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Autore: nikita82roma    29/06/2017    2 recensioni
Ambientata prima dell'ultimo episodio della prima stagione. Castle e Beckett sono sulla scena del crimine di un duplice omicidio, una coppia di coniugi con una bambina in affido: Joy entrerà prepotentemente nella vita di castle e ancora di più in quella di Beckett. Il passato si scontrerà con il futuro, scelte, errori e decisioni vecchie e nuove porteranno i nostri dentro un percorso dal quale uscirne non sarà facile, dove giusto e sbagliato non sono così netti e dove verranno prese decisioni sofferte.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Nuovo personaggio, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima stagione
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- Kate, devi dire la verità. Ora più che mai, devi dire chi è Joy. Non resisterai.

Beckett si stava sciacquando il viso con l’acqua fresca. Si tamponò con un fazzoletto che poi buttò rabbiosamente nel cestino.

- Non posso Lanie. Non ora. Mi toglieranno il caso degli Austin, non potrò più seguire le indagini.

- Le seguiranno gli altri e ti aggiorneranno sempre.

- Non è la stessa cosa. Nessuno vuole ritrovare Joy più di me. Non posso permettere adesso ai miei sentimenti di interferire con le indagini. Devo ritrovare mia figlia. 

Stava per uscire quando la dottoressa la fermò tenendola per un braccio.

- I tuoi sentimenti ti stanno già condizionando, Kate. Te ne devi rendere conto.

- Non ti preoccupare. So quello che faccio.

Aveva riacquistato la sua autorevolezza, almeno di facciata. Era tornata dai ragazzi convinta di essere più lucida e concentrata o per lo meno sapeva cosa fare.

- Chiamate Aaron e Elijah Austin e ditegli di venire qui al distretto il prima possibile. Poi cercate l’investigatore privato Lewis Burns voglio parlare anche con lui, di nuovo.

 

Aaron e Elijah Austin arrivano accompagnati di Benjamin, il loro avvocato. Non fu come la prima volta un colloquio piacevole e come già successo non furono collaborativi, anzi si dimostrarono piuttosto infastiditi quando Kate gli disse che avrebbero fatto mettere i loro apparecchi sotto controllo.

- Se non avete nulla da nascondere, non dovrebbe darvi fastidio, si tratta della vita di una bambina! - Sbottò Castle che aveva assistito a tutta la conversazione in silenzio. 

- Per quel che ne sappiamo, e che ne sapete anche voi, detective, il rapimento della bambina non ha collegamenti con la tragica fine del congiunto dei miei assistiti - disse l’avvocato a Kate ignorando volutamente Castle.

- Per quel che ne sappiamo, però, non lo possiamo nemmeno escludere ed in questo momento non tralascerò nessuna traccia e se ai suoi clienti la cosa infastidisce, non è un mio problema. Anzi, vi consiglio di tenervi a disposizione, tutti, per ulteriori indagini.

- Vuole dirci che ci ritiene responsabili di qualcosa? - Intervenne Aaron Austin, il più anziano ed insofferente a quella situazione.

- No, signor Austin, voglio solo dire che scaverò nella vita di suo figlio Ethan senza tralasciare nulla e che è meglio che siate sempre a disposizione per ulteriori domande e chiarimenti.

- Sta forse minacciando mio padre, detective? - La fermò Elijah.

- No, vi sto avvisando, così che non possiate dire di non essere preparati.

I tre se ne andarono decisamente irritati, ma lo era anche Beckett, sia per il loro atteggiamento che per il fatto che Cox non aveva ancora autorizzato il controllo dei telefoni degli Austin e questa cosa la infastidiva molto.

- Il tuo amico Markway credi che potrà darci una mano? - Chiese poi a Castle.

- Certo, non ti preoccupare. Lo chiamo subito. - Rispose lo scrittore e mezz’ora dopo i tecnici della scientifica erano già nelle case di Aaron e Elijah, ma anche nello studio legale degli Austin e in quello dove lavorava Ethan. Non era molto, ma al momento non potevano fare di più.

 

- Ho chiamato mia madre e Alexis. Torneranno in città il prima possibile. - Disse Castle chiudendo la porta del loft. Non se la sentiva di rimanere solo ed aveva chiesto a Beckett di fargli compagnia. Lei aveva accettato subito, sorprendendolo, ma anche lei non voleva tornare a casa e rimanere sola.

Era la prima volta che si trovavano lì, soli, insieme e dopo quello che era accaduto negli Hamptons l’imbarazzo era tangibile. Nessuno dei due aveva fame si sedettero sul divano guardando il telefono al centro del tavolo.

- Pensi che chiameranno? - Chiese a Kate.

- No, penso di no. Non a te, almeno. - Ammise lei.

- Sono già quasi 12 ore e nessuna notizia. Cosa pensi Beckett?

- Ci sanno fare, sono organizzati, criminali di professione, ma non credo che siano molto esperti di rapimenti. Non l’avrebbero fatto in città, in pieno giorno. È troppo rischioso, gli è andata bene. - Cercò di essere il più professionale possibile

- Questo cosa vuol dire secondo te?

- Che non hanno una strategia precisa. Cercheranno di ottenere quello che vogliono, proveranno con Joy, se non la otterranno da lei, proveranno a negoziare per ottenerla. 

- È un bene?

- Fino a che non capiranno che lei è totalmente estranea a tutto questo sì. Il problema è che se scopriranno che agli Austin non interessa nulla della sorte di Joy, loro… - Non riuscì a continuare. Non voleva nemmeno pensare a quell’eventualità. 

- Beckett… grazie per quello che stai facendo per Joy e anche per me. Io… io mi fido più di te che di tutti gli agenti dell’FBI. 

- Non ho ancora fatto nulla, purtroppo Castle. Vorrei poter fare di più, vorrei fare in modo che questo incubo finisca subito. Per tutti. - Si alzò in piedi camminando nervosamente. Vide sul tavolo della cucina la bambola di Joy. La prese tra le mani respirando il suo profumo, aveva lo stesso profumo di sua figlia, dormiva con quella bambola tutte le notti. 

- L’ha dimenticata qui questa mattina. In macchina le ho detto che l’avrebbe ripresa presto. Non se ne è mai separata da quando gliel’hai regalata, l’ha amata subito. - Kate ascoltava le parole di Rick mentre cercava di ricacciare indietro le lacrime. - Ti sei affezionata subito anche tu a lei vero? Impossibile non farlo eh…

La detective annuì ancora, fece un respiro profondo ed appoggiò la bambola sul tavolo: la accarezzò, come se quella carezza potesse arrivare a sua figlia, ovunque fosse. Non ce la faceva più a tenersi tutto dentro, si voltò guardando Rick, gli avrebbe detto tutto.

- Impossibile non amarla, hai ragione. Joy è… è speciale…

- Già… mi chiedo come fino ad ora non l’abbia capito nessuno. Non è giusto Kate… non è giusto! Non ha già sofferto abbastanza Joy? Abbandonata da quando è nata, una vita d’inferno, rifiutata perché malata. Ora che stavo cercando di darle un po’ di serenità questo… Perché? - Rick aveva cominciato ad urlare e la guardava cercando delle risposte che lei non poteva darle o forse sì, ed aveva paura.

- Castle io… mi dispiace… ma…

- Non sei tu che devi dispiacerti. Non è colpa tua. Non sei tu che l’hai abbandonata… io ancora… ancora non capisco come si fa… Perché un genitore non vuole il proprio figlio? Perché la madre di Joy non l’ha voluta? Perché Meredith considera Alexis meno importante della sua carriera? Perché mio padre non ha mai voluto sapere chi sono? Cosa c’è di sbagliato in noi?

Kate abbracciò Rick e non riuscì a dirgli nulla. Non poteva dirgli nulla. Lo tenne stretto e lo sentiva tremare.

- La ritroveremo vero Beckett? Ritroveremo Joy e starà bene, non è così.

- Deve essere così, Castle. Farò tutto quello che posso perché sia così.

- Ti sembra impossibile, vero, che mi sia affezionato così tanto a quella ragazzina in così poco tempo? - Le chiese mentre lei gli accarezzava il volto.

- No, non è impossibile. Mi sono affezionata anche io a lei, tantissimo.

Lo prese per mano e si andarono di nuovo a sedere. 

- Quando tornerà a casa voglio cominciare le pratiche per l’adozione. Voglio che diventi a tutti gli effetti parte della mia famiglia. Voglio farle capire che non sarà più abbandonata, non da me.

Kate non sapeva se benedire o no il suo telefono che squillava. Quando vide che era il distretto ebbe quasi paura a rispondere, ma non più paura che rispondere a Rick. Si erano finalmente messi in contatto con Lewis Burns che era stato irreperibile per tutto il giorno, sarebbe arrivato al distretto nel giro di pochi minuti e lei li rassicurò che ci sarebbe stata.

Castle avrebbe voluto accompagnarla al distretto ma lei riuscì a farlo desistere, se mai avessero dovuto chiamare lì, doveva essere a casa. Nessuno dei due credeva a quell’eventualità ma Rick non protestò, fece solo un cenno con la testa di assenso. La seguì fino alla porta, facendosi promettere che l’avrebbe aggiornato, a qualunque ora, se ci fosse stata qualsiasi novità.

- Non ti preoccupare Castle, se ci saranno novità, sarai il primo a saperlo.

- Grazie Beckett. - Le teneva la mano e non avrebbe voluta lasciarla andare via, perché sentiva di aver bisogno della sua presenza. Kate lo salutò con un bacio sulla guancia che si spostò strusciando le labbra sul suo volto fino a cercare le sue. Non lo aveva previsto, però le loro bocche si incontrarono e nacque un bacio tenero e timido, poi uscì velocemente da quella casa chiudendosi la porta alle spalle e scendendo di corsa dalle scale. Non avrebbe dovuto farlo, non doveva baciarlo ancora. Quella giornata che era cominciata con la sua volontà di rivelargli tutta la verità stava finendo con un altro cumulo di bugie, suggellate da un bacio che però era troppo vero per quella situazione così falsa.

L’investigatore si mostrò ancora una volta molto disponibile. Beckett gli chiese se avesse scoperto qualcosa su un’ipotetica figlia di Ethan Austin ma dalla sua espressione sorpresa capì di no e non stava mentendo.

- Detective, lei esclude a priori la possibilità che questo rapimento possa essere collegato al passato di Joy, ai suoi genitori?

- Non abbiamo alcun elemento che ci porti a questo. - Rispose evasiva congedandolo.

Non tornò a casa rimase tutta la notte al distretto ma non riuscì a lavorare non riuscì a fare nulla, le immagini di Joy si susseguivano nella sua mente, da quando l’aveva vista la prima volta ed osservata mangiare le crepe al ristorante con Castle, quando la prima volta li scambiarono per una famiglia a quella colazione negli Hamptons. Si trovò a pensare, per l’ennesima volta in quelle settimane a tutte le cose che invece non aveva mai visto di lei, a tutti i momenti in cui non c’era stata, a tutte le volte in cui Joy avrebbe avuto bisogno di lei ed era sola. Quel rimorso l’avrebbe accompagnata sempre e non bastavano le giustificazioni che provava a darsi, ripercorrendo giorno dopo giorno quei mesi subito dopo la sua nascita. I dubbi che le erano venuti, il suo pensiero fisso prima di entrare in accademia.

Ricordò la sua corsa, quella mattina di fine agosto, nella struttura che aveva accolto Joy. Aveva due mesi di tempo, glielo avevano detto, due mesi in cui aveva pensato giorno e notte a lei, anche quando voleva dimenticarsene. Era con le spalle al muro, quella mattina. I due mesi sarebbero scaduti pochi giorni dopo e lei voleva sua figlia. Era pronta a rinunciare anche ad entrare in accademia, non le importava nulla. Si sarebbe inventata qualcosa, in qualche modo ce l’avrebbe fatta. Poi il destino aveva deciso per lei. Ancora una volta, come quella notte di gennaio. Joy era stata data in preaffido ad una famiglia da qualche giorno. Avrebbe potuto fare richiesta per riottenere la custodia, per togliere la sua bambina ad una famiglia, una famiglia normale, per tenerla lei senza che sapesse cosa avrebbe potuto offrirle. Se ne andò via lasciando che il destino decidesse per lei, senza sapere che quella famiglia sarebbe stata quella che l’avrebbe abbandonata appena scoperta la sua malattia. In quel momento Kate si sentì come se di fatto fosse stata lei ad abbandonarla due volte, come se avesse buttato via anche la sua seconda possibilità di tenerla. 

Ora voleva solo ritrovarla, saperla al sicuro, sana e salva. Poi le avrebbe detto tutto ed avrebbe accettato qualsiasi cosa, anche il suo odio.

   
 
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