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Autore: Amantea    25/06/2017    15 recensioni
La storia ha inizio dal famosissimo episodio 35 dell’anime, “Accusa di tradimento” (23 giugno 1789).
Riprendo un’idea che avrei voluto sviluppare in un’altra mia long, ma qui ne faccio una storia a se stante. E come in altre mie storie, mi piace ricostruire l'episodio, restando fedele ai dialoghi e al dipanarsi della trama… fino a un certo punto ;)
"Un lampo, e un altro ancora.
Lo studio del Generale si illumina a tratti, un’acquaforte sinistra di chiaroscuri, che la luce tremolante dei candelabri ingentilisce a stento.
Oscar siede, immobile. Osserva il padre [...]".
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Generale Jarjayes, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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IN NOMINE PATRIS



-8-




Brucia il viso, brucia.
Brucia dove il generale lo ha colpito con forza, gettandolo a terra.
Stringe i pugni sul pavimento gelido, lo sente dietro di sé, ancora in piedi. 
    Dove sei Oscar... ?
Qualcosa sbatte contro il vetro. E poi qualcos'altro. Corpi senza nome, uno dopo l'altro, ad ammazzarsi contro quella finestra, un rumore orribile, di vita rifranta e gettata via, urlando.
    Ho paura.
I vetri esplodono.
Grida.
Si para il volto.
Sangue.
E' sangue quello che cola sulla guancia. Un liquido caldo che scivola fino al mento, gocciola a terra, spandendosi in una macchia scura e densa.
    Il mio occhio!
E' tutto buio. Tutto così inesorabilmente buio.
Il cuore batte convulso.
    Sarò forse.... No, io non posso morire... non posso...
E poi. Una voce. La sua. 
    Chiamami... chiamami ancora Oscar... fallo ancora... chiamami.
Tirato fuori dagli abissi. La mano è stretta fra quelle di lei. E lei sta piangendo.
    Stai piangendo per me...
Cerca di aprire gli occhi. Non può.
Un dolore lancinante glieli costringe serrati, e qualcosa di ruvido gli fascia il volto.
Ora ricorda... stava inseguendo il cavaliere nero e...
No.
Non è possibile. Quella è un'altra storia.
Ora è a terra, non sa dove, e Oscar lo chiama, piano, dolcemente, la voce rotta da un'emozione che non saprebbe definire, la mano fra le sue, intrecciata alle sue.
Forse è andata così?
Forse il generale ha levato la spada contro di lui per primo, esaudendo il suo desiderio. E l'ha colpito.
O forse quello stormo di corvi impazziti nel temporale gli ha rovesciato addosso una pioggia di schegge taglienti, ed è rimasto ferito.
E adesso giace, da qualche parte.
Ma Oscar è viva! Oscar grazie al Cielo è viva. E' viva accanto a lui.
Se solo la testa smettesse di fargli così male! Potrebbe mettersi seduto ed abbracciarla.
Afferrare quella stoffa liscia tra le mani, e stringerne il corpo assieme al tessuto.
Il suo corpo...
    Il tuo corpo Oscar... se solo immaginassi quanto...
Una voce lacera il silenzio e il buio.
Un messaggero!
Eccola, di nuovo.
Un messaggero!!
    Dove vai Oscar perché piangi? Perché gridi forte, non capisco. Non riesco a vederti. Dove stai andando? Chi ti sta portando via? Oscar! Oscar resta qui! Oscar chi ti sta trascinando via? Oh Dio mio! Oscar! Oscar!!



Si è svegliato di soprassalto, gli occhi stretti a cercare una luce che non c'è, la gola riarsa, come se avesse gridato, a lungo, disperatamente.
- Oscar... -. E' solo un sussurro adesso, fiato caldo che le labbra rilasciano a stento.
Deglutisce, a fatica.
Si tocca la fronte, i capelli. E' sudato, e il cuore batte ancora a un ritmo folle.
Un sogno. Che diavolo di sogno assurdo!
Sbuffa, quasi sollevato, quasi ridendo, nervosamente, le mani strette alle tempie, le ginocchia sollevate dal materasso che sembra diventato rovente, sotto di lui.
La camerata è un ammasso graveolente di ombre e corpi.
André si alza, fa gemere il legno del giaciglio, e poi a passi leggeri arriva al corridoio. Ha preso da Alain l'abitudine di dormire con gli stivali ai piedi. "Bisogna essere sempre pronti!", gli aveva detto una volta, ammiccando, la grossa mano posata sulla sua spalla. Forse adesso che è scoppiato quel caldo soffocante non sarebbe stato della stessa idea.
Ha bisogno di aria. Un po' di aria.
La guardia della ronda lo richiama, ma lui fa un cenno, si fa riconoscere.
Non ha più amici là dentro.
Quelli con cui aveva legato, silenziosamente -a modo suo-, adesso stanno al carcere dell'Abbaye.
Si affaccia da un'uscita laterale. Giusto il tempo di respirare la notte, almeno un poco. Che glielo lascino fare...

Sa perché ha sognato Oscar.
Ha passato la vita a sognarla, persino di giorno.
E adesso le manca come se gli avessero strappato un pezzo di stomaco.
Perché il dolore della sua assenza si annida lì, nella pancia.
No, non nel cuore. Quello ormai se l'è fottuto da un pezzo. Si è lacerato e ricomposto talmente tante volte che non saprebbe più dire che forma ha. Sa solo che batte, ostinatamente, ancora. A volte più veloce. A volte quasi fermo. A volte si inceppa, e accelera, per rimettersi al passo.
Le manca nello stomaco, stava pensando. Sì. Come il tormento che dà l'ansia frammista al senso di colpa.
Perché è colpa sua se Oscar è stata trascinata via.
Sua e del suo occhio stentato.
Sua e del suo essere nessuno. Già, nessuno.
Chi non ha potere, abbia testa!
Beh, non recita proprio così il motto. Ma lui di testa ne ha.
    E allora usala, André!
Respira forte l'umidore che sale dal piazzale come una grigia coltre d'acqua.
L'assurdità del sogno, così vivido da sentirne ancora l'odore, gli ha lasciato addosso un tetro senso d'inquietudine.
Eppure c'è qualcosa. C'è qualcosa che ancora martella la mente.
Rivede la scena.
Risente ogni parola.
Ogni suono.
Ripercorre l'assennatezza di ogni mossa.
Il messaggero col mantello grondante acqua, la pergamena firmata dal re. I gesti, le parole. Gli sguardi. Appena intuiti, per lui solo un ammasso di macchie colorate, dai contorni indefiniti. Quando più, quando meno. Quella sera, sarà stata la tensione dello scontro con il Generale, l'occhio gli doleva e la capacità di vedere era miseramente poco nitida.
Le guardie reali, i cavalli, i finimenti, i mantelli. I mantelli.
Una vertigine.
La schiena trova un muro nel suo precipitare all'indietro.
I mantelli. Le guardie reali non portano mantelli come quelli.
E allora finalmente la stonatura assume un senso.
Una messinscena.
Dio santo!
    Tutta una messinscena...
Ansima, la mano portata al muro. Come il fragore di quei corvi infranti contro il vetro, nel sogno di poco prima.
Da qualche parte del bosco devono esserci dei corpi. O forse solo uno, quello del vero messaggero. Quello che portava il vero messaggio di Sua Maestà, della Maria Antonietta amica di Oscar. magari un semplice confinamento nelle prorpie stanze, o un rimprovero scritto. Qualcosa da salvare la "faccia" del Re, ma anche e soprattutto la vita di Oscar. Una punizione che mettesse a tacere il tavolo dei tracotanti generali e dignitari di Corte, e salvasse lei, l'amica, l'unica amica fedele.
E allora forse c'è stato uno scambio. Violento, grondante sangue. Un messaggero intercettato lungo la via, ucciso, lasciato a marcire nel fitto del sottobosco, preda degli animali selvatici. Spogliato dei paramenti, del mantello e del destriero. Ed ecco che arriva il personaggio, il latore della lettre de cachet, la voce impostata, il piglio severo. E dietro di lui, finte guardie reali.
Trema, André.
Trema nell'immaginare quello scenario. Non meno assurdo del suo sogno, e quindi, perchè no, assolutamente probabile.
Gentaglia assoldata per pochi denari. Parigi è piena di disperati. E con il buio e la divisa, la pioggia che maschera i volti, tutto diventa estremamente credibile.
E' credibile perchè è quello che succede, e che vedi, e la mente ci crede. Crede agli occhi, crede ai sensi.
Perché c'è un messaggero del Re, e un drappello di guardie reali venute a prelevare Oscar.
Perché le gettano un mantello sul volto, e la portano via.
Perché il generale è uomo d'onore, e lascia che sia fatta giustizia.
Il cuore invece no. Il cuore non cede all'inganno dei sensi. Conosce sempre la verità. Il cuore avverte la stonatura, ma non sa darle un nome. Il cuore formula emozioni, non parole.
Attento! Ti dici. Attento!!
André solleva lo sguardo al cielo. Là, dove devono esserci ammassi di stelle, e per lui, una macchia indistinta di blu.
Deve parlare con il padre di Oscar. Usare il potere del Generale là dove non può arrivare da solo.
Qualcuno saprà se sono sparite delle divise. Se un messaggero non ha fatto rientro. La Regina dovrà essere informata di cosa è successo. E allora tutti si muoveranno. E Oscar verrà trovata e salvata. Perchè tutti amano la sua Oscar. E chi ha cercato di farle del male era così preso dall'odio e dal risentimento che neanche se ne è accorto di tutto questo amore. Povero illuso! Sorride André. Se solo lo sapesse... ah come gli tremerebbe la poltrona! Tempi bui per quel nobile deretano!!


Il silenzio del convento, di notte, è quasi ossessivo. E non lo inganni.
Non c'è una cucina rischiarata dalle braci della cena ormai consumata, né una cioccolata calda sul tavolo. Non c'è una poltrona su cui sdraiarti di fronte al camino, arrovesciando la testa all'indietro, con un bicchiere di vino in mano. Non c'è nessuno che ti tolga gli stivali mentre dormi, per accomodarti sul letto, senza fare rumore. Non c'è la presenza rassicurante del tuo gemello, l'anima riflessa ogni giorno nei tuoi occhi, senza bisogno di specchi.
Non c'è André.
L'assenza ha un nome e un volto, è carne e sangue che scorre, è calore. E' una camicia bianca portata aperta sul petto. E' una voce che tra mille riconosceresti ancora, e ancora.
E' una dichiarazione d'amore ripetuta all'infinito, affinché il cuore possa comprenderla, un giorno.
    Adesso me ne andrò via assieme ad Oscar.
Può esserci amore più puro di questo?
Si è sporcato di terra, una volta. Voleva prendere forma, farsi vedere. Ha affondato le radici nel fango, ne ha fatto sentire quasi l'odore, e le ha detto sono qui, sono vivo, lo capisci!? Mi vedi? Mi senti? E dal fango poi è riemerso, è tornato alto, limpido. E' tornato a volare. Non l'avrebbe visto se non si fosse sporcato. Sarebbe rimasto etereo e trasparente come un sospiro. E invece l'amore è anche quello. E' urtarsi, è inciampare l'uno sull'altro e cadersi addosso.
    Uccidete me per primo.
E' sangue che scorre veloce nelle vene, e si infiamma.
E' desiderio infinito di lui.
E' ...
Oscar torna seduta sul letto. La veste le cade sul corpo magro, lascia scoperti i piedi, lascia che le cosce si sfiorino, che la nudità resti celata agli occhi ma non alle sensazioni del corpo, così disabituato a sentirsi pelle nuda contro pelle nuda.
La tosse e la febbre le stanno dando un'effimera tregua.
Stava così male quei giorni di pioggia... così male da non reggersi in piedi. Eppure doveva fronteggiare gli occhi di Alain, sempre spudoratamente affissi su di lei, e mascherare la stanchezza. Ha la sagacia di una volpe, quel soldato. Gli occhi aguzzi, senza filtri. Come se guardasse ogni cosa quasi fosse lavata di fresco. Arriva dritto al centro, sempre, il suo sguardo.
Chissà se aveva intuito il suo malessere. La sua malriuscita finzione. Il buon Alain...
Che torni presto libero e vegli ancora su André. Che sia i suoi occhi, la sua astuzia, la sua malizia.
Se frate Rubino è l'unico che può uscire, deve scoprire dove è stata rinchiusa. Vicino quale borgo, in quale regione di Francia è stata confinata. Ne ha bisogno. Ha bisogno di potersi collocare, di essere un punto su una mappa, una direzione, una distanza misurabile.
Ha bisogno di sapere a quanti giorni di cammino dista da casa. Perché se non riesce a trovare un cavallo, è a piedi che dovrà fuggire.
Non ha la sua spada, e non ci sono coltelli al refettorio.
Dio solo sa se non punterebbe un cucchiaio alla gola di quel frate pur di farsi portare fuori da lì!
Ma intanto deve conoscerlo. Capire come si muove, quante volte esce dal convento. Dove va, cosa compra.
    Rassegnati. Neanche da morti si esce dal convento.
Oh, ma non ci pensa proprio a morire! Deve tornare dai suoi uomini, e da André. Non può lasciarlo solo.
Dei passi lungo il corridoio.
Oscar trattiene il respiro.
E' proibito muoversi di notte. Chi, dunque... ?
Si alza, scivola fino alla porta. Sono passi leggeri, e delle voci. Una sembra piagnucolare, sommessamente, l'altra è più sottile, ma ferma. Non sente cosa stanno dicendo. Socchiude la porta, il cuore fermo, così che non faccia troppo rumore a battere contro il petto.
La scia di una lanterna sparisce dietro una curva, Oscar la segue. Rasenta il muro, si fa ombra. E poi, si sposta all'angolo, spinge lo sguardo, ascolta, non vista.
E' appena uno spicchio che si apre ai suoi occhi, invaso e svuotato da figure che si muovono, e voci.
La madre Superiora fruscia nella sua lunga veste. Immobile, di spalle, un braccio a circondare la vita di un'esile figura di novizia.
Oscar sente ancora quel sommesso piagnucolio di sfondo. Deve essere la giovane. E' così minuta la sua figura! Quanti anni avrà?
Un'altra voce spezza il vuoto. Voce di donna. Non si premura di parlare troppo sottovoce.
- E' quanto avevamo pattuito. Accontentatevi, Madre -.
- Sì, ma il nostro convento ha delle spese da sostenere e se il Duca aprisse un po' di più il suo cuore... -.
- Voi premuratevi di prestare sempre il Vostro servizio con la dovuta devozione, e i soldi non vi verranno a mancare -
- Sarà fatto come dite, Madame -.
- Vieni, cara. Il Duca ti aspetta... per conoscerti -.
La mano della Madre sospinge la ragazza per la vita, appena una resistenza, prima che sparisca dallo scorcio di stanza che Oscar riesce a osservare. E quando la suora si volta, è un sacchetto quello che tiene con cura stretto tra le mani.
Oscar si porta la mano alla bocca per non gridare.
Un che di acido e improvviso le sale alla gola. Trattiene, ingoia, serra le mani alla bocca.
E' una vertigine.
E' mercimonio.


_____________________
Carissimi tutti, e cara Lenovo, il conventual-rivoluzionario è tornato :)
Un abbraccio e grazie di cuore a chi legge e commenta e non mi fa mancare la sua presenza affettuosa anche nelle critiche.
Grazie di cuore a tutti coloro che preferiscono, ricordano e seguono.
Amantea


   
 
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