Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: badheadache    28/06/2017    2 recensioni
Dal primo capitolo.
"Non ricordava cosa aveva sognato, ma ormai era consapevole del fatto che la differenza tra realtà e incubo era davvero sottile, quasi inesistente. Perso completamente il sonno, decise di alzarsi per dirigersi nel refettorio. Quasi ogni notte andava lì, solitamente senza grandi motivi. Semplicemente adorava, quando non riusciva ad addormentarsi, osservare dalle grandi vetrate la luna, che quasi gli sorrideva come una madre. [...]
“Quindi è per questo che la mattina fai così schifo durante gli allenamenti, moccioso?” Eren sobbalzò e si congelò sul posto.
Il capitano Levi era l’ultima persona che voleva incontrare, e per giunta in un’occasione del genere. Non aveva pensato a cosa dirgli, sapeva solo che doveva, prima o poi, dirgli qualcosa."
(Long sulla coppia Eren e Levi, che seguirà il corso degli eventi dell'anime, cercando di approfondire le interazioni umane, che nella storia, giustamente, non sono troppo presenti).
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Eren Jaeger, Levi Ackerman, Un po' tutti
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Capitolo 6
 
Fissava il letto senza osservarlo.
La caviglia gli pulsava, ma lui ignorava facilmente il dolore. Tutto ciò che era accaduto durante la giornata continuava a sfrecciagli davanti senza lasciarlo in pace.
La sua inquietudine infondata era diventata straziante realtà, lasciando lui, Levi Ackerman, il soldato più forte dell’umanità, a vegliare sul corpo immobile di Eren, il ragazzo titano. Non aveva visto nulla di ciò che era successo prima, ma riusciva a palpare le emozioni del giovane solo a fissare il suo viso martoriato dalle numerose ferite in cicatrizzazione e dalla recente trasformazione in titano.

Eren che scopre di essere stato tradito da una sua ex compagna.
Eren e la sua tristezza trasformata in rabbia.
Eren che riesce a prendere la decisione, seppur dolorosa, giusta.
Finalmente.
Un piccolo sorriso increspò le sue labbra: era orgoglioso.

Seppur il coraggio di Eren, non andò tutto bene. Lui aveva visto solo l’ultima parte dello scontro ravvicinato tra i due titani, e si era rivelato fondamentale per la salvezza stessa del ragazzo: non sapeva cosa l’aveva spinto ad agire prima degli altri, mentre operava con l’angoscia in cuore, cercando di staccare Eren dal corpo del gigante in modo da non amputarlo, o, peggio ancora, prendergli qualche organo fondamentale. Levi rabbrividì al pensiero: probabilmente non se lo sarebbe mai perdonato.
Decise però di concentrarsi sul presente. Eren era steso di fianco a lui, il petto che si alzava debolmente. Fissò intensamente il suo viso: era rilassato, senza la solita espressione rabbiosa che assumeva. Levi poté così notare i capelli sbarazzini, neri come la pece, le arcate perfette delle sopracciglia, che coronavano i grandi occhi acquamarina chiusi. Il naso leggermente all’insù spiccava, disegnando una vasta ombra sul volto addormentato. Infine c’erano quelle labbra, rosate e piene, sulle quali Levi non si era mai soffermato. Assomigliavano alle labbra di una sua vecchia cara amica, ma si affrettò ad allontanare il pensiero.
La faccia del ragazzo era più inespressiva e rilassata nel sonno che nella veglia. Come faceva Eren ad esprimere così bene i suoi sentimenti? Era ciò che Levi si chiedeva da sempre. Lui si sforzava di mantenere un certo controllo, e lo faceva da talmente tanto tempo da farla ormai diventare un’azione naturale: in un certo senso lo invidiava, mentre dall’altro gli sarebbe piaciuto avere un Eren più pacato, solo per essere certo di rivedere quell’espressione anche in futuro, con lui vigile.
Era stanco, ma in quel momento sapeva che non si sarebbe mai stancato di osservare il ragazzino addormentato. In qualche modo quella visione, quel momento, gli trasmettevano una pace che non provava da anni: considerava ciò un’anomalia, in quanto il cadetto davanti a lui era il personaggio che ultimamente gli dava più grattacapi, eppure sentiva che senza Eren la sua vita sarebbe rimasta cristallizzata nella perdita continua dell’umanità.
Davanti a sé aveva la speranza dell’umanità, la sua speranza.
Si appoggiò al letto, creandosi un cuscino con la pancia di Eren. Continuò a guardarlo, mentre il sole tramontava sul Wall Sina.

 
*
 
Si risvegliò lentamente. Sentì prima ciò che lo circondava: aveva delle lenzuola fresche sopra, e percepiva un peso leggero sullo stomaco, a cui diede poca importanza. Sentì uno strano silenzio attorno a sé, quasi il tempo si fosse fermato. Aveva un leggero male alla testa, e pian piano fece mente locale su ciò che era accaduto prima. Tristezza e rabbia invasero il suo corpo, risvegliandolo del tutto. Tremò, e fece per distendersi su un lato, con l’intenzione di mettersi in posizione fetale, ma venne bloccato da un suono di disappunto soffocato, perciò decise di aprire poco gli occhi. Vide con enorme sorpresa il comandante Levi che lo scrutava contrariato.

Eren lo fissò intensamente con gli occhi smeraldo: era quasi spaventato dalla scena che aveva di fronte. Il capitano stava sdraiato su di lui, un po’ spettinato e con lo sguardo annoiato, probabilmente appena svegliatosi da un breve riposo.
Il capitano Levi spettinato sdraiato sulla sua pancia a riposare.
Il capitano Levi spettinato sul suo letto a riposare.

Dovette riformulare più volte il pensiero per realizzarlo, e sapeva che i suoi occhi esprimevano tutto lo stupore che, in qualche modo, accigliò il capitano. Stranamente non se la prese, ma anzi, continuava a fissarlo dal basso con le sopracciglia aggrottate. Sembrava che nemmeno lui sapesse cosa stesse accadendo e perché si fosse ritrovato .
“Come stai?”
Finalmente, il silenzio venne interrotto. Eren ringraziò mentalmente la schiettezza del capitano.
“Bene, credo. Sono spossato”.
“Ti capisco”.
“E lei, capitano? Come sta?”
Levi alzò lentamente la caviglia, guardandola con un’espressione arrabbiata, infastidita e schifata. Poi la rimise accanto all’altra.
“Per il resto bene. A parte quando mi fai perdere dieci anni di vita per tirarti fuori dal tuo corpo di titano, bene”.
In tutto questo non aveva ancora spostato la testa dal suo stomaco. Cosa voleva? Sarebbe stato un gesto carino, se non fosse stato fatto dal capitano Levi. Fossero stati Mikasa, o Armin, avrebbe apprezzato il gesto di stare a vegliare su lui da svenuto. Ma Levi? Cosa voleva da lui? Perché si era messo a vegliare su Eren? Non aveva altre cose da fare, come indire riunioni sulla tragedia appena accaduta nel muro più interno? Perché stava semplicemente lì a fissarlo?

Eppure l’ultima sua frase illuminò i pensieri di Eren: era preoccupato. Seppur fosse un pensiero strano da attribuire proprio a Levi, Eren credette di aver fatto centro. Si ammorbidì e la sua tensione svanì velocemente come era arrivata.
“Grazie per avermi salvato. Se avessi esitato ancora di più, ora sarei con Annie, invece che con lei, capitano Levi”.
“Dovere”.
Rimasero a fissarsi, in silenzio. Ormai era quasi notte.
Eren sobbalzò quando Armin entrò nella sua stanza, spalancando la porta, col respiro affannoso. Levi, d’altro canto, rimase impassibile: come se quella posizione fosse assolutamente normale. A Eren venne quasi da ridere, se Armin non gli avesse gridato che i titani avevano sfondato anche il Wall Rose.

 
*
 
Eren salì dietro al carro assieme ai suoi due compagni di infanzia, Hanji, il cultore delle mura – che apprese poi si chiamasse Nick – e il capitano Levi. Scoprì così che le mura erano state costruite dagli stessi giganti, e si trovò a tremare di rabbia. Sentì Levi avvicinarsi e prendergli il polso lentamente, quasi come se volesse dirgli di stare calmo.

Eren si calmò.

Hanji continuò a spiegare nel buio della notte che, se Eren riuscisse ad imitare quella particolare capacità, forse potevano ricostruire la falla nel distretto di Shingashina. Levi vide il ragazzo tremare. Poteva davvero fare una cosa del genere?
. Levi affidava tutte le sue speranze a quel ragazzo.

Allentò la presa al polso, quasi accarezzandolo. Gli era sembrato qualcosa di naturale, stringerlo. Pensava lo fosse ancora, ma non poteva notare il leggero rossore sulle guance di Eren, data la scarsa quantità di luce. Eren avrebbe dato tutte le sue attenzioni al polso stretto da Levi, se solo Hanji non gli avesse buttato addosso una miriade di informazioni a cui pensare e preoccuparsi. Ancora una volta le più grandi responsabilità venivano affidate a lui, deciso ad aiutare in qualsiasi caso. Non riuscì neanche a prendersela con Nick, che sicuramente sapeva molto di più su quella faccenda; il cultore, il prete, qualsiasi cosa sia, era riuscito a sostenere lo sguardo di Levi e addirittura a non cedere alle sue minacce pur di mantenere il segreto. Sapeva di non avere un potere di persuasione più efficiente di Levi, quindi abbandonò tutte le speranze di conoscere qualcosa in più da quell’uomo.

Si stavano dirigendo verso il castello di Utgard, punto di ritrovo concordato da tutto il corpo di ricerca nel giro di dodici ore. Il viaggio fu lungo, più lungo del solito: tutti erano terrorizzati da un possibile attacco notturno da parte dei giganti, seppur sapessero bene che di notte non si potevano muovere. Se sono riusciti a sfondare con facilità il Wall Rose potrebbero anche muoversi di notte, pensava Eren. Lo frustrava tanto non sapere quasi nulla sui titani.

Con la coda dell’occhio osservò uno stanco Levi, con la sua solita espressione indecifrabile. Gli occhi grigi osservavano il cielo come se fosse qualcosa di veramente interessante: Eren vide i suoi occhi muoversi con lentezza quasi studiata per osservare tutte le costellazioni, seppur il flebile fuoco che Armin teneva in mano. Aveva le gambe accavallate come faceva di solito, del tutto incurante ai sobbalzi del carretto, schiena quasi sdraiata sulla piccola panchetta. Un braccio era disteso sulla superfice della panca, l’altro si perdeva nelle tenebre, per incontrare il polso di Eren.

Finalmente, il moro realizzò l’intimità del contatto. Si girò verso il capitano, che non esitò a incatenare le iridi grigie ai suoi smeraldi. Si fissarono, senza muovere un muscolo o emettere un suono: dopo un tempo che a Eren sembrò interminabile, Levi tolse la mano dal suo polso, e la mise dietro le spalle del moro.
“Sai dirmi il nome di qualche costellazione?”
Eren non si sarebbe mai aspettato una domanda del genere, ma decise di rispondere, felice di eliminare i pensieri negativi. “Vedi quelle quattro stelle che si seguono, con la quarta che è un vertice del rettangolo?” Le indicò con l’indice, sposandosi vicino a lui in modo da indicargliele ancora meglio.
“Mh”.
“Quella è l’Orsa Maggiore, la costellazione più facile da individuare. Tra quelle stelle la più luminosa indica il nord. Sinceramente, non ricordo quale”.
“Non mi piace molto. Non assomiglia a un’orsa”.
“Non so nemmeno io perché si chiami così. Forse ci sarà una storia dietro. Comunque, te ne faccio vedere un’altra, anche se non ne conosco molte”.
“Okay”.
“Più in basso dovrebbe esserci una specie di W. Riesci a trovarla?”
Levi scrutò il cielo. Eren si distrasse un secondo a guardarlo.
“Dovrebbe essere quella?” Questa volta toccò al suo indice alzarsi per indicare il cielo.
“Sì, credo di sì! Quella è Cassiopea”.
“Questa è più carina, ma anche lei ha un nome di merda”. Eren si accigliò: merda era praticamente la parola preferita di Levi. La metteva in ogni frase. Il pensiero però lo fece sorridere: si ricordava di ogni insulto rivolto a lui o ai suoi compagni. Se fosse stato a fianco a lui, e non una recluta da addestrare, si sarebbe fatto due risate.

“Dicono che il cielo sia infinito, sai? E noi siamo qui, circondati da delle mura. Di merda”. Calcò sulla sua parola, con un piccolo sorriso stampato in faccia. “Inoltre, Armin mi aveva detto che ci sono tantissime costellazioni in cielo, e le più importanti formano l’oroscopo”.
“Il che?” Levi rivolse l’attenzione al moro, mentre si passava una mano tra i capelli, la mano sempre dietro alla sua schiena.
“L’oroscopo, Levi. Non sai qual è il tuo segno zodiacale?”
L’espressione fu impagabile: “Eren, ma di che cazzo stai parlando?” Sussurrò, attento a non svegliare gli altri sul carretto. Si erano addormentati tutti, seppur la tensione, a causa dell’incontro ravvicinato con Annie del giorno prima. Eren in primis avrebbe dovuto dormire.
“Ma dove hai vissuto fino ad ora, Levi?” Gli venne da ridere, ma la risposta fu lapidaria. “Non c’era il cielo, dove ho vissuto”. Abbassò lo sguardo, accigliato.


Nella città sotterranea.
Levi aveva vissuto nella città sotterranea.


La testa di Eren si riempì di interrogativi pesanti, a cui solo Levi poteva dare risposta. Sapeva però che non era il momento adatto. Continuò il discorso.
“I segni zodiacali sono costellazioni a cui viene dato un nome di animale o di oggetto: Toro, Ariete, Capricorno, Bilancia, e così via. Sono in tutto dodici, e ognuno ha un suo periodo dell’anno, che coincide con l’apparizione stessa della costellazione in cielo”.
La faccia di Levi era stupita, interessata ed infastidita. Quello stupido moccioso aveva continuato il discorso come niente fosse, mentre lui aveva fatto una fatica immensa a dirglielo. Ad aprirsi un po’ più verso lui.

Si rese conto che, se Eren avesse fatto altre domande, lui si sarebbe categoricamente rifiutato di rispondere. Forse era questo il suo modo di ringraziarlo per avergli fornito un’informazione sul suo passato di cui pochissimi erano a conoscenza.
“Io sono nato a marzo, esattamente il 30. Sono un Ariete: a ogni segno zodiacale sono attribuite delle caratteristiche. Ad esempio, gli Arieti sono determinati e decisi sui loro obiettivi”.

Levi quasi rise. Chissà quante volte aveva sentito Eren urlare che avrebbe distrutto i titani: in quel senso, era proprio un Ariete.
“A loro sono anche attribuiti gli elementi della natura, il mio è il fuoco. Tu quando sei nato?”
Levi aspettò due secondi prima di dare una risposta al moro, valutando se offrirgli un’altra informazione su di lui.
“Il 25 dicembre”. In realtà era solo curioso di sentire il suo segno. Non ne capiva il perché, era una cosa così stupida.
“Mh… Armin è nato a novembre, ed è uno Scorpione. Dopo dovrebbe esserci un altro segno, e poi il tuo. Non vorrei sbagliarmi, ma dovrebbe essere Capricorno”.
Una piccola pausa.

“...Che merda di segno, moccioso”.
Eren scoppiò a ridere, cercando di essere il più silenzioso possibile. Levi gli tirò una ginocchiata, ma quello continuava.
“Cosa c’è adesso?”
Merda. E’ sempre sulla tua bocca!” Soffocò una risatina.

“Lo guardò con occhi divertiti: "Lasciatelo dire, Eren. Hai un umorismo di merda”.

Si misero a ridere entrambi. Solo in quel momento Eren si accorse di non aver dato del “lei” a Levi. Non che gliene fosse importato qualcosa.
Appoggiò la schiena sulla panca –sul suo braccio- e si preparò per addormentarsi. Il capitano fece lo stesso, e, in modo del tutto naturale, si appoggiò alla testa di Eren, ormai praticamente sulla sua spalla.

Andava tutto bene. Per la prima volta dopo anni, Eren non andò a dormire pensando ai giganti.
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo dell’autrice:
Ciao! E’ passato un po’ di tempo, ma esisto ancora. Spero vi sia piaciuto il capitolo, che, seppur corto, credo esprima tanti sentimenti.
Ci vediamo nelle recensioni! Al prossimo capitolo.
K
  
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