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Autore: TwistedDreamer    28/06/2017    0 recensioni
«Cioè, fammi riassumere un attimo la situazione. Il famoso "punto" della questione è che Brian voleva solo scopare e tu ti sei innamorato?»
«Dom, perché nei tuoi riassunti io sembro sempre la ragazzina sedotta e abbandonata?»
«Perché lo sei, Matt!!! Sei una fottuta ragazzina! Come ti salta in mente di innamorarti di Brian Molko? Dopo che lui ti ha chiaramente intimato di non farlo, per di più!»
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Muse, Placebo | Coppie: Brian.M/Matthew.B
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 7

25 aprile
Cody gli aprì la porta senza la solita aria vivace che lo accompagnava sempre, ma gli fece comunque un debole sorriso.
«Ciao Matt.»
«Ciao Cody!» gli rispose, «C’è papà?»
«Sì, è in cucina a parlare con mamma.» gli disse piano, facendolo entrare.
Matt si guardò intorno circospetto. La porta della cucina era chiusa e da dentro arrivavano delle voci sommesse, ma lui non riusciva ad afferrare una parola. L’istinto gli diceva che sarebbe stato meglio aspettare con Cody, intrattenere il bambino che a quanto pareva si sentiva un po’ escluso, e stare in disparte finché Brian non si fosse liberato, ma era oltremodo curioso di conoscere la madre di Cody. L’ex di Brian.
E voleva farsi vedere da lei, anche. Far sapere a qualcuno di lui e Brian. A qualcuno di importante, soprattutto.
«Vieni, Cody, andiamo a dirgli che sono arrivato e poi possiamo andare ad aspettarlo in camera tua.»
«Io devo andare via con mamma… però va bene.» acconsentì il bimbo.
Certo, pensò Matt, Brian non avrebbe preso accordi con lui se avesse avuto Cody in casa, ovviamente.
Bussò piano alla porta della cucina e l’aprì un poco senza aspettare di avere il permesso.
Brian era seduto davanti a una donna minuta e bellissima. Capelli scuri, una pelle così liscia da non farne indovinare l’età e due occhi a mandorla che lo guardarono prima incuriositi e poi, quando l’ebbero riconosciuto, sorpresi. Brian guardò verso la porta e lo fissò con un’espressione che Matt non riuscì a decifrare. Nei suoi occhi poteva percepire qualcosa di profondo e… oscuro. Non era il solito Brian rilassato e padrone di sé. Si sentì immediatamente un intruso e in imbarazzo, ma non poteva continuare a stare lì senza dire niente, quindi esordì con un impacciato: «Ehm… buonasera. Brian, volevo dirti che sono qui, ti aspetto di là con Cody.»
Brian sembrò ritrovare il controllo.
«Sì… sì, va bene. Arrivo tra poco. Matt, ti presento Helena, la madre di Cody.»
Helena si alzò elegantemente e andò a stringergli la mano, sorridendo.
«E io che pensavo che vi odiaste…» fu la prima cosa che disse.
Matt ridacchiò.
«Era lui a odiare me.» poi assunse un’aria cospiratrice e sussurrò: «In realtà era solo invidioso del mio incommensurabile talento.»
«Ah-ah» mimò Brian, «Bellamy, non fai ridere nessuno. Aspettami nello studio, ti raggiungo.»
Matt rivolse un sorriso a entrambi e si ritrasse, chiudendo la porta e dirigendosi verso lo studio con Cody.
L’arredamento di quella stanza era qualcosa che Matt aveva sempre trovato pesante: mobili in legno massello scuro e antico - una scrivania enorme e una libreria che ricopriva interamente due pareti - e poi tappeti persiani a ricoprire tutto il pavimento. Al centro della stanza troneggiavano un divano e due poltrone di velluto rosso, dall’intelaiatura sempre in legno scuro e completavano l’arredamento un antico pianoforte a muro e almeno una decina di chitarre diverse sparse per la stanza. Dietro la scrivania si spalancava un’enorme vetrata che dava sulla città e che celava una vista mozzafiato dietro spesse tende rosso scuro.
Pesante, opprimente. Matt si chiedeva come si potesse comporre musica in un luogo del genere, ma a quanto pareva Brian ci riusciva, e anche piuttosto bene.
Si sedettero entrambi sul divano e si lanciarono in una lunga conversazione su Angus, che la settimana prima aveva dovuto fare gli ultimi vaccini e che poi aveva avuto un po’ di otite, ma che nel complesso stava imparando un sacco di cose. Cody, qualche mese prima, si era documentato scrupolosamente sui metodi migliori per addestrare i cuccioli e ci aveva dato dentro tre pomeriggi alla settimana, in modo da creare una routine col cane. Erano ancora immersi nel discorso, quando Brian ed Helena entrarono nello studio.
«Allora, Cody, andiamo? Saluta papà.» disse la donna.
Il bambino si alzò, diede un bacio al padre e andò a prendere il suo zaino, prima di seguire la madre nell’ingresso. Brian li accompagnò alla porta, seguito a poca distanza da Matt.
Helena si girò verso di loro, lo zaino di Cody su una spalla e una mano sulla maniglia.
«Allora, piacere di averti conosciuto, Matt. Spero che la prossima volta avremo il tempo di fare due chiacchiere.» disse, inchiodando Brian con lo sguardo.
Matthew sorrise automaticamente e la salutò, chiedendosi perplesso cosa Brian le avesse detto di loro due, poi si fece più avanti per dare il cinque a Cody e in men che non si dica si ritrovò solo col padrone di casa.
Il suddetto padrone di casa si girò verso di lui con un’espressione rapace che lo inchiodò sul posto, facendogli sentire le gambe stranamente pesanti e un fiotto di sangue dirigersi a tutta velocità verso il basso ventre. Brian fece due passi e gli fu addosso. La bocca sulla sua, le mani dappertutto, lo spinse violentemente verso la camera da letto e cominciò a spogliarlo con movimenti febbrili, senza mai smettere di baciarlo. Con un micro brandello di lucidità, Matt si accorse che nei modi di Brian c’era qualcosa di strano, ma accantonò il pensiero, perché la sua attenzione fu catturata dalle dita esigenti che lo stringevano, lo accarezzavano, lo esploravano. Decise che per qualche minuto – o qualche ora – avrebbe anche potuto smettere di pensare.

***

Brian passeggia accanto a Stefan per le viuzze dell’anonimo paesino francese dove alloggia, poco lontano dalla venue del festival Les Vieilles Charrues. Inala il profumo del sole e guarda Cody ed Helena, fermi davanti alla vetrina di una pâtisserie, indicare tutti i dolcetti che hanno intenzione di mangiare. Sorride guardandoli e per qualche momento si culla nella falsa idea che loro tre siano ancora una famiglia nel vero senso del termine, e che non ci sia una voragine di vuoto che si spalancherà di fronte a lui di lì a qualche ora. Perché, sì, ha accettato il fatto che prima o poi dovrà interagire con Matt – non foss’altro che alla fine dell’estate si ritroveranno a vivere di nuovo nello stesso condominio – ed è certo che, se non dovesse incrociarlo casualmente al festival, ci penserà Helena a metterci uno zampino.
Vede la donna e il bambino tornare verso di loro con espressione raggiante e due buste piene zeppe di dolciumi e dà una gomitata a Stefan quando questi lo avverte che assumere troppe calorie alla sua età potrebbe diventare nocivo per la loro immagine di rockstar.
«… già sei “quello basso” della band, non vorrai anche diventare “quello grasso”.»
«Stef, tesoro, tu sì che sai come adulare una ragazza.»
«Papà!» strilla Cody non appena si trova abbastanza vicino, «Abbiamo comprato un sacco di cose buonissime!»
«Spero vi siate ricordati di comprare qualcosa anche per me…» ironizza Brian.
«Sì, guarda!» risponde serio il bambino, aprendo una busta e uno dei sacchetti al suo interno e rivelando macarons di tutti i colori. Brian tira fuori un sorriso felino e allunga una mano per afferrarne uno, ma Cody allontana la busta per metterla fuori dalla sua portata, ridendo.
«Mamma dice che possiamo assaggiarli solo dopo pranzo, altrimenti poi non mangiamo. E dice che vale anche per te.»
Il sorriso di Brian si trasforma in un broncio.
«E allora torniamo in fretta in hotel a pranzare!» esclama, facendo dietrofront e incamminandosi.
«Ma papà!» esclama Cody, ridendo di gusto e correndo per stargli dietro, «Sono ancora le undici!»
Stefan, dietro di loro, sospira e si stropiccia gli occhi tra pollice e indice.

*
 
Rientrati in hotel, Brian decide di fare una doccia nell’attesa che arrivi l’ora di pranzo, anche per lavar via tutto il caldo appiccicoso che gli si è incollato addosso durante la mattina. Cody ed Helena sono tornati nella loro stanza, al piano subito sotto il suo, ed hanno appuntamento con gli altri all’una al ristorante dell’albergo – dalla loro esplorazione mattutina non hanno trovato alcun ristorante che promettesse meglio di quello dell’hotel e comunque fa davvero troppo caldo per uscire di nuovo a quell’ora.
L’acqua fresca della doccia gli scivola addosso facendolo sospirare di sollievo. La giornata gli sta sembrando lentissima, ogni minuto che lo separa dall’incognita che sarà quella serata gli pare un’eternità.
I Muse suoneranno subito dopo di loro, sullo stesso palco, per chiudere la serata. Se la consapevolezza che incrocerà Matt nel backstage, anche solo per sbaglio, non assorbisse tutte le sue preoccupazioni, è certo che riuscirebbe ad essere estremamente scocciato dal dover fare da apripista a quei mocciosetti.
Finita la doccia, si veste velocemente e scende nella hall. Stefan è seduto su un divanetto e legge Le Monde con un’espressione così concentrata che a malapena registra la sua presenza quando gli si siede vicino.
«Stef?»
«Mmh?»
«Che leggi?»
«Politica estera.» gli risponde distratto.
«Che succede nel mondo reale?»
«Mah, niente di rilevante.» mette via il giornale, rassegnato al fatto che Brian non gli permetterà di finire il suo articolo.
«Helena e Cody?»
«Non sono ancora scesi.»
Brian tira fuori la sigaretta elettronica e dà una lunga boccata. Stefan siede rigido accanto a lui, come quando vuole dirgli qualcosa e non sa da dove cominciare. Brian sa esattamente qual è l’oggetto dell’argomento che vuole tirare fuori e sbuffa rumorosamente al solo pensiero del suo migliore amico e della sua ex che spettegolano come comari alle sue spalle.
«Insomma, che c’è?» gli chiede infine, esasperato.
«Niente, niente.» fa retromarcia quello.
Nel frattempo, la porta dell’ascensore si apre e, vedendo Cody uscirne, Brian decide che non incoraggerà Stefan a fargli la predica, il discorsetto di incoraggiamento o qualunque cosa abbia in serbo per lui.
Il bambino gli corre incontro raggiante, gridando: «Pààà! Non indovinerai mai chi abbiamo incontrato!»
Un brivido gelato gli corre lungo la schiena. Solleva gli occhi a incrociare quelli di Helena, che lo guarda con aria imbarazzata. Intuisce che avrebbe voluto dirglielo lei, magari con un po’ più di tatto e soprattutto in un momento in cui la sua reazione avrebbe potuto essere più spontanea del sorriso falso che tira fuori ad esclusivo beneficio di suo figlio, mentre gli chiede con cortese curiosità: «Chi?»
«Matt e Angus!!!»  esclama quello, aggiungendo subito dopo: «Stanno proprio nella camera accanto alla nostra!»
Brian non riesce a trovare niente di meglio da dire che un: «Pensa che coincidenza!»

*
 
Il pranzo era stato un susseguirsi di portate che Brian aveva piluccato senza appetito mentre Cody gli raccontava entusiasta che Matt l’aveva fatto entrare in camera per giocare con Angus. Si era chiesto distrattamente se gli hotel di lusso ammettessero animali al loro interno, ma era certo che Matt aveva saputo essere piuttosto persuasivo. Ora il pranzo era finito e lui si era rintanato in camera con la scusa di voler dormire un po’ prima del concerto, solo che fissava il soffitto da più di venti minuti senza riuscire a chiudere occhio. Il vibrare del cellulare lo riscuote: Helena gli chiede se è sveglio e se Cody può passare a prendere l’iPad che ha lasciato nella sua valigia. Risponde laconicamente con un “sì” e cinque minuti dopo sente un lieve bussare alla sua porta. Si alza per aprire a suo figlio e gli cade lo sguardo sulla coppetta di fragole che la direzione dell’hotel gli ha fatto trovare in camera come benvenuto. Scuote la testa, sperando, con quel movimento, di cacciar via anche i pensieri molesti, e va alla porta.
Cody entra spedito e va a prendere il tablet dalla valigia.
«Pà, visto che vuoi dormire, i macarons li mangi più tardi?»
«Sì, grazie. Che programmi avete tu e la mamma ora?»
«Lei voleva riposare, io guardo un film.»
«Va bene, ci vediamo dopo.» lo saluta, guardandolo uscire e chiudere la porta dietro di sé.
Brian sospira e si lascia cadere di nuovo sul letto, quando sente bussare di nuovo.
Sorride tra sé e sé e va ad aprire pensando: “Cosa avrà dimenticato, stavolta?”.
Appena apre la porta, il sorriso gli muore sulle labbra: davanti a lui, in una posa distaccata che vuole celare l’imbarazzo, c’è Dominic Howard, il batterista dei Muse.
***
 
Matt tirò un sospiro e riemerse a stento da uno stato di sonno profondo. La prima cosa che percepì, con gli occhi ancora chiusi, fu il vuoto accanto a sé, una sensazione di assenza. Socchiuse le palpebre e individuò la sagoma di Brian davanti alla finestra. Indossava solo un paio di boxer – neri, come sempre – e gli dava le spalle. Stava fumando una sigaretta, perso nella vista mozzafiato della città che si dipanava di fronte a lui e apparentemente assorto in chissà quali pensieri.
Lentamente, badando a non far troppo rumore per non disturbarlo, ma a farne abbastanza per fargli capire che era sveglio, si districò dal groviglio di lenzuola, coperte e cuscini in cui era avvolto e si alzò; mosse qualche passo incerto verso Brian e gli si avvicinò più che poté, confondendo il calore dei loro corpi, ma senza sfiorarlo neanche per sbaglio. Lui non si mosse, né fece qualcosa che indicasse che avesse notato presenza alle sue spalle, ma continuò a fumare e a guardare fuori.
Non si toccavano mai, se non quando facevano sesso, e anche se avevano cominciato a dormire insieme a volte, lo facevano a debita distanza, eppure Matt sentiva il peso delle braccia inermi che avrebbero tanto voluto sollevarsi ad abbracciarlo. Lo trattenne per qualche minuto il pensiero di una probabile reazione scostante di Brian, ma quella sera c’era qualcosa che non andava e Matt non riusciva a scrollarsi di dosso questa sensazione. Brian era come un cucciolo, pensò, bisognava approcciarglisi con cautela.
Chinò leggermente la testa, infilando il naso tra i suoi capelli e inalò il suo odore, che sapeva di fumo e cosmetici costosi; lui non reagì. Con un piccolo passo in avanti, quindi, colmò la distanza fra loro, decidendosi infine a passargli le braccia intorno alla vita. Sentì il corpo di Brian irrigidirsi impercettibilmente, ma non si vide scostare e la considerò già una vittoria. Rimasero così, naso contro nuca, schiena contro petto, gambe intrecciate, per un lasso di tempo sufficiente a che Brian tornasse a rilassarsi. Quando si sporse in avanti per spegnere la sigaretta nel posacenere sul davanzale e scelse di fare di nuovo un passo indietro per tornare tra le sue braccia, Matt si sentì abbastanza tranquillo da sussurrargli: «Non mi vuoi dire che è successo?»
Brian non si mosse, né diede segno di aver registrato la domanda; restarono semplicemente così, abbracciati, in silenzio, a guardare le luci della città sotto di loro finché, dopo un lasso di minuti indefinito, Brian disse con un filo di voce: «Helena e Ben stanno pensando di andare a vivere insieme.»
Matt ebbe un tuffo al cuore. Non aveva idea di chi fosse Ben, ma immaginò che fosse il nuovo compagno dell’ex di Brian. Riuscì a imbrigliare il caos di emozioni che gli si era scatenato dentro e a chiedergli: «E tu sei geloso?»
«No…» rispose con tono pensoso, sciogliendo inconsapevolmente il nodo dentro Matt, «Ho accettato da tempo il fatto che per me ed Helena non ci sarà mai un’altra possibilità. Abbiamo trovato il nostro equilibrio e stiamo bene così.»
«E allora cosa c’è?»
«Cody.»
«Ah.» Matt capì all’improvviso. Cody avrebbe avuto un altro uomo in casa, che non sarebbe stato suo padre, ma che sicuramente, dal punto di vista di Brian, gli si sarebbe avvicinato fin troppo. Era una cosa che aveva sperimentato in prima persona, quando viveva con Kate. Kate che aveva un altro figlio, oltre a Bing, che lui aveva trattato come se fosse il suo, per non creare disparità tra fratelli e per non perdere il calore della famiglia che avevano costruito. Non gli mancava Kate, la loro storia era finita, ma quando ripensava alle cose belle che aveva perso sentiva una fitta al cuore. E poteva capire come si sentisse Brian, perché al solo pensiero di essere sostituito da un uomo senza volto nel suo ruolo genitoriale si sentiva sprofondare in un abisso senza uscita. Non riuscì a trovare parole di conforto da offrirgli, in quel momento, non credeva che ci fosse qualcosa che avrebbe potuto dirgli e che lo avrebbe mai fatto sentire meglio, per cui lo strinse di più, affondò la testa nell’incavo del suo collo e gli diede un bacio leggero, restando così, davanti alla finestra e alle luci della città, testa contro spalla, schiena contro petto, gambe intrecciate.
Il giorno successivo prenotò un volo per Los Angeles.

 
***
 
Dominic Howard si aggira per la sua camera in vistoso imbarazzo, osservando gli arredi qua e là.
«Questa stanza è più grande della mia.» osserva con una vena di disappunto, «Dovrò farlo presente agli organizzatori del festival.»
Brian non sa cosa rispondere, le chiacchiere vuote con un semisconosciuto non sono proprio il suo forte e quindi resta in silenzio, aspettando che l’altro si decida a tirar fuori il motivo che l’ha spinto a cercarlo.
«Allora… ehm…» Dom si gira per fronteggiarlo, grattandosi la nuca, «Matt mi ha raccontato un po’ quello che è successo.»
Affatto sorpreso da quello che sente, Brian si siede su letto e accavalla le gambe, fissando il suo interlocutore.
«E… ?»
«Ascolta, Brian,» sospira quello, «io non vorrei assolutamente entrare in questa storia, però da quando vi siete… lasciati» ad un minimo accenno di Brian di interromperlo per correggere questa scelta di termini che lui trova infelice, agita una mano e aggiunge velocemente «o comunque da quando tu sei sparito, Matt mi sembra una ragazzina adolescente alle prese con il suo primo amore non corrisposto.» sbuffa una risata che non raggiunge gli occhi, poi prosegue «È diventato insopportabile, mi sembra di essere tornati al liceo e non è una cosa che accetto di buon grado. Ti prego, parlagli. Risolvete qualunque cosa sia successa, nel bene o nel male. Quest’assenza di comunicazione lo sta facendo diventare pazzo e non gli permette di rassegnarsi, quindi se non vuoi avere più niente a che fare con lui, per favore, diglielo chiaro e tondo, magari spiegandogli il perché, così che tutti possiamo andare avanti con le nostre vite, specialmente io!»
Brian tace. È esattamente quello che ha detto Helena, è talmente preoccupato di quello che possono fargli gli altri da non rendersi conto del male che infligge. L’immagine di Matt che Dominic gli sta descrivendo non corrisponde a quella nella sua testa, ma crede di potersi fidare della persona che, a quanto gli risulta, lo conosce meglio di chiunque altro. Avverte una punta di fastidio, da qualche parte nel suo stomaco, che accantona in fretta, ancora prima di capire a cosa sia dovuta. Non sa cosa rispondere al batterista che gli sta di fronte, e lui sceglie di rendergli le cose più semplici, proseguendo nel suo monologo e congedandosi: «Ecco, beh, era tutto quello che ti volevo dire. Matt non sa della mia presenza qui e ti sarei grato se non gliela rivelassi.» si avvia verso la porta, «A dopo, Brian.»



Note finali:
[Assolutamente inutili, ma ogni tanto mi piace comunicare col "pubblico" (ovvero quelle poche decine di persone che ancora frequentano EFP XD)]
Questo capitolo contiene la mia scena preferita di tutta la storia. A parte quella, purtroppo lo ritengo un noiosissimo capitolo di passaggio... beh, capitano! Spero che non vi abbia fatto annoiare troppo! See yaaa
 
  
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