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Autore: Everian Every    02/07/2017    2 recensioni
La breve storia di un eroe che, per sconfiggere il mostro, divenne un mostro a sua volta
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Si sedette sul cilindro di pietra sbiadito e coperto di crepe come ogni giorno. Posò la valigetta nera dall'angolo smussato. Aprì il lucchetto arrugginito con la chiave ornata di blu. Il vento gli scompigliava i crini ricci, raccolti in treccine. Gli colpivano le guance, gli colpivano gli occhiali rettangolari e spessi. Fissò i suoi occhi stanchi e cisposi sullo strumento di legno, perfettamente conservato in un semplice drappo grigio sgualcito.
Sollevò lo sguardo sul mondo. Era come sempre era stato. Grigio. A tratti nero, certe volte pure bianco, come se volesse nascondere qualcosa di sé, in mezzo a troppa luce o soffocandolo nel buio.
Sospirò. Il vento gli faceva ondeggiare la camicia Hawaiana dai mille motivi floreali, arancione e fucsia, coperta da macchia di vernice di tutti i colori possibili. Aveva freddo, ma non gli importava. Prese il suo cerchietto coperto di brillantini dalla borsa marroncina che portava a tracolla. Lo rigirò, nostalgico, tra le zampe. Ripensò a quei bei giorni, anni prima, in cui tutto era colorato come lui.
Risollevò gli occhi verde tempesta. I passanti camminavano veloci davanti a lui. Nessuno lo degnava di uno sguardo. Nessuno notava quell'unico pony che invece notava tutti. Andavano così veloci da perdere ogni loro colore. Erano grigi, come tutto il resto.
Si decise. Prese lo strumento, un umile ukulele, lucido e splendido. Strimpellò qualche nota. Lo accordò, accarezzando lieve le quattro corde una ad una. Il vento parve affievolirsi. Sorrise.
Era arrivato il momento.
Cominciò a suonare, dapprima lentamente, quasi timidamente, impercettibile, nell'ululato del tempo che scorre, dimenticato prima ancora di essere udito.
Poi prese confidenza. Con sé stesso, col mondo e con la gente. E il suo sorriso si andò allargando. E la musica divenne frizzante, coinvolgente, veloce tanto da attirare le persone a sé, ma non abbastanza per farle andar subito via.
Vide il mondo colorarsi di mille e uno colori che mai avrebbe creduto possibile scorgere ancora, vide i volti dei puledri, dei ragazzi finanche degli adulti illuminarsi, e vide persone danzare, ridere, applaudire, battere il ritmo, VIVERE!
E ad ogni loro passo, ad ogni loro suono, da quel piccolo pezzo di legno si dipartivano sempre più colori e chi non né era contagiato subito era solo perché non poteva avvicinarsi più di tanto. Suonò, suonò e suonò ancora.
Alla fine smise. Sorrise a tutti. Li ringraziò col pensiero, col cuore, per averlo finalmente ascoltato. E loro lo ringraziarono, ne era certo, per avergli donato, e per aver donato al mondo, finalmente, un piccolo pezzo di felicità, un piccolo pezzo colorato dove stare in pace.
I passanti presero a incamminarsi, lenti, parlando tra loro. Erano colorati. Erano felici. Il mondo era di nuovo colorato, era di nuovo felice. E lui se ne contentava. Poi guardò giù, per riporre lo strumento. Vide la custodia. Vide del verde, dell'oro e dell'argento. E vide che le sue zampe erano diventate grigie.
   
 
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