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Autore: Lupe M Reyes    29/06/2017    6 recensioni
A Blair piace fare i turni di notte alla biblioteca dell'Arca. Fino alla sera in cui il Cancelliere Jaha non si presenta alla sua porta... Per impedirgli di inviare sulla Terra John Murphy, Blair cede al ricatto e contribuisce al progetto sui Cento. Ma l'incontro con Bellamy Blake cambierà ogni equilibrio. Fino al giorno in cui non diventerà lei stessa la persona numero 101 a raggiungere la Terra.
[Arco temporale: prima stagione]
Personaggi principali: Blair (personaggio nuovo), Murphy, Bellamy, Raven, Clarke, Jaha
Personaggi secondari: Finn, Octavia, Kane, Abby, Sinclair, Jasper, Monty
Genere: Drammatico, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin, John Murphy, Raven Reyes
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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LA BIBLIOTECARIA

Sulla strada verso la biblioteca sono costretta a pestare più di una scarpa per non arrivare in ritardo al lavoro. Nonostante Ellis fosse rimasta senza nessun parente, la sua fama ha raccolto un’affluenza incredibile alla sua espulsione. Pardon, funerale. Funerale.

Sapevo che andarci significava vedere Kane. Era il prezzo da pagare per omaggiare Ellis Fawn e quel che rappresenta. La rabbia che mi accende quell’uomo è una sensazione che non avevo mai provato in diciannove anni di vita.

Approfitto della calca, spingo a destra e a sinistra per farmi largo, per sfogare il nervosismo residuo che ho addosso. Lancio uno sguardo alla parete alla mia destra, dove in alto scorrono le notizie del giorno, l’oroscopo e, ad intervalli regolari, un orologio. Impreco sottovoce.
Faccio lo slalom a testa bassa fino al ponte che congiunge il settore tre con il quattro. La ressa si dissolve e io inizio a correre sul serio, rallentando solo in prossimità dei posti di blocco delle guardie e pregando in cuor mio che non ce ne siano altre a spasso in borghese. 


Raggiungo la biblioteca battendo ogni record di traversata dell’Arca. Ciononostante, trovo Doug sulla porta.
“Signorina, il cambio turno è alle…”
“Lo so, lo so, Doug. Scusami tantissimo. Ti ho fatto fare tardi?”
“Dipende. Quanti posti di blocco attivi hai trovato tra l’anello cinque e noi?”
“Tre.”
Lui trattiene una parolaccia. So che non vuole fare tardi per cena, specialmente il venerdì, quando sua moglie torna presto dalle serre. Si strofina una mano sulla barba sale e pepe, quasi volesse grattarsela via per l’ansia.
Si aggiusta la tracolla sulla spalla e mi stringe il braccio, che è il massimo di contatto fisico che è in grado di scambiarsi con me. Nella sua testa è un gesto d’affetto.

“Scappo. Trovi i miei appunti sulla scrivania e se ti serve qualcosa non ti azzardare a farti viva.”
Dice sempre così, ma poi quando lo chiamo risponde anche all’una di notte.
Lo saluto mentre sta già correndo via lungo il corridoio. 

 
Quando entro nella biblioteca la trovo già vuota. Mi chiudo la porta alle spalle, sigillandola con il Pass che porto legato al collo, il mio passepartout.
Attraverso l’atrio, diretta alla sala principale. Il rumore sommesso delle mie scarpe da ginnastica si riverbera sulle pareti, creando un’eco rassicurante. Raggiungo la scrivania dell’ufficio e lascio cadere il borsone sulla sedia. Abbasso le luci dal pannello centrale.
Adoro dare il cambio a Doug per il turno di notte. Mi spiace anzi di averne a disposizione soltanto uno a settimana. Per il resto mi tocca lavorare di giorno, che è più comodo per i metabolismi normali ma mi costringe ad avere a che fare con le persone.
Di notte invece, dopo l’orario di chiusura, siamo solo io e i libri.
Beh, di libri veri ne abbiamo solo novantasei. Da ieri novantasette, visto che ho trovato una copia di Uomini e topi, un’edizione degli anni ’90, al mercato nero. Costava quanto una settimana di razioni e aveva solo tre capitoli sopravvissuti all’usura, ma ne è valsa la pena. Quando ho intravisto la copertina, anche se era lisa e pericolante, ho trattenuto il respiro come la sera che ho incrociato gli occhi di Ettore.
 
(Ettore non si chiama davvero Ettore, ma siccome non so come si chiama davvero il mio innamorato, l'ho ribattezzato a mio piacimento, nel caso specifico come il mio personaggio preferito dell'Iliade. Sono stata ispirata dal suo travestimento da antico greco o romano: aveva addosso un mix assurdo, un lenzuolo sistemato come toga e delle foglie in testa ma una cetra in mano, doveva essere un po' confuso circa la moda precristiana; ma con quegli occhi, quel sorriso e quelle spalle - soprattutto con quelle spalle - gli avrei perdonato anche i congiuntivi sbagliati, che è il massimo grado di sopportazione che posso concedere, per intenderci. E' rimasto in un angolo per l'intera durata della festa e si è dileguato appena l'allarme ha iniziato a suonare, e comunque non sembrava si stesse godendo il ricevimento in maschera, continuava a tirare la mascella e tenerci d'occhio tutti. Tutti tranne me, che ero nell'angolo opposto della sala, mezza concentrata sul non mangiarmi le unghie mezza concentrata nel non tirare fuori il Pad dove avevo lasciato Hermione Granger a metà di una frase. Non ho mai più rivisto Ettore e dunque il mio cervello ha mantenuto le sue funzionalità di base da allora fino al momento in cui ho trovato Uomini e topi al mercato nero e il mio cuore ha saltato due o tre battiti di fila.)
 
Beh, intendiamoci, ho già letto Uomini e topi sul Pad. Abbiamo l’opera omnia di Steinbeck salvata sul database centrale. Ma non è la stessa cosa. Lo so che i testi sono stati riportati fedelmente e integralmente ma una parte di me fa resistenza. Come se fossi nata sulla Terra, al tempo in cui esistevano le librerie e le fiere dell’editoria e si poteva trovare lavoro in una legatoria. Un sogno. Un altro dei miei sogni.
 
Se Doug mi sentisse. Mi odia quando attacco con il mio filotto sui libri veri.
“Come se Miss Jane Austen non potesse reggere il filtro del digitale, dopo aver sopportato i secoli, la misoginia, l’apocalisse e la zitellaggine!”, sbraita sputacchiando in giro.
“Io non sono una romantica, Doug, sono una precisa. Chiamo libro quello che è un libro.”
“Le. Parole. Sono. Le. Stesse.”,
scandisce, come se stesse spiegando cos’è lo spazio ad un decerebrato.
“Il. Mezzo. Fa. La. Differenza.”,
replico a tono, ogni santa volta.
 
Prima di trovare il coraggio di consegnare Uomini e topi a Doug, avevo trascorso la mattinata a rigirarmelo tra le mani, accarezzarlo, sfogliarlo, toccarlo, sì, come avrei fatto con il gatto di Ellis Fawn, niente meno. 
Doug lo aveva restaurato, per quanto fosse possibile ai nostri mezzi e alle sue competenze. Poi Uomini e topi era finito dietro la teca di vetro, lontano dalle mie mani e da tutti gli agenti esterni che potessero rovinarlo. Aria pressurizzata, pulita col mascloro, temperatura stabile. Mummificato. Un libro che non può essere letto non è un libro. 
Appoggio il palmo sul vetro. Al di là del riflesso del mio viso, la copertina sfilacciata, marrone, resta lì immobile e intonsa, pronta a non invecchiare mai.
Sono le due quando sento suonare il campanello.
 
A meno che Doug non si sia dimenticato qualcosa e sia tanto folle da tornarselo a prendere in piena notte sfidando il coprifuoco, mi viene in mente soltanto un’altra persona che potrebbe cercarmi a quest’ora. E non può essere qui, perché è in galera. Grazie a Kane.
Mi sposto, cercando di mantenere la calma. Metto un piede davanti all’altro come una macchina, stringendo il Pass tra le mani. Ora il rumore dei miei passi che rimbomba nel salone non sembra più tanto rassicurante; non fa che ricordarmi che sono sola.
Raggiungo l’ingresso e insiprando profondamente attivo la videocamera.


****
29/06/17
...e ora iniziano le danze! ;)
A presto,
LRM
 
   
 
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