Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Sleepyheadven_ita    28/06/2017    3 recensioni
“Ho bisogno che tu faccia finta di essere il mio ragazzo per qualche settimana” gli aveva rivelato chiaramente, con un sorriso imbarazzato.
Lui l’aveva guardata a sua volta senza voler esternare niente nella sua espressione, incerto su se fosse seria o meno. Hanji era strana, per cui ci poteva anche stare che la sua idea di fare scherzi potesse essere questa.
“Che genere di favore sarebbe?” le aveva chiesto alzando un sopracciglio.
“Uno grosso” aveva risposto lei incerta, scrollando le spalle. “Te la faccio breve, i miei stanno divorziando, mia mamma si risposa il mese prossimo e io ho bisogno di presentarmi lì con un ragazzo, altrimenti mia madre non mi lascerà andare via. È davvero convinta che morirò da sola.”
Storia in cui Hanji e Levi fingono di essere in una relazione stabile per qualche settimana
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hanji Zoe, Levi Ackerman, Un po' tutti
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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In caso qualcuno li vedesse, avevano camminato mano nella mano coprendo la distanza che li separava dal caffè che la madre di Hanji aveva segnalato dando loro indicazioni via messaggio di testo.
“È così bello qui” aveva detto Hanji senza fiato, guardandosi attentamente intorno con sguardo meravigliato.
“E anche un sacco rumoroso” aveva aggiunto Levi senza entusiasmo, rivolgendole uno sguardo interrogativo vedendola fermarsi in mezzo al marciapiede. La donna aveva frettolosamente tirato fuori il telefono, tenendolo davanti alla sua faccia.
“Facciamoci un selfie! Sorridi, brontolone!” aveva detto con un bel sorriso pieno, Levi aveva guardato l’obiettivo con sgomento mentre l’altra scattava la foto. Davvero un momento da conservare per sempre, aveva pensato seccamente.
“Cosa posso scrivere per didascalia?” si era chiesta ad alta voce ricominciando a camminare, lo sguardo incollato al display del telefono, evitando gli altri passanti facilmente nonostante non avesse mai alzato lo sguardo.
“Contemplando le mie scelte di vita” aveva suggerito Levi monocorde, cominciando a camminare al passo con Hanji, che l’aveva guardato divertita scuotendo appena la testa.
“Sembra che siamo arrivati!” aveva annunciato, guardando l’insegna con interesse. “Pronto, amore mio?” aveva detto a cuor leggero, aprendo la porta e cedendogli il passo.
Levi aveva visto Elizabeth seduta in mezzo ad altri tavoli, che li aspettava. Hanji lo aveva sorpassato, andando a salutare sua madre con un caldo sorrido e un gesto della mano mentre andava a sedersi davanti a lei. Levi le aveva fatto giusto un cenno con la testa, andando a sedersi accanto alla sua finta ragazza.
“Buongiorno mamma” aveva detto allegramente Hanji.
Levi stava notando che non si forzava mai impressionarla o di farle credere di essere quello che non era. Sembrava a suo agio nell’essere se stessa, almeno quasi sempre. Semplicemente non poteva sopportare di affrontarla da sola, ed ecco il perché della sua presenza lì, oltre che quello di evitare che sua madre le organizzasse appuntamenti.
“Buongiorno tesoro, e buongiorno anche a te, Levi. Mi sono presa la libertà di ordinare per voi, spero che non vi dispiaccia. Per te Han qualcosa di leggero perché mi sembri appena un po’ appesantita. E ovviamente un uomo non può cominciare la giornata senza una vera e propria colazione, giusto?” aveva detto con un’espressione allegra.
Hanji sembrava non aver fatto nemmeno caso alle sue parole, Levi aveva annuito mentre la guardava da vicino. Le parole taglienti della donna l’avevano decisamente innervosito, Hanji semmai era alta e magra come un giunco.
“Sembra perfetto” aveva commentato lei però, rivolgendogli un breve sguardo rassicurante.
“Come avete dormito ragazzi? L’hotel è bellissimo, vero?” aveva detto entusiasta. “Nick e io ci andavamo sempre.”
Hanji aveva represso dentro di lei un’espressione di disgusto a quelle parole noncuranti, non voleva proprio sapere certi dettagli della vita amorosa di sua madre.
“Sì, piuttosto bello. E incontra gli standard di pulizia di Levi, il che è già un miracolo di per sé” l’aveva preso appena un po’ in giro, ridendo appena dello sguardo irreprensibile che lui le aveva rivolto in risposta.
“Mi fa piacere! Che cosa avete in programma per la giornata?” aveva chiesto sua madre tanto per fare conversazione, bevendo un sorso del suo bicchiere d’acqua.
Hanji aveva guardato Levi, ma lui aveva semplicemente alzato le spalle.
“Non ne siamo sicuri” le aveva detto incerta quindi, cercando di cambiare discorso. “Cos’hai in programma tu?” le aveva domandato curiosa.
“La mia amica Carla, che si è recentemente trasferita qui, sta venendo per aiutarmi con un po’ di cose. Niente di troppo interessante, però” aveva detto gesticolando come a volersi lasciare l’argomento alle spalle. “Sai che domani ti porto a fare la prova dell’abito, giusto?”
Prima di riuscire a mascherarlo, Hanji aveva fatto un’espressione di terrore. “Lo so adesso” aveva detto mentre una cameriera poggiava i piatti con la loro colazione davanti a loro. Sua madre aveva detto un semplice merci prima di continuare a rivolgersi di nuovo a sua figlia e al suo ragazzo.
“Quindi, Levi, ho notato che sei terribilmente silenzioso. Perché non mi parli un po’ di te?” aveva chiesto Elizabeth gentilmente.
Hanji si era messa in bocca una bella forchettata di cibo, reprimendo lo scoppio di risa che le era venuto spontaneo.
“Beh, che cosa vuole sapere?” aveva chiesto Levi tranquillamente, appoggiandosi opportunamente il tovagliolo sulle ginocchia.
“Beh, dove sei cresciuto? Sei mai stato sposato prima, hai figli magari? Quali sono le tue feste preferite?” gli aveva gettato addosso domanda su domanda, con un piccolo sorriso ad incurvarle le labbra.
Dentro di sé Levi aveva pensato che fossero delle domande una più inutile dell’altra, sforzandosi di reprimere il senso di fastidio che gli procurava il dover condividere con una persona quasi del tutto estranea dei dettagli della sua vita privata.
“Sono cresciuto a New York, mi sono trasferito a Seattle quando sono stato abbastanza cresciuto per farlo. Mai sposato, e ovviamente niente figli” aveva detto, riuscendo facilmente a mascherare il suo disappunto.
Quando aveva fatto per parlare di nuovo Hanji l’aveva interrotto.
“Il suo periodo di festa preferito sono le pulizie di primavera*” aveva detto scherzando, ridendo da sola per la sua battuta. Inoltre gli aveva rubato velocemente una forchettata di cibo in un momento in cui sua madre non guardava.
“Ah! Ero così preoccupata che potessi essere recentemente divorziato e che potessi essere in una battaglia legale per l’affidamento di figli. Voglio dire, è raro per qualcuna dell’età di Hanji trovare un uomo che non sia già stato sposato” aveva sentenziato.
“Non poi così raro, mi sembra” aveva ribattuto la figlia di getto, guardando Levi con esasperazione.
“Beh, sono semplicemente contenta che mia…”
Un forte squillo del telefono l’aveva interrotta. Li aveva guardati come a scusarsi mentre rispondeva.
“Pronto?” aveva detto. “Oh, no, sei sicura di non avere nessun altro?” Aveva sospirato delusa, la sua espressione felice era cangiata improvvisamente in tristezza.
“Che succede mamma?” aveva chiesto Hanji, un po’ preoccupata per il repentino cambio di atteggiamento.
Elizabeth le aveva fatto segno con un dito di aspettare un attimo, poi si era tolta il telefono dall’orecchio tenendolo a pochi centimetri dal viso.
“Carla non può venire oggi, la sua baby sitter ha cancellato all’ultimo momento.”
Hanji aveva riflettuto per un momento, e Levi aveva capito esattamente in che riflessione si fosse persa, sicuro che non avrebbe fatto nemmeno in tempo a protestare prima che agisse di conseguenza.
“Beh, il bambino lo possiamo tenere d’occhio noi per qualche ora” aveva suggerito con calma. Levi le aveva rifilato un’occhiata glaciale, che lei aveva deciso di ignorare.
Sua madre si era immediatamente risollevata, un sorriso si era aperto sul suo volto. “Carla, mia figlia si è offerta di badare al bambino per qualche ora! Ti starebbe bene?”
La donna all’altro capo della linea doveva aver risposto affermativamente, a giudicare dal sorriso felice di sua madre.
Levi invece aveva continuato a guardare gelido Hanji per tutta la durata di quel pasto. Per fortuna sua madre non ci aveva fatto caso, o sarebbe stata una conversazione scomoda da sostenere.

-

Un’ora dopo erano arrivati a casa del bambino.
Sua madre, una donna di mezza età con capelli scuri e occhi gentili, si era affrettata ad uscire di casa, salutando i due con fare grato.
“Salve. Sono Carla Jaeger, voi dovete essere Hanji e Levi. Grazie mille per aver accettato di stare con mio figlio” aveva detto presentandosi.
Hanji aveva annuito, sorridendole con uno dei suoi sorrisi gentili. “Piacere di conoscerti! Sono contenta di farlo se questo significa che terrai mia madre occupata e felice!” aveva detto scherzosa. “Quindi, quanti anni ha e come si chiama?”
“Eren. Ha cinque anni, ma gli piace comportarsi come se ne avesse molti di più. Vi avverto, è piuttosto capriccioso, quando non sono con lui tende a fare le bizze. Starò via solo un’ora o due, lo prometto.”
La donna aveva sussultato quando la madre di Hanji aveva suonato il clacson, impaziente. Le aveva rivolto un sorriso come a scusarsi prima di avviarsi verso le scale di casa.
“Chiamatemi se vi serve qualcosa” aveva detto prima di salire sulla piccola auto.
Gli altri due erano rimasti a guadare scettici mentre si allontanavano.
“Non ci posso credere che mi hai trascinato a fare la guardia a un cazzo di marmocchio, quattrocchi” aveva detto guardandola di traverso e incrociando le braccia al petto.
Hanji aveva sospirato appena, in faccia aveva un’espressione sdegnosa.
“C’era da scegliere tra questo o sopportare l’isterico pianto di mia madre per tutto il giorno” aveva spiegato. “E comunque, sono certa che possiamo prenderci cura di un bambino per qualche ora, Levi” aveva aggiunto, cercando di convincere non solo il suo infastidito amico, ma anche se stessa.
“Sei appena in grado di badare a te stessa” aveva commentato lui, facendo per mettere una mano sulla maniglia della porta. L’aveva aperta senza pensare, per trovarsi davanti un bambino con grandi e penetranti occhi verdi dietro di essa, le sue mani ciondolavano sui suoi fianchi mentre fissava i due adulti.
Levi gli aveva rivolto uno sguardo indifferente.
“Non è educato ascoltare le conversazioni degli altri” gli aveva detto come fosse un fatto ovvio.
Hanji era entrata in casa, guardandosi intorno prima di inginocchiarsi davanti a Eren e rivolgergli un sorriso rassicurante.
“Ignoralo, ti prometto che è innocuo” aveva detto al bambino che aveva dato un’altra occhiata all’uomo prima di tornare su di lei. “Io mi chiamo Hanji, e lui è Levi. Staremo con te per un paio d’ore” gli aveva spiegato tranquilla, rimettendosi quindi in piedi.
“Ho fame” le aveva detto calmo, i suoi dubbi erano già spariti dal suo sguardo.
Hanji aveva esitato, guardando il suo amico come a chiedere aiuto. Cosa piace mangiare ai bambini? Si era chiesta. Le sue capacità come cuoca si fermavano alle uova strapazzate o alla pasta, e questo era quanto. Per lo più sopravviveva grazie al cibo d’asporto.
“…fammi vedere dov’è la tua cucina, allora!” aveva detto cercando di sembrare sicura di quello che faceva.
Levi aveva sorriso appena, non facendosi ingannare dalla sua messa in scena. Era curioso di sapere che si sarebbe inventata mentre entrambi seguivano quell’entusiasta ragazzino in quella cucina modesta.
“Che cosa pensi di preparargli Hanji?” le aveva chiesto sedendosi su uno sgabello con i gomiti appoggiati all’isola.
Hanji aveva rovistato senza idee nel frigo prima di tirare fuori un vasetto di marmellata e afferrare delle fette di pane dietro di lei.
Internamente Levi aveva un po’ riso alla sua scelta, sapendo che era piuttosto difficile sbagliare con un semplice panino alla marmellata, ma sapeva pure che considerata la sua incapacità culinaria, Hanji avrebbe potuto trovare un metodo per fare male persino quello.
“Ti va bene questo, Eren?” aveva chiesto al bambino, aspettando la sua approvazione. Una volta che aveva annuito entusiasta, Hanji aveva messo nel tostapane le fette, voltandosi a guardare i due ragazzi nel frattempo.
“Sei la figlia di Elizabeth? Mamma ha detto così” le aveva chiesto Eren inclinando appena la testa. Hanji aveva pensato che sua madre doveva avere davvero dei seri problemi a dirgli di no, quando la guardava così con quegli occhioni.
“Sì” aveva confermato annuendo. “Come conosci la mia mamma?” gli aveva chiesto, sorpresa che sua madre socializzasse anche in minima parte con dei bambini, o con persone che avevano bambini piccoli per dirla tutta.
Aveva sempre fatto presente ad Hanji quanto i bambini fossero un peso e un fastidio, specialmente da piccoli. Le persone dovrebbero uscire a vivere la loro vita invece che stare a casa a prendersi cura di un neonato, era così che di solito liquidava la questione. Hanji non aveva mai smesso di sentirsi a disagio a quei discorsi, non era colpa sua che fosse venuta al mondo, ma era sempre stata certa che il suo arrivo fosse stato una sorpresa inaspettata.
“Viene spesso qui” le aveva risposto Eren, con un sorriso furbetto. “Però è un po’ strana” aveva detto dopo averci pensato un pochino.
Hanji aveva riso a quell’affermazione, non poteva che essere d’accordo.
“Senti, signore…” Eren si era rivolto a Levi, il quale si era girato verso di lui controvoglia, non molto interessato a far parte di quella conversazione. “Tu e Hanji siete sposati?” aveva chiesto innocentemente, l’altra si era irrigidita mentre spalmava la marmellata sul pane.
Levi era stato in silenzio per un momento, incerto su cosa dire. Sapeva che se avesse detto che non c’era niente tra loro molto probabilmente il bambino l’avrebbe detto alla mamma, che a sua volta l’avrebbe detto a quella di Hanji.
“No, non lo siamo” aveva detto qualche secondo dopo. “Però lei è la mia ragazza” aveva aggiunto subito dopo, osservando il bambino mentre mugolava pensieroso.
Hanji aveva appoggiato il piatto col panino davanti a lui, poi si era seduta dall’altra parte dell’isola. “Quindi siete innamorati?” aveva chiesto sereno.
“Sì, siamo innamorati.”
Hanji si era sentita un po’ in colpa nel mentire a un innocente ragazzino, ma aveva continuato comunque. Stava realizzando cupamente che stava trascinando tutti nelle sue macchinazioni. Levi, Eren, Carla, Nick, sua madre (ma di questo non le importava molto dato che era lei la ragione per cui era costretta a farlo).
“Allora perché litigavate fuori?”
Levi e Hanji erano rimasti di sasso, sorpresi che fosse riuscito a capire così tanto della loro conversazione.
“Le coppie tra loro litigano in continuazione” aveva risposto Levi, cercando di cavarne le gambe.
“Solo perché abbiamo un piccolo disaccordo non vuol dire che non ci amiamo più” aveva aggiunto Hanji.
Eren aveva aggrottato le ciglia alle sue parole. “Sì, ma voi non sembrate una coppia. Non vi tenete per mano, non vi sedete vicini” aveva osservato, intuitivo.
Levi si era alzato dal suo posto, infastidito si era messo seduto vicino ad Hanji per provargli che quello che dicevano fosse vero.
“Adesso sei contento?” gli aveva detto alzando un sopracciglio e andando ad afferrare la mano di Hanji, appoggiandosi le loro mani l’una nell’altra sul grembo.
“Dovresti baciarla adesso! È così che i miei genitori fanno pace” aveva suggerito Eren allegro, masticando un pezzetto del suo panino.
Lo stomaco di Hanji si era chiuso appena all’idea di baciare l’altro per la prima volta. Lo aveva guardato negli occhi per vedere se ci fosse anche solo un’idea di disagio o disgusto, ma non aveva visto niente di tutto questo. Solo un po’ di irritazione, ma presumeva che fosse per via del fatto che Eren li stava forzando in quella situazione.
Gli aveva stretto la mano, aspettando la sua risposta. Levi pochi secondi dopo gliel’aveva stretta a sua volta. Si era sporta verso di lui velocemente, per togliersi il pensiero, certa che dopo la prima volta le altre sarebbero state più semplici.
Aveva percepito il suo respiro infrangersi sulle sue guance arrossate prima si sentire le sue labbra premere dolcemente contro quelle di Levi, aveva chiuso gli occhi quasi del tutto. Le sue guance erano diventate sempre più calde mentre sentiva salire il desiderio di ripetere quel gesto, una volta che si erano scostati l’uno dall’altra. Si era sforzata di allontanarsi, non volendo cedere a quella situazione.
Levi aveva nascoso qualsiasi emozione dovesse aver provato così velocemente che Hanji non aveva fatto in tempo a decifrarla, mettendosi sul viso un’espressione neutra prima di girarsi verso Eren.
“Visto, adesso siamo riappacificati.”
La sensazione delle sue labbra era rimasta ostinatamente su quelle di Hanji. Aveva deglutito, si era rimessa dritta sulla sua seduta nel tentativo di ricomporsi.
“Siete carini insieme voi due” aveva commentato Eren contento.
“Grazie” aveva risposto Hanji, facendogli un piccolo sorriso e guardandolo mentre continuava a mangiare.
Erano rimasti seduti in silenzio dopo, nessuno si era disturbato a dire niente a meno che non fosse Eren a fare delle domande. Sino a quel momento quel piccoletto si era dimostrato un ostacolo persino maggiore della madre di Hanji.
Presto si erano spostati nel soggiorno, Eren aveva insistito per vedere il miglior film di sempre, che era quello dei Minions. Hanji si era appoggiata contro Levi in preda alla noia, mentre lui inveiva a bassa voce contro quegli affarini gialli e le loro vocette irritanti.
“Ma come fa a guardare ‘sta roba?” aveva chiesto Hanji a bassa voce, con la testa appoggiata comodamente contro la spalla di Levi. Dovevano mantenere bene le apparenze davanti a Eren, o sapevano che avrebbe cominciato a tempestarli di domande.
“Forse è per questo che è sempre così arrabbiato” aveva mormorato l’altro in risposta, tamburellandosi distrattamente le dita su una coscia. Hanji aveva riso brevemente, scuotendo leggermente la testa in sua direzione.
“È un male che sono in Francia ma l’unica cosa che voglio fare è andare a dormire?” aveva chiesto Hanji facendo un piccolo sbadiglio.
“È perché siamo costretti in casa di estranei a guardare ‘sta merda di film” le aveva risposto Levi scavallando le gambe e girandosi per prestarle attenzione.
“Devo andare a comprare un vestito domani!” aveva piagnucolato Hanji, sprofondando ancora di più la faccia contro la sua spalla. “Non ci voglio andare.”
Levi le aveva dato una schicchera con l’indice sulla fronte, la risposta dell’altra era stata di piagnucolare ancora più forte. Eren era troppo concentrato sul film d’animazione per notare quello scambio così infantile.
“Mi manderà sull’orlo della pazzia, e tu non sarai nemmeno lì a sostenermi” aveva detto Hanji sospirando, chiudendo gli occhi e pensando all’incubo che sarebbe stato per lei al negozio di abiti.
“Non fare la poppante, quattrocchi. Se ti infastidisce così tanto dillo.”
Levi aveva roteato gli occhi, le aveva dato una tiratina alla coda, sovrappensiero. Non era sicuro di quand’era che avevano cominciato a essere così casualmente fisici tra loro, se doveva essere onesto. Si toccavano costantemente, quando non erano le loro mani a stringersi erano gesti scherzosi, oppure era Hanji ad accoccolarsi contro di lui come stava facendo in quel momento.
Entrare in quella parte era sembrato persino troppo ordinario, quasi una seconda natura per entrambi, addirittura quel piccolo bacio che si erano scambiati prima non era sembrato inopportuno o strano in nessun modo.
“Non sei stato cresciuto da lei, non hai idea di come sia davvero. Hai avuto solo un piccolo assaggio.”
“E spero fortemente che così rimanga” aveva replicato Levi.
La loro conversazione sottovoce era terminata al rumore di passi che arrivava alle loro spalle, entrambi si erano voltati di scatto.
Carla ed Elizabeth erano entrate dalla porta, tutte un sorrisetto e una risatina dietro l’altra.
“Ma guardali, che carini” aveva commentato Elizabeth scherzosamente.
Facendo attenzione Levi aveva liberato la sua mano dalla coda di Hanji mentre lei si alzava per andare a salutare sua madre.
“Vedo che vi ha costretti a vedere il film dei Minions, eh? Mi dispiace” Carla si era scusata con una piccola risata.
Hanji le aveva dato ad intendere con un piccolo gesto della mano che non ce n’era bisogno. “È stato così bravo, praticamente non si e mai sentito, è stato buono per tutto il tempo che abbiamo passato insieme” aveva parzialmente mentito senza troppo sforzo, rimanendo in piedi. Aveva pensato per un veloce attimo che le mancava il calore della vicinanza del corpo di Levi.
Carla era sembrata sorpresa a quelle parole, la sua espressione l’aveva tradita. “Wow, dovete avere il tocco magico voi due. Io riesco a stento a farlo stare seduto per dieci minuti, figurarsi per due ore.”
Eren finalmente aveva realizzato che sua madre era a casa, così era saltato sul divano e poi dritto tra le braccia aperte della donna.
Levi era rimasto in piedi accanto ad Hanji mentre si congedavano da Eren e sua mamma.
“Mi dispiace di avervi rovinato la giornata, probabilmente avevate entrambi dei piani per una bella giornata di romantici giri turistici” si era scusata non molto sinceramente Elizabeth quando erano stati a qualche passo dalla casa.
Hanji sapeva benissimo che in verità non le dispiaceva nemmeno un po’, ma non è che loro due avessero avuto davvero dei piani. Sua madre veniva sempre al primo posto nella sua vita, le opinioni e i bisogni degli altri erano sempre messi in secondo piano in confronto ai suoi.
“Non fa niente, abbiamo comunque altre due settimane per fare quello che vogliamo.”
“E in ogni caso sembra che pioverà presto” aveva osservato Levi mentre scrutava il cielo nuvoloso.
“Beh, adesso vi accompagnerò ovunque vogliate andare” si era offerta educatamente scuotendo le chiavi che teneva in mano mentre apriva la porta della sua auto.
“Nei pressi del nostro hotel, qual è un buon ristorante?” aveva chiesto Hanji mentre si sedeva sul sedile posteriore, Levi l’aveva seguita.
“Conosco il posto adatto!” aveva risposto l’altra cominciando a guidare, pestando l’acceleratore con decisione. Hanji aveva sussultato a questo gesto spericolato, aveva preso la curva così stretta che si era ritrovata praticamente in braccio a Levi.
Si meritava decisamente il miglior pasto potesse ordinare, anche sapendo cosa la aspettava il giorno dopo. E anche una bevuta o due, magari persino tre…






*Hanji nella versione originale qui diceva spring cleaning, ovviamente un gioco di parole sulla festa primaverile che fanno negli Stati Uniti, la spring break.

   
 
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