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Autore: __Lily    28/06/2017    2 recensioni
"Nonostante tutto Jon rimase nell’ombra mentre Sansa Stark fece un passo verso l’oscurità. [...] Jon aveva osservato la sorella: la veste smossa dal vento, il metalupo degli Stark ricamato nel suo vestito e i suoi occhi blu come quelli della madre si erano fatti freddi - quasi glaciali - come il vento del Nord. 
I suoi capelli rossi come le fiamme del fuoco illuminavano l’oscurità nella quale si stava addentrando.

«Fai ciò che devi Sansa» aveva sussurrato guardando la sorella scomparire dentro quel canile."
Genere: Azione, Drammatico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cersei Lannister, Daenerys Targaryen, Jon Snow, Sansa Stark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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CINQUANTUNO

 

 

 


Jon era inquieto e Sansa lo aveva notato.
Dopo i festeggiamenti si erano ritirati nella loro stanza mentre gli ospitavi ancora gridavano e bevevano, altri ancora stavano ballando ma Sansa voleva solo stare con Jon e così lo aveva trascinato via.
E dopo tanto tempo erano stati solo loro, nudi in quel letto.
Jon aveva sentito il loro piccolo Robb muoversi, sua moglie era più bella che mai, raggiante e felice; questo era tutto ciò che il re del Nord desiderava.
Voleva quella felicità anche per i suoi fratelli e per Daenerys, ognuno di loro aveva sofferto tanto, fin troppo e ora era il momento di essere felici e un po’ egoisti.
Quando si era addormentata lui era rimasto a guardarla, a guardare la sua pancia che ogni giorno cresceva un po’ di più.
«Robb» aveva detto posando la mano sopra, accarezzandola piano, sospirando.
Era certo che quel bambino sarebbe somigliato molto al loro fratello; anche lui aveva gli occhi azzurri dei Tully - ricordò tristemente Jon - e anche questo bambino li avrà e chissà se lo chiameranno un giorno giovane lupo.

Poi non riuscendo più a stare nel letto sdraiato, colto da mille paure si era alzato per non continuare a girarsi e svegliare Sansa.
Affacciato alla finestra della camera che era illuminata dalla flebile luce del fuoco che ancora crepitava nel camino osservava i fiocchi di nevi cadere, e quella neve irrimediabilmente gli ricordava il suo destino, ogni fiocco era come una riga scritta e impossibile da cancellare, inchiostro ormai secco su un foglio bianco.
Jon aveva paura, nonostante si sforzasse di non pensare al peggio non poteva evitarlo, sospirò chiudendo gli occhi e poi sentì l’abbraccio caldo di sua moglie coglierlo da dietro.
«Cosa preoccupa mio marito?» chiese lei mettendosi al suo fianco e osservando la neve bianca che cadeva da quel cielo scuro.
«Non è nulla» rispose accarezzandole una guancia.
«Una moneta per i tuoi pensieri.»
«I miei pensieri non valgono così tanto.»
«Per me si. Allora, cosa c’è che non va? Non sarai pentito…»
«No, questo mai. Sono felice che tu sia mia moglie e ti amo, Sansa.»
«Mi sembra ancora un sogno, Jon, e questa parola è così bella. Tanta felicità mi spaventa» ammise lei al suo posto, alla fine era ciò che anche il re del Nord pensava.
«Anche a me, mi spaventa perderla.»
«E’ questo dunque? Hai paura?»
«Si, non dovrei dirlo ma è così. Ho paura Sansa.»
«Jon» disse lei e poi lo baciò, quel bacio fu un balsamo e calmò le sue ansie e le sue paure, i suoi tormenti e i suoi demoni, «sarò sempre al tuo fianco. Parlami.»
«Ti agiterei e basta, questo non ti farebbe bene» rispose posando la mano sulla sua pancia.
«Sarò in grado di sopportarlo, sono sopravvissuta fino ad ora no?»
Prese per mano suo marito e lo portò fino al letto, si sedettero sopra alle coperte sfatte, dove poco prima erano intrecciati insieme in quella spirale di amore.
«Ciò che mi spaventa di più è perderti» confessò infine.
«Non mi perderai mai.»
«Ti ho promesso che non diventerò uno di loro ma se accadesse? Se morissi in battaglia? Non so nemmeno cosa devo fare, cosa ordinare al nostro esercito. Ho paura che non sarò in grado di vincere questa guerra.»
«Guardami, tu sei il re del Nord, quando sarà il momento saprai cosa fare e inoltre non sei solo. Hai degli alleati, un grande esercito, il vetro di drago e tre draghi. Se c’è qualcuno che può farcela quello sei tu, Jon.»
«Se morissi…»
«Non dirlo nemmeno» rispose Sansa freddamente, quell’idea era intollerabile per lei.
«Fammi finire. Se muoio ordinerò che il mio corpo venga bruciato, è l’unico modo per non diventare un Estraneo.»
«Tu non morirai, hai molti motivi per vivere» disse stringendo la sua mano.
Jon chinò il capo, il peso di ciò che stava per arrivare era troppo, lui non era pronto.
«Che altro? Ti conosco e so che non è solo questo a preoccuparti.»
«Ti ho angosciata abbastanza.»
«Jon, non posso aiutarti se non mi dici cosa ti preoccupa.»
«Te l’ho detto, non penso di poter vincere questa guerra.»
«Che altro?» insistette la regina del Nord dai capelli fiammeggianti.
«Sansa…»
«Che altro?»
«Non voglio che tu muoia» ammise alla fine, con i suoi occhi scuri lucidi, «sembra che gli dei si stiano prendendo gioco di noi. Un’altra guerra, un’altra nascita, un altro drago che si innamora di un lupo.»
«Sono una stupida, avrei dovuto capire che era questo in parte a preoccuparti. Jon, io non ho paura e non mi accadrà nulla. Starò bene, nostro figlio starà bene e per allora tu sarai tornato a Grande Inverno. Non accadrà di nuovo. Tu non sei Rhaegar e io non sono Lyanna. Siamo giovani e forti e non ci arrenderemo alla morte senza lottare. Quello era un altro tempo, un altra guerra e un altro drago con il suo lupo. Noi siamo noi.»
«Anche lei era giovane e forte, ed è morta per causa mia.»
«No, non fu colpa tua. La situazione era diversa… io non sarò sola.»
Se almeno lei fosse sopravvissuta ora tu non proveresti tanto dolore e capiresti che ciò che ha fatto è stato il dono più grande che potesse farti, Jon.
«Dovrei essere io a rassicurare te e non il contrario.»
«Una volta per uno. So che andrà tutto bene perché abbiamo perso fin troppo. Non ci perderemo e non perderemo Robb. Sarai un buon padre Jon» disse passando la mano tra i suoi ricci, lui chiuse gli occhi e si abbandonò a quella dolce carezza, alla sua mano delicata.
«E tu la miglior madre che questo bambino potrebbe avere.»
Poi la passione crebbe di nuovo, ma in quella passione c’era il dolore della separazione, di un addio che sembrava vicino.
Se cadrò, tu dovrai vivere per entrambi, per Robb. Dovrai raccontargli di me, Sansa, Robb mi conoscerà attraverso le tue parole e il tuo amore. Dovrai crescerlo per diventare ciò che è destinato a essere, così come avrebbe fatto il mio vero padre se non fosse caduto al Tridente - pensò Jon stringendo Sansa ancora più forte e nascondendo il volto nel suo corpo profumato.

 

 

Arya aveva percorso il breve tratto di corridoio che la separava di Gendry, la sua vestaglia era corta e sentiva freddo nonostante il castello fosse riscaldato dalle acque calde.
Voleva vederlo, stare con lui, era preoccupata, spaventata.
Sorrise pensando che ora finalmente almeno due delle persone che tanto amava erano felici insieme e che presto avrebbe aiutato Sansa ad accudire suo figlio, suo nipote, infondo amava già quel bambino e aveva già lottato per la sua vita.
Con la candela in mano che le proiettava la sua ombra scura e sporca del sangue delle vite che aveva preso giustamente e non, bussò alla porta di Gendry, timidamente; e lei non era mai timida.
Sei un lupo, Arya Stark, sei tu il predatore - ricordò a se stessa.
Gendry si alzò e andò ad aprire e rimase stupito nel vedere Arya difronte a lui, non era da lei.
Stropicciò gli occhi credendo che fosse solo un sogno, ma lei era ancora lì, tremante e con una candela quasi finita in mano.
«Arya.»
Lei non disse nulla, soffio sulla candela e si gettò tra le braccia di Gendry e lo strinse forte a se.
Sentì le sue braccia muscolose avvolgerla come una coperta, accarezzò i suoi capelli sfatti e gli diede un lungo bacio.
«Ora non ho più freddo» sussurrò al suo orecchio, una lacrima cadde dai suoi occhi e bagnò la guancia di quel giovane cervo.
Gendry chiuse la porta e fece sedere Arya sul letto, le accarezzò il volto e le scostò i capelli dal viso.
«Non dovresti essere qui, non è cosa da principessa» la rimproverò in parte lui, eppure ogni fibra del suo corpo vibrava dalla gioia nell’averla lì con lui in quella notte fredda.
«Non sarò mai una principessa, Gendry.»
«Lo so e non mi importa, io ti amo per ciò che sei, Arya.»
«E cosa sono?» domandò perdendosi nei suoi occhi.
«Sei la ragazza che amo. Quella testarda, orgogliosa e caparbia ragazzina che ho imparato ad apprezzare ogni giorno di più in questi anni, la stessa a cui pensavo quando non eri con me.»
«Potresti rimanere deluso, ho perso la purezza di un tempo. Sono diventata un’assassina, Gendry e so che una come me non merita uno come te» disse senza abbassare lo sguardo.
«No, sono io a non meritarti. Arya hai fatto ciò che hai fatto per sopravvivere e nessuno potrà mai ridire qualcosa a riguardo. Ti devo la vita.»
«Tu non mi devi nulla» rispose.
«Sposami.»
«Vuoi davvero sposarmi?» chiese spaventata.
«Si, è ciò che desidero di più.»
«Gendry…»
«Non mi importa ciò che hai fatto, non mi importa cosa pensi di meritare, io so solo che ti amo e che sei tutto ciò che desidero e so anche che non ho nulla da offrirti, infondo sono solo un bastardo» ammise tristemente Gendry.
«Basta, non voglio sentire mai più quella parola» disse stringendo la sua mano, «l’ho sentita per molto tempo. Mia madre chiamava Jon così, bastardo, e quando lo faceva io la odiavo e ora che è morta mi sento ancora più in colpa per questo.»
«No, non sentirti colpevole tu non hai fatto nulla.»
«Gendry, giurami che tornerai, giurami che non perderò anche te.»
«Farò del mio meglio per tornare, ti prometto questo, Arya. Ti prometto che lotterò fino alla fine per tornare da te» rispose e poi la baciò, sentì nuovamente le sue lacrime calde, le asciugò con le sue mani che erano così grandi rispetto al suo volto che in parte era ancora quello della bambina che aveva visto anni fa.
«Io ti amo» disse lei in un sussurro.
Poi le sue mani si posarono sul corpo muscoloso di Gendry, lo sentì sospirare, i suoi muscoli erano tesi e sapeva che doveva fermarla ma non voleva, almeno una volta nella vita desiderava conoscere l’amore e tutte le sue sfaccettature e poi un giorno, al suo ritorno, avrebbe sposato quella ragazza che lo stava accarezzando con le sue piccole mani.
«Arya, sei sicura?» chiese lui bloccandola, tremando un po’.
«Si» rispose, a quel punto Gendry le lasciò andare le mani e guardò nei suoi occhi tempestosi e vide quella scintilla che tanto amava in Arya Stark, quella scintilla che sempre l’aveva resa diversa dagli altri, resa speciale, almeno ai suoi occhi.
Arya si abbandonò al piacere, si abbandonò a Gendry, lasciò che le mani di lui toccassero il suo corpo ormai nudo, dopo che la veste era caduta sul pavimento, si abbandonò a lui completamente e saziò quella fame che sentiva crescere dentro e ogni istante si sentiva un po’ più sazia e felice nonostante sentisse un po’ di dolore, ma non le importava, non ora che Gendry era suo come mai lo era stato prima di allora.

 

 

Jaime si svegliò poco prima dell’alba e vide Brienne addormentata su di una sedia accanto a lui, il braccio destro che penzolava nel vuoto.
Il suo volto e i suoi occhi gli erano mancati, la sua cocciutaggine gli era mancata, incredibilmente Brienne di Tarth era diventata importante per lui, molto più di quanto non volesse ammettere a se stesso.
Per tutta la sua vita c’era stata solo Cersei.
Cersei era sua sorella, la sua gemella, la sua amante, la sua regina e la madre dei suoi figli, figli che Jaime non era riuscito a salvare, figli di cui spesso non si era curato; in parte per proteggerli da morte certa e in parte perché era un pessimo padre.
«Jaime» farfugliò Brienne nel sonno.
Che cosa stai sognando, Brienne? Spero che i noi dei tuoi sogni siano in un posto migliore e più felici di questa misera e patetica versione - pensò osservandola.
Si era un po’ sgraziata ma era quello il bello di lei, la loro somiglianza, la sua abilità con la spada, ricordava ancora il confronto avuto su quel ponte prima di essere catturati, prima che perdesse la mano destra.
Prese una delle pellicce che si trovavano sul letto e la mise sopra il suo corpo addormentato, la mano sinistra non riuscì a resistere all’impulso di accarezzarle i capelli biondi e corti, di sentirli tra le sue dita, Jaime desiderava quella donna come un tempo desiderava Cersei.
Sei solo un inutile uomo con una inutile mano d’oro.
Il fuoco si era quasi spento, ormai restavano solo le ceneri, ceneri che gli ricordarono l’altofuoco, Aerys, Cersei.
Tornò a fissare il voto di Brienne, rammentò le sue parole sull’essere un leone ma più che un leone, Jaime si sentiva un micio spelacchiato e debole.
«Sei tu il leone, non io. Tu hai tenuto fede al tuo giuramento, io li ho disonorati tutti invece. Brienne.»
Bronn si era svegliato, aveva sentito Jaime parlare a quella grande donna addormentata ma aveva fatto finta di nulla, che fosse se stesso almeno per un po’, presto avrebbe dovuto indossare nuovamente la sua maschera di sterminatore di re. 

  
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