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Autore: ___Sleepwalker__    02/07/2017    0 recensioni
Piccola OS Gallavich che riguarda un finale alternativo dopo la 7x11
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ian Gallagher, Mickey Milkovich
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Dopo tutto questo tempo siamo qui, ancora insieme e forse, per una volta, le cose andranno bene.

Sono evaso, e non perchè mi mancasse essere libero: anche quello, certo, ma perchè mi mancava lui, sempre e solo lui: Ian Gallagher.

E ora mi sta dicendo che non vuole passare il confine con me, nonostante affermi di amarmi.

“Io non sono più così... mi dispiace.” mi dice, con tono come se per lui sia difficile pronunciare questa frase. Che cosa cavolo intende poi? Intende dire che non vuole più andare contro la legge? Che vuole costruirsi una vita e non scappare con un latitante oltre il confine? Bhe, non posso dargli torto, forse si merita tutto questo. Se la merita una vita senza di me, e io magari merito di non essere felice, ma sono troppo egoista per accettarlo.

“Finisce qui, eh?” domando retorico, però suona di più come una dolorosa affermazione.

Cerca di avvicinarmi a sé per baciarmi, ma sono troppo... non lo so, forse ferito, per lasciarglielo fare. Passo rapidamente una mano sotto il mio occhio, come ad asciugare delle lacrime che in realtà neanche ho versato, e dopo averlo guardato un secondo, mi avvicino a lui consentendogli quel bacio.

Ripenso a quando non volevo che mi baciasse, a tutte quelle minacce, quei "baciami e ti strappo la lingua" detti solo per apparire un duro, tutte quelle volte che l'ho chiamato "frocio" solo perchè mi faceva sentire più uomo.

Assaporo le sue labbra per quella che temo possa essere l'ultima volta mentre affondo le mani nei suoi capelli. Vorrei godermi quel bacio, vorrei poter pensare che sia un bacio e basta come tutti gli altri, ma non è così.

Così vicino a lui mi pento solo di tutto, di aver perso così tanto tempo, di averlo trattato male, di non aver ammesso che lo amavo molto prima. In quei secondi che dura il nostro contatto, penso a tutti i momenti e li comparo: come quando era venuto a trovarmi in prigione dicendo che gli mancavo e io mi ero finto indifferente, nonostante anche a me sembrava mancasse qualcosa, non avendolo sempre in mezzo ai piedi che mi fissava in modo che reputavo abbastanza fastidioso. E poi penso a quando era accaduto di nuovo, a quando ero stato io a dirgli che sentivo la sua mancanza e gli avevo chiesto se mi avrebbe aspettato. A quel punto, dalle sue reazioni, avevo capito che lo stavo lentamente perdendo. Non sono stupido: sapevo anche io che quindici anni erano tanti e scappando ho pensato che forse sarebbe venuto con me, l'ho sperato davvero tanto, ma a quanto pare il destino ha altro in mente per noi, quello stronzo.

“Fanculo Gallagher.” è tutto ciò che riesco a dirgli prima di salire in macchina e infilarmi questa ridicola parrucca da donna. Nessun “addio”, nessun “mi mancherai”, nessun “ti amo”. Renderebbero solo tutto più difficile, insomma, siamo Ian e Mickey, e se siamo riusciti a innamorarci uno dell’altro a suon di pugni e risse, non è necessario cambiare proprio alla fine.

Parto, senza aspettarmi più nulla ormai e penso a quando lui era venuto ad avvertirmi della sua intenzione di andare in esercito e di come non lo avessi fermato, e mi scappa una piccola risata forzata quando penso a quanto possa essere stronzo il karma che ora mi lascia andare via così, da solo, come fece Ian.

Aspetto che le guardie della frontiera controllino le auto davanti alla mia, senza percepire la minima ansia: oramai non ho più nulla da perdere.

Alzo un momento lo sguardo e vedo nello specchietto retrovisore l’unica persona che abbia mai amato che mi osserva andare via. Lo guardo per qualche secondo, sapendo che lui non se ne può accorgere, ma infine decido di evitarmi questa inutile sofferenza e tengo lo sguardo fisso di fronte a me.

Immagino per un attimo di sentire gli automobilisti dietro di me parlottare chiedendosi perché un ragazzo a piedi dovrebbe passare in mezzo alle auto, e di sentire qualche attimo dopo lo sportello accanto a me aprirsi, di voltarmi e di vedere il suo fantastico sorriso.

Per un attimo questa fantasia mi sembra così reale che mi viene da guardare di nuovo nello specchietto, ma non è neanche più lì ad aspettarmi: se n’è andato definitivamente.

Arriva il mio turno, scendo dalla macchina e fanno un rapido controllo coi cani antidroga, nessuno mi riconosce, o forse neanche hanno fatto caso a chi scendesse dall’auto: fatto sta che passo il confine senza problemi e non posso più tornare indietro, costretto a lasciarmi alle spalle più di quanto vorrei.

Perché se ormai sono salvo e libero, non sono contento? Bhe, la risposta è ovvia: mi manca l’unica cosa, o meglio persona, che mi ha sempre spinto a migliorarmi e una parte di me si sente persa, senza sapere cosa succederà da adesso in poi.

Accosto per un attimo al margine della strada e sbatto le mani sul volante con rabbia, rabbia per me stesso e per il tempo che ho perso, rabbia per le cazzate che ho combinato, rabbia per Ian che doveva decidere proprio ora di mettersi la testa a posto.

Mi levo la parrucca tirandola sui sedili posteriori e appoggio la fronte sulle mie mani poggiate sul volante e vicine tra loro per cercare di calmarmi e sento un fastidioso bussare sul finestrino della macchina.

“Che cazzo c’è?” domando, o meglio urlo, senza curarmi del fatto che potrebbero essere le guardie che solo dopo hanno realizzato chi fossi.

Non sento nessuna replica e giro la testa alla mia sinistra, verso l’origine del suono di poco fa e per poco tempo sento come se il mio cuore smettesse di battere.

Richiamo tutto il mio autocontrollo per trattenere le lacrime di gioia e il sorriso che vuole formarsi sul mio viso a quella vista.

“Che vuoi Gallagher?” domando dopo aver abbassato il finestrino e il ragazzo dai capelli rossi davanti a me sorride.

“Venire con te. E poi ho passato il confine, se tornassi indietro s’insospettirebbero. Credo che dovrai proprio portarmi con te.” fa spallucce, fingendo che lo stare insieme sia una situazione forzata.

“Sei sicuro?” gli domando e me ne pento subito dopo, temendo che ora cambi idea. In tutta risposta alza il pomello per sbloccare le portiere e si dirige dal lato del passeggero salendo in macchina. “E tutte le cazzate sul ‘non sono più così’?” gli chiedo poi stuzzicandolo, ma chiudendo di nuovo le portiere, come se ciò mi assicurasse che non se ne andrà più.

“Hai notato con quale famiglia e in quale posto sono cresciuto? Davvero m’illudevo che sarei potuto essere migliore?” sorride facendo spallucce e avvicinandosi a me.

“Ian…” lo chiamo in un sussurro appoggiando le mani sul suo viso.

“Sì?”

“Tu mi rendi migliore.” sorrido annullando poi le distanze e baciandolo dolcemente, segnando così il principio di un nuovo inizio, insieme.
   
 
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