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Autore: mxrlynians    27/06/2017    2 recensioni
[ATTTENZIONE! MORTE PSICOLOGICA PERSONAGGIO PRINCIPALE!]
Non ho trovato molte fanfiction sulla morte di Uther, così volevo rimediare! Vi dico solo che ho pianto quando ho scritto questa fanfiction, spero di far commuovere anche voi!
P.S. Il finale è un po' brusco lo so, ma non è colpa mia T-T.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Merlino, Principe Artù
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
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Per quello che vale

«Siamo creature stupide e incostanti,
con la memoria corta e un grandissimo talento
per l'autodistruzione.»

                                             -Hunger Games

 

 

 

 

 

 

 

Cinque giorni fa, Uther morì.
Tutta Camelot era in lutto per l'accaduto, e i suoi abitanti erano vicini al Principe Arthur.

Tre giorni dopo, si svolse il funerale.

Arthur si alzò fiero ed elegante, forte e sicuro, il ritratto di un uomo che sarebbe stato incoronato Re una volta superato il lutto. Indossava il nero, e teneva la schiena dritta, ed era l'immagine stessa della compostezza di fronte alla morte, pronto a prendere tutto ciò che il mondo gli avrebbe offerto .
Questo, però, era quello che sembrava all'esterno. Al suo interno le cose erano molto diverse. Arthur sentiva, nel profondo del suo essere, che stava cadendo a pezzi. Voleva la rabbia nuda e cruda, voleva urlare e gettare tutto quello che gli capitava sotto mano, far vedere cosa provava e cosa sentiva.
Ma non ci riuscì.
Non era corretto, non era quello che il suo popolo si aspettava da lui.

Cinque giorni fa, Uther Pendragon, morì.

Ed un importante parte dell'amicizia fra Arthur e Merlin, morì con lui.


“C'è qualcosa che possa fare per te?” chiese Merlin. Era tranquillo, conosceva bene il dolore che Arthur stava sopportando, così decise di rimanergli accanto, come aveva sempre fatto.

“No, vattene.” La risposta arrivò secca, tutto quello che Arthur voleva adesso era rimanere solo con i suoi pensieri, ordinarli per bene, accettare quello che era accaduto, e magari, anche rompere qualche vaso o sedia, se lo avrebbe aiutato a sentirsi meglio.

“Arthur,” ripeté poggiando il cesto dei panni sporchi vicino alla porta, fece qualche passo avanti e si fiancheggiò la sedia, appoggiò una mano, delicata e gentile, sulla spalle del nuovo Re, “se hai bisogno di parlare-”

“Che cosa?” chiese Arthur, alzando lo sguardo pieno di rabbia e odio nei confronti di tutti, nessuno capiva cosa stesse passando, nessuno, neppure Merlin. “Cosa farai Merlin? Mh? Dimmi! Illuminami!”

“Ascolterò Arthur,” disse con calma, con un dolce sorriso sulle labbra rosee, “posso rimanere qui ed ascoltare tutto quello che hai da dire.”

“Sta' zitto” ringhiò, la mano stretta a pugno, era tutto così sbagliato, “questo non ti riguarda, Merlin.”

“Lo so bene,” continuò nonostante l'invito brusco di Arthur, “ma io sto solo dicendo, che, se ne parlassi, magari-”

“Smettila! Smettila di fingere di capire quello che io sto passando! Tu il padre non l'hai mai avuto,” urlò scansandosi dalla presa leggera del corvino, “mio padre è morte Merlin! Non posso pensare che un bastardo come te possa solo capire cosa vuol dire avere un padre d'amare!”

La parola che Arthur aveva detto con così tanta rabbia gli rimbombò nella mente; no, no, lui un padre l'ha avuto, sapeva bene cosa vuol dire perderlo, e non poter piangere e singhiozzare libero da ogni preoccupazione.

“N-non chiamarmi così.”

“Perché mai non dovrei? Mh? Tanto è quello che sei e quello che sarai sempre, un bastardo” le parole uscirono dalla bocca di Arthur prima ancora che lui stesso riuscisse a registrarle, gli faceva male, doveva prendersela con qualcuno, qualcuno di debole e facile da ferire, uno come Merlin.

“Eccolo lì! Vi presento Merlin il Bastardo! Senza un padre e-”

Il pugno era totalmente inaspettato, nessuno dei due pensava ad una cosa del genere.
La rabbia che muoveva Arthur drenò in secondo, rendendolo instabile sulle sue gambe, un po' per la forza del pugno, un po' per stanchezza. Si accasciò sul pavimento, la mano al volto, la testa china e il respiro silenzioso, per qualche minuto rimasero in un silenzio accusatorio e pieno d'ira.
Deciso a parlare, Arthur sbatté le palpebre, alzò la testa e vide Merlin, il suo gentile amico che torreggiava su di lui, la rabbia dipinta in volto, le nocche sporche di sangue.

“Non osare,” ringhiò come un animale furibondo, “non osare mai più chiamarmi in quel modo.”

“Mi hai colpito...” sentenziò il biondo, toccandosi l'angolo destro della bocca, stava sanguinando, ma era solo un po' di dolore, tutto qui.
“Merlin, mi hai colpito?”

Il corvino aprì la bocca, come per rispondere, ma si fermò. Invece, girò sui tacchi, e se ne andò. La porta che sbatteva dietro di lui, riportò alla realtà la coscienza di Arthur. Si sedette sul freddo pavimento di pietra, pasticciò con il sangue che ancora usciva dal suo labbro, e socchiuse gli occhi.
La rabbia residua scemò in pochi minuti, lasciando solo il suo cuore, ferito e solo.

Cercò di dire che era colpa di Merlin se era successo tutto questo.
Cercò di scaricare la colpa sul corvino, lui lo aveva avvisato di andarsene e Merlin lo aveva ignorato.
Ed era colpa sua, non di Arthur.

Ma l'unica cosa di cui riuscì a convincersi, era che lui -Arthur Pendragon attuale Re di Camelot- era un vero e proprio Asino Reale.

Si alzò ed uscì dalla stanza, vagò nei corridoi del castello, cercando con lo sguardo un ciuffo di capelli neri, e un pezzo di straccio rosso legato al collo. Li trovò dopo un ora di ricerca, appoggiati ad un muro, proprio davanti alla piazza centrale, lo sguardo perso nel nulla, le braccia al petto, le nocche ancora sporche di sangue.
Arthur si mosse con calma, per poi affiancarlo e con un filo di voce, chiese se avrebbero potuto avere una discussione delle loro.

“Magari domani, Arthur.” Disse Merlin con calma, ancora fissando il nulla.

“Peccato.” Alzò le spalle e sorrise verso il suo amico, che continuò a pensare.

“Arthur, hai appena perso tuo padre, so che è un momento difficile,” disse spostando un sasso che rotolò sino alle scale, producendo un suono leggero nel silenzio della notte, “ma ti prego lasciamo solo. Possiamo parlare domani, se ti va. Ma è meglio che oggi non ci vediamo più, potremmo dire cose di cui non possiamo pentirci.” Disse alzandosi dal muro, scosse la testa e si passò una mano sul volto, che Arthur notò per la prima volta, essere stanco, affaticato e provato.

“Merlin, io voleva solo dirti che non ho pensato a quello che dicevo... e sono dispiaciuto...” Arthur chinò il capo e tenne gli occhi bassi mentre quelli del suo amico si spalancarono.

“Ti dispiace? Oh, questa è buona!” Sorrise Merlin, quel atteggiamento preoccupò Arthur, che ora lo odiasse?
“Tu hai la più pallida e minima idea, di quello che io abbia passato per questi lunghi e dolorosi ventidue anni? Mh? L'hai?” Disse fissando negli occhi Arthur. Gli occhi di Merlin erano come un cielo in tempesta, grigio, azzurro, oro, tutti colori che si mischiano in un mondo io cui nessuno avrebbe potuto salvarlo, nemmeno Arthur.

“Sono stato l'unico a crescere senza un padre, senza una guida maschile che mi sorreggesse mentre cadevo, o che incitasse a mettercela tutta. E lui non era morto. Non era stato bandito. Era solo un codardo, non voleva sposare mia madre, non voleva prendersi cura di noi, di me.”

“Merlin, io-”

“ 'Guardate il bastardo!' dicevano, puntandomi il dito contro, come se fossi un animale da temere, come se fosse colpa mia, come se avessi potuto scegliere dove e come nascere!” Disse stringendo i capelli neri in una morsa ferrea, stringendo la mascella, come se non volesse urlare, “e i genitori non facevano avvicinare i propri figli a me, come se avessi una malattia incurabile e tremendamente contagiosa.
Nessuno, tranne il padre di Will.
Nessuno voleva stare con me, quando raccontavo tutto a mia madre, lei rideva, come se fosse una cosa divertente, che io non capivo. Quella parola mi faceva male, male come un pugno in pieno stomaco, e tutti, nessuno escluso, me lo ricordavano, ogni giorno, ogni ora, della mia infanzia, della mia adolescenza, e faceva male, tremendamente male Arthur. Tutti mi ricordano quello che non avevo, e mi sentivo piccolo e fragile, e speravo che un soffio di vanto mi avrebbe portato via.” Confesso urlando, la voce che rimbombava nella tranquillità del castello.

Arthur non disse nulla, sentiva solo la vergogna che cresceva sulla sue spalle, che lo schiacciava come un possente macigno, e nel suo profondo, credeva e sperava con tutto il cuore, che Merlin lo perdonasse ancora, che sorridesse ancora per lui, che ritornassero amici.
Il ricordo fugace di quella volta in cui andarono ad Eldoar, gli passo in testa, si ricordò che gli unici amici che Merlin avesse lì erano Will e sua madre, nessun altro. Ma per qualche strana ragione, Merlin sorrideva lo stesso, rideva e scherzava come se nulla fosse, come se gli sguardi che gli lanciavano i concittadini, non esistessero.

“Tu- tu sei il Re, n-non mi aspetto che tu- non voglio la tua pietà.” Disse alzando le spalle, “nessuno me lo aveva mai detto da quando ero qui, e per un breve periodo me ne ero anche dimenticato...” rise nervosamente, sospirò e la sua figura si scosse, come se stesse fuggendo da qualcosa.

“Che vuol dire 'me ne ero anche dimenticato'?” Chiese stupito il Re, facendosi avanti, con una sguardo di speranza negli occhi, magari poteva trovare il padre di Merlin se era ancora vivo, lo avrebbe incontrato e avrebbe vissuto qui, insieme a sua madre.

“Ho incontrato mio padre una volta, Gaius mi disse chi era, ed io andai ad incontrarlo, c'eri anche tu.” Disse improvvisamente, interrompendo il treno di pensieri di Arthur, che cominciò a scavare nella sua memoria, andò a ritroso nel tempo, cercò in lungo e in largo qualcosa che potesse associare a quella figura, qualcuno che era molto vicino a Merlin, qualcuno per cui avesse pianto...

“Si chiamava Balinor.” Disse solo il corvino sorridendo appena al ricordo del padre defunto, lo sguardo che puntò in Arthur era mix di colpevolezza, tristezza, rabbia e tanto odio nei confronti del Re.

“Quindi non ti azzardare, a dire ancora una volta che io non sappia cosa si prova a perde una padre, sei tu che non sai cosa si prova in realtà ad amare qualcuno in silenzio, fra l'oscurità e l'anima, qualcuno di cui non puoi nemmeno piangere perché non ti è concesso, qualcuno di cui non sapevi nemmeno il nome. Non osare mai più dire una cosa del genere, o giuro sulla mia vita, che sarà l'ultima cosa che dirai. Tu puoi distruggermi con un dito, io, con molto meno.” Gli occhi di Merlin risplenderono d'oro nel buio della notte ed Arthur sentì un moto di paura crescergli nel petto, come se il Merlin che conosceva, non esistesse più.

E ti dico che il giorno in cui si muore è un giorno come tutti gli altri. Ci si sveglia e ci si veste, si mangia e si beve, proprio come si fa tutti i giorni.
Non si vede la morte arrivare, non la si sente avvicinare perché si è troppo occupati a vivere, troppo occupati a godersi i piaceri della vita, a saziare i propri appetiti.
Ricchi o mendicanti, non v'è alcuna discriminazione, alla morte, non interessano i tuoi peccati o la possibilità di redenzione.

Non le importa nulla di tutto questo, le interessa solo che sia la tua ora, il tuo giorno, per morire. E, a quanto pare, questo è il mio.

Merlin sorrise come se nulla fosse successo, un sorrido freddo come la neve, e vuoto come il baratro dove lo aveva spinto Arthur.
Il Re non lo fermò quando si voltò e strinse le braccia sul suo petto, come per ripararsi da un vento inesistente.

Arthur si accasciò lì, in silenzio, perso nei suoi pensieri. Vedeva ancora gli occhi di Merlin illuminarsi d'oro, ed il sorriso rotto di chi ha perso tutto, e si maledisse.
Lo aveva ucciso, senza pietà, in un momento di rabbia, verso la persona sbagliata.

Non si mosse sino a quando il sole non cominciò a sorgere sulla cittadella, la voce di un serva che cantava una canzone popolare, ed il rumore di un organetto che passava proprio fuori al portone d'entrata della reggia.

E in quel momento, gli unici pensieri erano rivolti a Merlin, al dolore che aveva visto nei suoi occhi.

Dio, cos'ho fatto?

 

 

 

 

 



 

Fatemi sapere cosa ne pensate,

un abbraccio,

Battle_Scars♥

 

 

   
 
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