Note
dell'Autrice: Susan è
una Mary-Sue, ovviamente. L'ho creata consapevolmente, divertendomi. Per quanto
riguarda l'ambientazione collegiale e lo spettacolo, l'idea mi è venuta
guardando 'L'attimo fuggente'. La storia, però, non ha nulla a che vedere con
quello splendido film. Il titolo, invece, l'ho preso dalla canzone di Plumb,
colonna sonora del film 'The perfect man'.
Real Life Fairytale
Non
era facile fingere, ma Evelyn era davvero determinata a farlo. Doveva rovinare
Susan, così come lei l’aveva rovinata, seppur inconsapevolmente, da quando, a
Settembre, se l’era ritrovata come compagna di scuola. L’aveva odiata con tutta
se stessa, fin dal momento in cui aveva messo le grinfie su Alexander, il ragazzo
che le piaceva da ben due anni, e che, nonostante a lei avesse detto che non si
sentiva ancora pronto per una storia seria, era cascato ai piedi di Susan, fin
dal primo momento in cui l’aveva vista.
Evelyn,
inizialmente, aveva sofferto, pianto come una disperata, insultato molto
pesantemente Susan e Alexander, a volte anche apertamente. Poi, però, Kaylyn – sua
compagna di stanza, nonché sua migliore amica – le aveva suggerito, ispirata
dalla visione di “Mean Girls”, una strategia, perfida e geniale al tempo stesso:
fingersi amica di Susan, in modo da trovare i suoi punti deboli e pian piano
rovinarla.
Era
un piano perfetto, per Evelyn, tanto che aveva deciso di attuarlo non appena
possibile, chiedendo scusa sia a Susan che ad Alexander, armandosi tutta la
faccia tosta che aveva scoperto di possedere, man mano che procedeva nel suo
monologo di discolpa - certo, faceva parte del gruppo di teatro, ma mai avrebbe
creduto di poter sfruttare la recitazione anche nella vita reale. E così, da
quel giorno, lei e Susan avevano iniziato a frequentarsi assiduamente, e la
cosa durava ormai da cinque mesi.
In
tutto quel tempo, tuttavia, Evelyn non aveva ancora trovato un difetto o un
punto debole di Susan, per quanto si fosse sforzata.
Susan
era semplicemente perfetta,
dopotutto, a cominciare dall’aspetto fisico: era alta, snella, con le curve
giuste al punto giusto. Il viso dai lineamenti dolci e delicati, da bambola di
porcellana, era messo in risalto dagli occhi di un singolare color blu, dal
contorno azzurro, screziato da pagliuzze grigie e verdi. I capelli, mossi e
perfettamente ondulati, senza la minima traccia di crespo, erano biondo rame, con
dei riflessi più chiari, dovuti all’azione del sole su di essi.
Caratterialmente,
poi, non aveva alcun lato negativo; era sempre sorridente, aveva un animo da
vera crocerossina, dispensava consigli a tutti e non parlava mai male degli
assenti, semplicemente perché amava dire le cose in faccia, se qualcosa non
andava per il verso giusto. Evelyn faticava persino ad odiarla, dopotutto Susan
avrebbe potuto starle simpatica, se non si fosse messa con Alex. Si sentiva
persino in colpa a fingere di esserle amica, ma tutto ciò svaniva non appena la
vedeva con Alexander, o non appena si rendeva conto che Susan avrebbe fatto sentire
in colpa chiunque, persino le persone senza scrupoli. Tutti, d’altronde,
pendevano dalle sue labbra.
Oltre
ad essere bella, era anche molto intelligente: a scuola aveva degli ottimi
voti, era la migliore di ogni corso che frequentava, e i professori non
perdevano occasione per elogiarla. La sua condotta era impeccabile, non aveva
mai infranto alcuna regola del collegio, da quando aveva iniziato a
frequentarlo. O almeno, così credevano tutti.
Evelyn,
infatti, aveva avuto modo di notare che Susan, almeno una volta a settimana,
sgattaiolava fuori dalla sua stanza, per poi fuggire dal collegio e tornare la
mattina presto, quando ancora tutti dormivano. A questa categoria, però, non
apparteneva Evelyn, che spesso soffriva d’insonnia, e quindi, quando non
riusciva a dormire, passava le notti appollaiata alla finestra a pensare, a leggere
o a studiare - nel caso di qualche test imminente - e a fumare, nonostante
quest’ultima cosa fosse proibita, all’interno del collegio, ma poco le
importava.
Aveva
provato ad indagare, con discrezione. Una volta, mentre stavano parlando, aveva
chiesto a Susan se fosse mai uscita, di notte, asserendo di averlo già fatto
più volte lei stessa, per recarsi nell’edificio in cui si trovavano i dormitori
maschili. Era una bugia bella e buona, ma pensava che sarebbe servita a farle
sputare il rospo, però così non era stato. Susan, con disinvoltura, le aveva
risposto di non essere mai uscita dalla sua stanza, durante la notte, né tantomeno
di averlo fatto per intrufolarsi nei dormitori maschili.
Evelyn,
a quel punto, aveva deciso di non toccare più l’argomento, in quanto chiedere
direttamente a Susan non avrebbe prodotto alcun risultato. Aveva continuato le
sue indagini, con l’aiuto di Kaylyn, che era stata più volte svegliata nel
cuore della notte così che potesse anche lei essere testimone delle fughe di
Susan. Le due ragazze, però, erano ad un punto morto. Evelyn una volta aveva
proposto di seguirla, ma Kaylyn aveva subito scartato l’idea.
-
Ci scoprirebbe subito, io e te non abbiamo la stoffa del detective. – aveva
detto con un’alzata di spalle. E, visti i risultati delle loro indagini, Evelyn
non aveva nemmeno provato a ribattere. Erano solo riuscite a notare che le
fughe di Susan avvenivano di venerdì o di sabato, o addirittura entrambi i
giorni, così che il mattino dopo potesse dormire fino a tardi senza destare
sospetti.
Restava
però il fatto che Susan aveva un segreto, e lei doveva a tutti i costi
scoprirlo.
-
Anche questa notte non hai dormito, eh? – chiese Susan ad Evelyn, con sincera
preoccupazione, notando le occhiaie che solcavano il viso dell’amica, dopo
essersi seduta al suo stesso tavolo, in mensa.
-
Già. – rispose quest’ultima, continuando a sorseggiare il suo caffè e chiedendosi
perché Susan non avesse nemmeno l’ombra di un’occhiaia, quando compiva le sue ‘escursioni’
notturne. Scosse la testa, rimpiangendo di non avere anche lei quella fortuna.
– E l’agitazione per lo spettacolo di stasera di certo non mi concilia il sonno…
- aggiunse poi con un sonoro sbadiglio.
-
Non ci credo che sei agitata. – la contraddisse Alex, sedendosi accanto a Susan
e schioccando un bacio sulla guancia a quest’ultima. Evelyn abbassò lo sguardo
sul proprio vassoio, per evitare di assistere a quella scenetta romantica.
Certo, dopo cinque mesi ci aveva ormai fatto l’abitudine, ma non riusciva ad
essere totalmente indifferente, provava ancora molto per Alex, e vederlo tra le
braccia di un’altra non le faceva certo fare i salti di gioia.
-
Se fossi in camera con lei ci crederesti… Non fa altro che ripetere la sua
parte! – esclamò Kaylyn, in tono scherzoso.
-
Andrai bene come al solito, Evy. Lo vedo dalle prove. – la incoraggiò Alex,
sorridendo. Evelyn sorrise di rimando, arrossendo leggermente.
-
Beh, lo spero. – aggiunse quindi, sinceramente preoccupata. Quella sera,
infatti, il gruppo teatrale di cui lei ed Alex facevano parte, avrebbe messo in
scena il mito di Amore e Psiche, e lei aveva ottenuto per la prima volta la
parte della protagonista femminile. Inutile dire, quindi, che l’agitazione era
alle stelle. Fino a quel momento, aveva sempre avuto ruoli minori, in cui aveva
dato il meglio di sé, a detta del pubblico, ma recitare nel ruolo principale
era tutta un’altra storia.
Soprattutto
se era Alex ad interpretare la parte di Amore, ottenuta per puro caso. Difatti,
una volta in cui Marcus, inizialmente scelto per quella parte, era assente,
Alex – che aveva un ruolo decisamente minore - aveva preso il suo posto e la
professoressa che dirigeva il gruppo di teatro aveva deciso di sostituirlo a
Marcus, in quanto più bravo di lui. Evelyn era rimasta a bocca aperta: non le
dispiaceva che Alex interpretasse la parte del suo innamorato, certo, ma in tal
modo temeva di fare una figuraccia davanti a tutti, la sera della spettacolo.
E
quella sera sarebbe arrivata presto. Mancavano poche ore, dopotutto.
Al
solo pensiero, ad Evelyn si contrasse lo stomaco per l’ansia.
Lo
spettacolo che avrebbero inscenato quella sera le piaceva, e le piaceva anche
il ruolo che le era stato assegnato, quello della protagonista. Evelyn era
sempre stata appassionata di mitologia, fin da bambina: era cresciuta seguendo
“Hercules” e “Xena”, che in breve tempo erano diventati i suoi telefilm
preferiti, e, una volta ragazzina, si era documentata sulle varie mitologie, in
particolare su quella greca e su quella romana. Quando aveva saputo che il
gruppo di teatro avrebbe messo in scena proprio uno dei suoi miti preferiti, si
era illuminata e, una volta ottenuta la parte di Psiche, aveva dato il massimo
per recitarla al meglio.
Fin
dalla prima volta che era venuta a conoscenza del mito, ne era rimasta
affascinata. Inizialmente fu ammaliata dal fatto che Amore, innamoratosi a
prima vista di Psiche, avesse deciso, senza remore, di evitarle il destino che la
propria madre Venere le aveva riservato, ordinando gli di farla innamorare del
più povero degli uomini. Amore, contrario a tutto ciò, la portò al suo palazzo,
dove la fece vivere tra ogni lusso, a patto che lei non cercasse mai di
guardarlo in faccia. Egli, essendo bellissimo, temeva infatti che la ragazza si
sarebbe innamorata di lui solo per via dell’aspetto fisico.
Successivamente,
spinta dalle sue due sorelle, che erano invidiose fino al midollo, Psiche, una
notte, aveva illuminato con una lampada ad olio il viso dell’amato. Ne rimase
talmente estasiata che, per lo stupore, fece cadere una goccia d’olio sulla
spalla di Amore, che si svegliò bruscamente e si accorse di tutto. Irato,
scappò. Infine, dopo una serie di varie peripezie, tra cui anche quattro prove
a cui Venere sottopose la ragazza, Amore e Psiche poterono finalmente riunirsi,
e finalmente amarsi senza remore, per l’eternità.
Evelyn
sperava che lo spettacolo di quella sera trasmettesse qualcosa, al pubblico.
-
Sono sicura che andrà bene, vedrai. – la rassicurò Susan, con un sorriso capace
di far sciogliere tutti i ghiacci presenti sulla terra.
Evelyn
sorrise di rimando, meccanicamente, dopodiché avvicinò la tazza di caffè alle
labbra e lo trangugiò tutto d’un sorso.
-
No, non ce la faccio! – esclamò Evelyn, bloccandosi sulla soglia della
palestra, luogo in cui si sarebbe svolto lo spettacolo.
-
Sì, invece. – la contraddisse Alex, prendendola dolcemente per un braccio,
dopodiché aprì la porta dell’edificio e vi entrò, seguito da una riluttante
Evelyn.
-
Non sei mai stata così agitata per uno spettacolo. Si può sapere che diavolo ti
prende? – le disse poi, voltandosi per guardarla negli occhi.
-
È la prima volta che ricopro il ruolo principale, se permetti faccio fatica a
restare pacata e tranquilla! – sbottò la ragazza, liberandosi dalla stretta di
Alex e incrociando le braccia al petto.
-
Beh, ma devi riuscirci, altrimenti ti viene un esaurimento! – borbottò Alex,
scuotendo la testa, sconsolato. Per quanto si sforzasse, non riusciva a capire
tutta quell’agitazione. Insomma, Evelyn sapeva di essere brava, che una volta
salita sul palco avrebbe interpretato il suo ruolo al meglio, eppure sembrava
una bambina dell’asilo alle prese con la sua prima recita in assoluto.
Susan,
al posto suo, non si sarebbe certo comportata in quel modo. Lei, d’altronde,
sapeva sempre comportarsi nel modo
giusto.
Alex
scosse la testa, nel tentativo di scacciare dalla mente quei pensieri assurdi.
Spesse volte, in quell’ultimo periodo, si era trovato a fare un confronto tra
Susan ed Evelyn, chiedendosi come sarebbe andata se si fosse messo con
quest’ultima. D’altronde, prima dell’arrivo di Susan, si era finalmente deciso
a dare una possibilità ad Evelyn, dopo che finalmente si era accorto di provare
qualcosa per lei.
Quell’estate,
infatti, i due avevano avuto modo di vedersi, poco prima che ricominciasse la
scuola: Alex era andato a trovarla, un giorno, semplicemente perché aveva
sentito il bisogno di farlo. Non aveva capito il perché, inizialmente, ma
quando poi l’aveva vista, tutto gli era parso chiaro, e si era dato dello
stupido per non esserci arrivato prima. L’interesse di Evelyn nei suoi
confronti era da tempo palese, eppure lui ne aveva avuto paura fin da subito,
non voleva impegnarsi perché sapeva che l’avrebbe inevitabilmente fatta
soffrire.
Quel
giorno, però, quando era andato a trovarla, qualcosa era cambiato.
L’aveva
baciata, incurante delle conseguenze di quel gesto.
Voleva farlo. E sapeva
che anche lei lo voleva, almeno quanto lui.
Il
ritorno a scuola, quindi, si prospettava felice e tranquillo, dopo quella
giornata. Alex aveva voglia di ricominciare soltanto perché sapeva che in tal
modo avrebbe visto Evelyn tutti i giorni. Così, il primo di Settembre, si era
recato a scuola con un sorriso a trentadue denti, con il solo desiderio di
stringerla tra le braccia. Aveva un po’ di paura, ma sapeva che gli sarebbe
passata.
I
fatti, tuttavia, non erano andati come dovevano. C’era stato un imprevisto, di
nome Susan.
Alex
era rimasto a bocca aperta, non appena l’aveva vista. Era semplicemente
bellissima, anche se quel termine appariva riduttivo, se riferito a lei.
Nell’esatto momento in cui aveva incrociato il suo sguardo, Evelyn era svanita
dai suoi pensieri.
Nel
giro di una settimana, non sapeva nemmeno lui come, era riuscito ad avvicinare
Susan, e a mostrarsi subito come amico, trascurando Evelyn. Quando quest’ultima
gli aveva chiesto spiegazioni del suo comportamento – prima del bacio, poi
della sua successiva sparizione -, Alex le aveva detto la verità, nonostante
sapesse che l’avrebbe fatta soffrire.
E
così era stato, difatti. Evelyn aveva smesso di rivolgergli la parola, da quel
momento, finché, ad Ottobre, quando Alex, senza rendersi conto di come avesse
fatto, era riuscito nell’intento di mettersi con Susan. Evelyn, con la coda tra
le gambe, aveva chiesto scusa ad entrambi per il comportamento che aveva avuto
nei loro confronti. Voleva metterci una pietra sopra, si vedeva chiaramente.
Sia
Alex che Susan erano stati contenti i quel pentimento, che sembrava davvero
sincero. Alex, soprattutto, aveva pian piano cercato di riconquistarsi
l’amicizia di Evelyn, la quale, sotto quel punto di vista, gli mancava tanto.
In quell’ultimo periodo, però, i sentimenti che credeva di aver seppellito per
cause di forza maggiore, erano tornati in superficie, più intensi che mai. Un
mese prima, infatti, aveva fatto letteralmente i salti di gioia, quando era
stato preso per la parte di Amore, nello spettacolo. Almeno sul palco, non
avrebbe dovuto fingere.
Non
che con Susan fingesse, anzi. Con lei stava bene; dopotutto aveva tutti pregi
possibili e nemmeno un difetto, era la ragazza ideale. Però Alex sentiva che
mancava qualcosa, nel loro rapporto. Proprio perché Susan era troppo perfetta,
non litigavano mai, si trovavano d’accordo su tutto. Alex non trovava un
termine adatto per definirlo, ma se proprio avesse dovuto scegliere, avrebbe
detto che il loro rapporto era monotono.
Soprattutto quando lui era un fervente sostenitore del detto ‘L’amore non è
bello se non è litigarello’.
-
Tu non sei agitato? – gli chiese Evelyn, questa volta in tono pacato. Alex, a
quella domanda, si riscosse dai propri pensieri, le rivolse un sorriso e
rispose: - Un pochino, ma cerco di non darlo a vedere.
-
Vorrei essere anche io così calma… - sospirò Evelyn, abbassando lo sguardo. –
Invece sono così nervosa! Avrei bisogno di una sigaretta.
A
quell’ultima affermazione, la ragazza rialzò lo sguardo, con fare implorante,
mentre faceva gli occhi dolci e guardava Alex con le mani giunte, in segno di
preghiera.
-
No, non ti accompagno fuori a rovinarti i polmoni. E poi siamo già dentro la
palestra. – replicò Alex, in tono che non ammetteva repliche.
-
Ti prego! Non ti costa nulla, siamo anche in anticipo – guardò l’orologio – di
cinque minuti! Giusto il tempo per fumarmi una sigaretta.
Alex
sbuffò, rassegnato. – Va bene. – assentì, alzando le mani in segno di resa.
-
Grazie. – gli sorrise Evelyn, dopodiché aprì la porta della palestra ed uscì,
seguita dal ragazzo.
Evelyn
si guardò, titubante, nello specchio degli spogliatoi, allestiti a camerini per
l’occasione.
La
tunica bianca, ovvero il suo vestito di scena, le calzava a pennello. I capelli
neri, lunghi poco più sotto delle spalle, erano stati lasciati sciolti, trattenuti
indietro da una semplice fascia bianca che ben si intonava con la tunica.
Kaylyn,
la truccatrice ufficiale del gruppo di teatro, aveva puntato ad un trucco
leggero: un velo di fondotinta, per dare più luce al viso, del mascara nero, ed
un lucidalabbra trasparente applicato sulle labbra. Con l’aiuto
dell’arricciacapelli, poi, aveva fatto in modo che Evelyn ottenesse dei boccoli
quasi paragonabili a quelli di Susan.
-
Allora? Ho fatto un bel lavoro? – le chiese Kaylyn, in attesa di una conferma.
-
Come al solito. – rispose Evelyn, sorridendo nervosamente. Sapeva che una volta
sul palco tutta l’agitazione sarebbe svanita, se anche si fosse dimenticata una
battuta avrebbe potuto pur sempre improvvisare, ma non poteva fare a meno di
preoccuparsi. Semplicemente non riusciva ad allentare la tensione, faceva parte
del suo carattere, che, da quel punto di vista, era molto insicuro.
-
Io vado, ora. – le annunciò Kaylyn, posandole una mano sulla spalla, nel
tentativo di tranquillizzarla. – Mi raccomando, stai tranquilla. Andrà tutto
bene, vedrai. – la rassicurò quindi, abbracciandola.
-
Grazie, Kay. Sei un’amica. – disse Evelyn, sinceramente, restituendole
l’abbraccio.
-
A dopo, allora. – si congedò l’amica, liberandosi da quella stretta.
Quando
vide Kaylyn uscire dalla porta dello spogliatoio, Evelyn fu assalita dal
panico. Aveva bisogno di un’altra
sigaretta. Non uscì dall’edificio solo perché così facendo avrebbe rischiato di
sporcare il vestito e perché le sarebbe andato via il lucidalabbra: Kaylyn
l’avrebbe uccisa.
-
Voi ragazze siete pronte? – chiese Miss Green, l’organizzatrice dello
spettacolo, facendo capolino dalla porta. Ad un cenno affermativo da parte di
tutte, fece loro segno di uscire e di portarsi dietro al palco che era stato
allestito.
Evelyn
diede una rapida occhiata e vide che la palestra era gremita di gente.
-
Tra cinque minuti si inizia. – annunciò Miss Green, trionfante.
Evelyn
sbiancò, e fu grata a Kaylyn del fatto che le avesse messo il fondotinta, così
l’insegnante non si sarebbe accorta della sua ulteriore agitazione, che era già
fin troppo visibile. Sapeva che altrimenti Miss Green avrebbe iniziato uno dei
suoi interminabili discorsi in cui le diceva di stare tranquilla e le
dispensava consigli per far svanire l’agitazione, o per lo meno allentarla.
Sapeva anche che, purtroppo, ciò avrebbe avuto l’effetto contrario e l’avrebbe
fatta angosciare ancora di più di quanto già non fosse.
-
Ehi. – disse Alex, avvicinandosi. – Ti sei tranquillizzata almeno un po’? –
chiese quindi sorridendo, dopo che le ebbe appoggiato una mano sulla spalla.
Ora sì, pensò Evelyn,
arrossendo. Ancora una volta fu grata al fondotinta di Kaylyn.
-
Sei stata grandiosa! – si congratulò dietro le quinte Miss Green, raggiante, poco
dopo la fine dello spettacolo. – Ma non ti adagiare sugli allori, ora. Puoi pur
sempre migliorare.
-
Grazie. – disse timidamente Evelyn, dopodiché si diresse verso gli spogliatoi.
-
Tanta preoccupazione per nulla! – l’apostrofò una voce, dietro di lei. Evelyn
si voltò è si trovò di fronte Alex, che ancora indossava le ali da Cupido.
-
Sono fatta così, dovresti conoscermi, ormai. – si difese, alzando le spalle.
-
Sei stata brava, comunque. – si complimentò il ragazzo, portandosi di fronte a
lei.
-
Grazie. Anche tu non sei stato da meno, comunque. – disse Evelyn, ricambiando i
complimenti. Alex le sorrise, dopodiché accadde qualcosa di totalmente
inaspettato. Il ragazzo l’abbracciò, senza un apparente motivo.
Evelyn
lì per lì rimase spiazzata, era da quando avevano litigato ad inizio anno
scolastico che non avevano più contatti fisici di quel genere, nonostante
avessero poi chiarito. L’ultima volta che si erano abbracciati era stato
quando, quell’estate, lui era andato a trovarla. E quel giorno aveva
decisamente valicato i confini dell’amicizia. Evelyn, quindi, non sapeva cosa
pensare, soprattutto pensando al fatto che lui stava con Susan.
S’impose
però di non pensarci troppo, e ricambiò l’abbraccio, con spontaneità.
-
Ci sei dopo? – chiese Alex, senza interrompere il contatto. Si riferiva
all’uscita che Miss Green aveva deciso di compiere per festeggiare l’ottima
riuscita dello spettacolo.
-
Sì. – rispose Evelyn, non senza chiedersi nuovamente cosa diavolo gli fosse
preso.
-
A dopo, allora. – disse quindi il ragazzo, sciogliendo l’abbraccio e
dirigendosi verso gli spogliatoi maschili e lasciando Evelyn in mezzo al
corridoio, ad interrogarsi sul perché del suo strano comportamento.
Se
doveva essere sincera con se stessa, negli ultimi tempi aveva notato qualcosa
di diverso, nel suo rapporto con Alex. Aveva visto che pian piano le si stava
ravvicinando, ma lei aveva pensato che lo stesse facendo solo per ricreare
l’amicizia di un tempo. E in più non voleva illudersi, aveva già sofferto
abbastanza.
Nel
corso dello spettacolo, però,aveva avuto modo di notare che, soprattutto nelle
scene che vedevano Amore e Psiche assieme sul palco, l’aveva guardata
intensamente per tutto il tempo, e non era tutto dovuto alla recitazione. Nelle
prove, non l’aveva mai guardata così. E quegli sguardi le ricordavano
inevitabilmente quelli della splendida giornata che aveva passato con lui sul
finire dell’estate.
No! Basta, non
devo più illudermi. Non ora che sta con Susan, ordinò Evelyn a se stessa,
entrando nello spogliatoio femminile e sbattendo la porta, irata e confusa.
Alex
non capiva cosa diavolo gli fosse preso, proprio no.
Aveva
agito d’istinto con Evelyn, per la seconda volta. Ci era mancato poco che la
baciasse, ma si era fermato in tempo e aveva limitato il danno, abbracciandola
e basta.
Questa
volta, però, aveva una ragazza, a differenza di quell’estate. Ed era una
ragazza che tutti gli invidiavano: almeno metà della popolazione maschile della
scuola avrebbe voluto essere al suo posto. Non poteva buttare tutto all’aria,
con Susan. Non per quello che credeva fosse un capriccio momentaneo.
D’altra
parte, però, non poteva neanche illudere nuovamente Evelyn, che aveva già fatto
soffrire anche troppo. Non quando finalmente era tornato tutto alla normalità,
e pian piano erano riusciti a ricostruire l’amicizia di un tempo.
Devo darmi una
regolata,
si disse, mentalmente. Prima, però, devo
chiarirmi le idee.
Una
volta entrato in spogliatoio, si tolse gli abiti di scena, ed indossò un paio
di jeans, una maglietta a maniche corte ed una felpa, dopodiché uscì dalla
palestra, e si fermò davanti alla porta, in attesa degli altri. C’era già
qualcuno del gruppo, ma, avendo intravisto Susan, che lo stava aspettando, Alex
andò da lei.
-
Ciao… - la salutò, prima di schioccarle un bacio a fior di labbra.
-
Ehi! Sei stato proprio bravo, sai? – si complimentò lei, sorridendo, mentre gli
allacciava le braccia al collo. Alex le sorrise con gratitudine, prima di
cingerle la vita sottile con le braccia.
-
Vado con gli altri a festeggiare. Ti va di unirti a noi? – le propose quindi,
inclinando la testa di lato.
-
Verrei volentieri, ma sono un po’ stanca, preferisco andare a dormire. Grazie
comunque dell’invito, tesoro. – declinò gentilmente Susan, in tono dispiaciuto.
-
Non preoccuparti. – la rassicurò Alex. – Cercherò di divertirmi, anche se senza
di te mi riuscirà difficile.
-
Oh, davvero? – chiese scherzosamente Susan, dopodiché si alzò in punta di piedi
e lo baciò.
Evelyn
uscì dalla palestra proprio in quel momento, e non le piacque molto la scenetta
a cui si trovò costretta ad assistere. Distolse lo sguardo, mordendosi il
labbro inferiore per impedirsi di piangere.
-
Ecco qui l’attrice più in gamba della scuola! Ti sei fatta attendere, eh? –
esclamò Kaylyn, piombandole alle spalle. Evelyn le fece un sorriso forzato, lei
notò Alex e Susan in atteggiamenti intimi, e capì. Si limitò ad abbracciare
l’amica, dato che le parole sarebbero state abbastanza superflue e i concetti
ripetuti.
-
Grazie. – mormorò Evelyn, a mezza voce, sciogliendo l’abbraccio.
-
E di che? So che per te non è facile. Però cerca di non pensarci, è l’unico
consiglio che posso darti. Lo so, te l’ho già detto mille volte, ma alla fine è
tutto quello che puoi fare. – tentò di consolarla Kaylyn.
-
Come faccio a non pensare ad Alex, se adesso devo andare con gli altri a
festeggiare? E guarda caso c’è anche lui. – sbuffò Evelyn, tormentandosi una
ciocca di capelli.
-
Beh, non andare. – suggerì Kaylyn, in tono ovvio.
-
No, ormai ho già detto a Miss Green che ci sono. – ribatté Evelyn, con
espressione contrariata. – E poi non voglio farmi condizionare la vita fino a
questo punto! Io vado dove voglio. – aggiunse quindi, decisa.
-
Brava, così ti voglio! – la incoraggiò l’amica, sorridendo a trentadue denti. –
Ora vado in camera. Ci vediamo dopo quando torni, se sono ancora sveglia. Buona
serata! – si congedò quindi, dandole un bacio sulla guancia.
-
Ok, a dopo. E ricordami che ti devo dire una cosa, se sei sveglia. – la salutò
Evelyn, riferendosi allo strano comportamento di Alex, di cui l’amica ancora
non sapeva nulla, dopodiché andò dagli altri, distanti un paio di metri da dove
si trovava lei. Avvicinandosi, ebbe modo di notare che Alex si era unito a
loro, e che, sfortunatamente, era in compagnia di Susan. Sarebbe forse venuta
anche lei, con loro?
-
Ehi, Evy! – salutò Susan, raggiante. Si separò da Alex, che le teneva un
braccio attorno alle spalle, e si diresse verso di lei.
-
Sei stata bravissima! – si complimentò quindi, abbracciandola. Evelyn ricambiò
l’abbraccio. Dopotutto, per lei era come essere nuovamente sul palco, doveva
solo recitare una parte.
-
Grazie, sei un tesoro. Ma qualche errore l’ho fatto, non credere. – disse
quindi, liberandosi dalla stretta.
-
Non è vero, e anche se fosse non si è per niente notato. Continua così, mi
raccomando. – la incoraggiò, dandole un buffetto sulla spalla.
Evelyn
fece un sorriso di circostanza, quindi, in tono del tutto casuale, chiese: -
Vieni anche tu con noi?
-
Me l’ha già chiesto Alex, ma non vengo. Sono stanca, vado a dormire. – rispose
Susan, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio destro.
Evelyn
non ci mise molto a fare due calcoli e a formulare un’ipotesi. Era venerdì,
quel giorno. Ed era al venerdì o al sabato che Susan eludeva la sorveglianza
scolastica per andare chissà dove. Avrebbe dovuto seguirla, lo sapeva. Era però
più forte la tentazione di passare una serata con Alex, godendosi il successo
dello spettacolo, senza lei tra i piedi.
-
Come mai quella faccia da funerale? – chiese Alex sbucando alle spalle di
Evelyn, che era uscita dal locale per potersi fumare una sigaretta. La ragazza
lo squadrò, poi alzò le spalle con aria indifferente, prima di aspirare una
boccata di fumo.
Si
era ripromessa di divertirsi quella sera, visto che comunque Susan mancava all’appello,
ma l’impresa si era rivelata più facile a dirsi, che a farsi. Megan, che nello
spettacolo aveva interpretato una delle sorelle invidiose di Psiche, continuava
a fare la scema con Alex, e la cosa le dava enormemente fastidio. Vedere una
che prendeva il posto di Susan così facilmente e gli si strusciava addosso…
Beh, non era un bello spettacolo. Esasperata, era quindi uscita dal locale.
-
Ci sarà un motivo, no? – la incalzò Alex, vedendo che non rispondeva.
-
No. – mentì Evelyn. – Sono semplicemente stanca.
Di
certo non poteva dirgli che aveva quella faccia funerea a causa sua, che con il
suo comportamento ambiguo non faceva altro che confonderla, e che voleva
sopprimere Megan – ovviamente assieme a Susan. Non quando lui ormai credeva
tutto archiviato.
-
Sicura? – chiese Alex, non del tutto convinto, alzando un sopracciglio.
Evelyn
annuì, continuando a fumare la sigaretta, ormai quasi finita.
-
Vuoi che andiamo a fare un giro? – chiese il ragazzo, lasciandola del tutto
spiazzata.
-
Eh?
-
Ti ho chiesto se vuoi andare a fare un giro. – ripeté Alex, perfettamente a suo
agio. Forse a lui quella sembrava una proposta del tutto innocua, ma per Evelyn
non lo era, soprattutto dopo i segnali che il ragazzo aveva continuato a
lanciarle per tutta la sera, consciamente e non.
-
Per me andrebbe anche bene. Dobbiamo però vedere se Miss Green ci lascia. –
acconsentì la ragazza, pensando che forse quella sarebbe stata l’occasione per
mettere in chiaro le cose e dire ad Alex di non continuare ad illuderla, con quei
gesti così ambigui.
-
Torno dentro a chiederle se possiamo, intanto che tu finisci la sigaretta. –
disse Alex, prima di rientrare nel locale.
Evelyn
non sapeva che aspettarsi, onestamente. Era confusa, non capiva. E lei odiava non capirci nulla, soprattutto in
situazioni del genere. Aspirò l’ultima boccata di fumo dalla sigaretta,
dopodiché lasciò cadere a terra il
mozzicone e lo spense rabbiosamente con la punta della scarpa.
Qualche
istante dopo, Alex fu di nuovo da lei, sul viso un sorriso decisamente
trionfante.
-
Ha detto che possiamo, anche se non dovremmo. Però ce lo concede, perché dice
che ce lo meritiamo, dopo la performance di stasera. E poi ha aggiunto di non
rientrare a scuola troppo tardi. – annunciò quindi, passandosi una mano tra i
capelli castani.
-
Bene, dove andiamo? – chiese Evelyn, infilando i pollici nelle tasche dei
jeans.
-
Ti va una passeggiata sulla spiaggia? – propose Alex, con un’alzata di spalle.
La spiaggia, infatti, distava dal locale circa una decina di minuti, a piedi.
Evelyn
annuì, accettando così la proposta. Cercò di rimanere indifferente e di non
fare strane congetture, ma le riusciva abbastanza impossibile, quando restava
da sola con Alex, cosa che negli ultimi tempi non era capitata molto spesso. O
per lo meno non così a lungo.
-
Andiamo, allora? – la incalzò il ragazzo, vedendo che indugiava. Evelyn annuì
nuovamente, quindi i due ragazzi si incamminarono verso la spiaggia.
-
Sei silenziosa. – constatò Alex, dopo un paio di minuti di cammino, nei quali
nessuno dei due aveva spiccicato parola. Entrambi, infatti, erano immersi nei
propri pensieri riguardo all’altro, e si sentivano abbastanza in imbarazzo, non
sapendo cosa dire.
-
Te l’ho detto, sono stanca. – si giustificò Evelyn, con un’alzata di spalle,
sperando che il ragazzo le credesse.
-
No, non mi sembra solo stanchezza. C’è qualcosa che ti turba, lo sento. –
instette Alex, volgendo lo sguardo nella sua direzione.
Dannazione,
perché per lui sono un libro aperto?, imprecò mentalmente Evelyn, roteando
gli occhi. Fortunatamente era buio, e lui non avrebbe visto nulla.
-
E perché mai dovrei essere turbata, secondo te? – chiese quindi, passando
all’attacco per evitare di rispondere.
-
Mah, non saprei. È da un po’ che non parliamo, io e te. – buttò lì Alex. Le
parole gli erano uscite di bocca senza che se ne rendesse conto, e subito dopo
averle pronunciate se ne pentì. – Scusami, io non intendevo…
-
Non intendevi cosa? – lo interruppe Evelyn, smettendo di camminare. Quella
frase di Alex l’aveva lasciata decisamente perplessa. Era stato però un
millesimo di secondo, perché poi l’ira era montata in lei: come diavolo si
permetteva fare simili constatazioni? Non era certo colpa sua se la loro
amicizia non era più come prima e se quella che avevano ‘ricostruito’ ne era
solo uno squallido surrogato. Lei gli aveva chiesto scusa solo perché ciò
faceva parte dei suoi piani, altrimenti avrebbe continuato ad evitarlo. Si
sarebbe risparmiata un sacco di sofferenze, d’altronde.
Doveva
però rovinare Susan, e per farlo aveva dovuto riavvicinarsi a lui, per quanto
doloroso fosse. Perché lui si ostinava a non capire?
-
Non intendevo rivangare il passato. So che per te non è stato facile. – si
giustificò Alex, guardandosi la punta delle scarpe da ginnastica.
Questa
volta fu Evelyn a parlare senza pensare a ciò che diceva, dominata dall’ira e
dalla gelosia.
-
E hai ragione, non lo è stato. Ma pensi che adesso lo sia? Beh, ti sbagli di
grosso. Non è affatto facile, per niente. Ho passato e sto tuttora passando le
pene dell’inferno, grazie a te e alla tua dolce metà. – sbottò, incrociando le
braccia. Non appena si accorse di aver detto davvero una cosa simile, si portò
una mano alle labbra, pentita, mentre gli occhi le si riempivano pian piano di
lacrime.
Aveva
mandato in fumo tutto, quelle poche parole erano bastate a far crollare tutto
il castello di falsità che aveva costruito attorno a lui e a Susan, facendolo
rivelare per ciò che era: un misero castello di carte, che al minimo
spostamento d’aria non fa altro che cadere, sotto gli occhi increduli e pieni
di delusione del costruttore.
-
Dimentica quello che ho detto. Più in fretta che puoi. – ordinò Evelyn ad Alex,
cercando di avere un tono di voce fermo e deciso, ovviamente per quanto le
lacrime glielo potessero permettere, dopodiché iniziò a correre in direzione
della spiaggia. Aveva bisogno di stare da sola, ma soprattutto di allontanarsi
da lui.
Alex
si sentiva uno schifo. Guardò Evelyn allontanarsi di corsa, ma restò immobile.
Nella sua testa riecheggiavano ancora le parole che lei gli aveva detto poco
prima. Con poche, semplici frasi era riuscita a dargli idea di tutta la
sofferenza che aveva passato, ma che soprattutto stava passando, a causa sua e
di Susan. La colpa più grande, però, spettava a lui.
Avrebbe
dovuto capire il disagio di Evelyn, che, ora che lei aveva fatto cadere la
maschera, ora gli appariva chiaro come il sole. Quante volte, davanti alle sue
smancerie con Susan, Evelyn aveva distolto lo sguardo? Tante, troppe.
Anche
quella sera, ora che ci ripensava. Dopo lo spettacolo, quando lui era fuori con
Susan e lei lo aveva baciato, e poco dopo lui e lei si erano uniti al resto del
gruppo di teatro. Evelyn era in disparte, con Kaylyn, e non aveva una bella
cera. La cosa si era perpetuata anche durante la serata, dato che Megan
continuava a flirtare con lui e a strusciarglisi addosso.
Perfino
un cieco avrebbe potuto notare il malessere interiore di Evelyn, nonostante
davanti a tutti lei cercasse di comportarsi come se nulla fosse. Si era cucita
addosso il ruolo di colei a cui non importava più nulla, che voleva solo
salvare l’amicizia e che quindi si comportava normalmente. Da quel lato, però,
non era un’attrice impeccabile: a volte, sbagliava le proprie battute. Era
umana, dopotutto. E soffriva, per quanto non volesse darlo a vedere.
E io non
accorgendomi di niente l’ho fatta solo stare peggio, pensò, con un
sospiro. Scosse la testa, confuso. Quell’improvvisa rivelazione aveva rimesso
le carte in gioco: se prima aveva dubbi su ciò che provava per Evelyn, essi
erano spariti nel momento in cui lei aveva ammesso di stare ancora male a causa
sua. Ciò significava, implicitamente, che lei provava ancora qualcosa per lui,
che i suoi sentimenti non erano mutati. E che lui l’aveva illusa, col
comportamento che aveva avuto quella sera.
Stava
male per lei, per quello che le aveva fatto. Era un male quasi fisico, che gli
fece comprendere tutto. Alex voleva lenire quel dolore, sia il proprio che
quello di Evelyn. E l’unico modo per farlo era ammettere i propri sentimenti
anche davanti a lei, ora che finalmente era riuscito ad ammetterli a se stesso.
All’inizio aveva avuto paura di come il loro rapporto si sarebbe potuto
evolvere, dopo quella giornata di fine estate passata assieme: a soli
diciassette anni, era rimasto spaventato dalla forza dei sentimenti che provava
per Evelyn, per cui non aveva appena visto Susan, si era imposto, inconsciamente
e piuttosto facilmente, di concentrare il pensiero su di lei, ma aveva commesso
un errore.
Susan
era perfetta, sì, ma non era Evelyn.
Non
appena giunse alla spiaggia, smise di correre. Sì accasciò sulla sabbia,
ansimante per via dello sforzo appena compiuto, e diede libero sfogo alle
lacrime, che già le scorrevano sul viso.
Aveva
mandato in fumo tutto. Quella sottospecie di piano, la possibilità di poter
ricostruire qualcosa con Alex… Tutto. Ora non avrebbe più avuto nemmeno il
coraggio di guardarlo in faccia. Avrebbe potuto ancora fingere, sì, ma ormai
era stufa di indossare maschere.
Da
un lato, era anche contenta che fosse finita la recita, in senso figurato e in
senso letterale. Avrebbe avuto meno occasioni di vedere Alex: prima di tutto
non ci sarebbero state più le prove per lo spettacolo, e poi credeva che lui
avrebbe avuto l’accortezza di evitarla, dopo ciò che era appena successo.
Si
asciugò rabbiosamente le lacrime col dorso della mano, quindi si alzò e si
diresse a riva. Il mare era calmo, quella sera, e da esso proveniva una leggera
brezza che le scompigliava i capelli. I boccoli che Kaylyn le aveva fatto con
tanta cura, ormai erano quasi spariti, ne restava ben poco. Prese un elastico
dal polso destro e se li legò, in modo che il leggero vento che spirava dal
mare non glieli scompigliasse più.
Aveva
voglia di una sigaretta, ma sapeva che per via di quell’arietta avrebbe fatto
fatica ad accenderla, ed era una cosa che lei odiava. In più, aveva avuto una
brutta esperienza a riguardo, dato che una volta, mentre stava accendendo una
sigaretta mentre c’era vento, un ciuffo di capelli le era volato davanti al
viso e, a contatto con la fiammella emessa dall’accendino, aveva preso fuoco.
Fortunatamente non aveva fatto grandi danni, dopo quell’episodio aveva dovuto
soltanto spuntare i capelli, per portarli al pari della ciocca danneggiata, ma
da quel momento si era ripromessa di non accendere mai più una sigaretta quando
c’era vento. Certo, ora aveva i capelli legati, ma preferiva non rischiare.
Non
sapeva cosa fare, esattamente.
Non
aveva voglia di tornare a scuola, poiché, non appena fosse entrata nella sua
stanza, Kaylyn l’avrebbe tempestata di domande, vedendola così sconvolta, ed
Evelyn non aveva voglia di dare spiegazioni, almeno per il momento.
Avrebbe
potuto tornare al locale, da Miss Green e gli altri, ma temeva di trovare Alex,
e non se la sentiva di vederlo. Gli sarebbe stata alla larga per un po’ di
tempo, almeno fino alle vacanze di Pasqua, che sarebbero arrivate nel giro di
un mese.
L’unica
soluzione che le si prospettava era quella di restare lì, sulla spiaggia, a
contemplare il mare. Se fosse stata una sera d’estate, forse, avrebbe fatto un
bagno, giusto per ingannare un po’ il tempo, ma così non era. Era da poco
iniziata la primavera, e non era consigliabile fare il bagno in mare,
soprattutto in Inghilterra.
Sospirando,
scrutò il mare, in cerca di cosa nemmeno lei lo sapeva. Fu sorpresa di notare
che c’era qualche pazzo che aveva deciso di fare il bagno e che stava nuotando
a qualche metro di stanza dalla riva. Aguzzando la vista, poté osservare che si
trattava di una ragazza, visti i lunghi capelli.
Aveva
trovato una distrazione, ormai. Si avvicinò ancora di più alla riva,
bloccandosi soltanto quando sentì l’acqua gelida lambirle il bordo delle scarpe
di tela. Più avanti di così non poteva andare, a meno che non se le togliesse.
L’acqua, però, era troppo fredda, da quel poco che aveva potuto notare.
Preferiva rimanere a riva, aspettando che la ragazza si voltasse, giusto per
darle un volto.
Poco
dopo, la vide sparire sott’acqua, e rimase decisamente sorpresa. Non tanto per
il gesto, ma per la coda di pesce che aveva visto guizzare in superficie, per
poi sparire poco dopo sott’acqua anche’essa.
Strabuzzò
gli occhi, pensando di aver visto male. Eppure la sua vista era perfettamente a
posto, fino a quel momento non le aveva dato problemi.
Beh, forse sarà
ora che mi faccia vedere da un’oculista, visto che la vista mi gioca brutti
scherzi e mi fa vedere cose che non esistono. Una sirena, poi! Questa sì che è
bella,
pensò, scuotendo la testa.
Quella
che lei credeva fosse una coda, avrebbe potuto essere qualsiasi cosa. Forse
tutto era semplicemente dovuto al riflesso della luna su quelle che avrebbero
potuto essere un paio di pinne da sommozzatore. Scrutò il cielo, quindi, ma la
sua teoria crollò quando vide che la luna non c’era.
Si
ricordò che qualche notte prima, mentre era appollaiata alla finestra in attesa
che una parvenza di sonno l’assalisse, aveva notato che la luna era calante, si
scorgeva poco meno di un quarto, quindi era possibile che quella sera non ci
fosse.
Devo essermi per
forza sbagliata.
Scuotendo
la testa e tentando di convincersi che la propria mente le avesse giocato un
brutto scherzo per via della stanchezza, si voltò, decisa a tornare al
collegio.
-
Svegliati, Evelyn! Dai, che altrimenti non servono più la colazione. – la
spronò Kaylyn, dolcemente. Tutto ciò che ottenne fu solo un borbottio
prolungato, per cui scosse l’amica un po’ più violentemente. Questa volta,
Evelyn si svegliò.
-
Alla buon ora! – esclamò Kaylyn, in tono ironico.
Evelyn
sbuffò, quindi si alzò e si diresse nel bagno adiacente alla stanza, lasciando
l’amica perplessa: raramente l’aveva vista con addosso un tale malumore, doveva
esserci per forza sotto qualcosa.
-
Che ti è successo? – le chiese quindi poco dopo, quando tornò in camera.
Evelyn
si sedette sul letto, sospirando, dopodiché si prese la testa fra le mani e
disse, con un sospiro: - Alex…
-
Che diamine ha combinato, stavolta? – indagò Kaylyn, cercando di mostrare
tatto. La sera prima, quando Evelyn era rientrata, lei dormiva già per cui non
aveva avuto occasione di chiederle come fosse andata la serata. Si sedette
anch’ella sul letto, quindi le passò un braccio attorno alle spalle, aspettando
che decidesse di confidarsi e sfogarsi.
Non
dovette attendere molto: poco dopo, tra le lacrime, Evelyn le spiegò tutto; lo
strano comportamento del ragazzo, le sue improvvise attenzioni nei suoi
confronti e, infine, la discussione che avevano avuto.
-
Io… Non immaginavo. Mi dispiace, tanto. Però cerca di vederla dal lato
positivo… Per lo meno ora non sei più costretta a fingere, puoi chiudere
definitivamente i rapporti con lui e lasciarti tutto alle spalle… - cercò di
rincuorarla, una volta che ebbe finito di raccontarle tutto.
-
Non… Non lo so come andrà a finire, davvero. Non voglio neanche pensarci, sto
troppo male. Devo solo distrarmi. – stabilì Evelyn, asciugandosi le lacrime con
il dorso della mano, con gesto deciso. – Hai qualche idea? – chiese quindi,
rivolta all’amica.
-
Sei sicura che sia la cosa migliore? – le domandò a sua volta Kaylyn, preoccupata.
Distrarsi le avrebbe fatto bene, certo, ma sarebbe stato soltanto un benessere
momentaneo, prima o poi tutto le si sarebbe presentato nuovamente davanti, e
lei sarebbe stata ancora peggio di prima.
Evelyn
annuì, anche se non ne era del tutto convinta. Preferiva però accantonare il
problema, almeno per il momento.
-
Marcus ieri sera, mentre andavo a dormire, mi ha detto che stasera c’è una
festa sulla spiaggia, con falò e tutto il resto. Vedi tu se te la senti… -
propose quindi Kaylyn, riavviandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio
destro.
-
Sì, certo che me la sento. – proferì Evelyn, alzandosi dal letto e dirigendosi
verso l’armadio, per vestirsi.
Una
festa era proprio quello che le ci voleva, non poteva chiedere una distrazione
migliore.
-
Ehi, dov’eri finito? È tutta mattina che ti cerco! – esclamò Susan, dopo aver
raggiunto Alex, nel cortile della scuola, all’ombra di un albero. Dopo essersi
seduta, gli diede un bacio sulla guancia, ma lui non parve molto entusiasta.
-
Sono sempre stato qui. – disse, evitando il suo sguardo.
-
Che hai? – gli chiese quindi la ragazza, che non si spiegava il motivo di tanta
freddezza.
-
Niente. – rispose lui, meccanico, glaciale. – Io e te dobbiamo parlare… - disse
poi con un sospiro, passandosi una mano tra i capelli.
-
Lo immaginavo. – commentò Susan, sorridendo amaramente. – Cosa devi dirmi di
così importante?
-
Non so nemmeno da dove cominciare. – esordì Alex, con una risatina amara. –
Sono uno stupido, lo so. Ma vedi… Ultimamente le cose non sono più come prima,
tra noi…
-
Sì, beh, avevo già notato qualcosa di strano. Pensavo però fosse tutto dovuto
all’agitazione per via dello spettacolo. – lo interruppe Susan, facendo mente
locale. Aveva pensato che fosse solo un periodo passeggero, per cui aveva preferito
non dire nulla.
-
Già. È tutto dovuto allo spettacolo, se proprio vogliamo vedere… Mi ha fatto
riavvicinare molto ad Evelyn… E ho capito di provare ancora qualcosa, per lei.
Mi dispiace, Susan, davvero. Ti ho solo preso in giro, in questi mesi. Mi merito
tutti i tuoi insulti. – ammise quindi Alex, sputando il rospo. Si sentì meglio,
dopo aver confessato tutto a Susan. Quello era il primo passo, d’altronde:
prima di sistemare tutto con Evelyn, doveva lasciare Susan.
Quest’ultima
rimase sconcertata da quella confessione. Se l’aspettava, dopotutto. Quando si
erano messi insieme, ed Evelyn li aveva presi di mira, aveva chiesto
spiegazioni ad Alex, che le aveva raccontato ciò che era successo tra loro,
quell’estate. Tutto le era parso chiaro come il sole, a quella rivelazione.
Evelyn, però, l’aveva colta decisamente di sorpresa, quando aveva chiesto scusa
sia a lei che al ragazzo. Non se l’aspettava, ma ne era stata felice: sperava
che tra loro potesse nascere un’amicizia, nonostante tutto. E pian piano, col passare
dei mesi, ciò era successo. In quegli ultimi tempi, però, aveva notato gli
scambi di sguardi tra lei ed Alex, e ne era stata gelosa. Non aveva però
permesso a quella gelosia di intaccare i rapporti con i due, ci era
semplicemente passata sopra.
Temeva,
tuttavia, che prima o poi Alex si sarebbe accorto di ciò che lei aveva intuito,
ossia che non era lei quella con cui voleva stare, ma Evelyn. Era prevedibile,
dopotutto. Si era intromessa in un rapporto nascente, separandoli, ma non
abbastanza. Era naturale che prima o poi i sentimenti di entrambi sarebbero
tornati a galla, soprattutto quelli di Alex.
Lei
era cotta di lui, certo, ma sapeva che non potevano avere un futuro. Prima o
poi avrebbe dovuto lasciarlo, per via delle sue origini. Un giorno sarebbe
dovuta tornare da dove era venuta, e avrebbe dovuto troncare tutti i rapporti,
compreso quello con Alex. Voleva vederlo felice, e con Evelyn lo sarebbe stato.
-
Non ho intenzione di insultarti, stai tranquillo. – lo rassicurò, con un
sorriso.
-
Ah, no? – chiese Alex, spaesato.
-
No, lo sapevo che prima o poi sarebbe successo. Ho notato come vi guardavate
ieri sera, durante lo spettacolo. Stavate recitando, sì, ma fino ad un certo
punto. Non te ne faccio una colpa, anzi. Sei libero di stare con chi vuoi, non
voglio certo costringerti a rimanere con me, se preferisci Evelyn. – proseguì
Susan, sempre sorridendo e restando serafica.
Alex
tutto si sarebbe aspettato, tranne una reazione simile. Si era immaginato urla,
pianti, preghiere, maledizioni… E un’infinità di cose simili. Mai avrebbe detto
che Susan la prendesse così bene. Mai.
-
Sei sicura? – chiese quindi, con cautela. Si aspettava infatti che Susan
scoppiasse da un momento all’altro, che tutta quella calma fosse solo una
facciata. La ragazza annuì, dopodiché lui chiese: - Non ti sei incazzata
neanche un po’?
-
No, assolutamente. – rispose la ragazza, senza esitazioni. – Sono
tranquillissima, e a dirla tutta sono anche contenta per te. Finalmente hai
ammesso tutto a te stesso, ora sarai indubbiamente più felice di come lo sei
stato con me.
-
Io non ne sarei così sicuro… - borbottò Alex, prima di emettere un sospiro.
-
Perché?
-
Evelyn non mi vuole più vedere. – ammise, segretamente lieto di potersi
confidare con qualcuno. Non avrebbe mai immaginato di trovare quel qualcuno in
Susan, ma poco gli importava. Magari, essendo una ragazza, avrebbe potuto
dargli qualche consiglio utile. E, magari, quello sarebbe stato l’inizio di
un’amicizia.
Evelyn
non si stava divertendo, per niente. E non si stava nemmeno distraendo, a dirla
tutta.
Non
credeva che alla festa ci sarebbe stato anche Alex. Tuttavia era stata felice
di constatare che al suo fianco mancava Susan. Aveva sentito correre voce che
si fossero lasciati, ma ci credeva ben poco, poiché nel pomeriggio era andata
in biblioteca e li aveva visti ad un tavolo, intenti a ridere e a scherzare, ed
erano così felici che non si erano accorti nemmeno che lei era entrata. Se
n’erano accorti poco dopo, però, quando lei era uscita dalla stanza sbattendo
la porta e facendoli trasalire.
Prese
il pacchetto di sigarette dalla tasca del cardigan, lo aprì e vide che ne era
rimasta solo una.
-
Perfetto… - borbottò, portandosi la sigaretta alle labbra. Accartocciò il
pacchetto, si avvicinò ad uno dei falò che erano stati allestiti sulla
spiaggia, e ve lo buttò dentro, rabbiosamente. Avrebbe potuto andare dal
tabacchino, in paese, ma preferiva non muoversi da sola, la sera, né tantomeno
con Kaylyn. Aveva paura, e aveva già tentato abbastanza la sorte, la sera
prima, mentre tornava a scuola.
Si
sedette su un tronco, accanto ad altri ragazzi che conosceva di vista. Rimase
sulle sue, continuando a fumare, fino a che, poco dopo, non la raggiunse
Kaylyn, che era rimasta a parlare con delle sue amiche.
-
Come sta andando? – le chiese, sorridendo.
-
Una meraviglia… - rispose Evelyn, con evidente sarcasmo.
-
Beh, se vuoi so io come farti divertire… - le propose il ragazzo sedutole
accanto, ammiccando. Non appena aveva aperto bocca, Evelyn aveva sentito una
grande puzza di alcool, per cui non ci aveva messo molto a capire che era
ubriaco. Come se ciò non bastasse, aveva in mano una bottiglia di birra, mezza
vuota.
-
No, grazie. – declinò, con una smorfia, alzandosi dal tronco per buttare il
mozzicone nel falò.
-
Facciamo un giro? – propose Kaylyn, prendendola a braccetto. Evelyn annuì,
quindi si incamminarono verso la scogliera.
-
Come stai? – chiese quindi, un po’ preoccupata, non appena furono un po’ lontane
dalla massa.
-
Come vuoi che stia? Uno schifo… In più Alex continua a lanciarmi certe
occhiate, stasera… Sembra quasi che voglia venire a parlarmi, ma poi appena
vede gli sguardi assassini che gli lancio, cambia idea. Io non lo capisco,
davvero. – si sfogò Evelyn, trattenendo a stento le lacrime. Da una parte,
voleva che Alex andasse da lei, in modo tale che parlassero, anche se c’era ben
poco da dire. Dall’altra, però, preferiva lasciare la situazione così com’era,
per non peggiorare il tutto.
-
Prima, quando ti ho lasciato sola, mi ha parlato… - esordì Kaylyn, con cautela.
– E mi ha detto di dirti che deve parlarti, effettivamente. – le annunciò
quindi, con tono neutro. Non sapeva cosa lui volesse dire all’amica, pertanto
non voleva darle false illusioni.
-
Odio queste cose da bambini dell’asilo. – diede in escandescenze Evelyn,
sbuffando. – Non poteva venire a dirmelo direttamente?
-
Beh, ma hai appena detto che non hai fatto altro che lanciargli sguardi
omicidi… - le fece notare gentilmente Kaylyn.
-
Ah, adesso lo difendi pure? – sbottò Evelyn, irata, allontanandosi di un passo
dall’amica. Scosse la testa, dopo quello scatto d’ira improvviso. Kaylyn era
rimasta interdetta, non sapendo bene che fare.
-
Io… Scusa, ma ho i nervi a fior di pelle… Scatto come una molla per niente. –
si giustificò Evelyn, guardandosi la punta dei piedi. – Forse è meglio che mi
lasci sola, non vorrei prendermela con te che non c’entri niente.
-
Non ti preoccupare, se vuoi sfogarti su di me, fa’ pure. – la invitò Kaylyn,
pensando che poi, magari, l’avrebbe fatta sentire meglio.
-
No, preferisco non coinvolgerti… - rifiutò Evelyn, con gentilezza. – Anzi, un
favore però puoi farmelo. Mandami qui Alex, ora che tornì là ai falò. Così la
facciamo finita una volta per tutte.
-
Ok, appena lo vedo gli dico di venire qui. – la rassicurò l’amica, prima di tornare
verso la spiaggia. – A dopo.
Evelyn
si sedette su uno scoglio, lasciando penzolare i piedi nel vuoto, chiedendosi
cosa mai avesse Alex da dirle. Nel punto in cui si trovava, era a circa a tre,
massimo quattro metri d’altezza sul mare. Quando era bel tempo, di solito lei e
Kaylyn, al sabato o alla domenica, andavano lì a tuffarsi, o semplicemente a
prendere il sole.
Di
sera, però, quel posto non rendeva come di giorno. Innanzitutto, con il buio,
era un attimo scivolare e cadere in acqua, per cui bisognava tenere gli occhi
ben aperti. Evelyn ormai conosceva quegli scogli come le sue tasche, per cui
sapeva bene dove mettere i piedi e dove no.
Alex,
malauguratamente, non aveva quella fortuna.
Qualche
minuto dopo, lo vide emergere dall’oscurità, e dirigersi verso di lei.
-
Kaylyn mi ha detto di venire qui. – le annunciò, dopo essersi fermato mezzo
metro dietro di lei.
-
Già. Mi ha detto che mi dovevi parlare. Siediti, avanti. E dimmi tutto. – lo
esortò Evelyn, scostandosi leggermente per fargli posto.
Alex
si sedette, ma nel farlo inciampò e perse l’equilibrio, cadendo dritto in
acqua. Evelyn sgranò gli occhi per la sorpresa, rimase per un attimo
paralizzata dalla paura e dallo stupore, dopodiché si tolse il cardigan e si
gettò prontamente in acqua, seguendo ciò che le dettava l’istinto.
Qualche
istante dopo si trovò sottacqua: strinse gli occhi per individuare dove fosse
Alex e lo vide risalire in superficie, un paio di metri più in là. Fece
altrettanto, dopodiché gli si avvicinò, nuotando.
-
Stai bene? – gli chiese, preoccupata. Lui annuì, ancora un po’ scosso.
-
Da qui non possiamo risalire sugli scogli. Dobbiamo dirigerci a riva, o per lo
meno dove gli scogli sono un po’ più bassi. – constatò Evelyn, prima di
iniziare a nuotare verso riva. Alex fece altrettanto.
-
Perché ti sei buttata? – le chiese, ansante, dopo che le si fu affiancato.
-
Ho avuto paura. – ammise la ragazza, evitando il suo sguardo. – Risparmia il
fiato, però, adesso. – gli ordinò quindi, perentoria. Non era certo quello il
momento per parlare.
L’acqua
non era molto calda, tuttavia nuotando, il freddo si sentiva ben poco. Mentre
lei e Alex si dirigevano verso riva, Evelyn scorse nuovamente davanti a sé la
ragazza che aveva visto la sera prima. Si bloccò, strabuzzando gli occhi.
-
Tutto bene? – le chiese Alex, allarmato, dopo essersi anch’egli fermato.
-
La vedi anche tu? – chiese Evelyn, a sua volta.
-
Chi?
-
Quella ragazza, là davanti. – disse Evelyn, facendo un cenno con il capo. Alex
guardò nella direzione indicata, quindi annuì.
-
Sì. Beh, evidentemente non siamo gli unici pazzi a fare il bagno. – disse,
tentando di fare dello spirito. Si voltò di nuovo in direzione della ragazza,
convinto che gli ricordasse qualcuno, quando la vide sparire sott’acqua.
Anch’egli, come Evelyn la sera prima, vide guizzare in superficie quella che
aveva tutta l’aria di essere una coda di pesce.
-
L’hai vista anche tu? – gli chiese Evelyn, all’istante.
-
Sì. È quello che io penso che sia?
-
Penso proprio di sì. Non perdiamoci in congetture, però. Andiamo avanti. Lo
vedi quello scoglio? Credo che sia abbastanza basso per permetterci di salire.
– suggerì la ragazza.
Qualche
minuto dopo lei ed Alex erano sullo scoglio, infreddoliti e tremanti.
-
Torno subito, vado a prendere il mio cardigan, che ho lasciato sullo scoglio da
dove sei caduto. – annunciò Evelyn, i denti che tremavano. Alex annuì,
pregandola di non impiegarci troppo tempo.
Evelyn
fece più in fretta che poté. Si infilò il cardigan, non appena lo riebbe tra le
mani. Aspettò qualche secondo, giusto per smettere di tremare, quindi tornò da
Alex.
Aveva
avuto davvero paura, quando l’aveva visto cadere. Si sentiva un po’ stupida a
pensarci, ma aveva avuto paura di perderlo. E non era un bel pensiero, dopo
quello che era successo tra loro la sera prima. Tutta la rabbia era svanita,
ormai voleva solo averlo accanto, anche se ciò avesse significato essergli
soltanto amica.
Nella
sua mente, però, vi era ancora un punto di domanda: quella strana ragazza, che
era una sirena, ormai era appurato. Sia lei che Alex avevano visto la coda,
questa volta non poteva sbagliarsi.
Scosse
la testa: aveva ben altro a cui pensare. Certo, quella era una scoperta
abbastanza singolare, ma non le cambiava molto la vita.
Affrettò
il passo, per raggiungere Alex più in fretta. Fu sorpresa di notare che era in
compagnia. Sporto sullo scoglio, stava parlando con una ragazza, in acqua.
Avvicinandosi, Evelyn ebbe modo di vedere che si trattava di Susan. Non ci mise
molto a fare due più due.
-
Dovevo immaginarlo che eri tu! – esclamò, sedendosi accanto ad Alex. Gettando
una rapida occhiata sotto la superficie dell’acqua, ebbe conferma dei suoi
sospetti: Susan aveva una coda di pesce, al posto delle gambe.
-
Evelyn! – strillò Susan, sorpresa da quelle parole.
-
Ora quadra tutto: le tue fughe notturne, la tua perfezione… Tutto. Perfino la
tua relazione con Alex. D’altronde ho ben poco da fare con una sirena come
rivale. – disse Evelyn, sorridendo amaramente.
-
Invece ti sbagli. – la contraddisse Susan, sorridendo. – Vi lascio soli, è
tempo che parliate, voi due, una volta per tutte. E ti prego, non rivelare a
nessuno il mio segreto. Mi fido. – le raccomandò quindi, prima di sparire
sott’acqua.
Evelyn
non sapeva più cosa pensare, onestamente. Alex si alzò in piedi, dopodiché le
porse la mano per aiutarla a fare altrettanto. Dopo che si fu alzata, tuttavia,
non le lasciò andare la mano, anzi, la intrecciò con la propria. Evelyn si
sentì invadere da un enorme calore, mentre sentiva il sangue affluirle alle
guance.
-
Mi sa che mi devi delle spiegazioni. – esordì quindi, mentre si dirigevano
verso i falò.
-
Già. Da dove vuoi iniziare? – le chiese Alex, con una risata.
-
Da Susan, innanzitutto. Dalla sua doppia identità, dato che sembra che tu ne
sappia più di me. – chiese Evelyn, mossa dalla curiosità.
-
Beh, non ne so molto. Quando tu sei andata a riprendere il cardigan, è emersa
dall’acqua poco dopo, chiedendomi come stavo, dato che mi aveva visto cadere
dagli scogli. Avendo notato la sua… coda, le ho chiesto spiegazioni, e allora
lei mi ha detto che in realtà è una sirena e che si è mescolata a noi umani
perché voleva vedere come viviamo e provare nuove emozioni, tutto qui.
Sembrerebbe la trama di qualche libro o film, eppure è la verità. – Spiegò
Alex, con un’alzata di spalle. Anche lui, come Evelyn, era abbastanza confuso.
-
Ah, capisco, anche se continua a sembrarmi un po’ strano. – constatò Evelyn,
inarcando un sopracciglio. – Ora ho bisogno di una conferma, però. Ho sentito
voce che vi siete lasciati... È vero? – chiese quindi, titubante. Temeva la
risposta, in entrambi i casi.
-
Sì, è vero. Altrimenti non staremmo camminando mano nella mano, ti pare? – le
rispose Alex, accarezzandole con il pollice il dorso della mano e provocandole
così dei brividi. – L’ho lasciata stamattina, se vuoi saperlo. E l’ha presa
piuttosto bene.
-
Ecco perché oggi eravate in biblioteca a parlare come se niente fosse! –
esclamò Evelyn, giungendo alle dovute conclusioni.
-
Sì, e a dirti la verità mi stava dando dei consigli su come comportarmi con te.
-
Davvero?
-
Sì, davvero. – confermò Alex, fermandosi di colpo. Erano giunti ad un falò,
accanto al quale avrebbero potuto riscaldarsi ed asciugarsi. Si sedettero
all’estremità di un tronco, senza smettere di tenersi per mano. Alex sciolse la
stretta solo per passarle un braccio attorno alle spalle, stringendola a sé.
Evelyn si accoccolò sul suo petto, beandosi di quel contatto. Era felice,
finalmente, tra le braccia del suo
Alex. Non le importava nemmeno degli sguardi straniti che la gente lanciava
loro, vedendoli così fradici.
-
Evelyn, io devo chiederti scusa. Sono stato un idiota. Un coglione, a dirla
tutta. A partire da quest’estate. Non dovevo tirarmi indietro, dopo quello che
è successo. Ma avevo troppa paura, tu non ne hai idea. Ero spaventato da quello
che provavo per te, così mi sono buttato a capofitto su Susan. Ora però è tutto
finito, non ho più paura di nulla. Sono pronto a ricominciare laddove
quest’estate abbiamo lasciato interrotto. Se anche tu lo vuoi, ovviamente. – si
dichiarò Alex, ammettendo, finalmente senza remore, i propri sentimenti davanti
ad Evelyn.
-
Certo che voglio, mi pare ovvio. – disse quest’ultima, portando il proprio viso
all’altezza di quello del ragazzo, per poi baciarlo.
-
Però prima devo porre una condizione. – disse Alex, poco dopo, riavviandole una
ciocca di capelli dietro all’orecchio.
-
Ovvero?
-
Devi smettere di fumare. Ti prego. – rispose quindi il ragazzo, provocando in
Evelyn una risata. Era felice, sì. E avrebbe smesso di fumare, d’altronde ne
aveva ben poco bisogno, ora che tutto era sistemato.
Pikky91 con Real Life Fairytale
Marysuaggine: 9/10
Gran bella
Mary Sue!
Perfetta, bellissima, dolce: tutti gli uomini la vogliono, solo Alex la prende
– e Susan lo ama, sì, ma sa che, prima o poi, dovrà tornare in mare.
E Susan vuole fare amicizia con Evelyn anche se sa che la ragazza ama Alex. E
Susan è perfetta-che-più-non-si-può.
Bella Mary Sue. Un po’ stereotipata, ma ben fatta.
Correttezza grammaticale: 8/10
Il brano era
quasi totalmente corretto, ma vi erano delle imperfezioni che hanno abbassato
il voto: sottolineo una “e” congiunzione accentata, che m’ha turbata non poco.
Errori simili possono scappare anche alla più attenta revisione, ma ciò non
toglie che lasciano l’amaro in bocca.
Più volte ho trovato virgole che stonavano e/o mancavano; c’erano inoltre dei
verbi che avrei visto meglio al trapassato remoto.
Ho reperito delle lievi imperfezioni, delle quali ho cercato di tener conto il
meno possibile.
Utilizzi spesso “dopodiché” a breve distanza, e il brano, in alcuni passaggi,
pieno di ripetizioni facilmente evitabili con un’adeguata rilettura.
Per il resto, la grammatica era ben solida, e non c’erano errori tali da farti
meritare un’insufficienza.
Stile: 8,5/10
Se non fosse
per le ripetizioni, lo stile avrebbe ricevuto un voto più alto: è lineare,
scorre bene, dà un certo spessore ai personaggi e ai loro sentimenti.
Le parole sono adeguate, e i fatti vengono presentati in modo coerente:
purtroppo, però, ho trovato dei passaggi sviscerati troppo rapidamente, e
questo mi ha fatto storcere il naso.
Il finale è un po’ affrettato, a mio parere. Cercando di fare meno spoiler
possibili, ti dico solo che la scoperta della vera natura di Susan è troppo
veloce, e questo la fa apparire poco plausibile: mi ha sorpresa il modo apatico
in cui Evelyn e Alex hanno accettato la cosa. Troppo flaccidamente,
passami il termine.
Contando, però, i salti mortali che hai dovuto fare per consegnare, riesco a
capire il motivo per cui non è stato approfondito di più. Sono pur sempre
quindici pagine, dopotutto.
Alla fin fine, però, il tutto è ben strutturato.
Un consiglio: per i dialoghi, cerca di utilizzare le virgolette. I trattini,
che utilizzi anche all’interno del testo, rendono un po’ tutto disordinato.
Caratterizzazione dei personaggi: 9/10
I personaggi
sono ben presentati, con un certo spessore psicologico.
Si capisce perfettamente il perché delle loro azioni – anche se, in alcuni
punti, ho dovuto applicarmi un pochino per comprenderli – e sono coerenti con
loro stessi.
Solo il finale ha abbassato la valutazione, perché, come già detto, troppo
rapido: per il resto, sono perfetti.
La protagonista della storia è ben presentata, e risulta simpatica; Susan, poi,
è la classica Mary Sue, e dona ironia al testo, facendo sorridere ad ogni sua
apparizione.
Buonissimi personaggi, comunque.
Attinenza alla traccia: 10/10
Il mito c’è.
La Mary Sue c’è.
Il tutto è ben miscelato.
L’attinenza è presente.
Originalità: 8,5/10
Allora. Per
essere originale, lo è, anche se ci sono dei cliché non indifferenti.
Evelyn è un po’ stereotipata, in alcuni atteggiamenti, e anche Alex – ciò
toglie un po’ di originalità, perché banalizza leggermente il finale.
Ma la scoperta della vera identità di Susan… Beh, quella rialza totalmente il
punteggio.
La trama è simpatica, ha delle belle innovazioni. Quindi: sì, la storia è
abbastanza originale.
Giudizio personale: 4,5/5
Mi è
piaciuta: non c’è nulla da aggiungere a quanto già detto.
I personaggi sono simpatici, lo stile fresco – un po’ acerbo, ma credo maturerà
in poco, perché hai una buona capacità. La trama è strutturata in modo
convincente, e fa sorridere.
Ripeto: una buona storia, mi è piaciuta parecchio. Complimenti!
Punti extra: 3,5/5
Il mito di
Amore e Psiche è stato indubbiamente ben studiato ed approfondito.
Il suo inserimento nel brano non stonava, e donava un certo non so che al
testo. Sì, dei punti extra li meriti certamente.
Totale: 61,5/65 + 5