Fumetti/Cartoni americani > Teen Titans
Ricorda la storia  |       
Autore: edoardo811    07/07/2017    2 recensioni
Quello che sembrava un tranquillo viaggio di ritorno alla propria terra natale si trasformerà in un autentico inferno per i Titans e i loro nuovi acquisti.
Dopo la distruzione del Parco Marktar scopriranno ben presto che non a tutti le loro scorribande nello spazio sono andate giù.
Tra sorprese belle e brutte, litigi, soggiorni poco gradevoli su pianeti per loro inospitali e l’entrata in scena di un nuovo terribile nemico e la sua armata di sgherri, scopriranno presto che tutti i problemi incontrati precedentemente non sono altro che la punta dell’iceberg in un oceano di criminalità e violenza.
Caldamente consigliata la lettura di Hearts of Stars prima di questa.
[RobStar/RedFire/RaeTerra] YURI
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Heroes 






Ciao, mi chiamo Edoardo811 e pubblico storie che poi cancello e poi ripubblico senza motivo, proprio come questa. Questo è il seguito pubblicato e poi cancellato e poi ripubblicato di Hearts of Stars, storia che vi consiglio di recuperare se volete capirci qualcosa di questa, se non l’avete letta la prima volta. E se invece l’avete letta, forse è meglio dargli un altro sguardo prima di iniziare qui, anche perché sono passati i SECOLI da quando ho cancellato questo seguito ed è più che legittimo che nessuno si ricordi un TUBO di quella storia. Evviva! (e so che la RaeTerra non è esattamente la coppia preferita dei fan della serie animata, sinceramente, non è nemmeno la mia, ma spero che possiate cercare di sorvolare su questa coppia e cercare di concentrarvi di più sulla storia)

BUONA LETTURA!

 

 

 

The Good Left Undone

I

STELLE

 

 

 

Lo spazio era davvero enorme.

Miliardi di stelle, l’equivalente di miliardi di soli, equivalenti a miliardi di galassie e di conseguenza miliardi di pianeti.

Minuscola. Una pulce, neanche, un microorganismo. Ecco come si sentiva Amalia a guardare tutto ciò, eretta in tutta la sua statura, con una mano sul grembo e l’altra a peso morto su un fianco. Le bastava solo buttare l’occhio su tutto ciò per sentirsi schiacciata, una nullità. Quello spettacolo le ricordava quanto fosse fragile in realtà, quanto poco ci sarebbe voluto per sopraffare non solo lei, ma tutta la nave su cui si trovava e i ragazzi al suo interno.

Ma la cosa, anziché angosciarla, aveva tutt’altro effetto su di lei. Le stava traendo beneficio. Si sentiva meravigliosamente bene a guardare quanto fosse grosso il mondo intorno a lei, a ricordarsi quanto poco esso ci avrebbe messo per ridurla in polvere.

Questo perché tutti i suoi problemi, le sue paure, le sue angosce, si erano trasformati in capricci di quasi nulla importanza. I suoi rimorsi enormi, che nonostante il tempo trascorso, continuavano a tormentarla, si erano attenuati, davanti a tutto ciò. Le atrocità che aveva commesso in passato, le cose orribili che aveva fatto a sé stessa, a sua sorella, alla sua gente, sembravano insignificanti, al cospetto di quel manto nero striato di luci parato di fronte a lei. Quanto poteva contare la sua vita infame, in confronto a qualcosa di così mostruosamente grande? Quel qualcosa in cui le infamie dovevano sicuramente essere all’ordine del giorno? Lei non era la prima e sicuramente non sarebbe stata l’ultima, a commettere errori madornali. E poi, Stella l’aveva perdonata! I Titans non proprio, ma almeno non la odiavano! Non doveva continuare ad angosciarsi!

Doveva invece ringraziare di cuore X, più tardi. Era stato lui a suggerirle di mettersi ad osservare lo spazio, quando aveva notato il suo animo tormentato. All’inizio lei l’aveva presa per una scemenza, ma non appena aveva deciso di ascoltarlo, si era ricreduta. Si era ricreduta eccome. Era davvero sorpresa che, nonostante nello spazio ci avesse passato anni, questo potesse essere così meraviglioso. Era proprio stata cieca, in passato, a non accorgersi di una simile bellezza. E non era una metafora, cieca lo era stata per davvero. Ma dalla rabbia. La rabbia che nutriva nei confronti di Stella, quella che l’aveva spinta a commettere le atrocità che aveva commesso.

In quel momento, però, di quel sentimento oscuro non vi era alcuna traccia. E giurò a sé stessa che non ci sarebbe mai più stato, non nei confronti di coloro che le volevano bene, perlomeno.

Era cambiata. Era diventata... buona. Come Stella aveva detto. Non doveva più darsi tante pene.

E allora perché una voce nella sua testa continuava a martellarla, navigando tra i pensieri positivi? A dirle che era un mostro, che non meritava tutto ciò che era successo nelle ultime ore?

Aveva tentato di zittire quella voce frastornante i tutti i modi, ma non c’era riuscita. E probabilmente non ne sarebbe stata in grado nemmeno in futuro. Fino a quando avrebbe respirato sapeva che quella litania l’avrebbe tormentata. Neppure le immensità del cosmo  erano riuscite a farla tacere. Semplicemente... l’avevano offuscata. A tratti era perfino riuscita a dimenticarla, guardando quelle stelle e sentendosi meglio di conseguenza, ma al primo momento di cedimento, questa tornava più insistente e spietata che mai.

L’umore di Amalia balzava da un estremo all’altro con velocità sorprendente. Passava dal sollievo, guardando lo spazio, all’angoscia, udendo quel ronzio nella propria mente.

Le sembrava di andare avanti così da ore, ormai. Sola, nella cabina di pilotaggio, immersa nella penombra quasi come se ne facesse parte.

Un po’ desiderava compagnia, un po’ avrebbe preferito continuare a starsene sola. Doveva mettere in ordine i propri pensieri. Quella sala calma e vuota era il luogo ideale per farlo. Dopo gli ultimi avvenimenti, dopo ciò che aveva scoperto, dopo aver discusso con X – e non solo quello – il bisogno di districarsi in quell’enorme labirinto che era la sua mente era diventato impellente.

Nei giorni trascorsi precedentemente, di momenti ne aveva avuti molti, per farlo, ma nessuno era stato come quello. Durante la prigionia di Metalhead era rimasta in una cella per giorni interi, completamente sola o quasi. Di occasioni per rimuginare ne aveva avute, eccome se ne aveva avute. Ma più che altro, il suo pensiero primario era stato quello di fuggire. Certo, c’erano stati momenti in cui aveva provato anche a riflettere su sé stessa e sui suoi tormenti, ma erano stati attimi sporadici, interrotti sempre dai frastuoni che si sentivano nel corridoio fuori dalla sua cella, oppure dagli arrivi di Metalhead e quelli decisamente più graditi di Edward. Su quella nave, invece, non aveva niente da temere. Era tra "amici" se così poteva dire. Era al sicuro. Poteva riflettere quanto voleva, in tutta calma e tranquillità.

La voglia di farlo, tuttavia, era svanita quando effettivamente si era resa conto del pandemonio che erano i suoi pensieri. Si era sentita male. Riuscire a destreggiasi in mezzo a tutto quel caos era pressappoco impossibile.

Doveva farlo, sapeva di doverlo fare, ma le sembrava impossibile. Fu quasi sollevata nel sentire rumore di passi dietro di lei, che interruppero le sue riflessioni. Qualcuno stava arrivando. Si voltò sorpresa, grata che, per il momento, il faccia a faccia con i suoi pensieri era rimandato. Non poteva scappare per sempre da sé stessa, quello era ovvio, però le piaceva pensare di poterlo fare.

Una figura entrò nella sala comandi. Nella penombra, Amalia distinse chiaramente occhi azzurri, capelli neri luminosi, costume sgargiante e una bellezza mozzafiato. Robin. E chi altri, se no?

Il leader dei Titans ci mise poco a notarla e si incamminò verso di lei. La ragazza lo guardò avvicinarsi in silenzio. Le venne inevitabilmente in mente quando si era presa una cotta per lui, la prima volta che lo aveva conosciuto. Altro motivo per cui aveva odiato Stella in passato, si era sentita invidiosa di lei e del fatto che quel ragazzo già all’epoca sembrava averla molto a cuore. Anche in quello stesso momento, dopo anni di distanza dall’ultima volta in cui si erano trovati faccia a faccia, continuava a pensare che Robin fosse davvero un bel tipetto.

X aveva i capelli neri come i suoi, ma erano opachi, spenti, i suoi occhi erano molto più duri e scuri di quelli di Robin, così come il suo look, mentre il suo volto era scarno e pallido, rigato da due cicatrici. Non c’era quasi paragone in fatto di avvenenza, tra i due. Eppure, il leader dei Titans non sarebbe mai e poi mai stato intrigante, attraente e misterioso come il suo attuale ragazzo. Red X aveva qualcosa nel suo modo di fare, nel suo stile, nel suo essere tetro, che aveva attirato a sé Amalia come una calamita. E poi le aveva regalato emozioni che, anche se non poteva dirlo con certezza, era pronta a scommettere che Robin non sarebbe mai riuscito a darle. Era infinitamente sollevata dal fatto di non essere più infatuata del ragazzo davanti a lei, anche perché poi le cose sarebbero state tremendamente più difficili, sia per lei che per i Titans.

Robin la raggiunse, la squadrò dalla testa ai piedi senza dire una parola, poi avanzò ulteriormente, passandole accanto e raggiungendo l’enorme parabrezza della sala comandi, dove anche lui cominciò ad ammirare il cielo stellato. Amalia lo seguì pensierosa con lo sguardo, si domandò quasi se il ragazzo l’avesse davvero notata o meno, quando lui parlò per primo, senza staccare gli occhi dallo spazio. «Non dormi come gli altri?»

La tamaraniana quasi trasalì quando le parlò. Non tanto per il fatto che quel momento le ricordò l’ultima volta che erano rimasti da soli, in cui si erano ritrovati talmente vicini che quasi avrebbero potuto baciarsi. Più che altro il tono che Robin aveva usato per parlare, le aveva riempito la bocca di sabbia. Non aveva usato un tono burbero, o rigido, quanto più neutro, quasi indifferente. Non sembrava contrariato dal fatto che fosse lì, ma nemmeno entusiasta.  Non che Amalia potesse biasimarlo, dopotutto. Comprendeva perfettamente la diffidenza del leader dei Titans nei suoi confronti. Tuttavia, egli le aveva posto una domanda, lei doveva rispondere. Per farlo dovette prima mandare giù l’enorme nodo che le si era formato in gola. «Non... non ci riuscivo. Sono successe tante cose... dovevo...  cercare di raccogliere un po’ le idee...»

Robin sorrise tenuamente, comprensivo, senza staccare gli occhi da davanti a sé. «E ci sei riuscita?»

«Vuoi la verità?» replicò Amalia incrociando le braccia, corrucciata. «No. Per niente.»

Una risata sommessa fuoriuscì dalla bocca del leader. «Viva l’onestà.»

La ragazza riuscì a sorridere appena, poi distolse lo sguardo da lui. «E tu invece, non dormi?»

«Volevo assicurarmi che qua tutto quanto procedesse liscio.»

«Cyborg ha detto di non preoccuparsi» osservò la ragazza appoggiandosi con la schiena ad una consolle, guardandolo di nuovo con un sopracciglio alzato. «Ha detto che il pilota automatico avrebbe fatto tutto da solo.»

«Meglio prevenire che curare» spiegò Robin voltandosi e guardandola per la prima volta. Amalia non aveva mai visto prima di quel giorno i suoi occhi privi di maschera, e forse ne capì anche il motivo. Gli occhi sono un’arma a doppio taglio, sono belli, importanti, ma trasmettono molte più informazioni di quanto uno non vorrebbe dare a vedere. E Robin, probabilmente, essendo a conoscenza di questa cosa, preferiva tenerli nascosti.

«In ogni caso...» proseguì lui dando le spalle alla consolle di fronte a lui, appoggiandoci sopra i palmi. «... visto che ormai sei qui, volevo anche... palarti un momento.»

«Parlarmi?» Amalia schiuse le labbra stupita. «Parlarmi di cosa?»

Per un attimo la ragazza temette che lui la volesse rimbrottare per ciò che aveva fatto, oppure metterla in guardia, dirle di non minacciare più Stella o gliel’avrebbe fatta pagare, invece no. Ciò che disse probabilmente sorprese lo stesso Robin.

«Volevo dirti che non devi più sentirti a disagio in mezzo a tutti noi. Il passato è passato, non serve penarsi l’anima per lui. Ciò che conta è il presente. Hai fatto quello che hai fatto al tuo pianeta e ne sei pentita. Si vede chiaramente quante colpe tu ti sia dando.» Robin piegò il capo battendo le palpebre. «E, anche se ammetto che ancora non riesco a fidarmi ciecamente di te, non posso certo negare quanto il tuo comportamento con Stella sia stato di mio gradimento. Hai davvero dimostrato di volerle bene. E poi, lei ti ha perdonata. E se c’è riuscita lei, che è stata... beh... la "vittima" più grande, se così possiamo definirla, non vedo perché non potrei farlo anch’io. Un giorno» sottolineò con enfasi, ma sorridendole.

Amalia ascoltò in silenzio le parole, per poi trattenersi dal tirare un sospiro di sollievo. Ma nulla poté impedirle di sorridere come un’ebete. Si sentì quasi come se un macigno le fosse stato tolto dalle spalle. Quella di essere vista sotto cattiva luce dai Titans era una delle preoccupazioni più grandi che aveva avuto fino a quel momento, ma se Robin in persona le aveva detto che forse poteva metterci una pietra sopra, beh, allora era praticamente tutto risolto. Il leader era quello da cui meno di tutti si aspettava la clemenza, fu un enorme liberazione scoprire che invece era disposto a concedergliela. Un giorno.

«E comunque...» Robin andò ancora avanti. Abbassò lo sguardo e lo fece vagare dal ventre della ragazza ai suoi occhi, per poi allargare il suo sorriso. «... non mi sembra giusto provare astio verso una futura madre.»

Amalia si irrigidì, portandosi d’istinto una mano sulla pancia, gesto che aveva cominciato a fare meccanicamente ormai da ore. Robin voleva solo essere gentile, probabilmente. Per lui, per Stella, per gli altri, ciò che lei portava in grembo era una bella cosa, una cosa magnifica. Invece, per lei, tutto ciò non faceva che infonderle un opprimente senso di inquietudine. Ne era felice, assolutamente sì. E altrettanto spaventata.

«Una futura madre...» mormorò, ripetendo le parole di Robin quasi come se fosse in trance, mentre fissava con sguardo improvvisamente vitreo la sala buia in cui si trovava. «Già...»

 

***

 

«Abbiamo molte cose da dirci» sussurrò Amalia abbracciando Stella, sorridendo di pura e semplice felicità. Non le importava come, dove, perché, sapeva solo che doveva restare accanto a sua sorella minore, per tutti i giorni a venire. Per i suoi pensieri, per le sue angosce, per Red X, avrebbe trovato senza dubbio il tempo. Ma la sua famiglia, in quel momento, era ciò che per lei aveva più importanza tra tutto.

«Amalia» chiamò qualcuno dietro di lei, facendole drizzare la testa. Una voce femminile, roca e bassa.

Dovette interrompere il magico abbraccio con la sorella e guardare chi l’aveva chiamata, ovvero Corvina. «Sì?»

La maga sembrava a disagio. Non tanto dalla sua postura, neanche dai suoi occhi, quanto più dal tono di voce che aveva usato per chiamarla. Nonostante il timbro vocale della maga fosse in genere incolore e apatico, quella volta poté chiaramente cogliere venature di agitazione. Anche Terra, il suo amorino segreto, si era messa a guardarla sorpresa, così come tutti gli altri. Ma lei non sembrò dar troppo peso agli amici. Fece vagare lo sguardo tra Amalia e Red X, per poi sospirare. «Tu e Red X... potreste... venire un attimo con me? Devo dirvi una cosa importante.»

«Non puoi dircela qui?» domandò il ragazzo interessato, guardandola corrucciando la fronte.

«Meglio di no. Credetemi, il motivo lo capirete. Per favore, seguitemi.» La maga si incamminò verso l’uscita della sala. Terra sembrò volerla fermare, ma evidentemente cambiò idea. Si fermò sull’uscio, per poi volgere un’occhiata di chiaro significato ai due ragazzi.

Amalia e X si guardarono tra loro perplessi, poi la ragazza scrollò le spalle. Se X era con lei, non si sarebbe preoccupata del resto. E poi, quanto importante poteva essere ciò che Corvina aveva da dire loro?

Molto più di quanto avrebbe mai potuto credere.

«Andiamo, facciamo in fretta» disse al ragazzo, per poi incamminarsi, sotto gli sguardi perplessi di tutti, di Robin soprattutto. Nessuno di loro, neanche il leader, sembrava sapere cosa frullasse nella mente della maga. X la seguì, più titubante, ma comunque obbediente.

La maga li condusse lungo i corridoi, allontanandosi sempre di più dalla sala comandi. Amalia non capì il motivo di tale comportamento. Ciò che non sapeva, era che Corvina aveva davvero un valido motivo per allontanarsi così tanto dagli altri.

Venne condotta in quella nave enorme, e ne approfittò anche per riuscire a conoscerne meglio gli interni e le zone. Durante il tragitto adocchiò diverse volte X, che dal canto suo non faceva che risponderle sollevando le spalle, ignaro di tutto. La maga proseguì, camminando spedita, con il mantello che rasentava il pavimento freddo e metallico, poi, finalmente, giunsero alla fine del corridoio, davanti a due porte. Amalia pensò che Corvina volesse condurli dentro una di quelle stanze, ma quella si limitò a fermarsi e a voltarsi, per poi scrutarli a braccia conserte quasi con aria severa e critica.

La scena poteva quasi essere buffa, sotto certi aspetti. Corvina era minuta e, beh, di corporatura gracile, soprattutto se messa a confronto con la tamariana e con X, entrambi più alti di lei di almeno una spanna e mezzo. Eppure, nonostante ciò, la maga avrebbe potuto battere entrambi in un battito di ciglia, considerando ciò che aveva fatto a Metalhead.

«Corvina, cosa c’è? Che devi dirci?» domandò Amalia.

La maga squadrò ancora i due, evidentemente  rimuginando fino all’ultimo se parlare o meno. Dopo un altro grosso sospiro si strinse nelle spalle e parlò. «Sentite, andrò dritta al punto. È vostro diritto sapere che...che...» Corvina si voltò verso Amalia, guardandola con una strana espressione. «Tu... sei incinta.»

Quelle due parole sembrarono riecheggiare nel corridoio come un eco. Un silenzio tombale cadde tra i tre ragazzi, pesante come un camion pieno zeppo di incudini di metallo. Amalia ed X fissarono straniti la maga per uno, due, tre secondi. Lei cercò di reggere lo sguardo di entrambi.  La tamaraniana tentò di parlare, ma dalla sua bocca non uscì altro che aria. E poi, a rompere la quiete, una risata sommessa di X, che guardò con un sorriso divertito la maga. «Stai...stai scherzando, vero?» Accortosi di come Corvina non sembrava prossima a mutare la sua espressione mai stata così seria, Red X sembrò farsi molto più agitato. Il sorriso svanì dal suo volto, mentre ripeteva, quasi disperatamente: «Vero? Vero?!»

Corvina non disse nulla. La sua espressione non cambiò di una virgola. Si limito a scuotere lentamente la testa.

«COSA?!» esclamò Amalia, con uno strano tono di voce, non riuscendo più a trattenersi. Lo disse talmente forte che quasi temette che i ragazzi in sala comandi potessero sentire.

Corvina abbassò lo sguardo, segno inequivocabile. Tutto ciò non fece altro che agitare ulteriormente i due neo-fidanzati. «L’ho scoperto non molto tempo fa’, mentre guarivo le contusioni sulla tua pancia» spiegò Corvina, quasi con cautela. «Dopo che Metalhead ti aveva picchiata. Avevi moltissimi traumi interni, troppi. Man mano che ti guarivo, le cose diventavano sempre più evidenti.» Sollevò lo sguardo e Amalia capì che mai Corvina aveva detto parole più vere. «Non eri tu quella ferita. Cioè, lo eri, ma era solo un postumo diretto di... di ciò che Metalhead aveva fatto al feto che ti porti dentro. Erano sue le contusioni. Tue di conseguenza. Per fortuna, l’ho curato in tempo. Ha circa due, tre settimane, forse anche di più.»

Amalia quasi non l’aveva ascoltata, occupata a scuotere la testa com’era. «No, no, non è...non è possibile... d-diglielo Luc...» Si voltò verso di X, il quale era altrettanto sconvolto. I loro sguardi si incrociarono. E, guardando i suoi occhi blu, profondi come oceani, intuì che ciò che stava dicendo non poteva essere più falso. Era possibile. Era possibile eccome. Era riuscire a crederci veramente, la cosa impossibile.

E fu proprio per quello, per la sua incredulità, per il suo stupore, per la sua... paura... che corse via, lontano da Corvina, da Red X, da tutti quanti.

Sentì la maga e il suo ragazzo chiamarla, ma lei non si voltò. Sentì gli occhi inumidirsi per l’ennesima volta, diverse lacrime caddero alle sue spalle mentre correva. Attraversò il lungo corridoio per poi svoltare al primo bivio che incrociò. Non sapeva nemmeno dove stava andando, sapeva solo che voleva scappare e basta. Da tutto e tutti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

EVVIVA! Eccoci qui, dunque, parliamo.

Cancellai questa storia tempo orsono perché diciamo che mi ero stancato di scrivere. Ma proprio stancato nel senso che stavo per impazzire. Scrivere questa storia era diventata una tortura, letteralmente, non ce la facevo più ed è inutile dire che iniziai addirittura ad odiarla, all’epoca. Non volevo più vederla. Quindi, per questo motivo, unito ad altri diciamo più personali e non, rabbia, frustrazione, stanchezza ed eccetera, decisi di eliminarla. È passato molto tempo da allora, molti di voi che state leggendo magari non sapete nemmeno di cosa sto parlando, ma in queste righe mi sto rivolgendo a chi, invece, mi segue da più tempo. E voglio che sappiate che mi spiace per ciò che ho fatto, ma potete stare tranquilli, questa volta la storia avrà il suo finale. E forse anche qualcosina in più, per farmi perdonare.

HoS è una storia che non mi aspettavo avrebbe ricevuto tutto questo successo e, francamente, non credo nemmeno che se lo meriti, ero ancora molto acerbo come scrittore all’epoca e i difetti che ci sono in quella fanfiction sono molti ed anche evidenti, tanti dei giudizi positivi che ho ottenuto, ora come ora, non mi sembrano molto meritati, però è anche vero che son passati due anni da quando la scrissi, i tempi cambiano e le persone, e le loro idee, pure. Se potessi tornare indietro cambierei molte cose di quella storia (e sicuramente la RaeTerra sarebbe una di queste) però per correttezza la lascerò inalterata, così che chiunque possa notare l’enorme salto in avanti che ho fatto da quando ancora scrivevo i primi capitoli di quella lunghissima long a i miei ultimi lavori, ossia quelli della saga di Infamous.

Spero che possiate perdonarmi per ciò che ho fatto, ma, da quello che avrete potuto intuire, sto cercando di rimediare ai miei errori, questo comunque per dimostrare che io ci tengo a quello che faccio, e tengo anche a tutti coloro che leggono i miei capitoli ogni volta che vengono pubblicati.

So che forse è un po’ tardi per questo, ma non mi importa, ho deciso di farlo anche per me stesso. Non mi importa se questa storia otterrà lo stesso successo che aveva ottenuto all’epoca oppure no, voglio ripubblicarla e voglio finirla, per poter dimostrare a me stesso di esserne in grado.

Ce la farò. Resterete tutti a bocca aperta. Credo. Spero.

Alla prossima!

   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > Teen Titans / Vai alla pagina dell'autore: edoardo811