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Autore: andromedashepard    25/06/2017    0 recensioni
Questa è una raccolta di one-shots slegate dalla timeline ufficiale di Mass Effect, una serie di 'what if's che hanno come protagonisti i miei personaggi preferiti alle prese con le situazioni più disparate. Only smiles allowed!
1. Una vacanza indimenticabile.
2. After the war.
3. Ingredienti di un Natale perfetto.
Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Comandante Shepard Donna, Thane Krios
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dunque, avevo totalmente rimosso di aver scritto questa one-shot, finché un giorno, la bellezza di quattro anni dopo, mi ci sono imbattuta mentre facevo pulizia al pc. Era nata da un prompt casuale per cui avrei dovuto scrivere qualcosa utilizzando quattro parole: diplomatico, giacca, sala conferenze, palloncino. Quello che è venuto fuori è qualcosa di tremendamente cheesy – qualcosa che potevo pubblicare solo all'interno di questa raccolta.
Ah... non chiedetemi come faccia ad essere ambientata sulla Cittadella dopo la fine di ME3 perché non ne ho idea. (Contiene riferimenti alle altre mie storie, ma non è da leggersi come un vero seguito, ma piuttosto come un “what if”).


 
After the War
 


“L’Alleanza ha bisogno di ridare speranza alla gente comune…” E’ così che il giovane ufficiale si era giustificato nel porgere un elegante invito in carta stampata al Comandante Shepard. “…Oltre ad avere un gran bisogno di soldi. Comandante, lei è indispensabile per quest’evento. Tutti vorranno staccare un assegno al cospetto di un’eroina come lei,” aveva aggiunto in seguito, notando che la donna esitava a raccogliere il biglietto. “Signora, nessuno vuole metterle pressione… solo, saremmo davvero onorati della vostra presenza,” sottolineò, guardando oltre la sua spalla come nel tentativo di cercare qualcosa o qualcuno. “Meglio il Comandante Shepard in carne ed ossa che un ridicolo ologramma al centro del salone, non crede?” rise poi nervosamente.

Al solo pensiero che uno di quei cosi potesse davvero venire esposto alla mercé di tutti, mentre recitava frasi fatte con un’orribile voce sintetica, le fece accapponare la pelle, e le sue dita si strinsero immediatamente intorno a quel pezzo di carta. “Ci penserò,” rispose semplicemente. L’ufficiale, un ragazzotto biondo dagli occhi incredibilmente chiari, chinò il capo in segno di rispetto e si esibì in un perfetto saluto militare, mentre la ringraziava di cuore per aver deciso di valutare l’opportunità.

Shepard si richiuse la porta dell’appartamento alle spalle, ravviandosi i capelli con una mano. Poi si avvicinò al pianoforte e vi si appoggiò con i gomiti, aprendo la busta con lentezza. Lo stemma dell’Alleanza dei Sistemi svettava in cima al foglio, una filigrana dorata che sembrava un bassorilievo. Più in basso, un invito rivolto a due persone. Le venne da sorridere al pensiero di come la guerra avesse cambiato le cose, di quanti compromessi aveva creato. L’Alleanza sapeva perfettamente chi fosse Thane, diamine, lo sospettava pure il C-Sec. Eppure, eccolo lì, quel nome stampato nero su bianco accanto al suo, scevro di ogni antica colpa. Malgrado ciò, di fronte all’ipocrisia, non si può fare altro che sorridere, o arrabbiarsi… e lei, quel giorno, scelse di sorridere, immaginando la faccia di lui nello scoprire che era appena stato invitato a un gran galà.

 
~

Stava cucinando l’unica cosa che le riusciva di fare in quel periodo: cibi preconfezionati. Prendi una busta, la apri in modo maldestro, versi il contenuto in una pentola, accendi il fornello e aspetti che il timer suoni. Nel 2187 si era evoluta anche l’industria alimentare, ovviamente. Persino i cibi precotti non sapevano più di plastica o cartone, anzi, avevano un aspetto, un sapore e un odore piuttosto invitanti. Il sistema audio dell’appartamento era al massimo della sua potenza; a lei piaceva così… la aiutava a non rimuginare anche quando il solito pensiero sembrava prendere il sopravvento. Canticchiava, dondolandosi piano sulle stampelle, mentre mescolava di tanto in tanto il preparato, e non sentì la porta d’ingresso aprirsi. Si ritrovò semplicemente circondata da due braccia forti e inebriata da quel profumo così buono e familiare.
“Sei tornato,” osservò, voltandosi verso di lui con un sorriso.
“Pensavi forse che mi sarei dileguato nel nulla?” le domandò Thane, posandole un bacio sul collo.
“Beh, visti i trascorsi…”
“Non dire sciocchezze,” rise lui, strofinando una guancia contro i suoi capelli mentre sbirciava il contenuto della pentola. “Noodles?”
Lei annuì, porgendogli un mestolo per fargli testare la cottura. Poi abbassò il volume della musica tramite factotum.
“Ancora due minuti,” rispose lui. Poggiò il mestolo sul ripiano della cucina e le tolse le stampelle dalle mani, facendola appoggiare su di sé.
“Come va oggi?”
“Come sempre…” sospirò lei,“…ma bene, sto meglio,” si affrettò ad aggiungere, sforzandosi di sorridere.
Lui la squadrò come se avesse avuto intenzione di scoprire la verità nascosta dietro a quegli occhi verdi.
“Davvero. Sono riuscita a fare la doccia senza scivolare,” asserì lei, alzando le sopracciglia con orgoglio.
“Non sforzarti troppo. Hai tutto il tempo necessario per… abituarti.”
“Tempo che, sinceramente, non ho intenzione di sprecare, Thane. Non adesso, non ora che siamo vivi e…”
Questo non ci impedirà di essere felici,” incalzò lui, appoggiando una mano sul suo fianco destro.
Lei si scostò appena, roteando gli occhi. “Preferisco non parlarne, lo sai. Piuttosto, aiutami a scolare questi dannati cosi,” disse, lanciandosi istintivamente in direzione dei fornelli. Lui la trattenne per le braccia giusto un attimo prima che potesse cadere rovinosamente a terra, porgendole subito dopo le stampelle.
“Vai a sederti, ci penso io.”
Shepard strinse i denti, con la stessa forza con cui strinse le dita intorno ai due supporti di metallo, e decise di obbedire, memore di quelle tante volte in cui, in un’occasione come quella, avevano finito per litigare… Sempre per colpa sua e del suo maledetto orgoglio. Prese posto a tavola, tamburellando a terra col piede sinistro. Giurò che se avesse visto nel suo sguardo un solo briciolo di compassione gli avrebbe lanciato una globo biotico, ma fortunatamente, quando lui arrivò con due scodelle in mano, c’era solo un grande sorriso sulle sue labbra e una grande dolcezza nei suoi occhi.

 
~

“Ho una cosa da darti,” gli disse lei, dopo pranzo. Si erano seduti sul divano e lei aveva appoggiato le gambe su di lui, permettendogli di accarezzarla sotto a un plaid. Stranamente, chissà per quale motivo, lo vide impallidire a quell’affermazione. “Qualcosa non va?” gli domandò allora.
“No, niente affatto… di che si tratta?” si affrettò a replicare lui, schiarendosi la voce.
Lei decise di ignorare quell’atteggiamento inusuale e gli porse l’invito.
“Ah,” esalò lui, dopo aver letto brevemente.
Ah?”
“E’… inaspettato.”
“E’ venuto un ufficiale stamattina, un novellino… Avresti dovuto vederlo, a stento è riuscito a pronunciare il suo discorsetto senza balbettare,” ridacchiò lei.
Lui le restituì l’invito, piegandosi fino a raggiungere le sue labbra per baciarla brevemente.
“Te la senti di andare?”
“Non lo so, Thane…” lo guardò come se stesse sperando che lui potesse darle un buon motivo per accettare.
“Ti appoggerò, qualunque cosa tu decida. Sappi solo che non devi niente a nessuno.”
“Lo so, ma…” sbuffò lei, portandosi i capelli all’indietro, “…qualcosa dentro di me mi dice che sarebbe la cosa giusta da fare. Non posso più aiutare attivamente, sarebbe il minimo da parte mia presenziare, voglio dire… Sono ormai inutile, i giorni scorrono senza che io possa fare niente di buono.”
Lui sembrò irrigidirsi a quelle parole e le sue mani si fermarono di colpo. “Non puoi davvero pensare una cosa simile. Senza di te, non saremmo qui… Nessuno sarebbe qui, non ci sarebbe nessun invito.” Usò un tono di voce duro, come poche volte aveva fatto con lei, e Shepard trasalì, non aspettandosi minimamente un risvolto simile. Si pentì immediatamente di aver usato quelle parole, che sapevano così tanto di autocommiserazione, e allungò una mano per cercare la sua.
“Scusami, a volte non riesco a…”
“No, scusami tu. Non avevo il diritto di parlarti in questo modo…”
Lei si sciolse in un sorriso, intrecciando le dita con le sue. “Se non ce l’hai tu il diritto, chi se no?”
“Vieni qui,” le ordinò lui, aiutandola a sollevarsi per poterla stringere a sé.
“Non so come avrei fatto senza di te, non lo so davvero…” mormorò lei contro la sua spalla.
Lui rispose abbracciandola con più forza, sospirando sommessamente,“Ti amo così tanto…”

 

Sarebbe stato un gran galà di beneficenza, organizzato in uno degli alberghi più esclusivi della Cittadella. Avrebbero presenziato politici, diplomatici, ufficiali di alto rango, giornalisti e tutti coloro che, in qualche modo, potevano dirsi collegati all’immenso organismo che era l’Alleanza dei Sistemi. Ciò significava inevitabilmente abiti eleganti, fiumi di champagne, rinfreschi costosissimi, e tante, tante chiacchiere. Gli invitati erano semplicemente i pezzi grossi di qualunque settore. Costruttori di navi spaziali, scrittori, stilisti d’alta moda, produttori televisivi, attori, popstar… Chiunque avesse almeno un nome o un volto conosciuto e legato ad una montagna di soldi. L’obiettivo era quello di raccogliere fondi, il più possibile. Denaro che sarebbe stato destinato ovviamente alla ricostruzione della Galassia, a partire dalle aree più colpite, a quelle appena sfiorate dall’attacco dei Razziatori. Oltretutto, ai vertici erano convinti che l’organizzazione di un evento di tale portata avrebbe apportato anche un considerevole beneficio al morale della popolazione, dimostrando che, in qualche modo, dalle ceneri si può rinascere.

Shepard non era una sciocca. Per quanto odiasse certe manifestazioni, sapeva bene che in un momento come quello si sarebbero potute rivelare di un’importanza fondamentale. Troppe persone avevano perso le proprie case, il proprio lavoro, i propri cari… e in una Galassia distrutta, inevitabilmente, il denaro resta in mano a quei pochi che, sin da prima della guerra, avevano potuto impiegarlo per fuggire il più lontano possibile. Ora era anche compito suo riappropriarsene, con la differenza che non avrebbe dovuto imbracciare un fucile. Così come quando, dopo l’attacco alla Terra, era stata spedita ad occuparsi di diplomazia anziché restare in prima linea a combattere, adesso si trovava quasi nella stessa posizione. Provò la stessa rabbia e la stessa frustrazione, ma fortunatamente il contesto in cui si trovava ora era totalmente diverso.

Era riuscita nuovamente nell’impresa di fare una doccia normale e, dopo aver asciugato pazientemente i lunghi capelli ramati, si era seduta sul bordo del letto aspettando che Thane arrivasse col suo abito, stretta in un morbido accappatoio. L’aveva mandato ad occuparsi della faccenda, asserendo che lei in alcun modo avrebbe messo piede in un negozio d’abbigliamento, conscia del fatto che l’avrebbero trattata con insopportabile reverenza, e lui aveva accettato senza protestare, rassicurandola che avrebbe preso qualcosa per niente appariscente, come richiesto. Quando tornò dallo shopping e la raggiunse in camera da letto, aveva un’enorme busta fra le mani che recava la marca di una costosissima casa di moda Asari, e Shepard lo fulminò con lo sguardo.
“No, Thane… non se ne parla. Avevo detto qualcosa di sobrio,” sbuffò, passandosi una mano sugli occhi. Lui le porse anche un’altra busta, abilmente nascosta dietro la prima, stavolta molto più piccola e decisamente più sobria.
“Provali entrambi, poi farai la tua scelta,” le disse, sicuro di sé, porgendole la busta più grande.
“Ti risparmio l’attesa. Dammi l’altro,” protestò lei, allungando una mano.
Thane obbedì, poggiando la busta più grande sul pavimento. Lei tirò fuori il primo abito, rigirandoselo curiosamente fra le mani. Un semplice tubino nero, lungo fino alle caviglie, di una stoffa molto pregiata, impreziosito solo da alcuni strass sul decolté. Non fece i salti di gioia, ovviamente, ma perlomeno lo indossò senza lamentarsi. Si guardò allo specchio, cercando di non dare a se stessa un giudizio troppo severo. No, non era brutto, ma a quel punto, la curiosità per l’altro abito diventò più forte.
“Stai benissimo,” la rassicurò lui, mettendosi accanto a lei.
“Benissimo… Come un cadavere ambulante,” sorrise Shepard, rassegnata.
“Sei la cosa più lontana da un cadavere ambulante che riesco a immaginare…”
“Finisco di prepararmi e ti raggiungo di sotto, va bene?” tagliò corto lei, dando le spalle allo specchio.
“Sei sicura di non aver bisogno del mio aiuto?”
Lei annuì, recuperando le stampelle. “Sicurissima.”

Si sedette di nuovo sul bordo del letto, poggiando le stampelle di lato. Poi prese la busta più grande e rovistò al suo interno, trovando un’enorme matassa blu di raso. Lo spiegò, distendendolo sul letto… e restò semplicemente inebetita ad ammirare un abito degno della migliore delle favole. La gonna era ampia, lunga, con un discreto strascico sul lato destro; il corpetto era decorato con una serie di motivi floreali a cascata, di un colore che le ricordò l’oro bianco. Prese un lembo di stoffa tra le mani, ammirando il piacevole contrasto che faceva col candore della sua pelle, deliziandosi della consistenza soffice e liscia del tessuto. Sorrise, pensando ai motivi che avevano potuto spingere Thane a fare quella scelta. Magari lei riusciva a vedersi solo come l’ombra della donna che era, ma lui… no, per lui, lei era molto di più.
Si sfilò l’abito nero e provò ad indossare l’altro. Non riuscì a chiudere il corpetto sulla schiena, ma quando si alzò per andare a guardarsi allo specchio, restò ugualmente meravigliata, tanto che sentì gli occhi pizzicarle leggermente, come se fosse sul punto di commuoversi. Arrancò verso il bagno, appoggiandosi al lavabo, e decise di truccarsi come non faceva più da secoli, come non aveva mai fatto probabilmente. Poi, dopo aver fissato per troppo tempo la porta della camera, si costrinse finalmente a uscire.

 
~

“Non dire nulla, per favore. Aiutami solo a chiudere il dannato corpetto,” disse, mentre scendeva le scale a fatica. Thane le regalò un sorriso ampio, uno dei suoi sorrisi più rari, mentre la raggiungeva per porgerle una mano.
“Neanche una parola?” domandò, accarezzandole una guancia.
“Una sola, al massimo.”
“Ka’lis.”
“Che significa?”
“Letteralmente… La cosa che ti fa mancare il respiro perché troppo bella da vedere.”
Lei diede una risata, arrossendo vistosamente. “Anche tu non sei niente male. Questo smoking ti dona parecchio,” si affrettò a dire poi, quasi per sdrammatizzare un momento nel quale avrebbe potuto davvero sciogliersi in lacrime. “Ed è anche più facile da togliere.”
“Decisamente,” rispose lui, facendo il giro per chiudere il suo vestito. Nel farlo, non si impedì di sfiorare casualmente la sua schiena, ricordandole cos'aveva intenzione di fare poi, una volta finita la festa.
“Potremmo, sai... disdire all’ultimo momento, Thane.”
“La solita impaziente…” sbuffò lui, divertito.
“Fino a prova contraria sei tu quello che armeggia sul mio fondoschiena…”
Entrambi risero divertiti, poi lui le sfilò una stampella e le porse finalmente il suo braccio.
“Ma…”
“Stasera appoggiati a me.”

 

Il tragitto in taxi fu quasi doloroso. C’era sempre la sua mano a stringere la sua, ricordandole che non era sola in quell’impresa, ma ciò non le impedì di provare ansia e timore. Tutti, in quella sala, l’avrebbero immediatamente riconosciuta. Tutti sapevano chi fosse, tutti erano a conoscenza di cosa quella guerra le avesse strappato e, di sicuro, non avrebbero mancato di farglielo sapere con quelle occhiate cariche di compassione che lei conosceva così bene. Si ripromise fino all’ultimo istante di dover fare il suo ingresso a testa alta, senza pensare a niente, ma l’attimo prima di varcare l'arcata di ingresso, addobbata sfarzosamente con i fiori più bianchi e profumati che avesse mai visto, si congelò, e la presa sul braccio di Thane diventò quasi una morsa.
“Non credo di potercela fare…” mormorò, quasi ansimando.
Thane restò fermo al suo fianco, offrendole uno sguardo neutro, ma carico di comprensione.
“Non ci riesco…”
“Di cosa hai paura?”
“Avrò gli occhi di tutti puntati addosso…”
“E’ inevitabile, lo sai. Sei diventata un punto di riferimento per tutti, ti considerano un’eroina, come puoi biasimarli?”
“L’eroina che ha perso una gamba, che ha passato tre mesi in coma, con un fianco completamente bruciato e sfigurato per sempre…”
Lui la condusse in un angolo più appartato, stringendosi a lei quasi come se volesse proteggerla da tutto e da tutti. “Quando ti vedo non riesco a vedere di niente di tutto ciò. L’unica cosa che vedo è una bellissima donna, così forte da essere riuscita a salvare il destino di miliardi di individui, così forte da aver guardato la morte in faccia e averla sconfitta con fierezza…” Le accarezzò una guancia, gli occhi ricolmi di sincerità. “Hai dimostrato di non aver paura neanche di fronte al più spietato fra i nemici, perché adesso? Perché perdere adesso la fiducia? Cosa contano gli sguardi degli altri, di fronte alle imprese che hai compiuto, che abbiamo compiuto insieme? Sei incredibile… Sei la cosa più bella che io abbia mai visto, come puoi vederti in un modo che non sia questo?”
Shepard abbassò lo sguardo, mordendosi nervosamente le labbra. Avrebbe dato qualunque cosa per vedersi adesso esattamente come lui la vedeva, per ritrovare la fiducia in se stessa che aveva ormai perso, provata da mesi di reclusione in un letto d’ospedale, e da altrettanti passati a lottare contro la consapevolezza che adesso le era toccata un’altra vita… Lontana dalla Normandy e da tutto ciò che prima aveva sempre considerato casa. Ma, tra tutte le cose che aveva perso, una le era rimasta, forse la più importante… lui.
“Andiamo,” gli disse dopo qualche istante, sforzandosi di stamparsi un sorriso sulle labbra.

 
~

La sala conferenze era ricolma di gente che si affaccendava intorno al buffet, mentre ascoltava distrattamente ciò che il diplomatico o l’ufficiale di turno avevano da dire al microfono. C’erano fiori ad ogni angolo, sculture di ghiaccio, palloncini blu con il simbolo dell’Alleanza, individui di ogni specie che chiacchieravano amabilmente davanti a una bottiglia di champagne. La prima persona ad avvicinarsi a lei fu una donna vestita con un abito bianco, semplice ma di classe, il viso nascosto scherzosamente dietro a un palloncino. Prima ancora che potesse svelare la sua identità, Shepard sorrise, sapendo chi avrebbe incontrato.
“Liara!” esclamò, protendendosi verso di lei. L’avrebbe abbracciata in uno slancio, se solo avesse potuto.
L’Asari le gettò le braccia intorno al collo, abbandonando il palloncino. Poi strinse la mano a Thane, distanziandosi leggermente.
“Sei davvero una visione,” disse all’amica, con gli occhi che brillavano.
“Anche tu non sei da meno,” rispose lei, piegando la testa da un lato. “Dove hai lasciato Feron?”
“Oh,” Liara sventolò una mano, roteando gli occhi, “…lo sai, odia questo genere di cose. E, oltretutto, non è stato esattamente invitato.”
“Mi dispiace… dannazione, sono un pugno d’imbecilli,” fece lei, sbuffando.
“Gli hanno fatto solo un favore, credimi,” la assicurò lei. “Vieni… Ci sono un paio di persone che sono sicura tu abbia voglia d’incontrare.”
Una volta svoltato l’angolo, Shepard capì che quella serata sarebbe stata completamente diversa da come l’aveva immaginata fino a quel momento.
C’era Garrus, impettito nella sua alta uniforme blu notte, accanto ad un’umana dagli occhi azzurri. C’era Tali, stretta in una tuta formale dove il viola e il dorato si intrecciavano nel più bello degli intarsi, appoggiata al braccio di un altro Quarian, alto e fiero. C’erano Joker e EDI intenti a punzecchiarsi su un divanetto. C’erano James, Cortez, Jack e Samantha impegnati in chissà quale animata discussione, e tutti con un abito elegante che li rendeva quasi irriconoscibili. Tutti gli altri, lo sapeva, erano attivamente impegnati altrove e di sicuro non erano riusciti a trovare il tempo di presenziare a quell’incontro, ma prima o poi li avrebbe invitati nel suo appartamento, come si era da sempre ripromessa di fare.

Le andarono tutti incontro, sommergendola di sorrisi, abbracci e strette di mano… E in nessuno di questi lei riuscì a leggere la compassione di cui tanto aveva avuto paura. Passò la serata a chiacchierare come se ogni timore fosse passato in secondo piano, come se in mezzo a quelle persone, adesso, si sentisse finalmente a casa. Alla fine, riuscì persino a farsi staccare un assegno con una quantità impressionante di zeri proprio dalla stessa stilista che aveva confezionato il suo vestito, rifiutando però la proposta di fare da modella per la prossima campagna pubblicitaria. 'Oh, cara… lei sarebbe davvero perfetta. La prego, valuti quest’opportunità,' l’aveva supplicata, e lei aveva resistito egregiamente alla tentazione di lanciarsi in una carica biotica verso il lato opposto della sala. Era stata chiamata persino sul palco ed era riuscita a spendere due parole sentite riguardo alla guerra e riguardo alla speranza di un futuro migliore, mentre Thane era rimasto ad osservarla composto da lontano, con uno sguardo pieno di orgoglio. Fu quella la serata in cui lui capì che lei era finalmente pronta a gettarsi tutto alle spalle e a ricominciare, e accettò con gioia quella consapevolezza, realizzando che, finalmente, avrebbe potuto fare ciò che da troppo tempo aveva solo sognato e immaginato.

 

“Andiamo a casa?” domandò lei, speranzosa, quando furono ormai fuori dall’albergo. Era luminosa, sotto alle luci violette della Cittadella, i suoi occhi erano pieni di vita come non lo erano stati per troppo tempo.
“Non ancora,” rispose lui, chiamando un taxi.
“Devo preoccuparmi?” sorrise lei, pungolandolo scherzosamente.
“Forse.”
“Dai… dimmi cos’hai in mente.”
“E’ una sorpresa,” rispose lui, determinato.
Shepard sbuffò e si fece accompagnare al taxi, prendendo posto accanto a lui. Non riuscì a sentire la destinazione comunicata da Thane al tassista, e allora cercò di capire dove fossero diretti sbirciando di continuo fuori dal finestrino. Quando se ne rese conto, si voltò a lanciargli un’occhiata divertita ed emozionata.
“Sembra sia passato un secolo da quel giorno. Vorrei poterlo ricordare come lo ricordi tu adesso…” mormorò, stringendosi a lui.
“Possiamo fare di meglio, Siha…” rispose lui, accarezzandole i capelli mentre il taxi frenava la sua corsa di fronte alla spiaggia artificiale. La aiutò a scendere dall’automobile, poi si prese un attimo per osservare l’orizzonte di fronte a sé, respirando profumi che riportavano alla sua mente momenti così belli da sembrare irripetibili.
“Non hai idea di quanto io abbia aspettato questo momento…” dichiarò, sollevandola in braccio. Lei rise, aggrappandosi alle sue spalle.
“Se avessi saputo che avresti voluto tornarci…”
“Non si tratta semplicemente di questo.”
Fu allora che lei smise di capire. C’era qualcosa di diverso in lui, in effetti. Un’inquietudine di cui si accorse solo in quel momento.

La adagiò piano sulla sabbia fresca e morbida, cingendole le spalle. “Hai freddo? Vuoi la mia giacca?”
“No, sto benissimo,” sospirò lei, guardando quella porzione di Cittadella sopra di sé. Non avrebbe mai pensato di potersi trovare sotto allo stesso cielo, insieme a lui, ancora una volta. Non dopo tutto quello che era successo.
“Credo… credo che adesso potrei anche mettermi a piangere,” confessò, la voce rotta da quel pianto che stava cercando di trattenere con tutta se stessa, trasformandolo in una debole risata.
“Perché?”
“Perché sono felice…” rispose lei, asciugandosi una lacrima. Si voltò, incontrando le sue labbra in un bacio dolcissimo.
“Lo sono anche io…” disse poi lui, giocando con i suoi capelli. “Se non mi fossi innamorato subito di te, l’avrei fatto stasera…” ammise, “se ti avessi incontrata in quella sala, il tuo ricordo non mi avrebbe dato pace fino alla fine dei miei giorni.”
Shepard sorrise, immaginando come sarebbe stato. “Sono sicura che in qualche modo, saremmo finiti lo stesso insieme. Non avrei mai potuto dimenticare i tuoi occhi.”
“E io i tuoi…”
“Diamine, guardaci… siamo come due adolescenti alla prima cotta,” ridacchiò lei, stringendosi contro al suo petto.
“Prima che la tua vena romantica si esaurisca del tutto, avrei qualcosa da chiederti.”

Nello stesso momento in cui lo sentì trafficare con qualcosa nella sua giacca, lei si congelò sul posto, col cuore che minacciava di esploderle fuori dal petto da un momento all’altro.
Lui le porse un anello, di un materiale simile all’argento, ma chiaramente di fattura Drell. Dei simboli sinuosi si intrecciavano sulla sua superficie, simboli a lei ancora sconosciuti. Quasi non sentì la sua domanda, persa com’era ad osservare quel piccolo capolavoro che lui le aveva appena regalato.
“Vorresti farmi l'onore di stare al mio fianco, per tutta la vita?” le aveva chiesto lui, la voce calma e sicura.
“Dannazione, sì…” esclamò lei d’istinto, scoppiando in una risata cristallina mentre si rigirava l’anello fra le mani. “Io… non so davvero cosa dire… è meraviglioso…” continuò, “…tu sei meraviglioso.” Si girò verso di lui, abbracciandolo con gli occhi umidi di lacrime.
Lui si sentì finalmente sollevato, libero da un peso che aveva tenuto dentro di sé per un’eternità. Non perché si aspettasse o temesse una risposta diversa, ma semplicemente perché aveva bisogno di essere sicuro che l’avrebbe fatto nel momento giusto.
Restarono a lungo abbracciati, nutrendosi dei rispettivi respiri, di quel contatto così unico e familiare che aveva il potere di rilassare entrambi, portandoli in un’altra dimensione. Poi lei si distanziò appena, guardandolo negli occhi. “Thane… posso farti una domanda?”
Lui annuì, sorridendole.
“Perché adesso?” chiese, volgendo lo sguardo alla lunga distesa d’acqua di fronte a sé.
La risposta di lui non si fece attendere. “Perché non puoi diventare la metà di qualcuno, se prima non hai rimesso insieme i pezzi.”
Lei si voltò nuovamente, accarezzando il suo viso con la stessa mano che stringeva l’anello. Appoggiò la fronte sul suo petto, lasciando le lacrime libere di fluire dai suoi occhi.
“A volte credo che tu mi conosca meglio di quanto io conosca me stessa,” osservò.
“Questo è perché ti amo… ti amo sopra ogni cosa.”
Lei sorrise, mentre quelle lacrime di pura gioia si facevano strada lungo le sue guance, e in quell’istante ogni cosa scomparì, di fronte a una possibilità del tutto nuova che fin ora non era riuscita a comprendere appieno. Non aveva mai cercato l’eternità, ma in quel momento la vide incastonata nei simboli di quell'anello, e capì che se anche un giorno loro avessero cessato di esistere, quel sentimento sarebbe riecheggiato per sempre in quella piccola porzione di universo, illuminata dalle flebili luci della Cittadella.



Un applauso sentito se siete arrivati fino alla fine senza vomitare zucchero filante e unicorni. 
   
 
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