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Autore: Eridani    07/07/2017    4 recensioni
Lestrade è in difficoltà; nemmeno Sherlock sembra riuscire a sbrogliare il caso. C'è bisogno di un altro aiuto.
[Mystrade]
[Storia partecipante al contest "C'era una volta... Sherlock Holmes!" indetto da MadameT sul forum di Efp]
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sally Donovan, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«E per una volta anche il nostro infallibile Sherlock assaggerà l'amaro sapore della sconfitta. Riderei se non fossi così disperato.» disse Lestrade, portandosi una mano alla fronte.
«Se la tua squadra non fosse composta di soli idioti, forse non dovresti fare così tanto affidamento sul sottoscritto.» rispose il miscuglio di carne e vestaglia raggomitolato sul divano.
«Non lo badare.» arrivò la voce di John dalla cucina «È sempre così quando non riesce ad ottenere ciò che vuole.»
«Forse dovresti smetterla di dargli corda. Il nostro bambino deve crescere.» commentò l'ispettore, guadagnandosi un grugnito irritato da parte della massa informe e un sorriso divertito da parte del dottore, che stava giusto rientrando in soggiorno con il tè.
«A volte è divertente. È come avere un gatto: occupa il mio posto sul divano, trovo capelli dappertutto e ogni tanto mugugna.»
«Non perdo poi tutti questi capelli.» disse Sherlock, lievemente offeso.
L'ispettore afferrò la tazza offertagli e ne bevve qualche sorso, mentre i due uomini erano occupati in una delle loro comiche schermaglie domestiche.
«Ragazzi, non litigate, per favore.» si intromise poi Lestrade; non aveva tempo da perdere «Allora, Sherlock, non c'è altro che possiamo fare?»
«Se solo avessi fra le mani il video delle telecamere di sorveglianza...»
«Ci abbiamo provato, ma quei bastardi hanno messo in mezzo gli avvocati.»
Sherlock si raggomitolò ancora di più, cominciò a tremare come una molla sul punto di scattare; poi, d'improvviso, si voltò sull'altro fianco, gli occhi fissi sull'ispettore.
«C'è una persona che potrebbe darci una mano.»
Lestrade aveva già visto quell'espressione disgustata sul volto del detective.
«Lo chiamo io.» si offrì, conscio che Sherlock non si sarebbe mai abbassato a farlo. E se compiere quella telefonata non gli sembrava poi un compito così spiacevole, a quello cercò di non pensarci.
«Stai attento, è pericoloso.»
Lestrade si fece dare il numero da John - il suo coinquilino non aveva voglia di ripescare il cellulare dalla tasca della vestaglia.
Bastarono due squilli.
«Buongiorno, ispettore.»
«Mycroft. Non voglio nemmeno immaginare come tu faccia ad avere il mio numero.»
«Un'informazione semplice da ottenere. E utile, in caso Sherlock finisca nei pasticci. Ma basta chiacchiere. Immagino mi abbia chiamato per un motivo?»
Lestrade gli fece un breve e veloce resoconto della situazione. Se Mycroft avesse voluto saperne di più, sarebbe stato perfettamente in grado di reperire qualsiasi altra informazione.
«Capisco. Manderò una delle mie assistenti al 221B di Baker Street, così potrà far vedere il video a mio fratello. So quanto è difficile farlo muovere quando è in quello stato.»
Il tono di Mycroft rivelava tutto il suo rassegnato rimprovero.
«Te ne sono grato.»
A quelle parole, Sherlock scosse la testa, allo stesso modo di un genitore quando vuole far notare al figlio quale grande errore abbia appena commesso.
«Posso convertire la sua gratitudine in un favore, ispettore?»
In quel momento Lestrade comprese il suo sbaglio, ma ormai non poteva tirarsi indietro.
«Basta che non sia nulla di pericoloso o sconsiderato, come fare da babysitter a Sherlock o uccidere qualcuno.»
«Per entrambi i compiti ho già trovato delle persone più adatte, non si preoccupi. Inoltre non la metterei mai nella posizione di compiere degli atti illegali - e con questo mi riferisco al primo incarico.»
Lestrade rise.
Dietro di lui Sherlock grugnì e si voltò nuovamente sull'altro fianco, dandogli le spalle; a John andò di traverso il tè.
«Cosa avevi in mente?»
«Dovrebbe incontrare una persona. È in difficoltà, ma per quanto io abbia tentato di consigliarla, non mi ha voluto dare retta. Speravo lei potesse parlarci e darle una mano.»
Lestrade si stupì della strana richiesta. Onestamente, non sapeva nemmeno lui cosa aspettarsi, ma quella era certamente l'ultima cosa che avrebbe mai potuto passargli per la testa.
«Puoi di sicuro trovare qualcuno di più adatto.»
«Le assicuro che lei fa proprio al caso suo.»
«Senti, non-» cercò di ribattere, ma Mycroft non lo lasciò finire.
«Mi scusi, ispettore, ma ho un sacco di cose di cui occuparmi. La mia assistente le farà avere il video che mi ha chiesto, insieme ai particolari dell'incontro. Buona giornata.»
Lestrade non fece in tempo a salutare, che la telefonata terminò.
Cosa non si fa, pensò, per lavoro.

«Si può sapere come diavolo hai fatto?» gli chiese Donovan.
Lestrade era tornato alla centrale con in volto un'espressione di grande sollievo e soddisfazione, accompagnato dall'orgoglio per essere riuscito ad incriminare il colpevole.
«Un favore da parte di un conoscente.» rispose evasivo.
«Beh, me lo terrei molto stretto questo "conoscente". E questo cos'è?»
Donovan prese in mano il foglietto con su scritti l'orario e il luogo dell'incontro.
«Sei libera questa sera?»
«Cosa ti frulla per la testa?» domandò sospettosa.
«Speravo potessi darmi una mano.»
Donovan aspettò che si spiegasse meglio.
Lestrade si appoggiò allo schienale, la testa inclinata all'indietro come a pregare il cielo che l'agente accettasse la sua richiesta.
«È per il video. Devo fare una cosa in cambio.»
«Nulla di pericoloso, spero.»
«Devo solo prestare un orecchio a una persona. Tu sei molto più brava in queste cose. Non è che mi daresti il cambio?» quasi supplicò «Ti prometto che la prossima volta che usciamo, ti offro un paio di giri.»
Donovan scosse la testa.
«Niente da fare. Te la sei andata a cercare.»
«L'ho fatto per risolvere il caso!»
«Certo, è per questo che sei uno dei migliori e noi siamo felici di averti. Ma non vuol dire che puoi scaricare su di me la patata bollente.» lo ammonì bonariamente il suo sottoposto «E poi sono preoccupata per la tua dieta. Per una volta goditi una cena come si deve!»
«Sì, mamma.»
«E mettiti il completo che indossi quando incontriamo i giornalisti.» gli consigliò, prima di lasciare l'ufficio con uno strano luccichio negli occhi.
Quell'ultimo commento lo mise all'erta. Si era così immerso nel lavoro, da dimenticarsi di controllare in quale ristorante avrebbe dovuto presentarsi.
Una veloce occhiata bastò.
Dannato Mycroft.

Mentre il cameriere lo stava conducendo al tavolo, Lestrade si guardò intorno.
Si prospettava una serata molto diversa dal solito, ma l'atmosfera calda e il cibo a prima vista delizioso lo stavano quasi convincendo che, dopotutto, non sarebbe andata poi così male.
Il suo ottimismo svanì quando il cameriere gli indicò la sua sedia.
«Si può sapere che diamine ci fai tu qui?»
«Buonasera, ispettore.» lo salutò l'uomo, con un piccolo sorriso sulle labbra e un tocco di qualcosa simile a preoccupazione negli occhi; ma subito questa svanì.
Lestrade lo fulminò con lo sguardo - cercando di ignorare come quel completo chiaro, sicuramente fatto su misura, stesse benissimo all'uomo.
«Mycroft, non erano questi gli accordi.» affermò indignato.
«Le ho detto che avrebbe dovuto incontrarsi con una persona, ed eccomi qua.»
Lestrade non provò nemmeno a ragionare con il maggiore degli Holmes: non aveva le forze di cominciare un diverbio che, lo sapeva ancora prima di cominciare, avrebbe sicuramente perso.
«Dimmi cosa vuoi e facciamola finita.»
«Nulla di più di quello su cui ci siamo accordati. Si sieda, la prego.» lo invitò Mycroft, facendogli segno con la mano.
Lestrade cedette. Poteva essere testardo e impuntare i piedi quando voleva, ma sapeva quando mollare la presa. E Donovan aveva ragione: caffè, birra e cibi pronti non erano il massimo per la sua salute.
«Se proprio dobbiamo andare avanti, fammi almeno il piacere di darmi del "tu". Il "lei" mi fa sentire ancora più vecchio.»
«Non dovresti preoccuparti così tanto della tua età, Gregory. I tuoi anni li porti benissimo.» lo complimentò.
Lestrade afferrò il menù e lo aprì, cercando, inutilmente, di nascondere il suo imbarazzo. Non riusciva a capire a che gioco stesse giocando Mycroft. Voleva metterlo a disagio, questo era certo, ma il motivo gli sfuggiva. Non poteva però negare che sotto sotto non si fosse affacciato anche un tocco di piacere.
«Questo tipo di discorsi... non ci sono più abituato. E non sono adatti a questa serata.»
«Quale tipo di discorsi?»
Lestrade decise di prendere il toro per le corna. Prima avrebbero finito di parlare, prima avrebbero potuto ordinare.
«Adatti ad un appuntamento, ecco. Possiamo ora parlare di altro?»
«E che tipo di incontro sarebbe il nostro?» continuò Mycroft, intenzionato a non mollare la presa. Appoggiò il volto sul palmo della mano e guardò fisso l'ispettore.
Lestrade si sentiva allo stesso tempo attratto e spaventato.
«Questa domanda dovrei farla io a te.»
Mycroft sorrise.
«Perché hai eliminato la possibilità che questo sia un appuntamento?»
La voce era seria; quegli occhi lo stavano scrutando, come se intenzionati a leggere ed esaminare ogni sua singola mossa, ogni minima variazione di espressione sul suo viso.
«Perché di solito entrambe le parti sanno di essere ad un appuntamento, Mycroft.»
«Interessante risposta. Ti sei appigliato ad una norma comportamentale, l'accordo fra due persone, invece di dire semplicemente che non saresti interessato ad approfondire la nostra conoscenza in tale verso.»
Dannato Mycroft. Dannata la sua famiglia. Dannati tutti gli Holmes viventi, vissuti e che vivranno.
E dannato lui stesso, che si era fatto mettere nel sacco.
«Oddio. Tu lo sapevi già.» affermò accusatorio. Il fatto che Mycroft avesse dedotto la sua crescente attrazione nei suoi confronti lo fece rabbrividire.
«Lo sospettavo.» disse Mycroft, rilassandosi e prendendo finalmente in mano il menù.
«E adesso cosa intendi fare? Usare questa informazione a tuo vantaggio? Cosa vorresti ottenere?» chiese, controllando a stento la voce.
«Gregory.»
Era la seconda volta che sentiva il suo nome uscire da quelle labbra e, povero lui, stupido lui, non capiva come una sola parola riuscisse a farlo immediatamente calmare.
«L'unico vantaggio che voglio ottenere è quello di godermi questa serata in tua compagnia. E, sempre che anche tu lo voglia, ripetere l'esperienza.»
Non riusciva a scorgere nessun accenno di bugia in quelle parole; anzi, negli occhi chiari solitamente freddi e inespressivi poteva di nuovo scorgere quel tocco di preoccupazione che aveva fatto capolino a inizio serata.
«Al telefono hai detto che quella persona era in difficoltà e aveva bisogno di aiuto.»
Mycroft si lasciò andare ad un sorriso amaro.
«Tenere alle persone non è un vantaggio.»
Immediatamente comprese. Le difficoltà, il timore, l'incertezza, il pericolo, la paura...
Ma poteva esserci anche dell'altro. E Lestrade era intenzionato​ a farglielo capire.
«Forse è giunta l'ora che lo diventi.»

"Lestrade non risponde al telefono. Ne deduco che il piano abbia avuto successo. Io ho fatto quello che dovevo, ora mi aspetto che tu mantenga la tua parte dell'accordo. SH"

"John vi fa le congratulazioni. SH"

   
 
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