo addietro. Come potevano chiederle di dimenticare tutti i traguardi raggiunti, i sacrifici e gli sforzi fatti per arrivare dov'era, come se non fossero nulla?

Si voltò verso André che alle sue spalle si accingeva a posare un vassoio con del tè fumante, su uno dei tavolini dell'elegante salottino privato. Aveva il volto pallido, cosa avrebbe pensato ora di lei? Come avrebbe potuto cancellare ora, quella distanza incolmabile che li separava ogni giorno di più?

Sentii un improvviso tintinnio provenire dalle preziose porcellane, André aveva avuto un tremito.

- Grazie André, puoi andare -

- Prego generale, Oscar... - André si accomiatò con un lieve inchino, sentendo il bisogno di uscire il più velocemente possibile da quella stanza.

Aveva il cuore in gola e stentava a reggersi sulle gambe per lo sgomento. Oscar in sposa? Dunque era questo il piano del generale Jarjayes, farla sposare. Aveva rinunciato all'unico amore della su vita, solo per vederla finire fra le braccia di un altro? Prese in mano l'ennesimo bicchiere e lo gettò in preda alla collera contro il camino acceso, mandandolo in frantumi. Quando si voltò non capì immediatamente, Oscar era come una visione dinnanzi a lui. I suoi occhi lo stavano ingannando ancora una volta?

- Dammeno uno, ho bisogno di bere! - esordì Oscar entrando ancora nella sua stanza senza permesso.

- Non dovresti venire qui da sola, e a quest'ora per giunta, non è appropriato Oscar... - gli venne da dire cercando inutilmente di ricomporsi.

- Girodel è un ottimo partito, e a quanto pare, sembra nutrire un affetto sincero per me. Che ne pensi di lui, André? Mio padre dice che se non dovesse piacermi, potrei addirittura scegliere qualcun altro al suo posto. Il generale Bouillé ha addirittura organizzato un ballo nell'eventualità che ciò accada -

Oscar lo aveva del tutto ignorato, continuando a non curarsi affatto dei suoi sentimenti. Non capiva quanto la sua vicinanza fosse una tentazione per lui? Cercò di sdrammatizzare gettando quell'assurda conversazione su un altro piano.

- Mi stai proponendo di accompagnarti a quel ballo, per consigliarti quale di quei damerini imbellettati farebbe più al caso tuo? - si versò un bicchiere e ne porse uno anche a lei.

- André io... - Oscar  trangugiò il vino come se quel delicato nettare scarlatto fosse stato veleno.

- Oppure vuoi che vada a pregare il conte di Fersen di unirsi a quel manipolo di manigoldi? Potrei anche farlo Oscar perché no, e cosa ci guadagnerei io? Un bel invito alle tue nozze e la tua eterna gratitudine? - aggiunse sprezzante lui.

- Fersen non centra nulla, l'ho dimenticato ormai... - quelle parole dette d'impulso, le fecero comprendere quanto fosse vero. Benché l'avesse amato e idealizzato per anni, ora aveva la certezza che nel proprio cuore non ci fosse più posto per lui.

- Stai cercando conforto nel posto sbagliato Oscar, mi spiace - aggiunse amaramente André.

Era stato duro come un muro di pietra, così cinico e gelido, da essere quasi irriconoscibile.

Se solo non l'avesse ferito. Se solo avesse compreso prima l'intensità di quel sentimento, forse... Si era catapultata da lui presa da un impulso irrefrenabile di rifugiarsi fra le sue braccia, pronta a confessargli i suoi dubbi e le sue incertezze, decisa a dirgli che l'unico uomo ad occupare ogni suo pensiero ora era lui, e invece, ancora una volta fuggiva da se stessa come una codarda.

- Dispiace anche a me, in effetti, non so cosa mi aspettassi di trovare qui - ribatté piena di rabbia e sconforto.

Dopo che se ne fu andata, André crollò sul suo letto cercando di trattenere i singhiozzi. Se solo avesse teso la mano avrebbe potuto toccarla, per un momento, dopo quella frase su Fersen, aveva pensato di stringerla nuovamente a sé, di rubarle altri baci e dirle che tutto si sarebbe risolto. Se fosse stato un nobile avrebbe potuto farsi avanti e chiedere la sua mano, ma non poteva. Avrebbe dato la vita in cambio della sua. Ma nemmeno quello sarebbe bastato purtroppo, visto che la vita di un servo, non aveva valore per nessuno.

- Perdonami Oscar, per quanto ti ami... per quanto ti desideri... non posso fare nulla! -


 


 
   
 
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