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Autore: Elissis    04/07/2017    0 recensioni
Un antico errore.
Un atto impunito e non dimenticato.
Il richiamo agrodolce di una vendetta sanguinaria, e la ferma resistenza di un equilibrio che non può crollare.
Cosa può fare un Primo Vampiro, quando capisce che la pace costruita minaccia di crollare? Cosa può fare una giovane Incantatrice quando sa che la vendetta significa sangue e fuoco?
Come si possono contrastare i sentimenti? Vendetta, odio, amore, famiglia, sacrificio.
Nessuno sa cosa il destino ha in serbo per loro, ma starà a loro trovare i mezzi per riuscire a superarlo.
Se vi piacciono le storie intricate in modo quasi patologico, drammatiche, piuttosto macabre e con introspezioni sentimentali complicate, Penso che la cosa potrebbe ineressarvi.
Genere: Azione, Dark, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 1: VAMPIRI.

-Si sente bene? riesce a sentirmi?-
Jake aprì gli occhi e riemerse dal buio viscoso dell’incoscienza in un unico, rabbioso, respiro.
-Mai stato meglio- ringhiò, scostando da parte il barista che lo osservava con sguardo angosciato. Lo afferrò per il bavero e impostò un affrettato contatto visivo con i suoi occhi scuri.
-Non sono mai stato qui, dimentica di avermi visto- sibilò, prima di lasciarselo alle spalle stordito e confuso.
Uscì dal bar quando il pieno della notte era ormai passato, ma l’aria calda dell’estate era ancora piuttosto greve e ne servì più di un boccone per lenire la rabbia di Jake. Avvertiva l’ira cavalcare rabbiosa, e la bestia che riposava in lui cominciava a scalpitare e ringhiare.
Con un gesto asciutto, si sistemò la maglia scura e lanciò uno sguardo affilato ai primi raggi di sole che occhieggiavano all’orizzonte.
Non era mai stato un tipo propenso al perdono.
Era molto, molto più portato alla fredda vendetta.
Con una smorfia predatrice, si incamminò nella notte.


Mentre il sole cominciava ad alzarsi e a riempire le strade, Il primo mormorio impastato della popolazione che si svegliava cominciava a ronzare nelle orecchie di Jake. Non che lui ci facesse troppo caso, a dire il vero. In quel momento il suo obiettivo era solo trovare la biondina rediviva e farla tornare esattamente dove lui credeva che fosse: sotto tre metri di terra.
Ancora irritato, Jake pigiò rapidamente il display del cellulare e se lo portò all’orecchio, continuando a camminare a grandi falcate.
Nessuna risposta.
Imprecando, ricompose bruscamente il numero. Mentre ascoltava l’attacco della segreteria telefonica, colse con la coda dell’occhio una cascata di capelli biondi, due occhi color nocciola marcati pesantemente dal trucco e un’espressione seccata su un volto familiare.
-Meredith- salutò con noncuranza, ascoltando per l’ennesima volta la sua chiamata cadere nel vuoto.
-Si può sapere dove diavolo sei stato?- reagì lei con voce acuta, incrociando le braccia al petto.
-In un bar- Jake fece un gesto rapido, come a liquidare l’argomento.
-Tutta la notte?- insisté lei, andando dietro al ragazzo che non mostrava la minima intenzione di rallentare il passo.
-Dannazione, perché non risponde nessuno?- ringhiò lui, rinunciando alla chiamata e ficcandosi il cellulare nella tasca del giubbino in pelle.
Meredith cacciò uno sbuffo insofferente –A casa c’è solo Markus. Cosa ti serve?
–Niente, va’ al diavolo.
La ragazza si materializzò prorpio di fronte a lui, costringendolo ad inchiodare di fronte alla sua occhiata di fuoco -Si può sapere che ti prende?- sibilò, mostrando i canini.
Jake trasse un profondo respiro tra i denti –Hai scelto il giorno sbagliato per essere bionda- rispose, lasciando Meredith momentaneamente senza una risposta pronta.
Procedettero per qualche metro in un silenzio teso, finché Jake si arrestò sul posto rigidamente.
 –Stai tentando di leggermi la mente?- chiese, in tono basso e minaccioso.
Lei si strinse nelle spalle con aria quasi annoiata.
Il ragazzo rimase a fissarla in cagnesco per qualche istante, soppesando la situazione. Nonostante fosse parte del gruppo da anni, ancora non si era abituato alla sua invadenza e spesso trovava irritante il suo dono di scovare i pensieri altrui.
Meredith si inumidì le labbra –Mi chiedevo solo cosa ci facessi qui, all’alba, con quell’aria … -si interruppe, cercando il termine adatto.
-Omicida?- suggerì lui, riprendendo a camminare.
La bionda annuì –Sì, credo possa andare-
Jake si aprì in un mezzo ghigno agghiacciante –Cacciavo- sussurrò, facendole l’occhiolino. Poi le voltò le spalle e fece per allontanarsi e chiudere la faccenda. Ma ovviamente non aveva considerato quanto fosse difficile avere a che fare con Meredith Race.
-Oh, ora ti metti a fare vittime anche alla luce del sole? Sei davvero indecente- criticò, con quella sua voce acuta, impossibile da ignorare.
-Non essere noiosa- ribatté lui con voce strascicata. Si passò una mano sulla nuca e con una smorfia ruotò il capo a destra e a sinistra.
-Che hai fatto al collo?- fece lei, dopo una pausa.
-Niente-
–ti hanno spezzato il collo- dedusse Meredith, quasi divertita.
Jake alzò gli occhi al cielo –Da quando ti interessa quello che faccio io?
-Oh, da quando hai deciso che dissanguare mezza città è un ottimo modo per tenere nascosta la nostra identità- fu la risposta sarcastica.
Spazientito, il ragazzo cambiò argomento con la pura e semplice intenzione di attaccare Meredith per farle chiudere la bocca-Come vanno le cose con Markus?
-Chi ti ha spezzato il collo?- domandò prontamente lei, ignorandolo
-Hmm- Jake mimò una smorfia dispiaciuta –Una domanda in risposta ad un’altra domanda. Devo aver toccato un tasto dolente.
-Finiscila- sbottò Meredith –Sei proprio uno stronzo.
Lui fece per chiudere quel discorso irritante, quando nella sua tasca dei jeans il cellulare cominciò a vibrare. Il display segnava un numero sconosciuto ma Jake cominciava ad avere un’idea di chi potesse essere. Da qualche parte, dentro di lui, un animale abbaiava per la rivalsa.
Con noncuranza accelerò il passo per chiarire che con Meredith aveva finito, e se lo portò all’orecchio.
-Buongiorno, splendore- esordì , con voce fredda.
-Dormito bene, Jake?-  rispose la voce insidiosa della biondina.
Lui diede una risata vuota e sarcastica –Facciamo un gioco, ti va? Ora tu mi dici dove ti trovi, e io vengo a spezzarti il collo-
-Mi piacerebbe giocare con te, ma ho altro da fare-
Jake arricciò le labbra –Sei stata tu ad aprire le danze, non puoi ritirarti sul più bello- sibilò con tono basso.
-Oh, ma io non mi sto ritirando- replicò lei, e una nota nella sua voce risuonò sinistra –Mi sto solo preparando per entrare in scena. Sai, è davvero difficile riuscire a trovare qualcuno che ti stia a cuore, mi domando perché la cosa non mi sorprenda.
Jake si inchiodò sul marciapiedi –Che cosa intendi dire?-
-Facciamo un gioco, ti va? Ora io spezzo il collo a qualcuno che conosci, e tu devi indovinare di chi si tratta.
In un unico, rapido gesto, Jake chiuse la chiamata e sparì.
Sapeva esattamente dove andare; sapeva che la ragazzina avrebbe cercato ogni modo per ferirlo, fisicamente ed emotivamente. C’era una sola persona la quale perdita avrebbe significato la rovina di Jake.
In un istante, si ritrovò davanti casa.

Jake aprì la porta di getto e irruppe nel salotto, pressato da un’angoscia che nemmeno lui si sarebbe mai aspettato. Quando posò gli occhi sul pavimento, vide un corpo scomposto a terra e si avvicinò con una sgradevole morsa che si stringeva sul suo stomaco.
-Oh- fece poi, deluso.
-Markus!- urlò una voce alle sue spalle. In un lampo Meredith fu accanto al corpo del ragazzo, con il suo capo appoggiato in grembo e un espressione angosciata negli occhi.
-Mi hai seguito?- la aggredì Jake, contrariato.
-Certo che ti ho seguito! Ho sentito la conversazione e non prometteva nulla di buono- sbottò lei in risposta, tenendo gli occhi fissi sul volto rigido di Markus. Sotto le sue dita, avvertiva già le ossa ruotare e scattare per ricomporsi in un terribile processo contro natura.
-Non è buona educazione origliare i discorsi altrui- fece Jake con sarcasmo, prima di voltarsi per uscire.
Nuovamente, Meredith gli apparve di fronte e, prima che lui potesse anche solo aspettarselo, lo colpì al petto e lo fece rovinare sul tavolino del salotto, mandandolo in pezzi.
Jake si rialzò lentamente, lo sguardo torvo e una piega feroce ad un angolo della bocca. L’atmosfera si fece densa e pesante, presagio di un’imminente scoppio.
-Levati dai piedi, Meredith - ringhiò, minaccioso.
-Scordatelo- sibilò lei in risposta.
Il silenzio che seguì fu inghiottito da una tensione repressa a stento, come un incendio sul punto di esplodere.
-Quel tavolino era del 1932- interloquì una voce, spezzando l’elettricità ostile fra Meredith e Jake. I due si voltarono per vedere comparire sulla soglia Elijah, accompagnato da Hortense, la quale ammirava con sguardo turbato il panorama in salotto.
-Qualcuno vuole spiegarmi cosa sta succedendo?- domandò Elijah, composto.
-Già, non sarebbe male- mormorò la voce dolorante di Markus , mentre si rialzava con una mano al collo.
-Vediamo, come posso spiegarlo in modo sintetico?- intervenne Jake, infilandosi le mani in tasca con fare spigliato –Qualcuno sta cercando di ucciderti- concluse, sfoderando un gran sorriso.
 
Elijah assottigliò gli occhi –Precisamente, chi è che si è messo in fila per me?
-E, soprattutto, perché ha spezzato il mio collo, se vuole uccidere Elijah?- intervenne Markus, indolenzito.
-Rilassati, ha spezzato anche il mio- minimizzò Jake, con un gesto noncurante –La prosciugherò anche da parte tua.
Meredith fece una smorfia indignata –Vi siete fatti spezzare il collo da un’umana?
-È un’Incantatrice- precisò Jake.
Lei inclinò il capo a destra –ha usato la magia per farlo?
Jake contrasse la mandibola –No- ammise, tra i denti.
-Appunto.
-Ragazzi.- intervenne Elijah severamente, mettendoli subito a tacere. Quando ebbe ottenuto silenzio incrociò le braccia e si rivolse a Jake –Chi sta cercando di uccidermi?
Jake diede uno sbuffo sminuente –Solo una ragazzina . Me ne occupo io.
-Perché la cosa non mi tranquillizza affatto?- ribatté Meredith, ancora indispettita.
-Anche se è solo una ragazzina- disse Elijah, alzando il tono di voce per tenerla a cuccia –Credo sarebbe buona educazione sapere chi vuole farmi fuori.
seguì uno stacco di silenzio, e l’attenzione si concentrò su Jake.
-D’accordo- sbuffò, incrociando le braccia al petto –È un Incantatrice che credevo di aver ucciso qualche anno fa.
-Evidentemente non è così- commentò Markus.
-Infatti- semplificò lui –In breve è tornata per vendicarsi.
Elijah corrugò le sopracciglia –Questo ancora non spiega perché ce l’abbia con me.
-Perché sei l’unica perdita che distruggerebbe Jake. Vuole la vendetta nel suo pacchetto completo: prima uccide le persone che gli stanno a cuore, e poi lo fa fuori- ragionò Hortense, sedendosi su una poltrona con calma.
Ci fu un altro stacco di silenzio, Elijah inarcò le sopracciglia con pacatezza –Sono lusingato, ma mi perdonerai se in questo momento non riesco a vederne il lato positivo.
-Ve l’ho già detto: me ne occupo io- ribadì Jake –È solo un’Incantatrice.
-Le incantatrici sono dotate di enormi poteri. Non sottovalutarle, non ti conviene- replicò Hortense, con voce piatta.
Jake sbuffò, ingoiando l’irritazione –Farò attenzione- ringhiò.
-Non hai capito cosa intendevo- ribatté Hortense–Non è più una questione personale, questa faccenda ha coinvolto tutti noi. Chi minaccia il nostro Primo Vampiro minaccia anche noi, quindi cerca di non essere stupido.
Lui allargò le braccia –Bene. Cosa vuoi che faccia, allora?- domandò, in tono di sfida.
-se stabilissi un contatto fisico con lei sarei in grado di percepire la sua Impronta, e avremmo almeno un’idea del nemico con cui abbiamo a che fare- fu la risposta.
Gli altri si scambiarono qualche occhiata. Non sempre le parole di Hortense erano comprensibili a tutti, nemmeno ad Elijah. Il suo dono era mutevole e imprevedibile, e lei stessa ammetteva che spiegarlo non era possibile, senza averlo provato sul proprio corpo.
In sintesi, da quello che Jake aveva capito, si trattava della capacità di estrapolare un “impronta” da ogni oggetto, animale, persona che si muoveva nei suoi dintorni. L’impronta era come una sorta di carta d’identità, le caratteristiche cambiavano di persona in persona e, nella loro complessità, erano in grado di descriverne l’essenza più intima.
-Saresti in grado di carpirne il potenziale magico?- chiese Elijah.
Hortense annuì –Ma dobbiamo prima localizzarla-
-Non so dove si trovi- ammise Jake, lasciandosi cadere su una poltrona.
-A volte l’impronta rimane tracciata anche sugli oggetti che si toccano. Se avessi già un quadro generale della sua impronta, dovrei poterla riconoscere anche ad una certa distanza- intervenne ancora Hortense, i grandi occhi fissi e fermi.
-Che cosa ti serve?- fece lui.
-Hai qualcosa che le appartiene?-
-No- rispose istintivamente Jake. Poi, come un fulmine a ciel sereno, un ricordo gli riaffiorò nella memoria  -Ho qualcosa che apparteneva a sua madre- sussurrò.
Elijah alzò gli occhi e inchiodò uno sguardo sondatore in quelli di Jake. Non diede voce all’interrogatorio che aleggiava tra i compagni, ma la sua espressione era chiaro indice di ciò che pensava. Aveva capito.
Lui non riuscì a sostenere il suo sguardo affilato e, davanti al terribile potere di  Elijah chinò il capo, schiacciato da quell’alone di gelida egemonia che il Primo Vampiro esercitava sui vampiri semplici.
Anche i suoi compagni cominciavano a tendersi sul posto, trattenendo il respiro senza essere in grado di staccare gli occhi da Elijah.
In quell’atmosfera gelida, la porta del salotto si spalancò di botto, una lama di luce penetrò nella penombra e l’aria calda fece irruzione, mandando a pezzi quell’istante freddo e ovattato.
-Buongiorno!- esclamò una voce squillante e allegra, in totale contrasto con l’aria grave dei presenti. Sulla soglia comparve Barrie, un gran sorriso stampato in faccia e un sacchetto di carta tra le mani pallide. Inarcò le sopracciglia e guardò con aria stupida le espressioni cupe dei suoi compagni.
-Bè, come mai così pallidi? Sembrate quasi vampiri!- esclamò, accennando una risata.
Nessuno rise.
-Dove sei stato?- sibilò Markus, gettandogli un’occhiataccia.
Lui scosse il sacchetto con aria soddisfatta –Ho comprato qualche marshmallow, sembra che agli umani piacciano da impazzire-
-Noi non mangiamo quella roba- gli ricordò acidamente Meredith.
-Be’, e cosa faremo quando avremo un ospite? Non possiamo certo offrirgli un bicchierino di sangue- replicò Barrie, in tono ragionevole.
Markus si rivolse direttamente ad Elijah –Perché quel tipo fa ancora parte del nostro gruppo?-
-Perché è tuo fratello- rispose lui, con voce piatta.
-Oh- Markus contrasse un angolo della bocca con fare ironico –Giusto. Dimenticavo-
-In ogni caso- riprese Hortense –spesso l’Impronta tra familiari è simile. Sarà molto più complicato, ma posso provare comunque a localizzarla-
-Quanto tempo ci vorrà?- chiese Meredith.
Lei scosse il capo –dipende. Se la ragazzina è nei dintorni forse qualche giorno, se è più lontana potrebbe volerci di più. O potrei non riuscirci affatto-
-La vuoi piantare?- sbottò Barrie, facendo sussultare i presenti, i quali si voltarono con aria perplessa verso il più giovane.
Lui si agitò un po’, a disagio, sotto lo sguardo stranito degli altri –è Markus- tentò di giustificarsi –Non fa che insultarmi-
-Prova a chiederti perché, pivello- ribatté l’altro, irritato.
-Oh, andiamo, che cosa ti ho fatto? Sei stato tu ad interrompere la nostra chiacchierata mentale, stamattina!-
Markus sgranò gli occhi –certo che l’ho interrotta, mi hanno spezzato il collo!- protestò, incredulo –saresti dovuto correre qui quando non hai ricevuto nessuna risposta-
-Oh, ecco cos’era quell’orrendo suono- si stupì candidamente il fratello –Credevo ti fossi semplicemente scontrato con qualcuno-
Markus lo guardò come si guarda uno psicopatico nel pieno del suo degenero mentale –Io lo uccido-
-Silenzio- tuonò Elijah, e i suoi occhi acquisirono una sfumatura rossastra.
I presenti tacquero all’istante.
-Jake da’ a Hortense quello che le serve e cominciate immediatamente a cercare l’Incantatrice, non voglio sorprese da parte della ragazzina- ordinò –Voi andate a caccia, le risorse stanno finendo- disse poi, rivolto a Markus e Meredith.
-e io, Elijah?- esclamò Barrie –che devo fare?-
Il Primo vampiro si voltò a guardarlo, composto –Tu va’ a sistemare quei dolci nella credenza. Se continui a tenerli in mano si scioglieranno.
Detto questo si voltò e scomparve nella sua stanza.
-Certo!- urlò Barrie, forzando un tono allegro –Me ne occupo io, dei marshmallow- mormorò, agitando debolmente il sacchetto.
 
-Tieni, questo è suo.
Jake tese qualcosa a Hortense
Lei prese con delicatezza una sottile catenella in argento, terminante con un leggero e fine pendente a decorazione floreale. Alzò gli occhi -quanti anni sono trascorsi da quando te ne sei appropriato?
Jake scrollò le spalle, distogliendo gli occhi.
-Jake- lo richiamò lei, cercando il suo sguardo –Ho bisogno della tua collaborazione, se vogliamo concludere qualcosa, d’accordo?
Lui assentì controvoglia.
-Quanto tempo è passato?- ripeté Hortense.
Jake esitò ancora qualche istante, nervoso -dieci anni.
Hortense alzò il mento, sopprimendo reazioni inadatte –gli anni del tuo “periodo”- dedusse, ostentando distacco quasi clinico.
-Si- confermò lui, brusco.
La ragazza annuì, scostando una ciocca castana dietro l’orecchio–Mi serve un attimo- annunciò.
Jake ne approfittò per uscire dalla stanza, nella quale l’aria gli era sembrata tanto rarefatta da essere irrespirabile. Sbatté la porta alle spalle, stringendo i denti in un tentativo di dissipare l’inquietudine che si dibatteva dentro di lui. Non gli piaceva rivangare il passato. Non gli piaceva parlare di quell’arco di tempo che precedeva i dieci anni di faticoso ripristino per una vita nel pieno della sua coscienza.
Ogni vampiro aveva un periodo. Inevitabilmente.
Nessuno, della loro razza, nasceva già istruito al controllo della fame, delle proprie capacità sovrastanti, dei sensi oltremodo sviluppati.
Nessuno.
Tutti provavano quella sete arida e inesaudibile di sangue, quel nettare così dolce e caldo, in grado di ridurre anche la mente più lucida allo stato degenerato dell’animale. Pochi avevano la fortuna di svegliarsi da quell’incubo e ancor meno erano quelli dotati della forza necessaria per strapparsi dalla natura bestiale, voltar pagina e rinascere in una nuova forma.
Jake era stato tra i fortunati. Era rinato.
Non di sua spontanea volontà, in realtà. Dopo la trasformazione in un essere infernale, il suo unico desiderio pressante e istintivo si stagliava sul monocromatico sfondo rosso del sangue.
Poi Jake aveva incontrato Elijah.
Non era stato un approccio pacifico. Jake aveva tentato di ucciderlo, quando lui gli aveva proposto di cambiare vita. Ma non sapeva contro chi si stava mettendo, non  sapeva che Elijah fosse un Vampiro Primo, un capo, un leader.
Lo aveva atterrato in pochi minuti, con una forza che lui non si sarebbe mai aspettato di incontrare, nemmeno nei suoi incubi peggiori. Lo aveva costretto, con la violenza, ad aprire gli occhi, a guardare la scia di sangue che si era portato nel tempo, a riconoscersi come bestia, animale, assassino.
E da quel momento, Elijah lo aveva preso sotto la sua ala. Lo aveva aiutato a redimersi, ottenendo progressivamente una faticosa collaborazione, lo aveva accompagnato in un percorso in salita, non privo di lacune e ricadute.
Ma non lo aveva mai abbandonato, nemmeno durante le crisi di sete, quelle stremanti reazioni di un corpo che innalzava al cielo il grido primitivo di un predatore affamato.
E poi Jake era rinato.
Ora non era più un assassino, ora si nutriva del sangue animale, o nei suoi momenti peggiori si limitava a strappare del sangue umano, senza però uccidere. Stava migliorando, lentamente.
Eppure, voltandosi indietro, seppur lontana dieci anni, la scia di sangue era sempre là, a ricordargli le sue vittime il loro terrore, la sua impietosa sete.
La porta della stanza si aprì, distogliendolo da quei pensieri cupi.
-Allora?- esortò.
Hortense fece una smorfia poco soddisfatta –è da molto tempo che tieni l’oggetto con te, la tua impronta si confonde con quella originale. Tutto quello che ho ottenuto è un impronta indistinta e slavata dal tempo-
-Quindi …- Jake si cacciò le mani nelle tasche dei jeans -… non sei riuscita a trovarla.
Lei contrasse appena le labbra –Non posso percepire la sua impronta in una distanza più ampia di cinque, forse sei metri-
Jake imprecò. Tutta quella faccenda lo stava seccando, rispolverare il suo taciuto passato di sangue non era affatto gradevole.
-D’accordo- annunciò a mezza voce, imponendosi la calma –la cercherò in città, non dev’essere molto lontana, se ancora vuole uccidermi.
-è esattamente per questo motivo che non dovresti esporti cercandola. Non sei immune ai suoi poteri, e ancora non conosciamo il nostro nemico- replicò Hortense, mantenendo un tono calmo per non agitare ulteriormente il ragazzo –Cerca di non essere impulsivo, potresti fare più danno che guadagno-
Jake sospirò -Che facciamo, allora?-
-Parliamone con Elijah. Lui saprà come agire-
-Hortense- Jake trattenne la ragazza, in procinto di raggiungere il Primo Vampiro. Tese una mano nella sua direzione, gli occhi fermi e decisi –La collana- impose con voce intransigente.
Interdetta dal suo tono brusco, lei esitò qualche istante. Poi prese la collana dalla tasca del suo maglione e gliela porse, tenendo gli occhi alti in quelli quasi aggressivi del compagno.
Jake strinse la catenella tra le dita –Andiamo.
 
   
 
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