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Autore: Choi Yume    07/07/2017    0 recensioni
È notte fonda. Nel cielo, di un intenso blu scuro e rischiarato appena dalla pallida luce della luna, non risplendono stelle...
Quante leggende iniziano così? Quante volte si è sentito parlare di malvagie creature che strisciano nell'oscurità? Ma se c'è qualcosa di bello nelle leggende e nelle loro molteplici versioni, è che nessuna è mai completamente vera o completamente sbagliata.
Esistono davvero creature che escono allo scoperto solo dopo il tramonto, non perché hanno paura del Sole, ma perché nella notte scura e profonda sono in grado di cacciare con più facilità: d'altronde anche loro hanno bisogno di nutrirsi.
I vampiri sono capaci di muoversi con destrezza nelle tenebre. Nati millenni di anni fa, su di loro esistono diverse leggende, alcune false, insulse, basate su dettagli puramente inventati. Sono bestie che per sopravvivere sì, si nutrono del sangue umano, ma non temono il sole e non hanno lunghi canini. Non è vero che nelle loro vene non scorra sangue e che non possano nutrirsi dei propri simili. Altri miti però dicono il vero: hanno sensi più sviluppati degli uomini, una forza sovrumana e hanno il potere di trasformare gli uomini con un morso. È vero anche che prima di attaccare i loro occhi diventano
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Youngjae, Zelo
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 3
 
Kaori passeggiava tranquillamente al fianco di Youngjae mentre tornavano a casa insieme, dopo un’estenuante giornata all’università.
Sospirò spostandosi una ciocca dei corti capelli sottili dietro ad un orecchio «Tokki…» pronunciò in un sussurro guardandolo sottecchi mentre lui camminava con i tratti del viso rilassati e assonnati accanto a lei.
«Dimmi baby» disse concentrando la sua attenzione su di lei, fissandola con quei suoi dolci occhi scuri che per lei erano da anni un porto sicuro. Lei sapeva di essere strana molte volte, ma Youngjae sembrava sempre crederle e assecondarla per ogni sua stramba convinzione o sospetto.
«Ho una brutta sensazione, sento che c’è qualcosa che non va» disse facendo il labbruccio in uno dei suoi rari momenti di dolcezza; era raro che lei fosse dolce con lui, preferiva insultarlo o spintonarlo di solito, ma lui capiva quando qualcosa la preoccupava seriamente dal semplice fatto che usava il soprannome che le aveva affibbiato da piccoli, coniglio, lo chiamava così perché il castano da bambino aveva l’abitudine di trascinarsi sempre appresso un coniglietto di pezza giallo.
Lui le sorrise e le posò un braccio sulle spalle per attirarla in un abbraccio confortante «Qualunque cosa sia sai già che ti proteggerò da ogni cosa brutta».
«Lo so pabo» sorrise mentre ricominciavano a camminare l’uno accanto all’altro; lei con un braccio a circondare la vita di lui ,per quanto le fosse possibile, e lui con il peso del suo braccio posato sulle sue spalle, come se fossero una coppietta.
Con Youngjae si sentiva più sicura, ma continuava ad avvertire quella spiacevole sensazione non sapendo, però, che c’erano effettivamente un paio di occhi rossi ad osservarla nell’oscurità.
 
Ossessione, quella di Junhong per la ragazza, o per meglio dire per il suo odore, stava diventando una vera e propria ossessione. Quando era lucido e razionale cercava di non pensarci, provava ad ignorare la fame e la voglia di mordere, ma c’erano momenti, specialmente di sera in cui si sarebbe nutrito anche di quei rancidi umani. Ora capiva cosa intendevano gli altri vampiri dicendo che vivere tra gli umani era una tortura.
La seguiva praticamente ovunque nascondendosi nell’ombra, sentiva il suo cuore battere mentre correva. La osservava quando era a casa, aveva imparato qual era la finestra della sua stanza e rimaneva lì a fissarla mentre studiava o ballava per casa con delle magliette troppo lunghe per lei, quando si agitava in quel modo gli veniva da ridere, la trovava quasi adorabile. La seguiva quando faceva la spesa e si mordeva le labbra cercando di ricordare cosa comprare, quando stringeva le buste pesanti attorno ai polsi e il sangue si fermava lì e lui avrebbe dato di tutto per morderla su quelle venuzze che spuntavano dai polsi. La osservava anche quando era con quel ragazzo che puzzava di metallo e qualcos’altro che non gli piaceva; li guardava mentre si scambiavano gesti affettuosi, mentre lui l’abbracciava, mentre la faceva ridere e un ringhio animalesco si faceva largo nella sua gola, la stava contaminando con quella sua puzza di umano.
 
Youngjae le aveva dato buca  quella sera, sarebbe dovuto tornare prima perché aveva una cena di famiglia a casa di non ricordava quale zio, lui aveva milioni di parenti sparsi ovunque e non era la prima volta che accadeva qualcosa del genere, ma quella sera lei era più agitata del solito, quella sensazione che qualcuno la stesse guardando era viva e presente nella sua testa, ne era certa c’era qualcuno dietro di lei che la seguiva per le strade affollate, ma stavolta ne aveva davvero abbastanza, quella sottospecie di incubo doveva finire.
 
Quella sera a differenza delle altre era sola, quel nano coi capelli castani non c’era e lui era più affamato delle altre sere, il suo profumo era più aspro e lui non era completamente lucido.
La ragazza svoltò improvvisamente in un vicoletto e lui non esitò a seguirla, ma una volta arrivato in quel vicoletto buio non sentì più il suo odore davanti a lui.
«Finalmente ti vedo» disse una voce femminile alle sue spalle, il suo profumo…era lei.
Junhong non si voltò, non era sicuro del suo aspetto, dei suoi occhi, seppur nascosti da un cappello con la visiera e da alcuni ciuffi scuri.
«Beh allora? Vuoi dirmi perché mi segui da giorni ormai?» disse mentre una luce gli inondava le spalle. Molto probabilmente doveva essersi fatta luce con la torcia del suo cellulare.
Sospirò abbassandosi la visiera sugl’occhi voltandosi finalmente verso di lei. «Non so di cosa tu stia parlando» disse alzando le mani quasi come se stessero per arrestarlo.
«Non fare l’idiota» disse lei aspra «Cosa cazzo vuoi da me?».
Sentì i suoi passi avvicinarsi poi la luce lo abbagliò, gli aveva tolto il cappello. Chiuse all’istante gli occhi, non voleva che lei scoprisse la sua vera natura.
«Ma tu sei il coglione che mi ha fatto cadere l’altro giorno» strillo fissandolo, avvertiva il suo sguardo sorpreso, provò a concentrarsi su altro, sul suono delle auto che affollavano la strada, sul chiacchiericcio della gente, tutto tranne che sul suo odore.
«Sei tu che mi sei venuta addosso se proprio vogliamo dirla tutta» disse lui voltando la testa ancora con gli occhi serrati.
«Ero di fretta. Poi non darmi la colpa di qualcosa, sei tu quello che mi sta seguendo». La forte luce era ancora puntata su di lui. «E guardami quando ti parlo testa di cazzo» disse tirandogli un calcio allo stinco «Cosa vuoi da me?».
Junhong aprì gli occhi senza neanche rendersene conto, lei era la prima persona che lo colpiva in qualche maniera, se non si contavano l’addestramento che aveva fatto da bambino e i buffetti affettuosi di Yongguk.
Restarono a fissarsi, occhi negli occhi per un tempo che a lui parve infinito, il suo viso non aveva fatto una piega, avvertiva l’odore dell’adrenalina, ma non sembrava aver paura di lui, sul viso di lei gli leggeva solo fredda indifferenza. Era la prima volta che la osservava davvero, senza badare all’odore, al sangue e alla fame; aveva un viso dolce, la pelle chiara quasi quanto la sua, i ciuffi color miele le accarezzavano il profilo della mandibola, non era truccata, quelle labbra rosse, quelle ciglia lunghe erano tutte naturali, per un attimo gli sembrò un opera d’arte. «Nulla» disse poi abbassando lo sguardo. «Non voglio nulla da te, scusa se ti ho seguita in questi giorni».
«Non si segue una persona per nulla» insistette.
«Sei bella» disse lui. Non era una risposta alla sua implicita domanda, ma Junhong la trovava bella ed era l’unica cosa che gli venisse in mente al momento.
Lei inarcò un sopracciglio scuro, che lasciava palesemente intendere che i suoi capelli fossero tinti «Mi segui perché ti piaccio? Cristo sei uno di quei maniaci stalker per caso? Devo chiamare la polizia?».
A lui venne da ridere, era così spontanea e lontana dalla verità «Smetterò di seguirti, mi dispiace» disse ancora facendo un inchino per poi superarla di qualche passo per uscire da quel vicolo, il suo cuore aveva di nuovo iniziato a battere forte facendolo vacillare nel controllo dei suoi istinti «Aspetta» disse lei senza voltarsi.
«Cosa c’è?». Si infilò le mani nelle tasche del cappotto premendo le unghie nei palmi.
«Tu sei strano» pronunciò in un sussurro «Se vuoi provarci fallo da persona normale».
«Non voglio provarci tranquilla» disse lui con voce profonda per poi avanzare di altri due passi.
«Io sono Kaori comunque».
«Junhong» pronunciò per poi tornare nella strada principale.
 
Kaori restò lì ancora per qualche secondo con il cuore che tremava, non sapeva bene la ragione, ma per un istante le era sembrato che i suoi occhi si accendessero di una luce rossastra, proprio davanti a lei mentre si inchinava per chiedere scusa. Strinse i pugni e si accorse di avere ancora il suo cappello in mano, lo guardò il tempo necessario per realizzare cos’era successo poi corse fuori dal vicolo. Si guardò attorno cercandolo. È altissimo, si diceva, non sarebbe stato difficile trovarlo, ma di lui nessuna traccia, si era volatilizzato nel nulla e a lei era rimasto solo quel cappello.

 
  
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