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Autore: Eeureka    30/06/2017    1 recensioni
– [[ нιdeĸane ]] [[ AU ; croѕѕover / parzιalмenтe ιѕpιraтa a deaтн noтe ]]
Ken è uno shinigami che si è stancato del suo lavoro. Non sopporta più l'apatia, il buio e la mancanza di emozioni che la sua routine comporta.
Istaurando un'amicizia proibita cerca di scoprire il mondo colorato degli umani, con l'intenzione di trovare un po' di sollievo sulla Terra. Il problema è che rimane intrappolato lì.
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Kaneki Ken, Nagachika Hideyoshi, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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.:Chapter four;




Erano trascorsi quasi tre mesi e l'esistenza di Ken aveva preso una piega che mai si sarebbe aspettato. Aveva come rimosso tutti gli avvertimenti e i consigli ricevuti dagli altri shinigami ed era sceso di continuo sulla Terra: prima due volte alla settimana, poi un giorno in più, poi quasi sempre. Il tempo che avrebbe dovuto dedicare al suo lavoro era stato speso passeggiando tra le vivaci stradine di un villaggio su cui splendeva sempre il sole, e con la compagnia di un ragazzo dagli occhi caldi e la voce tonante.
Il vuoto che covava dentro da un'eternità era svanito, sostituito da una curiosità crescente di apprendere sempre di più dal mondo umano. Provava ancora un certo disagio a contatto con l'altra specie, ma a tratti gli pareva di aver superato un confine; quello che gli impediva di assaporare a pieno la vita mentre leggeva i suoi libri. Non si sentiva parte di quell'ambiente – quello possibilmente non sarebbe mai accaduto –, ma era riuscito a rimpiazzare la noia che lo perseguitava con molteplici colori.
Non aveva interagito con altre persone all'infuori di Hideyoshi né ne aveva sentito il bisogno. Stare con lui gli bastava e, anzi, forse nessun altro sarebbe stato capace di farlo sentire tanto a suo agio. Del resto, non doveva essere da tutti amicarsi uno shinigami.
Ken sedeva sul bordo della fontana, era diventato il loro punto d'incontro quella piazza. Attendeva Hideyoshi da qualche minuto ormai, ma non dubitava che questi sarebbe presto arrivato. Non si erano visti per qualche giorno a causa del lavoro del biondo (che si era pure premurato di avvertirlo che non ci sarebbe stato) e secondo quel che gli era stato riferito l'esercito sarebbe tornato proprio quel giorno.
Udì il suono delle trombe della prima volta – non aveva mai scoperto da dove provenisse – e si voltò con occhi inquieti verso una delle gradinate a cui si accedeva alla piazza. Passò qualche secondo prima che i rintocchi del metallo, dallo stridore crescente, toccassero le sue orecchie. Ancora una volta tutta la gente in piazza si riunì in un grande gruppo in attesa della venuta dei cavalieri. Ken visse di nuovo il primo giorno in cui era sceso sulla Terra della quinta generazione, rimembrò quanto si fosse trovato confuso e sconcertato in quel momento, e si accorse di come invece adesso comprendesse l'entusiasmo e il fervore delle persone che lo circondavano.
I soldati fecero la loro solita sfilata, fermandosi davanti alla nicchia del municipio in cui era custodita la statua della dea protettrice del villaggio; poi ruppero le righe.
Ken prese a muovere freneticamente i piedi e a guardarsi intorno. Un pianto squarciò l'aria – qualcuno doveva aver perso una persona cara. Per un attimo l'ansia gli formò un groppo alla gola, plasmando l'idea che Hide avesse perito in campo di battaglia. Poi si ricordò di conoscere la durata vitale dell'umano e che quindi non era ancora giunta la sua ora.
« Ehi. » Si voltò verso il ragazzo che portava l'elmetto dell'armatura sotto braccio. « Mi aspettavi? » fece Hideyoshi con aria compiaciuta. Ken sorrise.

Trascorsero l'intera giornata assieme e l'imbrunire giunse prima del previsto. Per lo più chiacchierarono passeggiando – o meglio, Hide parlava e Ken si limitava nella maggior parte dei casi ad ascoltare e annuire (il loro rapporto si basava su quello). Il soldato gli raccontò che temeva che quelle piccole battaglie per difendere i confini della città si sarebbero presto tramutate in una sanguinolenta guerra, e di come uno dei loro compagni fosse stato trovato morto senza che nessuno si fosse accorto di nulla.
« Dubito che se la giocheranno con l'astuzia » aveva sussurrato Hide assorto. « Useranno i loro soliti metodi barbari e brutali, e sento davvero che il peggio sta per arrivare. »
Ken non disse nulla in particolare, ma in cuor suo sperò che il "peggio" non coincidesse con la data scritta sopra la testa di Hideyoshi.
Dopo l'immensa camminata giunsero di nuovo nella piazza, come se la giornata fosse stata nient’altro che un enorme girotondo. Si sedettero sul monumento e l'umano sospirò per la stanchezza.
« Forse avresti dovuto rifiutare la mia proposta di fare una passeggiata » disse Ken. « Sei fuori città da giorni e non hai avuto modo di riposarti. »
Hide gli rivolse uno sguardo offeso. « Mi hai preso per un vecchietto? »
« A dire il vero » sorrise Ken, « sei stato proprio tu a dirmi d'esser vecchio ormai, durante uno dei nostri primi incontri. »
L'altro rimase senza risposta per qualche secondo, boccheggiando. « Va beh » sospirò infine. « Dettagli. »
Stettero per qualche secondo in silenzio e poi, come avveniva quasi sempre, Hide ruppe la quiete nel modo più brusco possibile scattando in piedi e iniziando ad urlare.
« Ehi! » ripeté, in direzione di un uomo che camminava indisturbato per la piazza. Lo sconosciuto parve accorgersi della presenza del biondino e a quel punto si avvicinò a loro.
« È necessario urlare? » sbottò appena arrivato in direzione del ragazzo, lanciando una fugace occhiata a Ken.
« Se non mi senti sì. »
« Stupidaggini, è nella tua natura urlare. »
« Beh, forse. »
L'uomo che stava dialogando con Hideyoshi era molto più alto di lui. Aveva le spalle ampie e il contorno dei muscoli ben marcati si intravedeva attraverso il tessuto della maglietta leggera. I capelli erano neri e lucidi, gli occhi su un tono del verde, le sopracciglia perennemente corrugate e i lineamenti duri. A vista si poteva affermare che fosse un soldato (cosa che invece veniva più difficile da fare vedendo Hide per la prima volta).
« Ken, lui è Amon! È un mio collega. »
Ken fu colto di sorpresa e borbottò un "piacere" balbettante – perché è quel che si dice conoscendo una persona, giusto?
« Amon, lui è Ken! È nuovo in città, non conosce nessuno a parte me, si può dire. Mi raccomando trattamelo bene. »
Amon non proferì parola, fece un semplice cenno del capo, scrutando l'esile shinigami con aria sospetta.
« Mai visto prima » constatò infine. « Da dove viene? »
« Viveva in un villaggio contiguo. »
« Sì, ma quale? »
Hide sconosceva la risposta e la cercò sulle labbra di Ken (che naturalmente non ce l'aveva). Parve notare il panico nei suoi occhi e rispose: « Che importa? Tanto sono tutti nostri alleati quelli accanto ».
Amon inarcò un sopracciglio non convinto.
« Comunque Amon, fammi indovinare. » Hide gli si avvicinò di qualche passo con aria ammiccante. « Stai forse andando dalla tua bella? »
Il più alto levò gli occhi al cielo. Aveva l'aria di qualcuno che sperava che quella domanda non arrivasse mai.
« Ti ho già detto che non c'è niente tra me e lei. »
« Suvvia Amon, sono certo che dietro quello sguardo di pietra che hai si nasconde un cuore! E poi perché mai negare? Okay, sì, suo padre è fuori di testa e abbiamo modo di notarlo ogni volta che lo mandano in spedizione con noi, ma lei sembra apposto. »
« Suo padre è un ottimo comandante » sbottò Amon, stufato. « E ora devo andare. Ci vediamo. » Salutò con un cenno della mano e sparì nella crescente oscurità.
« E va bene » fece Hide arrendevole allungando le vocali.
Ken era rimasto in silenzio a osservare la scena. Non credeva che comunicare con un altro essere umano lo potesse mettere così a disagio. Hide si voltò verso di lui sorridente.
« Non temere per i suoi modi bruschi, Amon è un bravo ragazzo. Nel caso non mi vedessi nei paraggi o avessi bisogno di qualcosa potrai sempre chiedere a lui » lo informò con voce rassicurante. Ken sperava di non dover mai incrociare di nuovo quello sguardo serio, né tantomeno di doversi mai rivolgere a qualcuno che non fosse Hide.
« Va bene » disse però.
Hide gli si avvicinò e posò una mano sulla sua guancia per qualche secondo, facendolo prima sussultare e poi immobilizzare per la sorpresa. Poi la mise a pugno su un fianco assumendo uu'espressione meditabonda.
« Mh » sospirò pensoso. « Sta calando la sera e inizia a far freddo. E tu, soprattutto, sei più congelato del solito » appurò.
« Forse... potresti venire a casa mia; ho un camino. Che ne dici, ti va? »
« Dove? » chiese istintivamente Ken. Non sapeva perché, ma gli sembrava strano essere invitato a casa di Hide. Forse era dovuto all'idea che avevano delle abitazioni gli shinigami: quelle che c'erano nel loro mondo servivano solo per avere privacy e solitudine, e nessuno di loro sarebbe mai entrato in una casa non sua.
« A casa mia. Che c'è? Perché quella faccia sconvolta? »
Ken si mise in piedi e fece qualche passo indietro, poi mimò un no con la testa.
« E dai, mica ti mangio per cena. »
« Non ho paura che tu mi possa mangiare » ribatté.
« Mh... Forse sembro troppo invadente? »
Ken rise, rimembrando tutte le domande intime che gli aveva fatto Hide sulla sua falsa vita. Non seppe dove gli venne il coraggio per le parole seguenti. « Tu, invadente? » lo schernì. « Da quando in qua? » Quella era una sfacciataggine che non gli apparteneva e gli fece arrossare un po' le gote.
« Ehi! » si lamentò Hide, fintamente offeso. « Va bene, okay, forse lo sono un po', ma non vorrei che fosse così. Cioè... sto solo provando a stringere amicizia con te. » A quella parola Ken sbarrò gli occhi. Aveva letto spesso dell'amicizia, aveva immaginato di averla instaurata con shinigami come Touka o Arima, ma non ne aveva mai conosciuto le sfumature di significato sul serio.
« In genere mi riesce dannatamente bene farmi amici, ma tu... Stai resistendo davvero bene, cavolo! »
Quel dialogo gli dava l'idea d'esser dentro uno dei libri che tanto amava. La cosa lo emozionò e senza riuscire ad evitarselo sorrise con tristezza.
« Non so quante probabilità tu abbia di fare amicizia con me » rivelò a malincuore.
« Credi davvero che mi possa arrendere? » Ken trovò quella domanda esagerata, tipico di Hide. « Io non mi arrendo mai. »
Avrebbe voluto mettergli davanti agli occhi tutti i validi motivi per cui la loro amicizia non avrebbe mai potuto funzionare, ma mormorò solo un "capisco" stringendosi nelle spalle per chiudere il discorso. Hide parve deluso da quella mera reazione, ma non si fece scoraggiare.
« E quindi? Vieni con me? Casa mia è vicina, potrai scaldarti e stare tranquillo. Sappi che non accetto no come risposta. »
Ken rise e constatando che aveva deciso già tutto Hideyoshi non gli restò che seguirlo.

Fu strano entrare dentro quella casa. Principalmente perché Ken non era mai stato a casa di nessuno, e, tantomeno non di un umano. Era ben differente dalla sua abitazione nel mondo degli shinigami, avevano in comune poco e niente. Quella di Ken si poteva considerare vuota, non c'era nulla se non che una sorta di letto – per sdraiarsi, visto che loro non dormivano – e mucchi di libri rubati accatastati di qua e di là, nella sua unica e buia stanza.
Quella di Hide invece era più grande del dovuto per una sola persona, c'erano addirittura tre stanze. Era disordinata e piena di cianfrusaglie che solo un umano poteva trovare utili: panche, tavoli, vasi, un baule con dentro chissà cosa, attrezzi di legno, mensole, bocce di vetro contenenti strani ingredienti per cucinare, qualche buco nei muri per far trapelare la luce (che iniziava a scarseggiare) e, per, finire, il camino. Un ambiente piuttosto caotico, in cui tutti quegli oggetti finivano per oscurare le pareti rosso mattone.
« Vivi da solo? » fu la prima cosa che gli venne da chiedere, sebbene sapesse che Hide aveva perso la sua famiglia e non aveva intenzione di costruirsene una nuova. Si fece strada seguendo il compagno, prestando attenzione al pavimento per non inciampare su nulla.
« Eh già, solo soletto. Prima era casa dei miei genitori. Mio padre è morto da tempo, mia madre di recente, ma questo te l'ho già spiegato. »
Ken si limitò ad annuire continuandosi a guardare intorno incuriosito.
« Su, siediti, non restare lì impalato. » Esitò, poi prese posto su una delle panche accanto al tavolo. Hide si mise subito dopo davanti a lui.
« Comunque Ken, non ti ho mica portato qui per deprimerti! Quindi non cominciamo con queste conversazioni, suvvia. »
L'interpellato rimase in silenzio. Certe volte non sapeva davvero cosa dire, si sentiva il burattinaio di se stesso incapace di muovere i giusti fili per evitare che si attorcigliassero.
La tranquillità li avvolse e Hide si alzò per andare verso il camino, prendere della legna e accendere il fuoco.
« Come promesso! » gli sorrise, mentre lo shinigami osservava rapito le fiamme tremolanti.
Hide andò a trafficare su un ripiano con un ingrediente che aveva preso da una mensola, poi si riavvicinò al camino con una sorta di pentolino in mano.
« Che fai? » domandò l'altro, incuriosito da quei gesti per lui tanto atipici.
« Eh, vedrai! » ridacchiò Hide. Poggiò il pentolino su un ripiano e passò qualche minuto prima che riprendesse tra le mani l'oggetto – qualunque cosa fosse – e ne versasse il contenuto in due ciotole.
Soffocò a stento un urlo quando si scottò le mani, poi portò in tavola quel che aveva preparato. Mise una ciotola dinanzi a sé e l'altra davanti a Ken.
« Vuoi avvelenarmi? » fece Ken con quell'intraprendenza che gli giungeva a tratti, e con una diffidenza che a Hide non sarebbe di certo piaciuta.
« Oh bene, fiducia zero! » sospirò esasperato. « Ma che devo fare per piacerti? » e sorrise.
Ken ridacchiò. Gli avrebbe volentieri rivelato che gli piaceva già molto, ma si trattenne naturalmente dal farlo. Almeno così credeva, prima che notasse le labbra socchiuse di Hide e le sue gote rossastre. Si accorse purtroppo di aver pensato ad alta voce.
« Oddio, cioè... Io... » tentò di giustificarsi. Perché era così imbarazzante accettare di apprezzare le caratteristiche di un umano? Forse perché non era mai stato abituato ai complimenti e alle gentilezze.
Hide sorrise tra un misto di gratitudine e rassicurazione. « Oh che bello! Però, finalmente un po' di spontaneità » ammiccò e Ken si sentì sprofondare negli abissi della vergogna. Non gli piaceva molto essere stuzzicato in quel modo.
Hide rise divertito, irritando ancor di più lo shinigami.
« Non temere » lo rassicurò l'umano. « Anche tu mi piaci molto, è per questo che provo a socializzare disperatamente con te. »
Ken non seppe cosa dire, ma si tranquillizzò, anche se trovava che nel verbo "piacere" ci fosse una sfumatura ambigua che conosceva solo per sentito dire e che era la causa di tutto quell'imbarazzo apparentemente ingiustificato.
Sviò il discorso, portando lo sguardo al liquido marrone che gli aveva offerto l'altro.
« Quindi cosa è? » Studiò le nuvolette di vapore che fuoriuscivano in continuazione dalla bevanda.
« Mh, mai bevuto caffè prima d'ora? Strano, è una caratteristica del villaggio. Comunque, allora è il momento giusto per provare. »
Ken gli lanciò ancora una volta uno sguardo incerto. Non che gli shinigami non potessero mangiare il cibo degli umani, ciononostante non aveva voglia di provarci.
Hide sospirò stufato e mandò giù d'un colpo la sua parte. « Ta dan! Sono vivo, quindi puoi farcela anche tu. »
In realtà la prospettiva di morire era quella che meno lo preoccupava. Non riusciva a convincersi, tuttavia, sotto le insistenti occhiate dell'altro, decise di posare le labbra sulla ciotola e mandare giù un sorso del contenuto.
Sentì l'interno della sua bocca scaldarsi all'improvviso, prima che un amaro sapore gli pervadesse le papille gustative. Fu colto da una terribile nausea, e, senza riuscire a farne a meno, sputò tutto nella tazza.
« Oddio! » eruppe. « Ma che roba è? »
Hide incrociò le braccia al petto e sul suo volto si profilò un'espressione delusa.
« E io che credevo che questa volta mi fosse venuto bene. Hanno ragione i miei colleghi, il mio è il caffè peggiore di tutto il paese. » Sospirò affranto. Rassegnato fece spallucce e si buttò sul proprio letto, poggiando le spalle al muro. « Forse ci dovrei rinunciare. »
Le lacrime sotto gli occhi di Ken concordavano, ma lo shinigami si concesse il beneficio del silenzio.
Nessuno proferì parola per qualche minuto. Ken si stava riprendendo dall'orribile esperienza avuta, Hide sembrava riflettere su quel che aveva sbagliato questa volta.
« Sai, non mi hai mai spiegato perché non ti piace il silenzio alla fine. »
Lo shinigami si voltò verso la voce da cui proveniva la domanda.
« Beh » esordì, « mi sembra incredibilmente vuoto. »
Ci pensò a lungo, Ken. Tutta la sua esistenza non era stata fatta altro che da quello: silenzio. Se lo trascinava dietro come fosse la sua ombra, senza mai riuscire a liberarsene.
« A me non è mai parso fastidioso. Anzi, quando arriva mi sembra quasi un beneficio » disse Hide.
« Mi accompagna praticamente da una vita, per questo non lo sopporto e cerco di trovare i più disparati modi per riempirlo » rivelò Ken in un momento di poca lucidità.
L'altro inarcò un sopracciglio. « Riempire il silenzio? E come? »
Ken avrebbe voluto parlargli dei libri e delle storie scritte dagli umani che erano diventati la sua più preziosa compagnia. Di come le parole d'inchiostro, seppur mute, riuscissero a dilaniare il silenzio che lo circondava. Ma Hide non avrebbe mai potuto capire.
« No, cioè, niente » fece frettoloso.
« Dai! Ormai voglio saperlo. » Lo shinigami si pentì di aver acceso la curiosità del suo interlocutore. Quando si metteva un'idea in testa era difficile farlo desistere.
« Sul serio, lascia stare. » Ma anche lui non si sarebbe arreso.
Hide si piegò al volere dell'altro, ma la sua espressione mutò. Le sue sopracciglia si corrugarono, sembrava quasi arrabbiato ma, più di tutto, offeso.
« Da quanto tempo è che tralasci di dirmi cose? Forse stai cercando di allontanarmi, ma stai ottenendo l'effetto contrario. Più eviti le mie domande più mi rendi curioso. E so che non ci conosciamo da molto, ma pensavo che ti sentissi a tuo agio con me quanto io sto bene con te. » Tutto quello gli uscì fuori come se stesse cercando di trattenersi, con parole mozzicate e pause forzate tra una frase e l'altra.
« Se sto sbagliando qualcosa » guardò in basso, si umettò le labbra per non incespicare sulle parole, « ti prego di dirmelo. Non voglio forzarti a fare nulla Ken, scusa, né voglio farti sentire a disagio. Perdonami per tutte le volte in cui pretendo più di quel che sei disposto a darmi » rimediò così.
Ken si mise in piedi, abbassò lo sguardo e giocherellò con le dita senza rendersene conto.
« Credimi Hideyoshi- »
« Hide per te, prego. »
« Uhm... Hide. Ti assicuro che non c'è nulla di me che possa entusiasmarti. »
L'umano si alzò in piedi e camminò in direzione dell'altro.
« Da cosa viene tanta convinzione? Sempre da quel qualcosa che non vuoi - non puoi? - rivelarmi? »
« Esattamente » confessò, lasciando l'altro a bocca asciutta. « Mi dispiace. »
« Ti ho già detto che non mi arrendo mai? »
« Non hai motivo di essere tanto ostinato. Ti credo, sono sicuro che sei sempre molto determinato in tutto ciò che fai, quindi non hai niente da dimostrarmi. »
Hide sembrava ferito, ma lo sguardo di Ken era serio, chiaro e fermo, irremovibile dalle sue idee.
« Non si tratta di questo. È che mi strugge vederti rinchiuso nella tua insicurezza, e oltre questo poi sei così misterioso che davvero non so come aiutarti. »
« Pensi che io nasconda qualcosa di molto brutto? »
« Se ti riferisci a qualcosa di losco no – insomma, guarda il tuo faccino innocente. Se ti riferisci ad altro allora sì. »
Ken inarcò un sopracciglio, fece un mezzo sorriso ironico. « Cosa dovrei nascondere? »
Hide era sì intelligente, ma non avrebbe mai potuto conoscere la vera natura di Ken. Aveva visto e toccato con mano il suo death note, ma non poteva risalire all'idea che l’altro fosse uno shinigami.
« Te stesso, ad esempio. È come se tu voglia sopprimere parti di te, ma non capisco il motivo. Sto provando in tutti i modi a dirti che sono pronto ad accettarti. »
Ken sospirò. Una conversazione del genere non l'aveva mai intrapresa prima.
« Ognuno di noi ha i suoi segreti » disse, gli sembrava una frase presa da un libro. « Noi ci conosciamo da poco, quando sarà il momento ti dirò il mio. » Ovviamente quel momento non sarebbe mai arrivato.
Hide lo squadrò poco convinto. Del resto non aveva motivo di fidarsi di lui: era quello che non gli raccontava nulla sulla propria vita, evitava anche le domande più semplici e continuava a sostenere quanto la loro amicizia fosse impossibile. Ma un rapporto non può funzionare se non c'è il "dai e ricevi", e Ken aveva solo ricevuto da un compagno fin troppo generoso.
« Va bene » acconsentì. « Scusa se ti ho forzato, cercherò di non farlo più. » Era dispiaciuto, forse Hide non era abituato a perdere le battaglie, forse temeva di rompere quel legame fra loro neanche iniziato.
« Ora devo andare » annunciò Ken frettolosamente.
« Come? Ormai è tardi. È da pazzi uscire a quest'ora. Inoltre tu abiti lontano. Puoi trascorrere la notte qui, non è un problema. »
« Non preoccuparti, me la caverò. » Il suo comportamento continuava ad essere sempre più sospetto e Hide lo dimostrò esibendo un'espressione dubbiosa.
« Sicuro? È buio fuori. »
« Mio zio mi aspetta, sarà in pensiero a quest'ora. »
Hideyoshi questa volta sapeva di non avere possibilità di far cambiare idea all'altro e, seppur contrario, acconsentì. Prese una torcia, l'accese nel camino e la porse all'altro.
« Almeno prendi questa » disse prima di accompagnare Ken all'uscio della porta.
« Avremo modo di rivederci? » chiese. « O mi devo aspettare che dopo oggi non ti farai più vivo? Ti ricordo che la mia missione non si è ancora conclusa. »
« Ovvero stringere amicizia con me? »
« Esattamente. » Si scambiarono un sorriso e Ken non comprese perché nonostante fosse uno shinigami quelle attenzioni gli facessero piacere.
« Sei un umano strano » affermò senza riuscire a controllarsi. La definizione umano doveva senza dubbio aver stranito Hide. Invece il biondo lo sorprese con una risata.
« Senti chi parla, signor "umano strano". »
Dopo ultimi e più concreti saluti Ken uscì dalla casa richiudendosi la porta alle spalle. Fece qualche passo in avanti in compagnia di quel pezzo di legno che bruciava, poi lo spense, si guardò intorno e aprì un portale per il suo mondo immergendosi nell'altra dimensione.
Hide, in ansia, dopo neanche un minuto riaprì la porta. Il nome dell'altro gli morì in gola, e guardandosi tutto intorno incrociò solo oscurità e una torcia spenta abbandonata per terra.









note: capitolo piuttosto tranquillo, in cui il loro rapporto inizia a prender forma (siamo solo agli inizi). Un paio di "incomprensioni", un Hide che vuole in cambio un po' di fiducia - come biasimarlo, anche lui è umano -, ma che può anche rinunciarvi se questo mette a disagio Ken.
E poi i piccolo cameo di Amon, che spero di rendere più importante andando avanti con la storia. Nient'altro da dire, spero che vi stia piacendo!
Saluti,
Eeureka
  
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