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Autore: Bruna_mars    28/06/2017    2 recensioni
Possibile che per uno stupido canestro uno sconosciuto debba necessariamente baciarmi?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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UN BACIO CHE SA DI TE
 
 
Mi guardo attorno. Non so bene cosa io faccia qui, in mezzo ad un parco, al lato di un campo di basket dove ragazzi violenti ed assolutamente fuori dalla mia portata si aggrediscono l’un l’altro senza un attimo di sosta. La mia amica Maya mi ha trascinato qui senza neanche spiegarmi il motivo, ma il mio sesto senso, nonché intuito da migliore amica, mi ha fatto capire che, molto probabilmente, si tratta del biondino che sta cercando di attirare la nostra attenzione da quando siamo arrivate.
Maya sembra morirgli dietro e scoppia a ridere per la minima cosa, mentre io cerco di dare il minor numero di notizie possibili sulla mia vita. Non ho proprio voglia di stare qui, ma so che Maya non mi lascerebbe tornare a casa da sola a quest’ora e, in particolare, dovendo attraversare una zona così malfamata.
Qui i ragazzi hanno tutti quanti gli stessi vestiti. I maschi indossano dei pantaloncini di jeans rovinato e magliette logore; sopra, una specie di tutina per dividere i giovani in due squadre. La partita non è iniziata, altrimenti Mister Muscolo Biondo se ne sarebbe già andato. Invece è qui, a fare mille domande. Mi chiedo come Maya possa aver conosciuto un genio tale. Poi, mi do subito la risposta. Quando guardo verso il fondo della piccola stradina fatta di bianchi ciottoli, vedo apparire suo fratello. Capelli rossicci, simili a quelli della mia amica, occhi scuri ed un fisico da paura. Appena mi nota, sento di aver fatto male a fissarlo. Si sta avvicinando.
Vorrei tanto avvertire la mia amica, ma non mi ascolta proprio. Per fortuna, suo fratello Mick si ferma a parlare con qualche ragazza. Qui, tutte sono vestite da Bronx, con pantaloni a vita bassa, tute e capelli legati in code alte. Sembrano trovarsi completamente a loro agio qui, mentre io sembro un pesce fuor d’acqua. Indosso un vestito color azzurro che mi ha comprato papà dopo il suo viaggio a Capri ed un paio di ballerine un po’ rovinate che mi rifiuto di buttare da ormai due anni. Sono troppo sentimentale.
Ogni tanto sento lo sguardo di qualcuno su di me, ma mi sembra normale. Anche Maya attira l’attenzione, visto che indossa lunghi jeans che le fasciano perfettamente le gambe ed in glutei ed una canottiera che però la avvicina molto allo stile delle ragazze di questo quartiere.
“Maya..” sussurro.
Non mi ascolta. Anzi, attiro inaspettatamente l’attenzione del suo amichetto, che mi chiede: “E tu che scuola fai?”
“Classico.” Sussurro, un po’ in imbarazzo. Non per dire nulla, ma questi qua sembrano usciti da un professionale al secondo anno. Lui mi guarda quasi sconvolto. Vorrei dirgli Ehi bro, ti capisco, neanche io so cosa faccio qui ma cerco di trattenermi.
“Wowo, abbiamo un’intellettuale, qui!”
Si guarda intorno, cercando l’approvazione di qualcuno. Alcuni ridacchiano. Maya interviene: “Beh, si. Le piace studiare.”
Maya, penso che tu stia esagerando.
“In realtà..” In realtà, ho la media del sette e mezzo, il che non è proprio una media da secchione, ma nessuno sembra sentirmi.
“Come mai vi conoscete?” Chiede un ragazzo, indicando me e Maya.
“Andavamo alle elementari insieme.” Risponde pronta Maya, mentre io cerco di allontanare subito lo sguardo. Ora sì che Mick si sta avvicinando. Gli rivolgo un flebile sorriso, come a dirgli Salvami da questa scapestrata di tua sorella e mi capisce al volo.
“Bella a tutti. Ciao Pau.” Mi dice, sorridendomi. Ricambio appena, ma lui non sembra migliorare la situazione. Tutti si trovano a loro agio, tutti sono contenti e spensierati. Insieme a lui, si accostano altri individui, il che mi porta a scostarmi un po’. Mi guardo attorno. Dietro agli alberi ci sono coppiette che pomiciano come se non ci fosse un domani, mentre in campo qualche ragazzo cerca di attirare l’attenzione delle pollastrelle libere. In mezzo alla massa, noto un ragazzo alto, dalla pelle olivastra e dagli occhi scuri. Ha ciocche nere che arrivano fino alle spalle ed un modo di fare che mi sembra proprio di un principe. Ha un pallone in mano e detiene il potere del campo, mentre decine di ragazze gli si accostano per parlargli. In realtà, sembra una celebrità che cerca di tenere a bada le sue migliaia di fans. L’aria leggera delle sette della sera si scosta qualche ciocca di capelli e la porta sulla sua fronte, imperlata di sudore, e questo lo rende ancora più carino. Forse mi sono messa a fissarlo, forse sembro una pazza, ma dopo qualche secondo, noto che il suo sguardo si sposta di qualche centimetro, fino ad arrivare a… me. Mi sta guardando. E probabilmente ha notato che lo sto scrutando come se dovessi rapirlo e portarlo in Messico con me.
Quando i suoi occhi incontrano i miei, riesco a vedere per qualche microsecondo la luce che le sue iridi emanano, quelle stesse iridi che si confondono con la pupilla, per quanto sono scure. Poi distolgo lo sguardo. Sono stata troppo audace e senza pudore. Mi riavvicino a Maya, ma ormai è del tutto immersa nella conversazione con i suoi amici del professionale.
“Ehi, come hai detto che ti chiami?” Mi domanda una ragazza. Indossa un top color fuxia acceso che le scopre la pancia ed un paio di pantaloni di tuta neri che coprono interamente le gambe. Ma non ha caldo?
La pancia rivela il bellissimo piercing all’ombelico che le invidio da morire. Ma quanti anni avrà? Sedici? Mia madre a sedici mi avrebbe rinchiuso in una torre, se avessi fatto una cosa simile.
“Non l’ho detto.” Rispondo, confusa.
Lei ridacchia. Mi trova anche simpatica. “Beh, io sono Moka.”
Sembra un nome da caffè. Ma taccio.
“Io Paula.” Le stringo la mano.
“Paula? Di dove sei?” Mi chiede, un po’ stranita. Lei ha la pelle color cadavere morto da quattro giorni, grandi occhiaie sotto gli occhi e lunghissimi capelli color castano scuro che le arrivano al sedere, se non più in giù.
Spiego: “Mamma è argentina.”
“E che ci fa qui?”
“Ha seguito papi dopo che si sono innamorati?” Commenta uno in seconda fila, ma cerco di ignorarlo, visto che a zittirlo ci pensa già questa ragazza: “Zitto, Chok.”
Chok? Ma che nomi sono?
“Ah, e quindi sei spagnola.”
“Mezza argentina, in realtà. E tu? Il tuo nome?”
“Nomignolo.” Mi spiega. Beh, quale madre chiamerebbe sua figlia Moka?
Annuisco. Quando Mister Muscolo Biondo annuncia che la partita sta per iniziare, tutti si disperdono. Maya mi afferra per un braccio e mi tira verso gli spalti. Decide per una fila centrale, in modo da avere una visione totale della partita. Casualmente, accanto a noi finisce Moka, insieme a qualche amica.
“Loro sono Ali e Mahida.”
Ali ha lunghe trecce che partono dalla fronte, mentre Mahida è evidentemente africana. Sorrido loro, senza troppe smancerie.
In mezzo al campo, trovo subito Mister Muscolo Biondo e, in squadra con lui, trovo anche il moretto carino di poco fa. Noto che anche lui mi ha visto e così distolgo lo sguardo e lo riporto sulla mia amica: “Allora, mi spieghi?”
“Beh, sai, io e Johnny ci siamo conosciuti ad un corso di cucina. Quello a cui mi ha iscritto mamma. Hai presente?”
Annuisco. Cosa ci fa uno come Johnny ad un corso di cucina?
“Beh, mi ha detto che frequenta questo parco e mi sono informata. Sai, hai presente Luigi?”
“Quello della tua festa?”
Il suo compagno di classe che ci ha provato con me per tutta la sera. Sì.
“Esatto. Anche lui viene qui. E mi ha detto che lo conosce.”
Esaltata, comincia ad applaudire quando la partita inizia. Mister Muscolo Biondo, detto anche Johnny, prende tranquillamente la palla e si dedica alla sua grande partita. Ma anche il moretto non è meno bravo. Infatti, gioca alla grande. Solo che, per almeno un quarto d’ora, nessuna delle due squadre fa punto.
“Allora, Paulita, che ne pensi di questo posto?” Mi dice Moka, interagendo.
“Beh, diverso. Ma carino. Sembrate molto affiatati.”
“Beh, ci sono gang e gang. Con alcune ci facciamo la guerra.” Poi batte le mani, quando Moretto ruba la palla ad un ragazzino scheletrico dell’altra squadra. Ci vuole appena qualche secondo.
Canestro.
Ma non finisce qui. Appena fatto il canestro, sfacciatamente, il ragazzo si gira verso di me, si batte il pugno destro sul cuore e poi mi indica, davanti a tutti. Tra le urla generali del primo punto, sento accanto a me una Moka super eccitata.
“Oh mio dio, Jared ti ha puntata! Oddio, non ci credo!” Mi afferra per le spalle e mi abbraccia, contenta. Sconvolta, non riesco a seguire il discorso. La sua amica, Mahida, quando vede come io sia persa, aggiunge: “Ha scelto te. Ti dedica il canestro!”
Ali batte le mani, mentre Maya si congratula, contenta. Mi abbraccia, ma io le sussurro: “Ma non capisco… non lo conosco.”
Mahida mi sente comunque e dice: “Ma questo non importa. Se un giocatore ti punta, significa che gli piaci. Gli devi un bacio.”
“Cosa?” Chiedo, allarmata. La partita va avanti e, con tutto il cuore, spero che lui non faccia più punti.
Ali si aggiunge alla conversazione: “Invece sì! Ti ha scelto. Succede sempre così.”
“E se dovessi essere fidanzata?” Chiedo, per salvarmi in corner.
“Non fa niente, ti tocca comunque.” Dice Moka. Maya mi guarda sorridente ed elettrizzata: “Cavolo, ovunque vai fai colpo!”
“Ma scherzi?” Le sussurro quando le tre accanto a noi si distraggono guardando la partita: “Non posso. Non voglio.”
“Dai, Pa’, è un bacino! Anzi, speriamo che anche John vinca!”
“Mi spieghi questo nome? John o Johnny?” Cerco di distrarmi dal terribile momento che sto passando.
“Si chiama John, ma lui mi ha detto di chiamarlo Johnny!” Urla contentissima, mentre altri giocatori fanno qualche punto e puntano le loro belle dame, contentissime di aver ricevuto un sì grande onore. Ma io non ne sono contenta. Insomma, sono uscita da una relazione importante, sono felice anche senza accompagnatore e non ho intenzione di baciare il primo che capita. Ci sono tantissime altre belle ragazze? Perché proprio me?
Maya mi dice: “Cavolo, John ha puntato un’altra..”
“Beh, ci sono altri bei ragazzi.” Convengo.
“No, io voglio lui.”
“Ma da quanto lo conosci?”
“Due settimane.”
“Almeno lo conosci. Io non so neanche chi sia questo Jared!” Mi lascio andare ad un lungo sospiro. Moka, seduta accanto a me, mi prende la mano ed esclama super felice: “E’ il ragazzo più bello del parco ed ha puntato te! Dovresti esserne super contenta. Guarda, la metà degli spettatori ti invidia. L’altra metà sono i maschi. Insomma, tutte le ragazze vorrebbero essere al tuo posto. Sono poche le prescelte di Jared. Di solito, lui non punta mai.”
“Cavolo, così vale il doppio!” Maya si riprende dalla sua momentanea tristezza per il modo di essere stronzo di John e riprende a chiacchierare tranquillamente con noi altre. Mahida viene indicata da quello che -presumo- sia il suo fidanzato e si alza in piedi, alzandosi la maglietta: “Vai così, bello!”. Tutti applaudono, ma io sono davvero sconvolta. Come ha fatto una cosa del genere con così tanta nonchalance? Moka ride. Ma cosa ti ridi, è imbarazzante! Vorrei dirle, ma Ali e Moka stessa sembrano non vedermi più. La partita ormai è quasi terminata.
Maya è disperata e le tre dell’Ave Maria accanto a me sono sparite. Moka è andata in bagno, Ali l’ha seguita e dopo poco anche Mahida è andata via. Ma insomma, quale bagno poi? Siamo in mezzo al verde!
Intanto, mentre osservo Jared correre a destra e sinistra, penso a un modo per filare via da qui senza essere notata. Non voglio baciare proprio nessuno. Penso che il momento perfetto sia quando tutti si andranno a congratulare con i vincitori. Approfitterò di quell’attimo per salutare la cara Maya e fuggire in Egitto su un cammello obeso. Mi incamminerò sulla stradina dietro alle querce ed arriverò al parco giochi, da lì proseguirò tranquillamente fino al marciapiede, dove prenderò l’autobus. Un piano perfetto e geniale.
“Ma davvero vuoi andare via? Cavolo, fosse almeno brutto! E’ bellissimo! L’arabo più bello che io abbia mai visto!”
“Ma se non sai neanche se sia arabo. Voglio vedere te al posto mio.”
“Cavolo, non riesco a pensare che John…” e la partita finisce. Ma Maya sembra contenta comunque, visto che, nel chiasso generale, il fratello le presenta un altro biondino che sembra completamente prendere il posto del primo. Così, cerco di allontanarmi piano piano. La maggior parte delle ragazze accerchia Jared, a cui lancio un ultimo sguardo. Così, presa dal timore di essere scoperta, fuggo dietro l’albero. Mi trovo Moka davanti.
“Ma dove vai?” Domanda.
“Via di qui, prima che quello lì mi trovi.”
Mi guarda con fare interrogativo, ma io mi sbrigo a salutarla e me ne vado via. Ma la felicità dura poco. Mi ritrovo davanti lo stesso Jared che mi impedisce di proseguire per la mia strada. Mi sposto a destra e si sposta con me. Sinistra e stessa cosa. Così mi blocco.
“Non puoi obbligarmi.” Spiego.
“E’ il regolamento.” Dice lui. Caspita, ha una voce così soave. No, Paula, risvegliati.
Possibile che per uno stupido canestro uno sconosciuto debba necessariamente baciarmi?
“No. Nessuno regolamento.”
“E invece sì. Chiunque assiste alla partita si ritrova dentro.” Mi spiega. Si avvicina pericolosamente. Lo blocco con le mani: “Potrei denunciarti.”
“Ma lo vuoi anche tu. Si vede.” Mi dice, spavaldo.
“Cosa?”
“Beh, senti, hai due possibilità. O mi baci qui, o chiamo tutti e mi baci qui davanti a tutti.” Ricattatore.
“Potrei scappare.”
“Ora che me lo hai detto..” Ridacchia. E così, senza troppe storie, me lo ritrovo appiccicato. Fa caldo, ma il suo bacio ha un non so che di fresco e di rilassante. Le sue labbra sanno come muoversi, la sua lingua anche e la mia bocca inesperta lo segue con facilità. Niente male. La sua mano si posa lentamente sulla mia nuca e mi avvicina ulteriormente, mentre il bacio si fa via via più interessante ed appassionato. Non penso che Albi mi abbia mai baciato così. Poi, mi prende le mani e le porta lievemente sui suoi fianchi, come a stringerci ancora. Non so bene cosa abbia intenzione di fare, ma l’attimo di follia mi porta ad assecondarlo. E così, siamo avvinghiati, quando lui porta le sue mani calde e un po’ sudate sulle mie guance rosse… sì, ovviamente rosse per il caldo. Un momento intimo che non ho mai vissuto con nessuno. Un bacio a metà tra la terra ed il cielo. Non so dove vaga la mia mente, ma so che alla fine questo tipo non è niente male. La tensione di qualche secondo fa abbandona le mie membra ed alla fine, la mia testa sembra essersi sbarazzata dell’ansia. Ancora qualche secondo e torniamo ad essere due estrani.
Ma le nostre fronti sono ancora attaccate, il suo profumo ancora inebria le mie narici ed il suo sapore lascia la mia lingua frustrata, una volta che la sua l’abbandona. Siamo ancora vicini. E sussurra: “Ho fatto bene a sceglierti..”
Forse non ho capito bene, ma mi mantengo nell’illusione e, per qualche secondo, rimaniamo così. Poi, riesco a sentire la massa di giovani spostarsi verso le querce, così mi allontano di qualche passo.
“Come ti chiami?”
“Paula.” Rispondo, ora in imbarazzo. Guardo la ghiaia a terra, poi gli aghi di pino, poi i sassi. Osservo le sue scarpe, di un arancione malandato. Eppure l’arancione è il mio colore preferito.
“Beh, penso tu sappia il mio nome.” Dice fiero, anche un po’ ironico.
“No, no.” Scherzo io. Mi sorride e rimango incastrata in quell’occhiata felice.
“Ti rivedrò?” Chiede, speranzoso, forse?
“Mai.” Rispondo un po’ ironico.
Mi prende per un braccio e mi tira verso di sé: “Scommettiamo?”
Lo guardo e sorrido, un po’ in imbarazzo. Poi sento una voce. Quella voce.
“Hei, Pauli!”
È Maya. Mi scosto rapida.
“Arrivo!” Ora mi toccherà spiegarle tutto.
Sorrido un’ultima volta a Jared e mi allontano di qualche passo. Quando sto a circa dieci metri, sento urlare: “Come posso rintracciarti?”
“Chiedi a Moka!” Urlo io, anche se non so bene cosa devo dire. Non so neanche come Moka potrebbe aiutarlo, ma mi lascerò il beneficio del dubbio. E così, raggiungo la mia amica e corriamo, corriamo verso la fermata dell’autobus perché lo vediamo in lontananza. Forse tornerò. Forse.
 
O forse sono costretta a rimanere un altro po’, visto che abbiamo perso l’autobus e visto che il prossimo passerà tra mezz’ora. E vedo Moka. Forse il mondo mi sorride.
  
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