Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: Marysia Lukasiewicz    03/07/2017    2 recensioni
Di notte fa sempre più freddo.
Ed è di notte che nella nostra instancabile mente riaffiorano i ricordi. Memorie belle, momenti tristi e dolorosi, quando cala l'oscurità riviamo l'essenza della nostra vita in tutta la sua completezza, nel buio giacciono i nostri pensieri.
Alois di ricordi felici non ne ha e la notte è per lui straziante ed eterna. Quando cala il silenzio, nel freddo della notte, Alois si sente una farfalla intrappolata in una ragnatela di ricordi.
[Questa storia è un brevissimo esperimento narrativo in cui ho deciso di cimentarmi, fatemi sapere come me la sono cavata!]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alois Trancy, Claude Faustas
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Di notte fa sempre più freddo.
Il buio diventa sempre più intenso ogni ora che passa.
Diventa denso, come a farsi vivo, corrode l’aria e ti si stringe in gola, non ti fa respirare, e così ti alzi di scatto, senti la sensazione irrefrenabile di voler vomitare.
L’oscurità è diventata dapprima un’ombra, poi un sospiro vano, un sussurro leggero e confuso e un canto straziato e stonato. Poi è divenuta una presenza, una sagoma oscura, ruvida, violenta, si è intrufolata nel tuo letto quando ancora dormivi tranquillo e ti ha accarezzato la pelle bianca e pura, come invidiosa di tale inumana bellezza. Ti sfila le coperte ed improvvisamente ti rendi conto di come di notte faccia sempre più freddo.
La solitudine è la compagna più invadente e viva, la più insaziabile e lussuriosa, guidata da un’irrefrenabile desiderio di colmare il vuoto che ella stessa rappresenta. Giace ai tuoi piedi, dove le coperte si ammassano in un groviglio di caldi e morbidi drappi. Risale poi lungo le tue cosce, si fermava lì dove giacciono i ricordi, e li brama e li vuole vivere ancora e ancora. Tu ti rifiuti. Ti lacera la carne col suo tocco tagliente e così, ogni notte, le ferite che ti porti dietro da anni continuavano a riaprirsi costantemente e a bruciare sempre di più.
Poi senti una flebile risata, tenera, innocente, in lontananza. Non capisci mai da dove venga, né di chi sia. È la risata di un fanciullo, una risata gioiosa e fragile. L’ascolti notte dopo notte, ma invece di calmarti senti ammontare in te il dolore della malinconia e ricordi di come quella gioia innocente non ti appartenga più. Anzi, non ti è mai appartenuta.
Lentamente quella risata infantile muta e si distorce, come fa un mostro o uno schifoso e famelico serpente. Diventa dura, adulta, e quella fragile innocenza svanisce lasciando posto al desiderio più malizioso e malato. Questa risata la senti più tua e la riconosci, continui a riconoscerla ogni notte. Non sai se ti fa più schifo o paura, improvvisamente hai voglia di urlare, ma non puoi, non ci riesci. Il buio ti stringe la gola, non puoi chiedere aiuto, la notte è stata creata apposta per i ragazzi come te.
Non ti piace ricordare, ma succede sempre, anche se c’è lui accanto a te. Soprattutto quando c’è lui accanto a te. Lo guardi, se ne sta al suo lato del letto, non si è neppure preso la briga di abbracciarti, nonostante di notte faccia sempre più freddo. Si era rivestito mentre dormivi, tu sei ancora completamente nudo. Ti avvolgi tra le coperte, stranamente sono più ruvide e fastidiose del solito. Ti vergogni, ma fingi che tutto ciò ti piaccia, perché sei convinto che debba piacerti. È sempre meglio di qualche anno prima, ma fa comunque male. Forse perché quel vecchio decadente e viscido non aveva la forza per farti del male come può un uomo vigoroso e possente. Forse perché il suo sguardo assente e freddo ti ferisce ancora di più degli occhi famelici di un maniaco pervertito, che assaporava la tua pelle delicata come fossi un piatto ad un banchetto. Vorresti che non facesse male, probabilmente neppure ti rendi conto di star soffrendo.
Alois, hai gli occhi più belli di questa terra, ma non riescono a vedere. Sono deboli, vulnerabili e volubili proprio come te. Vedono ciò che vogliono vedere, perché la realtà ti farebbe più male dei ricordi che vuoi dimenticare. Alois, se potessi svegliarti da questo sogno eterno, probabilmente perderesti quel poco di senno che ti è rimasto.
Senti un peso indomabile schiacciarti il petto, poi delle mani risalgono sul tuo collo e lo stringono, stringono forte, sono violente, ti uccidono con la lentezza e la crudeltà di un demone ingrato. Ti tiri su di scatto, il dolore persiste come un ronzio fastidioso. Vorresti estirparlo, bruciarlo, ma questo è troppo resistente e bramoso della tua innocente carne. È fisico questo dolore, vivido e soffocante, una morsa animalesca e famelica. Si è insidiato tra le tue gambe assieme al seme peccatore di quell’uomo rugoso e violento che aveva reso della tua bellezza la sua ultima, vana e pura gioia.
Vuoi chiedere aiuto, ma non sai a chi rivolgerti. Non capisci di essere solo, come sempre, ma temi di esserlo. Non hai mai pianto, neppure mentre quella bestia ti toccava, ma vuoi farlo. Vuoi urlare come un bambino, ma non puoi. Non sei più un bambino da tanto, Alois.
Come avrebbe reagito Claude a vederti piangere, piccolo Alois? A lui non avrebbe certo fatto piacere avere un debole come padrone, uno schifoso ragazzino capriccioso che si compiange per la vita dura che ha avuto. Alois, tu non sei debole, è la tua testa che te lo dice. Non capisci neppure il male che ti è stato fatto, non vuoi accettare l’idea di essere stato usato come un gioco, non vuoi essere considerato un oggetto. Se solo potessi vedere con degli occhi sani, piccolo Alois, vedresti negli occhi del tuo Claude lo stesso disprezzo con il quale ti fissavano i servi del tuo depravato stupratore, i suoi atteggiamenti ti ferirebbero come le parole di chi ti giudicava per il male che ti veniva fatto. Alois, non sei una schifosa puttana.
Lo sai anche tu, vuoi solo affetto. Vuoi solo qualcuno che ti ami come meriti. Ma tu non lo sai cos’è l’amore, Alois, come pretendi di poterlo riconoscere? Non sai amare, Alois, nessuno te l’ha mai insegnato.
Alois, se solo sapessi chi tu hai accanto perderesti quel poco di senno che ti è rimasto. E probabilmente è meglio così, piccolo Alois, è meglio che tu viva la tua breve e sofferta vita nell’illusione che ti sia accaduta almeno una cosa buona. Rimettiti a dormire, piccolo tesoro, tra le braccia di quel demone. Goditi quel che è rimasto della notte in un sonno confortevole e lascia che sia la tua mente rotta a guidarti verso la tua fine disperata.
Avrei voluto proteggerti dal dolore, piccolo Alois, ma probabilmente è meglio così. Attendi il momento della resa con l’innocenza con la quale una farfalla si stende su una ragnatela e attende il morso fatale di un ragno. Riposa, questo dolore sta per giungere al termine. 
   
 
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