Non lo ascoltava mai, quel piccolo samurai.
L’aveva previsto dalla prima volta che gli avrebbe dato dei
problemi. Così piccino, all’apparenza indifeso, sprofondato in un oceano d’acqua,
salata e sporca. Cina aveva un animo sensibile, quel bambino era molto carino.
Fra molti sorrisi e altrettanti “aru”, con sottofondi di
rimprovero e ideogrammi sbagliati, il fanciullo Giappone era cresciuto
raggiungendolo in altezza e superandolo in tutto il resto: così tanto che quasi
non capiva cosa gli diceva quando voleva semplicemente esprimere qualche
concetto elementare, come un commento benevolo nei confronti della luna.
<< Quando crescono è…complicato, aru >>, Cina
ammirava sconsolato il riflesso limpido del sakè portatogli da Giappone, alcolico
ora versato sul tavolo dove si era raccolto in una pozza chiara. <<
finisce che si mettono in testa di voler essere loro a difendere te, aru.
>>.
<< Chissà chi si credono di essere >>.
Cina spostò la sua annebbiata attenzione sul ragazzo
sedutogli accanto e che aveva bevuto almeno quanto lui.
<< Anche tu problemi con i “bambini”, aru? >>,
domandò incuriosito.
<< Più o meno >>, rispose, e sottovoce Cina lo
sentì ringhiare un “America” pieno si astio represso, e un pizzico di
preoccupazione.
Cina ripensò alla sua situazione, a Russia che lo
tormentava, a Giappone che tentava di difenderlo, il bambino di un tempo che
ora prosperava più di lui ed era diventato molto forte. L’orgoglio di Cina era
ferito a morte.
Non voleva lasciarsi
difendere.
<< Più o meno… >>, Cina ripeté le parole dell’altro,
sulla scia delle sue elucubrazioni personali, ed era così ubriaco e spossato
che l’ “aru” seguente gli si impigliò in gola e non ne volle sapere di uscire
per sgravare l’atmosfera che si era creata.
Più o meno i bambini che
pensi dipendano da te finiscono per darti delle belle lezioni.
n.d.a: spero siate riuscite a capire chi è l’altro disperato ubriaco.