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Autore: _ Arya _    10/07/2017    3 recensioni
Killian Jones, 29 anni, vive a Londra con suo fratello Liam ed è co-proprietario di un pub. Un incidente ha rovinato la sua vita portandogli via la fidanzata, la loro bambina non ancora nata e una mano. È seducente e di bell'aspetto, ma dietro la sua maschera da duro nasconde un'anima profondamente ferita, che cura impegnandosi a limitarsi ad avere soli relazioni occasionali.
Emma Swan, 18 anni, vive coi suoi genitori e suo figlio Henry. Ufficialmente lavora alla boutique di moda della sua amica Regina, ma in realtà segue una cacciatrice di taglie per imparare il mestiere. Ha avuto un'infanzia difficile segnata da malattie e prese in giro: quando la sua vita è migliorata ci ha pensato il suo primo ragazzo a ributtarla nel baratro. Pur soffrendo ancora di depressione, è una ragazza forte e indipendente e non mostra mai le sue debolezze.
Quando Liam convincerà il fratello a provare ad unirsi ad un gruppo di supporto, i destini dei due ragazzi si incroceranno: saranno troppo diversi o riusciranno ad unirsi e rimettere insieme i pezzi delle loro anime?
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Liam Jones, Neal Cassidy, Regina Mills
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Being back feels good




KILLIAN POV

Incredibile ma vero, Ryan era la ragione per cui non mi trovavo in manette con l'accusa di aggressione. Prima che qualcuno avesse avuto modo di chiamare la polizia, si era tirato su a fatica e aveva chiesto ai curiosi attorno a noi di lasciar perdere, assumendosi la colpa. All'insistenza di una donna, la cui voce fastidiosa e squillante mi risuonava ancora nelle orecchie, aveva dichiarato che io non avevo fatto nulla di male. Che era lui ad avere sbagliato e io avevo fatto ciò che qualunque uomo avrebbe fatto: avevo protetto la mia ragazza.
Ci eravamo scambiati un'unica veloce occhiata, prima che circondassi le spalle ad una Emma ancora in lacrime per portarla nella mia auto. Ovviamente ciò non era bastato a fargli guadagnare il mio rispetto, probabilmente non sarebbe mai successo, ma avevo apprezzato che alla fine si fosse assunto le proprie responsabilità. Forse c'era speranza anche per un verme come lui.
In macchina né io né Emma avevamo fiatato, mi ero limitato a guidare verso casa mia quando, tra le lacrime, mi aveva supplicato di non portarla dai suoi o da Regina. Nonostante non fosse la migliore delle idee non avevo voluto obiettare: capivo bene che non avesse alcuna voglia di farsi vedere in quello stato pietoso da altre persone.
Dopotutto, ero convinto che se anche mia madre o Liam si fossero svegliati a causa dei rumori, avrebbero avuto il buon senso di far finta di niente e continuare a dormire.
-Tesoro, siamo arrivati. Come ti senti?
-Male.- sussurrò con voce roca. Aveva smesso di piangere da pochi minuti, ma gli occhi erano rossissimi e il trucco quasi completamente colato. A dire il vero, con l'odore di rum che aleggiava in auto, ero stupito che fosse riuscita a non vomitare. Fino ad ora.
-D'accordo... adesso parcheggio e ti do' una mano ad uscire di qui.
Annuì, quindi mi affrettai a parcheggiare e prima di aprire lo sportello la aiutai ad infilare la mia giacca di pelle che le avevo poggiato sulle spalle. Nonostante fosse ormai primavera, a quell'ora tarda faceva piuttosto freddo e la ragazza aveva addosso soltanto un misero cardigan, oltre ad un vestitino striminzito. Ora capivo cosa intendeva suo padre quando mi aveva detto che non sembrava più lei.
Certo, sapevo che sotto la spessa maschera di trucco e l'abbigliamento provocate si nascondeva la mia dolce e splendida Emma, ma mi aveva fatto un effetto strano trovarmela davanti così. Così diversa, così non lei. Adesso che sapevo la verità, realizzavo che non ero l'unico ad essere stato male per quella rottura... anzi. Doveva aver sofferto più di me, se era arrivata a ridursi così. E sicuramente stava ancora soffrendo, non sapendo cosa l'aspettasse.
Saltai quindi giù dall'auto e mi affrettai a fare il giro per aiutare anche lei. A stento riuscì a reggersi in piedi, così la strinsi attorno alla vita e lasciai che adagiasse tutto il suo peso su di me. Con un po' di fatica riuscimmo finalmente ad entrare in casa, e facendo il minimo rumore la condussi direttamente nella mia stanza, adagiandola piano sul letto.
Rimase seduta in silenzio ed io accanto a lei. C'era tanto dire, e allo stesso tempo nulla. In quel momento aveva solo bisogno di tranquillità. Di lavarsi, cambiarsi e mettersi a dormire. Il resto poteva tranquillamente essere rimandato al giorno dopo.
Poi, senza preavviso, sbiancò e scattò in piedi portandosi una mano davanti alla bocca.
-Il bagno- sussurrò tra i denti, e allora non persi altro tempo e la tirai per la mano libera. Ebbe giusto il tempo di chinarsi sul water che vomitò, ed io le afferrai i capelli appena un istante prima che si sporcasse.
Vomitò ancora una volta e a giudicare dalla sua espressione non avrebbe finito tanto presto. Mi faceva male vederla in quello stato, ma sapevo che l'unica cosa che potevo fare al momento era rimanere accanto a lei, aiutarla e sciacquarla di tanto in tanto. Quante volte mi ero ritrovato così, quando ero più giovane? Così tante che non sapevo neanche dirlo, e anche se avevo avuto la mia dose di problemi, di certo non potevo competere con Emma. Aveva dovuto soffrire dal giorno in cui era nata, e sembrava che dopo quasi 19 anni non fosse ancora finita. Aveva avuto fin troppo autocontrollo, a dire la verità, e non riuscivo più ad avercela con lei per avermi lasciato. Non riuscivo neanche a biasimarla per quel comportamento stupido e infantile che aveva assunto, tanto che per poco non aveva finito per farla cacciare in guai seri.
-Grazie...- sussurrò la bionda, prima che un conato di vomito la costringesse a chinarsi nuovamente. Le avrei detto più tardi che non aveva alcun motivo per ringraziarmi.
Io dovevo ringraziare lei, per essersi affidata a me in quel momento terribile. Per essere quasi letteralmente saltata tra le mie braccia tra le lacrime, quando un lampo di lucidità le aveva permesso di rendersi conto dell'idiozia che era stata sul punto di commettere. Non volevo neanche immaginare cosa sarebbe potuto accadere, se fossi arrivato solo cinque minuti più tardi.
 

Passò un'ora, o forse anche un po' di più, ed Emma finalmente apparve sulla soglia della mia stanza struccata, i capelli legati in una treccia e una mia t-shirt grigia che la copriva fino a metà coscia. Sembrava avesse finalmente smesso del tutto di piangere, ma aveva ugualmente due grandi occhiaie, gli occhi arrossati e gonfi e il viso pallido in maniera innaturale.
-Killian, io non ti ho detto una cosa...- borbottò, guardandomi senza neanche osare avvicinarsi. Così fui io ad alzarmi in piedi, raggiungerla ed accarezzarle i soffici capelli disordinatamente intrecciati.
-Lo so. Tuo padre me l'ha detto.
A quell'affermazione sgranò gli occhi, ed io mi limitai a stringerla forte a me, baciandole la fronte e sussurrando che tutto sarebbe andato bene. Per il momento c'era un altro problema che avevamo bisogno di risolvere.
-Swan, scotti.
-Non mi importa. Killian, io...
-No, non ne parleremo ora. Non ne sei in grado e devi avere la febbre altissima... Dio Emma, ti senti bene?- le domandai preoccupato, scrutandola bene in volto. Bruciava, doveva avere la febbre a 40 o poco meno, tanto che mi chiesi se non fosse il caso di portarla al pronto soccorso. Non c'era da scherzare con una temperatura così alta, soprattutto se fosse salita ancora.
-Sto di merda, ma non... non così male, rilassati. Passerà.
-Vado a prenderti una tachipirina e del ghiaccio... dobbiamo assolutamente far abbassare questa febbre, può essere pericoloso...
-Pazienza...- sospirò incrociando le braccia, mentre i suoi occhi si inumidivano per l'ennesima volta. Avrei voluto urlarle di smetterla di comportarsi come una stupida ragazzina, come se non le importasse, ma non ne avevo le forze. Trattarla con durezza era qualcosa che probabilmente non sarei mai riuscito a fare, nonostante in alcuni casi fosse la soluzione giusta.
-Siediti e aspettami, ci penso io- dissi solamente, ignorandola. Che lo volesse o no, non avrei permesso che peggiorasse ulteriormente. Poteva fare la dura, perfino continuare a respingermi se ciò l'avrebbe fatta star meglio, ma io le sarei stato vicino anche se avesse deciso di prendermi a pugni.
Così lasciai le sue spalle e aprii di nuovo la porta, sapendo che avrei rimediato ghiaccio e medicinali in cucina. Ancora una volta ringraziai mentalmente Liam per la cassetta del pronto soccorso che aveva comprato: anche se soffrivo di emicranie ero solito non comprare medicinali praticamente mai, e a quell'ora sarebbe stato un grosso problema trovare una farmacia aperta nei dintorni.
Recuperai un termometro, tachipirina e novalgina, poi riempii una bacinella d'acqua fredda e vi gettai dentro tutto il ghiaccio che trovai nel freezer. Infine mi misi in spalla un panno che avrei potuto utilizzare e tornai velocemente in camera.
Emma aveva raggiunto il letto ma si era semplicemente seduta a guardare il vuoto con espressione persa. Capii che fosse cosciente soltanto perché al mio ingresso mi lanciò una fugace occhiata, altrimenti avrei chiamato l'ambulanza senza pensarci due volte.
Lasciai sciogliere una compressa di tachipirina in un bicchiere d'acqua, poi costrinsi la ragazza a sollevare il braccio perché potessi metterle il termometro. Nonostante non sembrasse troppo delirante era il caso di controllare, per evitare problemi seri.
-Ti rendi conto che non posso prendere medicine, vero?
-Cosa?
-Ho bevuto un mojito, dei cuba libre, uno shot di vodka con pesca... e poi non ricordo...
-Che cosa?!- strabuzzai gli occhi incredulo, e la ragazza si lasciò sfuggire una lieve risata priva di gioia. Sapevo ovviamente che medicinali e alcool non andavano mischiati, ma erano passate quasi due ore da quando l'avevo portata via dal locale; non avevo previsto avesse bevuto così tanto.
-Perché pensi che fossi pronta ad andarmene via con Tom? Cioé... Ryan?
-Tom?
-Lascia perdere, è... è una lunga storia... voglio dire...
-Emma, sei fortunata a non essere andata in coma etilico! Ti rendi conto?! È troppo per te tutto quell'alcol, peserai 50 chili se tutto va bene!
-52, veramente...
-Fa lo stesso! Ma davvero ti importa così poco della tua vita?! Di tutti quelli a cui spezzeresti il cuore se dovesse succederti qualcosa?!
-Credi che non mi importi?!- tuonò, saltando in piedi così velocemente che mi spaventò non poco. Si piazzò di fronte a me coi pugni stretti e mi guardò con occhi colmi di lacrime e fiamme. Il termometro cadde a terra, e non si ruppe per puro miracolo.
-Non osare giudicarmi, tu non hai la minima idea! Mio padre ha fatto il traditore e ti ha detto tutto, no?! Sono quasi due settimane che ho saputo, e non c'è ancora uno straccio di novità! La mia vita è appesa ad un filo per l'ennesima volta e ho capito che se anche tutto dovesse andar bene, prima o poi succederà qualcos'altro! Certo che mi importa degli altri! Ti ho lasciato perché non volevo soffrissi per me! Ho lasciato Henry ai miei perché non sono in condizioni di fare la madre, adesso! E se provo a fare una cosa per me, giustamente sono un mostro! Sì, sono uscita tutte le sere. Sì, ho fatto cose di cui non vado affatto fiera, nella speranza di sentirmi un po' meglio! Di riuscire a non pensare almeno per qualche ora al giorno! E sai una cosa?! Non è servito assolutamente a niente! Mi sono autoconvinta che ciò che provavo fosse serenità, pace... ma in fondo, fin dal primo giorno sapevo che con me non avrebbe funzionato! Non riesco ad essere normale neanche nelle cose più semplici stupide! E tutto ciò che provo da più di dieci giorni è rabbia, frustrazione, dolore! Sono stanca, Killian! Sono stufa da star male! Mi sto comportando come una bambina? Forse sì, ok! Ma non hai la minima idea di quanto io sia stanca di tutto ciò!
Era di nuovo in lacrime ed io ero lì, immobile come un babbeo, a guardarla senza avere la minima idea di cosa fare per aiutarla. La verità era che stavo male anch'io, sentirla pronunciare quelle parole era stata una pugnalata al petto. Continuai a ripetermi che dovevo essere forte per lei, perché ci mancava davvero poco che scoppiassi in lacrime anch'io. Non era giusto che soffrisse così tanto, così profondamente, mi sarei volentieri addossato tutto il peso pur di vederla finalmente sorridere.
-Tesoro mio...- sussurrai, ma nel momento in cui tentai di alzarmi dal letto per poterla stringere a me, con uno spintone violento mi fece sdraiare, poi mi si gettò addosso strappandomi letteralmente i bottoni della camicia.
-Tu puoi aiutarmi, Killian. Puoi aiutarmi a provare qualcosa di diverso, qualcosa di bello...- sussurrò, mentre senza remore si sfilava la t-shirt.
-Swan, ferma, che cosa stai...
-Shh...- sussurrò prima di tapparmi la bocca con un bacio. Nel frattempo si liberò anche di reggiseno e slip, e senza che potessi far nulla tirò giù anche i miei pantaloni. Maledizione, dovevo fermarla prima che fosse troppo tardi, nonostante il rigonfiamento nei miei boxer gridasse il contrario. Forse Emma pensava di volerlo, ma se non mi fossi fermato non sarei stato migliore di Ryan. L'alcol non aveva ancora lasciato del tutto il suo organismo, la mattina successiva si sarebbe odiata e mi avrebbe odiato, una volta resasi conto dell'accaduto.
-Emma, no.- dissi quindi fermamente, afferrandola per le spalle e spingendola indietro -Devi fermarti. Sei ancora mezza ubriaca. Non posso approfittarmi di te così, non voglio.
Quella rise. Forse, dopotutto, c'era ancora un bel po' di alcol in circolazione nelle sue vene.
-Tu, usarmi? Io ti sto usando, Jones!
-No...
-Sì! Lo so che ho bevuto tanto, ma so anche cosa sto facendo! Devi smetterla di vedermi come un agnellino ferito, non lo sono! E sinceramente- aggiunse, addolcendo la voce -Sono felice di essere qui con te invece che con uno sconosciuto che mi vede solo come un pezzo di carne. Per favore...- mi supplicò, e a quel punto non seppi più come dirle di no. Forse era sbagliato, anzi, sicuramente lo era, ma ancora di più lo sarebbe stato respingerla e lasciare che la febbre la facesse sentire peggio. In più ero sicuro al cento per cento che fosse abbastanza lucida da rendersi conto di ciò che stava facendo e, in fin dei conti, aveva ragione. Forse l'avevo messa su un piedistallo, in fondo neanche lei era perfetta. Io non ero perfetto. Ora ci desideravamo a vicenda, questo era chiaro, e per quanto il tempismo fosse sbagliato... era in qualche modo giusto. Non sarebbe mai stato solo sesso, tra noi... sarebbe stato amore, come sempre. E l'amore era la soluzione.
Risposi quindi con un cenno del capo e lei, senza perdere tempo, mi liberò anche degli ultimi indumenti e si gettò su di me quasi con ferocia. Mi baciò le labbra, le morse e le succhiò, mentre le sue gambe andarono a serrarsi strette attorno al mio bacino. Un nuovo movimento brusco e fui dentro di lei, in maniera così improvvisa che per non gridare dovetti nuovamente trovare rifugio sulle sue labbra. Lei fece lo stesso e ad un certo punto, nella foga, sentii un sapore metallico in bocca... sicuramente non il suo. Non fu difficile, tuttavia, lasciarmi avvolgere dalla passione travolgente con cui avevamo deciso di migliorare la serata, perché amavo Emma e non c'era nulla che me l'avrebbe fatta desiderare meno. Con un movimento d'anche ribaltai velocemente la situazione, ritrovandomi a guardarla dall'alto. Aveva gli occhi chiusi, ma il suo volto era finalmente rilassato, aperto in un sorriso mentre in sincronia ci avvicinavamo al culmine del piacere. E fu così bello vedere la mia Emma sorridere, con quel sorriso tenero e sincero che tanto amavo. Mentre soffocavamo le grida l'uno sulla bocca dell'altro, l'apice dell'appagamento ci travolse come un treno ad alta velocità, facendoci contorcere per lunghi, lunghissimi istanti.
Tutto ciò che sarei riuscito a ricordare di ciò che accadde dopo, fu lei che sussurrava “Voglio restare con te. Non voglio morire”, mentre si lasciava avvolgere nel mio abbraccio.

 

***


EMMA POV

Fu un fastidioso raggio di sole a destarmi completamente da un piacevole stato di dormiveglia, durante il quale la mia mente aveva vagato in piacevoli ricordi e sogni. E nonostante tutto, aprire gli occhi risultò molto più semplice rispetto ai giorni passati.
O forse, dopotutto, stavo ancora sognando. Le pareti color crema non erano decisamente quelle della mia stanza, e neanche la finestra proprio di fronte a letto. A meno che...
No.
Non poteva essere.
La gola improvvisamente mi si seccò e gli occhi per poco non uscirono dalle orbite, quando trovai il coraggio di voltarmi a destra, da dove proveniva un respiro che non era il mio.
Poi fu semplice collegare tutto: l'appuntamento, Tom, Ryan, l'alcool, Killian... Killian. Quello che avevo creduto fosse un sogno, di lui che mi veniva a salvare dal baratro oscuro nel quale ero imprigionata, non era stato solo un sogno.
E allora perché, perché non ero terrorizzata come avrei dovuto? Dopotutto, in una notte avevo distrutto tutti i miei buoni propositi. Ma lui sapeva.
Lui sapeva. Sapeva davvero, o quella parte era stata davvero un sogno?
Ero così confusa, ma un giracapo mi costrinse a riaffondare la testa nel cuscino non appena cercai di sollevarla. Maledizione... adesso ricordavo il motivo per cui, nonostante amassi bere, cercassi sempre di regolarmi prima di superare i miei limiti. Una sola volta nella mia vita mi ero ubriacata così tanto, ed era finita nel peggiore dei modi. Fatalità, avrei commesso lo stesso identico errore se non ci fosse stato Killian Jones a salvarmi da me stessa.
-Oh Killian...- sussurrai, voltandomi piano per accarezzargli i capelli, ed inevitabilmente una piccola lacrima mi scivolò lungo la guancia. Mi era mancato così tanto averlo vicino, mi era mancato sentire il suo respiro e sorridere dei suoi capelli in disordine di prima mattina.
L'avevo usato per sentirmi meglio, e lui si era lasciato usare. E aveva funzionato. Dio, se aveva funzionato... nonostante fossi sveglia e totalmente conscia, non percepivo più il tremendo peso tra stomaco e petto che per due settimane si era insinuato senza mai darmi tregua. Ed ora si era dissolto. Non avrebbe dovuto, perché i problemi erano tutto fuorché risolti, eppure era così.
-Swan, ti senti meglio?
Sì. La risposta sarebbe stata sì, se l'uomo che avevo a fianco non mi avesse provocato un infarto. Era impazzito?! Grazie a dio riuscii a portarmi una mano sulla bocca, altrimenti avrei gridato.
Quello ignorò la mia espressione sbigottita e sollevò la mano per posarmela sulla fronte, poi sorrise soddisfatto.
-Non è passata, ma è scesa parecchio. Credo di essere una migliore medicina della tachipirina...
Riuscì a strapparmela una risata, maledetto, e non ci fu verso di mascherarla.
-Buongiorno dolcezza.
-Buongiorno. Abbiamo fatto sesso da ubriachi per la prima volta...
-Io non ero ubriaco. Tu... oddio, Emma, io, mi...- sbiancò così tanto quasi da confondersi col lenzuolo, ma prima che balzasse in piedi trovai le forze per afferrarlo per un braccio e stringerlo.
-Va tutto bene. Non ero così sbronza, ormai, solo frastornata. Lo volevo davvero e tu l'hai capito.- gli assicurai, accennando un sorriso.
Ma dovevo riscuotermi, dovevo tornare in me... non potevamo chiacchierare e sorriderci come se niente fosse! E soprattutto, non potevamo cancellare ciò che era accaduto nelle due settimane precedenti. L'avevo lasciato senza dargli alcuna spiegazione e, ogni volta che aveva provato a cercarmi, per telefono o presentandosi a casa, io l'avevo ignorato. L'avevo trattato di merda, eppure la sera prima si era presentato in quel locale, picchiando Ryan col rischio di essere arrestato. Per me. Non me lo meritavo, decisamente non me lo meritavo un uomo del genere.
-Killian, dobbiamo vestirci. Tutto questo non... non è giusto. Nei tuoi confronti. Mi odierai...
-Non dire sciocchezze.
-Tu non fare il gentiluomo, invece. Sì che mi odi. Anch'io mi odierei!
-Io non sono te- disse calmo -Non ti odio. E non ti biasimo- aggiunse, ora più serio. Allora non avevo sognato quel dettaglio... sapeva davvero. Mio padre gli aveva detto tutto.
Cosa potevo dirgli, adesso? Che ero pentita della mia scelta? Non lo ero. Non potevo essere pentita, perché ciò che avevo fatto l'avevo fatto per cercare di garantirgli una vita senza complicazioni. Meritava certamente molto più di quanto io avrei mai potuto dargli, se fossi sopravvissuta, e non avevo cambiato idea. Ma lui sapeva... lui sapeva, ed era qui con me. Cosa dovevo fare?
-Ascoltami, non dobbiamo parlarne adesso. Non è mai una buona idea tenere discorsi seri da appena svegli, non credi?
-Già. Però dobbiamo farlo, perché oggi pomeriggio ho la seconda visita.
-E io ti starò accanto.
-No, non se ne parla.
-E invece sì. Smettila di respingermi, Emma... fai solo male a entrambi. Che ore sono?
-Le... 9 e mezza- borbottai, incrociando le braccia al petto. Non poteva cambiare argomento così!
-Ok. Laviamoci e andiamo a fare colazione, ne abbiamo bisogno entrambi ma tu più di me. E stavolta la medicina non te la leva nessuno...
Sbuffai, incredula di quanto irritantemente tranquillo riuscisse ad essere in un momento del genere. Come poteva comportarsi come se non fosse successo niente? Feci per balzare giù stizzita, ma poi ricordai di essere completamente nuda. E di non avere nulla da mettermi, letteralmente nulla. La mia biancheria aveva passato tutta la notte sul pavimento e il vestito che Regina mi aveva prestato era sicuramente ancora bagnato, dato che avevo dovuto lavarlo dopo averlo involontariamente sporcato di vomito. E ad ogni modo, un tubino nero che non copriva neanche un terzo della mia pelle non era l'indumento ideale per fare colazione.
-Non ti preoccupare, ti restituisco la t-shirt che hai tenuto per cinque minuti...
Arrossii, ma a dire il vero aveva probabilmente abbondato, ero piuttosto certa di averci messo molto meno a di spogliarmi. Non volevo neanche pensare a come mi ero comportata, altrimenti mi sarei scavata una fossa.
-Fantastico. Ma devi comunque chiamare Regina, non ho nemmeno le mutande.
-Mh... per il momento pensi di poterti accontentare di un paio di boxer? Ne ho uno con un laccetto, così puoi stringerlo quanto serve.
-Sei serio?- inarcai un sopracciglio: non era uno scherzo molto divertente.
-Serissimo. Guarda che sono puliti e lavati! Certo, se preferisci girare senza mutande... non avrei nulla in contrario, sia chiaro. Ad ogni modo, prendere o lasciare.
Rimasi a guardarlo incerta, quasi aspettandomi di vederlo scoppiare a ridere da un momento all'altro. Ma non lo fece e, mio malgrado, mi resi conto di non avere alternative per il momento.
-E va bene.- accettai, pur senza alcuna intenzione di cedere ai suoi occhi dolci. Non avrei finto che tutto andasse bene.
Aspettai quindi che mi consegnasse dei vestiti, tentando di avere la decenza di guardare altrove quando si alzò dal letto completamente nudo, senza minimamente preoccuparsi di coprirsi: ovviamente non ebbi successo, era innegabilmente un bello spettacolo.
Quando mi porse gli indumenti mi voltai sussurrando un misero grazie e mi infilai sotto il lenzuolo per cercare di usarlo come scudo. Ricordavo vagamente le dinamiche della notte, ma abbastanza da vergognarmi tremendamente: l'avevo praticamente violentato! Non contro la sua volontà, certo, ma mi ero avventata su di lui come una furia.
Cercai di lavar via quei pensieri con l'acqua gelata del bagno, e quello mi aiutò quando mi spruzzò in faccia come un bambino di tre anni. Perché doveva fare così? La situazione era già abbastanza complicata di suo, come poteva prenderla tanto alla leggera!
-Sei un cretino, smettila!
-Sappiamo entrambi che con cretino intendi adorabile!- esclamò allegro schizzandomi nuovamente, e questa volta riuscì a farmi seriamente arrabbiare.
-Ma la smetti?! Cazzo Jones, non è un gioco! Non è tutto come prima! Vuoi capirlo una dannata volta o devo sbatterti la testa al muro per accenderti il cervello, sempre che tu lo abbia?!
Rimasi un attimo perplessa quando serrò le labbra senza ribattere, ma lo sconcerto non durò che pochi attimi. Il suo sguardo si spostò verso la porta aperta della cucina e, quando mi voltai per capire cosa diavolo stesse guardando, restai paralizzata.
A tavola erano seduti Liam e una donna molto bella coi lunghi capelli neri: mi ci volle poco a realizzare chi fosse. E io avevo fatto una gran prima impressione di merda.
-Buongiorno- sorrise la donna, e pensai che il mio viso avrebbe potuto fondersi con la sua maglietta rossa senza problemi. Gran bel modo per conoscere la madre dell'uomo che amavo. Perché così era, anche se gli stavo rendendo le cose ancora più complicate di quanto non fossero già.
-Buon... giorno.- borbottai, mentre Killian ridacchiava dietro di me. Ma fui costretta a desistere dal colpirlo, se non volevo peggiorare la situazione. E in quel momento sperai vivamente che la maglia di Killian fosse abbastanza lunga da non rivelare cosa indossassi sotto, altrimenti avrei potuto correre via per la vergogna.
-Ehi, sta tranquilla... sono certa che abbia fatto qualcosa per meritarsi questa... strigliata!
-Difendere me mai, vero? Sono tuo figlio e lei è violenta!- protestò quello, e mio malgrado mi lasciai sfuggire una risata insieme agli altri due.
-Appunto per quello, ti conosco. Comunque è un vero piacere poterti finalmente conoscere, cara- fece poi, alzandosi in piedi per venirmi a stringere la mano. Io ricambiai, non potendo fare a meno di notare quanto somigliasse a Killian. Era poco più bassa di lui, i capelli folti e leggermente mossi le scivolavano lungo le spalle fin quasi alla schiena, e gli occhi erano dello stesso azzurro intenso.
-Piacere mio, signora Jones. Mi scusi per... insomma, non era così che volevo... presentarmi. E mi dispiace per l'altro giorno, la cena insomma, io...
-Ehi, ehi, non hai di che scusarti, davvero. E chiamami pure Cynthia!
Sorrisi, ma quasi mi venne da piangere per aver rimandato quel momento. Cynthia sembrava una persona meravigliosa e io avevo probabilmente rovinato in parte la sua vacanza dato che era piuttosto chiaro che Killian se la fosse passata abbastanza male. Per colpa mia. Avevo ottenuto l'effetto contrario rispetto a quello desiderato, il che mi fece sentire una persona davvero orribile. E lei era lì, sorridente, ad accogliermi come se niente fosse.
-Scusate se mi impiccio... ma quindi avete chiarito? Va tutto bene, ora?
-Oh sì!- intervenne Liam, che fino a quel momento era rimasto in silenzio a guardare -Hanno decisamente fatto pace, si è sentito abbastanza bene...
-LIAM!- esclamammo tutti e tre all'unisono, e mentre arrossivo dalla punta dei piedi a quella delle orecchie, pensai che non era ancora troppo tardi per colpire qualcuno di prima mattina. Gli sembrava il caso di infierire su una situazione già più che imbarazzante di suo?!
Tuttavia fui abbastanza lucida per trattenere Killian per un braccio, dato che era già partito con fare minaccioso verso suo fratello.
-Lasciami Swan, non gli permetterò di parlare così...
-Lascia perdere. Ok?- insistetti, guardandolo negli occhi e continuando a tenere saldamente la presa. Ci mancava solo che per colpa mia sua madre li vedesse prendersi a pugni: uomini!
-D'accordo, basta litigare bambini. Ma tuo fratello ha ragione Liam, hai esagerato.
-Cercavo solo di sdrammatizzare. Scusatemi.
Io annuii e con un'occhiataccia feci capire al fratello minore di fare lo stesso. Volevo fare colazione, chiamare Regina perché mi portasse da vestire, e poi io e Killian avremmo finalmente potuto parlare. Ci eravamo scambiati pochissime parole da quando mi aveva trovata in quel locale, e le cose da dire erano così tante... Il fatto che sapesse non cambiava la realtà dei fatti, e io non sapevo come comportarmi. Era una cosa che, a questo punto, avremmo dovuto decidere insieme. Anche se dubitavo di riuscire ad avere le forze per separarmi da lui un altra volta... Come si faceva a voltare le spalle ad un ragazzo tanto meraviglioso? L'avevo trattato in maniera orribile e nonostante ciò non si era arreso e mi aveva tirata fuori da una situazione orribile che, al solo pensiero che sarebbe potuta finire diversamente, mi dava la nausea. E sì, mi irritava che si comportasse come se niente fosse... ma come riusciva a farlo? Davvero non serbava neanche un briciolo di rancore nei miei confronti? Io mi sarei sinceramente odiata.
-Allora... Emma. Un caffè? Un tè?
-Un... caffè grazie. Abbastanza forte...
-Non sarebbe meglio un tè o una cioccolata? Caffè e febbre non vanno molto d'accordo...
-Oh, hai la febbre?
-No- borbottai imbarazzata rivolta alla donna -Cioè, non lo so, ma... il caffè va bene.
Killian fu pronto a ribattere, ma con un'occhiataccia riuscii a farlo tacere. Non mi importava un accidenti se avevo la febbre, un caffè forte era ciò di cui avevo bisogno in quel momento. Non era la mia bevanda preferita ma avrebbe sicuramente alleviato quel leggero ma fastidioso dolore alla testa causato dal dopo sbronza. Ero stata una stupida a bere così tanto, non l'avrei fatto mai più in vita mia. Ed era stato stupido credere che quel comportamento idiota mi avrebbe fatto stare meglio: ci erano volute due settimane, ma alla fine avevo capito di aver commesso un grosso errore.
Io e l'uomo ci sedemmo a tavola in silenzio e quando Cynthia mi porse la tazzina di caffè fumante la ringraziai. Forse avevamo fatto bene a rimandare la chiacchierata a più tardi, ero così... esausta. Esaurita. Avevo solo voglia di farmi piccola piccola e piangere sotto le coperte fino ad esaurire tutte le lacrime, per poi mangiare dolci, patatine e ogni genere di schifezze. Forse era quello che avrei dovuto fare fin dall'inizio, invece di sprecare il mio tempo ad essere quella che non ero. Probabilmente mi avrebbe aiutata e avrei realizzato molto prima che sciocchezza avevo fatto. Decisi quindi di farlo capire a Killian, allungando una mano sotto il tavolo per stringere forte la sua. Mi era mancato... mi era mancato tantissimo, e non ero ancora riuscita a dirglielo. In realtà non gli avevo detto neanche una parola carina. Nemmeno un “grazie”.
Quando ricambiò la stretta, un piacevole calore si propagò dentro di me da capo a piedi... peccato che quella pace interiore che tanto avevo atteso fu bruscamente interrotta da un attacco di nausea inaspettato. Poi le voci iniziarono a giungermi lontane, fino a che non sparirono del tutto mentre il nero mi annebbiava prima la vista, poi tutti gli altri sensi.






 

Angolo dell'autrice;
Ciao! Giustamente è sempre nei weekend che ho più lavoro... quando arrivano capitoli da leggere e da postare xD Ho quasi pensato di rimandare a domani, poi però ho cambiato idea essendo il capitolo solo da revisionare. (ci ho comunque messo un'ora, ma dettagli).
Come vedete, sono stata buona e Killian non ha passato nessun guaio... alla fine Ryan si è riscattato, in qualche modo. Magari Emma riuscirà finalmente a considerare la questione con lui chiusa. Non saprebbe mai di Henry, ma in fondo è meglio così.
Ovviamente dopo aver ingerito tutti quei cocktail è stata male e come ha detto Killian è stata fortunata, poteva andare molto peggio. Ha avuto modo di sfogarsi, gridare le sue ragioni ammettendo di non essere fiera di ciò che ha fatto... ma aveva bisogno di provare. Che poi l'abbia fatto nel modo sbagliato, che si sia comportata come una bambina... è innegabile, e lo sa anche lei. E alla fine, tutto ciò che desiderava era che Killian la aiutasse a sentirsi meglio... cosa che probabilmente avrebbe dovuto capire fin dall'inizio. Sono stata molto indecisa su come farlo agire... ma alla fine ho pensato che ne hanno passate tante, e non hanno bisogno di momenti "perfetti" per fare l'amore. Hanno superato quella prima fase del corteggiamento e adesso possono permettersi di sfogarsi... per Emma il sesso non è più un tabù o qualcosa di cui avere paura. E infatti gliel'ha confermato la mattina seguente, quando ormai era completamente lucida. Ha finalmente conosciuto la mamma di Killian e nonostante tutto... non è andata poi cos' male xD Sta anche tornando in sé... peccato che quel malore finale sia arrivato nel momento meno adatto. Saranno ancora i postumi della serata... sarà altro? Si vedrà.
Spero di aver descritto bene le emozioni e azioni di questo capitolo, spero risulti tutto credibile e sensato.
Un abbraccio e a presto! :* (vado a letto così domani posso recuperare anche i capitoli da leggere. Lara! Vedo che ne hai pubblicati due... non vedo l'ora!)
   
 
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