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Autore: Herondale7    04/07/2017    4 recensioni
I magici sono stati sempre temuti ed esiliati sin dalla Ripartizione nel Vecchio Impero. Sabriellen Jacklyn, una giovane ladra, entrerà in questa realtà più grande di lei in uno dei periodi più temuti nel regno dove vive. La guerra tra Neblos e Trule è difatti alle porte, e ciò che resta alla ragazza è fuggire per aiutare la sua famiglia frammentata; per perseguire in questa sua decisione dovrà compiere un gesto molto pericoloso: arruolarsi tra i pirati.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1

Anno 283 Dalla Ripartizione, 16 Agosto. Shaka, Neblos.

Odiavo il vestirsi per colori in base al lavoro, creava delle caste che stavano quasi a significare che ognuno dovesse stare al suo posto, come a ricordarci che non esiste veramente la libertà. In effetti c’erano dei precedenti: alcuni uomini anni prima si erano messi in testa di sposare l’ultima discendente dei reali di Ending, caduti quasi in disgrazia. Per evitare tali pretese qui a Neblos, così come in tutti i regni, è stato applicato “l’editto dei costumi”, che prevedeva che un rango superiore potesse rifiutare di sposare un rango inferiore.
A dirla tutta lo odiavo anche perché chi non aveva un lavoro, come me per esempio, era costretto a vestirsi di grigio, come gli schiavi, e di conseguenza ad essere trattato come un essere insignificante e indegno.
Ecco perché storsi il naso vedendo i vestiti verdi di Elettra quella mattina. Il verde era il colore delle cuoche che lavoravano nelle cucine reali per coloro che non potevano permettersi un pasto caldo da sé e per i reali stessi, oltre che per tutta la corte della quale facevano parte i nobili, i dottori, gli scribi, i messaggeri e i comandanti militari. In fin dei conti quello era un buon lavoro, ma solo chi era portato poteva farlo ed Elettra lo era già da bambina.
Fui contenta quando quel pomeriggio venne a trovarmi, avevamo molto da dirci e spesso così poco tempo. Sopra i vestiti indossava ancora il camice da lavoro, e aveva legato i suoi capelli ricci e biondi in due trecce, tuttavia qualche riccio ribelle sembrava saltare fuori dall’acconciatura fatta probabilmente da sua madre.
Aveva un’espressione più stressata che stanca, ma solo quando il sole avrebbe smesso di sorgere sul vecchio impero lei avrebbe perso il sorriso. Era sempre così allegra nonostante tutto.
“Scusa davvero per il ritardo, ma Joel non la smetteva di chiedere dove stessi andando.” Disse un po’ affannata, doveva aver corso. “Piuttosto, Bellamy mi ha mandato uno dei suoi a dirmi che per stasera è tutto pronto.”
“Menomale, stavo iniziando a pensare che l’oro che abbiamo rubato per lui non fosse abbastanza. Non avrei saputo quale altra casa derubare.” La mia amica mi aveva portato anche del pane che poggiai subito in cucina.
Ultimamente ero troppo presa dalla mia piccola famiglia per pensare alle possibili decisioni di qualche pirata, anche se speravo in un sì per la mia recente proposta. Neblos, il regno in cui vivevo, stava per entrare in guerra con il regno di Trule per vecchi conti in sospeso e ragioni accidentali più recenti.
“Tranquilla, sono riuscita a convincerlo che è il giusto prezzo per l’oro rubato che gli abbiamo procurato l’altro giorno in piazza, e il giorno prima, e quello prima ancora… insomma partirete stanotte, ma è abbastanza certo che il suo equipaggio non vorrà una donna a bordo a meno che non sia una magica, perciò entrerai di nascosto con la merce per il Sud.” Fui così felice di quella conferma che non pensai che ciò sarebbe stato anche un rifiuto a tutto quello che avevo. D’altronde ero felice di potermene andare di lì, lo desideravo da tempo, quello era solo un pretesto misto ad un favore ai reali.
“Grazie mille Elettra, non so che cosa avrei fatto senza di te finora.” Le diedi una piccola pacca amichevole sulla spalla. Solo dopo realizzai che effettivamente se quella notte mi fosse comparso il marchio avrei avuto più possibilità di restare a bordo.
“Piuttosto, sai già se tornerai dopo o no?” A volte l’ottimismo della mia migliore amica si tramutava in piena ingenuità, e mi metteva in difficoltà risponderle a cose del genere senza dirle chi ero veramente. Questo era uno di quei casi. Inoltre una guerra non comportava un dopo assicurato: la morte era all’ordine del giorno e, presto o tardi, sarebbe andata incontro a tutti.
“Non ne ho idea, ci sono così tanti fattori in ballo. Potrei essere un problema per Bellamy appena salgo a bordo, potrei essere abbandonata da qualche parte o morire per mano di qualche altro pirata, o ancora potrebbero mandare la zia in guerra se finiscono gli effettivi e io sarei costretta a rientrare. La guerra potrebbe pure scoppiare stanotte per quanto ne sappiamo.” Non mi fece nemmeno continuare.
“Sì, sì, ma se andasse tutto bene cosa accadrebbe?”
“Se andasse tutto bene potrei anche restare tra i pirati, magari trovo anche qualcuno a cui piaccio. Potrei anche trovare un posto migliore dove vivere viaggiando e decidere di stabilirmi lì.” Vedevo entrambe le possibilità estremamente di difficile realizzazione, ma non lo feci capire a lei. “Parlando di cose più realistiche, a me non servirà la mia paga, perciò la regalo tutta a te e alla zia, a te il compito di gestirla quando arriva. Salutami tutti, soprattutto Joel.” So che era un tasto dolente doverle dire di farlo da parte mia, risultava un po’ falso.
“Perché non lo saluti tu prima di andare? Gli dirò di aspettarti all’entrata del mercato se ti va, sarebbe più felice nel vederti.” Disse sorridendo in modo tirato. “Non è mio dovere intromettermi ma potresti non poter tornare più e te ne potresti pentire in tal caso.” Aggiunse dopo.
Risposi con lo stesso tipo di sorriso. “Farmi vedere dopo ormai quasi due anni che lo evito creerebbe in lui aspettative che non posso soddisfare, Elettra. Inoltre rivederlo e dirgli addio sarebbe peggio, come se dovessi avere qualcun altro a cui volto le spalle andandomene, e mi basta averlo fatto una sola volta a lui, non merita il bis.” La mia migliore amica si limitò a fare un piccolo cenno di assenso con il mento e stringere le spalle. Almeno ci aveva provato.
“Allora a quanto pare questo è un addio Sabriel, non mi aspettavo che sarebbe stato così complicato da dire.” Le scese una lacrimuccia che le fece chiudere gli occhi. Prese fiato e poi parlò. “A un’altra vita, Sabriellen Jacklyn. Stammi bene.”
“Oh no.” La strinsi forte a me e lei si limitò a ricambiare l’abbraccio. “A un’altra vita, Elettra Shade.” La consapevolezza di non poterla rivedere mi attanagliò le viscere. Mi sembrò quasi durare un’eternità quella stretta, o forse più semplicemente era quanto volevo che durasse per me.
Poco dopo un urletto si levò dalla cucina: Tori richiedeva attenzioni. Ci separammo. Rientrai chiudendo lentamente la porta alle mie spalle e presi Tori in braccio, andando verso la stanzetta dove mangiavamo, che alla fin fine era la stessa che accoglieva gli ospiti e dava sulla cucina. Non era molto considerato che la nuova casa che potevamo permetterci aveva a malapena quattro stanze, ma era abbastanza, anche se presto a Tori sarebbe servito un letto e non la culla in cui si ostinava a dormire pur di non far dormire me nel pavimento. Testarda come me, la piccola.
“Domani vai via?” mi chiese Tori allacciando le braccine al mio collo. In quello stesso istante io capii come avevano fatto i miei genitori a mentirmi l’ultimo giorno in cui li vidi; in effetti loro non avevano propriamente mentito, ma per il mio bene mi dissero ciò che volevo sentirmi dire in quel momento.
“Si tesoro, ma ti prometto che ritornerò.” Nello stesso momento in cui pronunciai quelle parole ebbi la certezza che l’avrei delusa, ma era meglio una dolce bugia con cui fare i conti dopo, che vederla piangere come un possibile ultimo ricordo. Le sorrisi e la strinsi più forte per rassicurarla.
Tori era come una sorella minore per me. L’avevamo tirata su fino ad allora io e la zia Harriet. Faceva spesso domande su suo padre perché i suoi compagni di giochi parlavano anche di quanto scoccianti fossero i genitori per loro, e lei, quando saltava fuori l’argomento, veniva da me e mi chiedeva dove fosse lo zio. Avrei tanto voluto dirle la verità in quei momenti, ma la zia aveva messo l’obbligo del tabù sull’argomento, proibendo anche a me di dir qualcosa alla piccola. Diceva che quando sarebbe stato il tempo glielo avrebbe detto lei stessa, eppure non faceva che rimandare.
“È tutto pronto Sabriel, ho fatto il tuo piatto preferito.” Harriet mi mostro la piccola tavola imbandita, dove troneggiava una grande scodella con lenticchie e carne di pollo. Mia zia doveva essere molto stanca, ormai cucinare la sfiancava, aveva una qualche lieve malattia sanguigna che le impediva di fare grossi sforzi; i dottori e le cuoche che la conoscevano le raccomandavano la carne di selvaggina, ma costava troppo.
Per compensare compravamo galline e talvolta uova, quando le galline invecchiavano facevamo il brodo. Era facile anche arrivare a comprare le cipolle e i legumi, senz’altro meno costosi, e accompagnarli con pane e acqua. Per concludere rubavo del pesce al mercato nei periodi dove i prezzi del grano salivano e non potevamo dare del cibo a Tori. A volte era capitato che a turni io e la zia digiunassimo per lei, ma da un po’di tempo a questa parte le cose erano andate bene, eppure la guerra avrebbe cambiato nuovamente tutte le carte in tavola.
“Andrà tutto ok, zia, tornerò prima che tu te ne accorga, durante la mia assenza avrete più cibo, Elettra oggi ha lasciato del pane e ha ricevuto dal pirata la mia prima paga, basterà per tre mesi e la dividerete. Inoltre ci sarà meno rischio che le sentinelle si precipitino qui per scortarmi a corte e tagliarmi le mani.” Harriet era poggiata al muro, braccia incrociate e sorriso forzato sul volto. I suoi occhi dorati e nervosi mi incitavano a sedermi con lei a tavola.
Sul suo capo un fazzoletto le teneva indietro i capelli ricci, mentre un ciuffo nero le cadeva sulla guancia. Alcune rughe avevano già iniziato a comparire ai lati dei suoi occhi qualche anno prima. Si trascinò verso la sedia, mentre Tori si sedette sulle mie gambe. Aveva anche lei il grembiule verde delle cuoche, ma rispetto ad Elettra lei lavorava solo il pomeriggio, di conseguenza portava a casa la metà del denaro.
“Sappiamo benissimo entrambe quanto sia difficile che le guardie ti colgano con le mani nel sacco, ma con la pirateria non si scherza, non avresti dovuto nemmeno pensare di imbarcarti sotto una bandiera nera.”
“Spero tu non stia tentando di farmi ritrattare la decisione che ho preso ormai da tempo. Pensaci zia, con i pirati avrei un guadagno sufficiente e duraturo, con le bandiere dorate finirei per morire come lo zio, dispersa in mare, e voi morireste di fame. Vivremo tutte e tre benissimo grazie ai miei nuovi incarichi.” La zia scosse la testa con un sorriso amaro. “In ogni caso ero condannata dalla nascita ad andarmene di qui.” Dissi riferendomi al peso che gravava su di me per via della mia famiglia.
“Vivremo tutte e tre, ma non insieme come tua madre mi aveva pregato di essere.” Amavo davvero quella donna che aveva sostituito mia madre per quasi un decennio, ma a volte non riuscivo a cogliere appieno il suo modo di vedere la vita. Sempre così pacifista e ottimista, a volte era così difficile dissuaderla quando lei ed Elettra si impuntavano su un discorso o una decisione. Era come combattere contro le onde del mare.
“Zia, la mamma è morta tempo fa. Ho quasi diciassette anni e senza quel futuro saremo spacciate in pochi mesi; sta arrivando la guerra e mi chiameranno. Da morta non servo a nessuno.” Tori non sembrava affatto serena a quella prospettiva, mi riserbò un’occhiata truce. “La cittadella di Ember risponderà con il fuoco se necessario, dopo l’oltraggioso errore delle Tre Gemelle di aver affondato una sua nave da carico la scorsa settimana. Il regno di Trule può scusarsi quanto vuole ma tutti sanno che non è stato un incidente, ci sono tensioni da secoli tra Trule e Neblos, finirà chiaramente nel sangue.”
Quelle suddette tensioni risalivano alla Ripartizione. Quando i territori furono suddivisi dall’imperatrice Lia, secondo il volere dell’ormai defunto imperatore, il caso volle che il regno di Trule era in gravi condizioni economiche dalle quali non si sarebbe ripreso da solo. Neblos fece cospicui prestiti che furono sempre più velocemente esauriti, fin quando rifiutò totalmente di assistere il regno alleato. Quel debito non fu mai estinto.
 “Spero non si arrivi a tanto.” Harriet continuava a mescolare le lenticchie nel piatto come se si aspettasse che queste, improvvisamente, si mettessero in bocca da sole.
“Sai bene cosa dice la legge, zia.” La mia voce smise di alzarsi di tono, si ruppe mentre una goccia salata mi solcava il viso.
Sapevo già cosa sarebbe accaduto a breve. Avrebbero chiamato una persona o due per casa tra i diciassette e i quaranta anni e l’avrebbero mandata in guerra a prescindere dal sesso, e nessuna tra Tori e Harriet possedeva i requisiti di età necessari. Non potevo di certo permetter loro di rimanere sole mandando me stessa al macello.
  
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