Capitolo 4: Riflessione
La ciurma fissò assente
il capitano immobile, occhi offuscati al faticoso alzarsi ed abbassarsi del
tonico torace. Lentamente, Nami allungò una mano, prendendo una delle braccia
di gomma e soghiggnando in ripugnanza.
“Ne, Sanji-kun,
hai detto che puoi cucinare di tutto, vero?” chiese, un sorriso timido sul viso.
“Certo, Nami-san.” Replicò il cuoco,
prendendo una sigaretta dalla tasca prima di metterla fra le labbra. “Come vorresti
te lo preparassi?”
“Penso,” affermò Robin, avvicinandosi per guardare il ragazzo incosciente.
“Che dovresti abbrustolirlo.”
“Hm?” replicò
Nami, alzando un sopracciglio ed apparendo molto più che soddisfatta. “Sembra delizioso, Robin.”
Sanji annuì ancora, avviandosi verso i fornelli per accenderne uno,
mettendo il fuoco al massimo. In realtà, non sarebbe
stato tanto potente poche settimane prima, ma dopo il miglioramento di Usop
grazie ai flame dials, il fornello era decisamente più efficiente.
La ciurma aspettò
per pochi minuti che si scaldasse prima che Robin usasse la sua abilità del
frutto del diavolo per spostare il corpo del capitano svenuto più vicino alla
macchina. Infine, strappando la mano del ragazzo di gomma da quella di Nami,
Sanji aprì la porta del forno per ficcarcela dentro, sbattendola dopo, assieme
con la parte inferiore dell’arto allungato.
Prima che Rufy cominciasse
a svegliarsi, agitandosi e grugnendo dolcemente mentre la mano iniziava a bruciare
per il calore intenso. Se fosse stato una persona normale, avrebbe già urlato
agonizzante, ma non essendolo, stava iniziando semplicemente a sentire dell’autentico
dolore che gli passava sulla pelle.
Le palpebre pesante
si aprirono di scatto per rivelare gli occhi annebbiati mentre si svegliava
lentamente. Scuotendo leggermente la testa, grugnì, cercando di togliere la
mano dalla fonte del dolore. Ancora intontito dalle precedenti torture e dalle
droghe che Chopper gli aveva dato, gli ci volle qualche attimo prima di realizzare
che aveva il braccio intrappolato. Capì che gli altri lo circondavano ancora
e velocemente si costrinse a svegliarsi, voltandosi verso il fornello, con gli
occhi spalancati per lo shock mentre capiva qual’era la causa del dolore.
“Dannazione!!” imprecò a voce alto, cercando di tirare per aprire
la porta. Sanji alzò dal terreno
una delle sue lunghe gambe muscolose, premendo il piede sulla porta per tenere
il forno chiuso.
“Ah-ah,” mormorò
con voce cantilenante. “Nami-san e Robin-chan sono affamate. Un buon capitano
non lascerebbe morire di fame la sua ciurma tenendosi il cibo per sé, vero?”
Perle di sudore iniziarono
a crearsi sul viso di Rufy mentre rivolgeva invece l’attenzione su di lui, dandogli
un rude calcio, colpendolo alla sprovvista proprio in mezzo alle gambe. Sanji
si piegò tossendo piano, le mano premute sull’inguine dolorante mentre i feroci
occhi blu scoccavano occhiate verso Rufy. Anche se il suo corpo era ‘rinforzato’
dallo stato di possessione, non era difficile da danneggiare. Il giovane capitano
l’aveva notato a malapena, essendo riuscito a liberare la mano dal forno. Fece
un tentativo per raggiungere il lavandino, ma la strada venne interrotta da
Zoro. Le spade doppie si fecero avanti, mancando appena la stanca pelle di gomma
mentre lui evitava inciampando. Grugnì dolcemente mentre le spade colpirono
il viso, lasciandogli un taglio sottile e sanguinante.
Luffy restrinse gli occhi verso il suo primo compagno, cercando
di ignorare il palpito dolorante alla mano e al polso. Si teneva l’arto
vicino, quasi infilandoselo nel petto, cercando di resistere all’urgenza di
bagnarsi la pelle bruciata nel tentativo di raffreddarla. Chopper avrebbe potuto
aiutarlo una volta che tutto quello fosse finito.
Erano faccia a faccia
ora; il capitano ed il primo compagno. Lo spadaccino cambiò posizione per portare
un altro attacco e Rufy indietreggiò con un grugnito di dolore mentre obbligava
entrambe le mani ad unirsi a pugno. Preferiva la destra alla sinistra in battaglia,
ma con la prima bruciata e rossa, avrebbe dovuto cavarsela con l’altra. Forse
non doveva combattere? Zoro era sempre stato mentalmente forte, sicuramente
avrebbe potuto raggiungerlo se avesse tentato… Come se gli leggesse nella mente,
le labbra dello spadaccino si piegarono in un sorriso derisorio.
“Fa male, Capitano?”
“Tu non sei Zoro,” mormorò Rufy di rimando, anche se la sua voce era
leggermente tremolante. Quelle… Persone stavano agendo sempre di più come i
suoi nakama, ma qualcosa non andava bene.
“Non avevamo già risolto questa questione?” chiese Robin, alzando con
delicatezza un sopracciglio. “Pensi di essere un capitano così bravo da poter
evitare che la tua ciurma ti si rivolti contro? Io l’ho già fatto, no?”
“V-Voi non siete i miei nakama.” Affermò ancora Rufy, rifiutandosi di
incontrare i loro occhi. Dannazione! Anche i loro occhi erano differenti! Come potevano fargli
quelle cose guardandolo così preoccupati e fiduciusi??
“Voglio dire, per
quanto pensi avremmo potuto tollerare tutti i casini in cui ci metti sempre?!”
chiese improvvisamente Usop, furioso. “Quante volte hai combinato
qualcosa trascinando dentro anche noi?!”
“Voi non siete...” Rufy si fermò, prendendo
un profondo respiro e rilasciando un sospiro improvviso. “I miei nakama.”
“Come puoi esserne così sicuro?” chiese Nami, ispezionandosi le unghie
con attenzione. “Quanti altri soldi devi perdere per causa mia prima che me
ne vada, eh? Pensi che mi preoccupi di te più che del denaro??
Già.”
“Io ti rispettavo!”
aggiunse Chopper, le lacrime che brillavano nei suoi occhi, facendo spalancare
quelli di Rufy. “Ma viaggiare con te mi ha solo portato maggiori sofferenze!
Vengo considerato un mostro dovunque vado!”
“Chopper…” sussurrò Rufy, deglutendo. “Ti sei fatto dei
nuovi amici! Hai dimostrato che puoi combattere!”
“Non avrebbe dovuto combattere
od essere ferito nemmeno la metà di quello che è capitato se tu non fossi stato
così maledettamente irresponsabile.” Zoro fece una smorfia, rinfoderando le
sue spade ed incrociando le braccia sul petto mentre si allontanava di nuovo.
Aveva capito che le sue parole danneggiavano il ragazzo più dei suoi attacchi.
“A pensarci, sto seguendo un Capitano debole e patetico.
Penso che sia ora di separarci.”
Rufy deglutì con
forza, trattenendo le lacrime che quelle parole causavano. Senza i suoi nakama,
non era niente. Aveva imparato quella semplice regola tanto tempo prima. Poteva
rammentare con vividezza come si era sentito impotente mentre li aveva guardati
scomparire uno ad uno, sapendo che non avrebbe potuto fare nulla, non importava
con quanto impegno ci avesse provato. Ma lo sapeva! Sapeva che la sua ciurma
non l’avrebbe mai abbandonato! Quella non era
la sua ciurma! Il moro restrinse gli occhi, prendendo un lento respiro per calmarsi.
“Voi non siete i
miei nakama.”
La persone che lo
circondavano lo fissarono tetre, ovviamente non felici della frase.
“Vedo che dobbiamo
passare alla fase successiva,” affermò Sanji, con la voce soffice come la seta,
ma con una nota gelida. “Nami-san…?”
Nami dietro annuì,
scambiandosi un’occhiata con Robin. L’archeologa sorrise maligna prima di far
fiorire due braccia nel pavimento dietro il capitano. Le parti separate si mossero
veloci, e le dita sottili afferrarono le caviglie gommose in una presa, letteralmente
facendolo inciampare nei suoi piedi. Rufy atterrò duramente, avendo concentrato
la sua attenzione sull’avvicinamento di Nami, e prima che avesse una possibilità
di scappare, si ritrovò sdraiato di schiena, con le braccia tenute da Zoro e
Sanji e le gambe da Usop e Chopper. Nami sorrise ironica al capitano agitato,
scoccando un’occhiata ad Usop prima di mettersi a cavalcioni di Rufy. Usop si
mosse silenziosamente, inginocchiandosi dietro la testa di Rufy per tenerla
ferma. Un ghigno malevolo si aprì sulle labbra della navigatrice mentre premeva
con le ginocchia e con i gomiti, allungandosi in avanti, sul corpo del capitano.
“Allora, Rufy,” disse,
prolungando il suo nome mentre socchiudeva le palpebre. “Sei mai... stato con una donna, prima?”
Gli occhi di Rufy
si spalancarono e si ribellò alla presa d’acciaio della ciurma, ma per quanto
si sforzasse, scoprì di non potersi muovere affatto. Le prese su ogni arto si
sistemavano semplicemente per tenerlo al meglio. Gli ampi occhi neri ritornarono su Nami, ribollendo mentre la vedeva
iniziare a spogliarsi, e riniziò ad agitarsi.
“Basta!!” urlò, inarcando
la schiena ed allungando gli arti da far concentrare Zoro, Sanji e Robin per
riuscire a tenerlo fermo. “Maledizione, bastardi! Non so chi siate, ma non avete
il diritto di farle questo!! Basta!!”
“Ma io voglio
te, Capitano.” Sussurrò Nami lasciva, lasciando scivolare la camicia
sul pavimento, esponendo la parte superiore del corpo. Rufy sigillò gli occhi, rifiutandosi di guardare. Chopper approfittò
dell’occasione per lasciare la presa sulle gambe di Rufy, affidandola a Robin,
mentre trottava verso la sua borsa medica, frugandovi per estrarne una siringa.
Velocemente e con l’aiuto di Zoro, la iniettò nel collo di Rufy. Ci vollero
pochi minuti perché la droga facesse effetto, mentre l’agitazione del ragazzo
si calmava fino a farlo rimanere fermo. La ciurma si spostò, lasciano Nami avvicinarsi
ancora mentre si sistemava sopra di lui, ponendo il corpo sul suo, ormai coperto
solo da gonna e mutandine, col petto completamente nudo.
“Cos’era?” chiese
Zoro, passando lo sguardo da Chopper al capitano immobile.
“Una droga paralizzante,”
replicò la giovane renna, sorridendo ironica. Era innaturale sulla sua tenera
faccia. “Lo terrà fermo per un po’, ma potrà ancora sentire tutto quello che
faremo.”
“Bello,” Lo spadaccino
fece un sorrisetto accovacciandosi dietro Rufy, che riapriva le palpebre. “Goditi
lo spettacolo, Capitano.”
Rufy non rispose,
il corpo ora rilassato, ma ancora sveglio, il petto che si alzava ed abbassava
velocemente per i veloci ansimi. Non poteva lasciare che accadesse – non poteva! Era Nami!! La sua
nakama – la sua navigatrice! Nami non avrebbe voluto! Lui non voleva! Dannazione!
Perché non poteva muoversi??
Nami era ora petto
contro petto con lui, il mento posato sulle braccia incrociate. “Allora, Rufy,”
sussurrò, un dito che circolava sotto il collo di lui. “Perché non mi guardi,
huh? Non ti piace quello che vedi?”
Gli occhi del capitano rimasero concentrati sul soffitto. La droga avrebbe
anche potuto bloccargli i movimenti, ma poteva ancora fare dei piccoli spostamenti.
Nami si accigliò, scivolando sul suo corpo per essere faccia a faccia con lui,
tenendogli la testa con le mani.
“Ti ho sempre voluto,
Rufy,” miagolò al suo orecchio, succhiandogli un po’ il lobo prima di continuare.
“Da quando ti ho visto ad Arlong Park e tu mi hai salvato…”
Rufy rilasciò un
leggero grugnito, ma con la droga che correva nel suo sangue, non poté far altro
che guardare Nami chinarsi e premere le labbra sulle sue per baciarlo a lungo,
la lingua che scorreva sulla sua bocca, ancora insanguinata dalle battaglie
precedenti. Il cuore accellerò nel petto, il sangue corse sulle guance per colorargliele.
Non era uno che si imbarazzasse facilmente, ma quello era inaccettabile. Come
avrebbe potuto affrontare Nami dopo quello – dopo aver lasciato che accadesse.
“Che c’è che non
va, Rufy?” chiese la rossa, tubando e pulendo dal sangue le sue guance, con
gli occhi illuminati d’amore. “Non mi desideri?”
“Forse non gli piacciono
le donne…” commentò Sanji annoiato, un leggero sorriso attorno alla sigaretta
che stringeva tra le labbra, gli occhi tetri.
“Hm, forse no,”
disse Nami, mettendo il broncio in un’espressione ferita e sedendosi prima di
passare una mano sul corpo paralizzato del ragazzo. “Ed allora…”
“Be’, c’è un unico
modo per saperlo, no?” disse Robin, con la voce dolce ma minacciosa. Rufy non
poté fare altro che guardare impotente.
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Rufy si ingobbì ancora
mentre le memorie lo assalivano. Succhiò un profondo respiro, stringendo gli
occhi per concentrarsi solo sulle attutite conversazioni che risuonavano nella
cambusa. Ora lo sapevano. Tutti i suoi tentativi di impedirlo erano falliti.
Ora sapevano chi erano i colpevoli, l’avevano forzato sempre di più finché non
avevano ottenuto la risposta. Avevano scoperto che cosa avevano fatto e cosa
lui aveva permesso che succedesse. Cosa avrebbe pensato Nami? E Zoro avrebbe visto
quant’era debole...
Ora lo avrebbero
abbandonato?
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Non si era mai sentito
così umiliato in vita sua. Ogni parte di sé bruciava di indignazione, sulle
guance rosse le lacrime impetuose scendevano unendosi con le ferite, ognuna
che emergeva per il senso di colpa. Scivolavano velocemente per il peso, prima
di fuggire dalla pelle per spiaccicarsi sul pavimento di legno. Non si preoccupava
di trattenerle. Stava iniziando a recuperare la mobilità, ma non tentò ancora
di alzarsi. Quei… mostri avevano avuto il loro divertimento. Non erano i suoi nakama.
Altre grosse lacrime
fuggirono dagli occhi brucianti e Rufy restrinse gli occhi per la rabbia...
l’odio. Quelle
cose gli avevano fatto qualcosa di imperdonabile. Avrebbe potuto tollerare
la sua stessa violazione. Avrebbe sopportato il dolore alla schiena, per i morsi
che gli avevano dato per farlo divertire. Il forte rilassamento
dovuto alla droga di Chopper non era stato d’aiuto; ma la pelle di gomma aveva
dato un minimo disagio alla prima penetrazione di Zoro. Si era sentito come
a Little Garden, quando stava guardando i suoi nakama morire lentamente, coperti
di cera. Era stato capace di sedersi a bere un tè con quella stupida ragazzina
pittrice! Ma il senso di colpa che sentiva ora era molto più pesante. Avrebbe
potuto vivere se fosse stato lui e basta. Ma i suoi nakama… Lo avrebbero perdonato
per averli lasciato fare una cosa così terribile… Così imperdonabile? Avrebbe
potuto batterli nel momento in cui si fosse accorto che qualcosa non andava.
Però era quello che loro volevano. Non erano i suoi nakama, ma erano nel loro
corpo. Voleva che se ne andassero, voleva farli pentire di aver incrociato
la sua strada. Ed era ancora quello che volevano, però, ed aveva già ferito
abbastanza i suoi nakama lasciando che succedesse. Anche se avesse dovuto sopportare
il più grande dolore del mondo, non si sarebbe arreso. Non ora.
Li guardò in silenzio,
furioso, mentre Zoro e Nami si rivestivano. Il suo primo compagno e la sua navigatrice,
i primi due membri della sua ciurma – i due che erano stati con lui fin dal
principio. No. Era intollerabile. Ma combatterli adesso non avrebbe significato
niente. Avrebbe sopportato,
perché ferirli ora avrebbe dato loro solo ciò che volevano. Avrebbe aspettato ed avrebbe sofferto, ma non gli importava. Poteva
sopportarlo. Avrebbe superato
la notte e sarebbe sopravvissuto per vedere cosa il mattino gli avrebbe portato.
Se la sua ciurma lo odiava, avrebbe lavorato per riacquistare di nuovo la loro
fiducia. Ce l’aveva una volta, avrebbe potuto riaverla. Se quelle cose dicevano
la verità ed i suoi nakama erano infelici ad averlo come capitano, avrebbe tentato
qualcosa, ma quello che non avrebbe fatto, sarebbe stato arrendersi.
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Rufy si morse duramente
il labbro inferiore. Sembrava ironico, ma ora, da solo sul ponte senza immediata
protezione, si sentiva alla fine rilassato. Calmo a sufficienza da rivivere
quelle orribili memorie, sapendo che nessuno l’avrebbe toccato nei prossimi
minuti o cercato di avvicinarsi a lui.
Gli occhi neri e
spiritati si mossero, guardando la luce che filtrava dalla cambusa della Merry.
Poteva sentirli parlare ancora, mormorare assieme, cercando di immaginare chi
avesse fatto cosa. Sapeva che erano più preoccupati di prima. I minuti successivi
avrebbero deciso se il loro viaggio fosse terminato.
Il pensiero di dover
di nuovo navigare quelle acque lo faceva tremare visibilmente. Le sue mani sanguinanti
avevano graffiato il corrimano della Merry. Usop non l’aveva notato, o non poteva vederlo. Rufy non era sicuro
di quale fosse l’ipotesi corretta. Si chiese come avevano
reagito quando l’incantesimo era svanito, o se, come aveva immaginato una volta,
non fosse stato solo una sua fantasia; un’illusione per farlo impazzire. Grugnì
dolcemente quando una lunga scheggia si infilò sotto il pollice dal legno rovinato.
Fissò con attenzione per un paio di minuti la sottile linea di sangue che scorreva
dalla puntura. No. Quel danno era reale come quelli che gli erano stati inflitti.
Aveva dubitato di
molto prima, dalla sua abilità alla fedeltà della sua ciurma. Come non avrebbe
potuto, però? Alla fine, lo avevano davvero imbrogliato. Che razza di capitano
era, se confondeva la sua ciurma con quegli stupidi fantasmi? Non importava
che potessero ingannare la sua memoria o la sua ciurma – lui avrebbe dovuto
vederci attraverso.
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“C’è qualcosa che
non va, Rufy?”chiese Chopper, la sua voce così sinceramente preoccupata che
causava un’altra nuova ondata di lacrime arrabbiare. “Perché stai piangendo?”
“N… Non… m’nak’ma…”
Balbettò Rufy, la bocca ancora impastata e lenta. Lentamente allungò le gambe,
combattendo per recuperare il controllo del suo corpo mentre gli effetti della
droga paralizzante iniziavano a svanire.
“Cosa..?” disse la piccola renna, con la voce piena di shock. “M-Ma avevi detto
che eravamo nakama! Rufy… Tu… Tu hai detto…!”
Il giovane capitano
sbatté le palpebre con forza, gli occhi che si trascinavano su di lui. Lo aveva chiamato ‘Rufy’? Poteva essere che
i suoi nakama... fossero tornati? “Cho… pper?”
Il dottore annuì,
gli occhi pieni di lacrime. “Perché, Rufy?” disse, con voce sottile e ferita.
“Perché ci hai fatto questo…?”
“Fatto... Questo...?” disse lui, prima
di spalancare gli occhi. “C-Chopper??” Poteva davvero essere Chopper? Il vero Chopper??
“Bastardo!” sibilò
improvvisamente Sanji, una Nami piangente stretta fra le braccia. “Idiota!Come hai potuto?! Noi credevamo in te!”
“N-No… non è –
c’era qualcosa dentro di voi!” ribatté Rufy, alzandosi debolmente, forzando
il corpo a riprendere a lavorare. “Vi controllavano!”
“Stronzate!” ruggì
il cuoco, rilasciando la presa di Nami mirando a Rufy. Però Zoro lo intercettò,
trattenendolo e facendolo grugnire dallo sforzo.
“Oi,” abbaiò. “Non è il modo di
risolvere le cose.”
“Zoro…” disse
Luffy, sospirando sollevato. Poteva sempre contare su di lui. “Devo credermi…
Volevano che vi facessi del male, ma io no, così--”
“Così cosa?” interruppe
Zoro, la voce secca ed arrabbiata. “Ci hanno fatto scopare?!”
Un lieve rossore
tinse le sue guance, ed allora Rufy deglutì, cercando di sciogliere il nodo
alla gola.
“Non... Non è così,”
disse Rufy, fissando ogni membro della ciurma prima di fermarsi su Nami, seduta
al tavolo, le lacrime che scorrevano sul viso. Lentamente le si avvicinò, inciampando
sulle gambe deboli. “Nami, Io--”
“Non toccarla!” urlò
Sanji, liberandosi dalla stretta di Zoro e mettendosi a protezione della navigatrice.
Rufy deglutì con forza, le mani tremante. Era sbagliato! Non gli aveva fatto del male!
Non li aveva... violentati
– loro avevano violentato lui – aveva le ferite a dimostrarlo! Ma allora, perché i suoi nakama stavano mentendo?? Aveva... davvero
fatto quello a Nami e Zoro?? No! Mai! Dannazione, era tutto
così confuso! Ma... Nami stava piangendo, e lui aveva promesso a quel vecchio
con la girandola di non farla mai piangere…
“Nami…” disse,
deglutendo all’indietro il nodo alla gola, “Voi tutti, posso spiegare...”
“Non vogliamo le
tue scuse,” sibilò Sanji, gli occhi stretti. “Ti faremo pagare per tutto quello
che ci hai fatto passare, e quando avremo finito, ce ne andremo.”
“Voi dovete... Farmi
spiegare!” li pregò Rufy, inciampando all’indietro mentre le sue gambe deboli
lo abbandonavano, la visione che sfocava per le nuove lacrime che gli salivano
agli occhi. “Non è così!”
Si mosse nel tentativo
di rialzarsi, ma si scontrò con la punta della spada di Zoro, e perse il fiato
quando incontrò i suoi occhi. Di sicuro Zoro gli credeva..? Zoro gli aveva sempre creduto, anche quando era l’unico.
“Mi dispiace, Rufy,”
disse freddamente, stringendo la presa sulla spada, gli occhi stretti. “Come
ho detto, ti avrei seguito fino a realizzare il mio sogno.” Gli occhi smeraldo
si strinsero come fessure, la nocche sbiancarono, il pugno sul manico della
katana. “Ma non voglio seguire con capitano disgustoso come te.”
Rufy aprì la bocca
per protestare, pregare, supplicare se avesse dovuto. Ma prima di averne la
possibilità, la spada di Zoro lo colpì al petto, tagliando con facilità la sua
pelle di gomma non protetta. Rilasciò un urlo inumano mentre cadeva all’angolo,
tossendo sangue e contraendosi per il dolore. Prima, i tagli avrebbero potuto
essere profondi, ma niente che non potesse sopportare, ma questa volta sentì
come se l’intero petto fosse stato accoltellato con spade incandescenti.
La ciurma lo guardava
in silenzio mentre si contorceva per respirare, non osando muovere il suo corpo
per la paura di peggiorare la sua ferita letale. Incapace di sopportare maggiormente
il dolore, Rufy cercò di alzare la testa, rilasciando un gemito soffocato di
dolore prima di vedere infine la ferita. Il suo fiato si bloccò nella gola e
gli occhi si aprirono in genuino orrore quanto vide il profondo taglio nel petto.
Con la precisione che aveva solo un vero spadaccino, Zoro lo aveva aperto in
due. Dalla metà del petto fino all’inguine, poteva quasi vedere i suoi
organi interni.
"Non preoccuparti,
Capitano,” disse Zoro, nessuna traccia nella sua voce di qualcun’altro o qualcun’altro
dentro di lii, mentre si chinava su di lui con un sorriso. “Non ti farò danni all’interno. Mi limiterò a ‘aprirti’.”
Luffy inghiottì la
saliva, tutto il corpo che tremava per lo shock ed il dolore. Non poteva essere accaduto. Doveva essere un sogno – doveva. La
sua ciurma non avrebbe – non avrebbe!
"Allora,” intervenne
Usop, come se fosse un giorno qualunque. “Qualcuno vuole condurre le operazioni?”
"Sai,” sorrise Sanji,
rilasciando la presa protettiva su Nami. “Sembra diverente.”
La ciurma si mosse
per inginocchiarsi in cerchio attorno a Rufy, ed il sorriso di Sanji aumentò
mentre lo afferrava per la pelle gommosa e costringeva la pelle ad allargasi,
lasciandogli un buco nel petto. Il giovane urlò di dolore, ed il corpo si agitò
causando ancora più dolore e sangue priva di scivolare giù, pallido, tremante
ed esausto. I suoi occhi erano vuoti ed una sottile linea di sangue scorreva
chiara all’angolo della bocca, per la testa era voltata a destra.
"Non lasciarlo morire
finché non avrò finito, okay, Chopper?” sogghignò Zoro, prima di far scivolare
la mano nel corpo aperto del ragazzo.
Rufy urlò ancora,
strattonando il corpo mentre tossiva altro sangue, tremando di shock per la
mano estranea, che gli stritolava gli organi in angoli assurdi, piagnucolando
umilmente alle risa della ciurma quando le estremità di gomma ritornavano al
loro posto. Lo facevano ad istinto. Voleva scappare. Non voleva combattere
più, aspettava di andarsene e basta, doveva. Zoro ignorò i suoi patetici gemiti
di sconfitta, estraendo le mani coperte di sangue e strusciandosi leggermente
le dita.
“Ha fatto un rumore,”
affermò, trattenendo l’impulso di sorridere. “Vuol dire che ho perso?”
Rufy gorgogliò altro
sangue mentre Chopper cercava di tenere l’emorragia sotto controllo ed il resto
della ciurma rideva del suo dolore. Smisero momentaneamente il gioco per dare
al dottore il tempo di stabilizzare il ‘paziente’ in maniera che potessero continuare.
La piccola renna gli fece un’altra iniezione, controllando che non ci fossero
bolle d’aria nella siringa, prima di premerla sul collo di Rufy. Dopo pochi
minuti, i respiri affannosi del ragazzo diventarono profondi e veloci, gli occhi
socchiusi.
“Cos’era?” chiese
Nami, con il mento sul palmo.
“Un’altra droga. L’ho inventata io
qualche tempo fa,” replicò Chopper. “E’ prodigiosa contro il dolore e funziona
come un anestetico senza farlo addormentare. È così forte che potrebbe ucciderlo,
ma, eh,” alzò le spalle. Sarebbe morto comunque quella notte. “Ci dovrebbe dare
ancora altro tempo per giocare.”
“Bene,” rispose Nami,
attorcigliando le dita attorno ai capelli di Rufy in un gesto sprezzante.
"Oi, guardate,” disse Usop improvvisamente, indicando il suo petto,
che si alzava ed abbassava irregolarmente, permettendo di vedere le pulsazioni
al di sotto.
"Sapete,” intervenne
Sanji, prendendo una sigaretta dalla tasca davanti ed accendendola in un attimo,
in movimento. Fece una lunga aspirata prima di continuare. “E’ probabilmente
l’unico uomo a cui si possa davvero guardare il cuore per bene da vivo.”
"Vedi, cuoco, potresti
aver ragione,” sorrise ironico Zoro, prima di rinfilare le mani imbevute di
sangue nel corpo di Rufy. Seguendo le istruzioni di Chopper, spinse le mani
sopra, sorridendo nel premere i suoi polmoni e riducendo la sua respirazione.
Prendendosi solo un momento di divertimento per i suoi respiri faticosi, lo
spadaccino spinse leggermente la mano, raggiungendo finalmente il suo obiettivo.
Rufy si contorse violentemente mentre la mano si chiudeva attorno al cuore tremante
e Robin fece velocemente fiorire numerose braccia da aggiungere alla ciurma
che lo teneva fermo per quanto possibile. Nami gli allungò la testa in maniera
che potesse vedere Zoro che allungava l’organo oltre misura, facendolo uscire
di pochi centimetri prima che una scossa violenta attraversasse il suo corpo
ed i suoi occhi diventassero bianchi, garantendogli almeno il sollievo dell’incoscienza.
Lentamente e con attenzione, Zoro mantenne la presa sul cuore, sorridendo
al fatto che si allungasse come il resto del corpo. Da quel posto, tutti potevano
vedere l’rogano tremante. L’equipaggiò era meravigliato che pompasse ancora
nella mano di Zoro Roronoa, prima che Usop lo colpisse e poi alzasse le spalle.
"Eh, il gioco non
è più divertente,” sospirò, con gli occhi indirizzati verso Rufy. “Non è più
sveglio.”
Guardando in giù,
la ciurma notò che era proprio svenuto anche se il suo corpo era ancora scosso
dalle convulsioni. Con una smorfia, Zoro rimise il cuore nel petto, pulendosi
il sangue dalle mani sulla maglietta da notte strappata di Rufy prima di voltarsi
verso gli altri.
"Ed ora?”
Il sangue si allungava
sul pavimento attorno al capitano immobile, la bocca spalancata in un urlo silenzioso,
bruciature e lividi neri che gli decoravano il corpo. Un ricordo degli eventi notturni.
"E’ bravo da morto,”
replicò Nami in tono annoiato, esaminandosi le unghie. “Dovremo pulire i nostri
ospiti e rimetterli a letto. Sono sicura che ci ringrazieranno quando capiranno
il favore che gli abbiamo fatto.”
"Già,” mormorò Usop,
avviandosi verso il bagno. Lo seguirono una serie di accenni d0assenso mentre
la ciurma si muoveva dietro di lui. Sembrava che il divertimento notturno fosse
finito. Non c’era motivo di rimanere a finirlo se non era più sveglio per accorgersene.
Anche se fosse sopravvissuto, non sarebbe rimasto un capitano ancora a lungo.
---
Rufy tossì l’ultimo
rimasuglio di bile, asciugandosi la bocca prima di affacciarsi oltre la nave
per ansimare leggermente mentre la nausea passava. Radunando quanta saliva poteva, sputò oltre il parapetto, cercando
di liberarsi del sapore rancito di vomito. Le memorie lo avevano colpito duramente.
Era la più vivida in mente, anche se era a malapena cosciente. Il suo petto si sollevò
mentre il dolore fantasma lo colpiva, così reale. Alzò una mano sulla camicia, immergendo le dita sotto il tessuto
per toccare i punti che tenevano strettamente la cicatrice. Dopo un altro paio
di profondi respiri, estrasse la mano e cercò di calmarsi, guandando alle acque
leggermente discontinue. Aveva ascoltato la ciurma, benché sapesse che non erano
loro, e conosceva le sue opzioni.
“Tu sei l’unico
che può batterli – possiamo aiutarti, ma tu sei l’unico che puoi decidere
se stare meglio oppure no”
Le parole di Ace
gli risuonarono in testa ed i suoi occhi si restrinsero leggermente per la determinazione.
Non si sarebbe fatto fregare di nuovo. Non era stata la sua ciurma. Non gli importava quanti flashback avrebbe
dovuto sopportare, quanti giorni, settimane, mesi, o anche anni ci avrebbe impiegato.
Sarebbe tornato tutto a posto. Avrebbe affrontato
di nuovo quelle cose, anche se l’avrebbero ucciso. Avrebbe parlato alla sua
ciurma e risposto alle loro domande, e lentamente, forse, poteva riottenere
quello che aveva perso.
Con una nuova determinazione
e fuoco negli occhi, Rufy marciò verso la cambusa, ignorando le gambe tremanti.
Esitò solo un secondo alla porta prima di aprirla silenziosamente ed entrare.
Deglutendo con forza per darsi coraggio, si avviò verso il tavolo rovinato e
si fermò dove Zoro era seduto, sulla panca. Tremò leggermente all’eccessiva
vicinanza ma respirò profondamente, tenendo la testa chinata. Gli occhi di tutti
erano concentrati su di lui, il silenzio freddo e pensante, fino ad essere finalmente
rotto dalla voce soffice del capitano. Era debole e aspra, ma ancora attraversata
da una determinazione che non avevano più visto da quando era iniziato tutto.
“Voglio tornare indietro.”
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Note del traduttore:Ciao a tutti! Questo capitolo è stato proprio un parto, sia per me che per voi lettori, immagino. Ma finalmente eccolo qui! Ho avuto notizie dall'autrice: purtroppo nell'ultimo periodo ha avuto dei problemi che le hanno impedito di dedicarsi come avrebbe voluto alla scrittura amatoriale, ma vi ringrazia tutti per le vostre splendide recensioni e ci tiene a rassicurarvi che questa storia vedrà la fine al più presto, al massimo altri quattro capitoli. Perciò continuare a seguire la storia con fiducia! E grazie ancora a tutti voi che la seguite anche da parte mia, fa sempre piacere aver fatto del lavoro utile a qualcuno ^^ Alla prossima!