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Autore: Stray_Ashes    10/07/2017    0 recensioni
Ambientata nella Londra Vittoriana, tra fantasy, soprannaturale, thriller e rosa, questa "storia" è un esperimento con cui partecipo a un piccolo concorso su Wattpad.
Si tratterà di tre storie apparentemente diverse e una storia conclusiva che collegherà tutte le altre. Non sono sicura di essere riuscita a rispettare quei parametri, ma ci ho provato.
Buona lettura!
Genere: Romantico, Sovrannaturale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Jessica Rawstreet aveva l'eleganza delle ali dei falchi e la freddezza dei loro occhi. O almeno, così la descriveva il suo cameriere.

Osservava il mondo scorrere con una compostezza e una distanza che somigliava al modo in cui i felini e i rapaci rimiravano il loro regno – con quell'altezzoso, ma mai distratto, senso di superiorità e controllo, come in attesa di qualcosa.

Seduta a gambe accavallate sulla costosa poltrona bordeaux nel salotto di Villa Chadelle, Jessica Rawstreet si portò la sigaretta alle labbra e tirò, lasciando che il fumo le strisciasse nei polmoni prima di espellerlo, schiudendo le labbra. Osservò la nuvoletta grigia con occhi socchiusi, e poi questa si diradò nell'aria, sparendo senza lasciar traccia visibile di esserci mai stata.

Un po' come le persone, pensò. Di loro resta un ricordo pallido, e poi più nulla.

Gli occhi verde chiaro erano circondati da un elegante linea di trucco scuro, le sopracciglia erano perfettamente arcuate, il naso appuntito ma dritto, gli zigomi marcati e le labbra sottili, rosse, strette in una linea di impazienza. La figura quasi nobile di Jessica Rawstreet sapeva intimidire anche i più ricchi signori della città, e nessuno osava recarle uno sgarbo. Era rinomata per le sue vendette subdole e mirate. Non c'era segreto che lei, se istigata, non era in grado di scoprire.

Jessica, però, non era particolarmente amata dalla propria famiglia, e lei di certo non l'amava a sua volta. Erano tutti pomposi nobili d'alta società che dondolavano per le strade e per le stanze come grossi tacchini, con quel mento cadente e quegli occhi piccoli, indagatori, nonché incredibilmente stupidi.

Jessica non sapeva infatti se la propria astuzia fosse genetica, ma ne dubitava, siccome era figlia del Conte Rawstreet – ormai morto da un paio di anni.

Jessica prese un altro tiro dalla sigaretta e si guardò intorno, incontrando gli occhi fintamente umidi delle persone presenti nella sala: nessuno voleva davvero bene al Conte Bracket, il fratello del Conte Rawstreet: l'anziano era diventato una grossa grassa palla al piede e nessuno era stato poi così sorpreso nell'apprendere che il vecchio cuore dell'uomo era collassato, non dopo tutto quello che si era fumato negli anni.

Jessica riconobbe le proprie cugine, altre vecchie e giovani donne e qualche uomo, vecchi amici di Bracket, o parenti, o semplici accompagnatori delle damigelle. Jessica non lo sapeva. Non le importavano, questi ipocriti affari di famiglia, e non aveva alcun interesse ad unirsi al lutto o a compiangere il perduto 'parente' insieme agli altri pagliacci della commedia.

Si sentiva sguardi truci addosso, forse per via della sigaretta o della sua presenza in generale, ma Jessica non ci fece caso: le avevano chiesto di essere presente alla lettura del testamento, e lei era venuta. In ogni caso, sulla sua pelle scivolava placido ogni sguardo e ogni parola.

Il vecchio notaio si schiarì la voce e maneggiò dei fogli ingialliti, prendendo a leggere qualche formalità che Jessica ignorò. La donna spostò lo sguardo affilato sulle persone sedute intorno al lungo tavolo, ignorando immediatamente quelle con gli occhi arrossati e quelle che suo malgrado già conosceva. Poi notò due uomini, tra i venti e trent'anni, uno biondo e uno moro, che non aveva mai visto prima. La incuriosirono, perché come lei sembravano estranei e disinteressati a tutto questo, ma la sua attenzione fu nuovamente rapita dal notaio, le cui parole cominciavano a diventare interessanti. E Jessica sentì esattamente la frase che voleva sentire.

"...lascio tutti i miei averi, perché possa disporne a suo piacimento, a mia nipote Jessica Rawstreet".

Si alzò un boato.

Jessica vide, ridendo con la sigaretta fra le labbra, la moglie di Bracket alzarsi in piedi e buttare giù la sedia, le sua cugine lanciarle occhiate incredule e generali esclamazioni di sospetto e protesta. Il povero notaio era il più buffo, mentre si sistemava gli occhiali e mostrava il foglio ai presenti, rileggendo il testo un paio di volte.

Immune a tutto questo, Jessica premette la testa della sigaretta contro il posacenere di cristallo poco lontano da lei, estrasse un'altra sigaretta dalla borsa e l'accese. Si alzò in piedi e, senza dare corda a nessuno, se ne uscì nel giardino.

Esattamente quello che aveva voluto sentire. Avrebbe voluto ridere, ma non le sembrava carino. Dopotutto, il vecchio zio Bracket era stato carino con lei, no?

***

"Pensi che l'abbia falsificato...?"

La casa si era ormai praticamente svuotata, ma il pallido sole autunnale che illuminava il selciato del giardino era piacevole sui loro completi neri. David mise le mani nelle tasche e si girò verso di Terence. "Il testamento, intendo".

Terence sollevò lo sguardo sul salice in fondo al giardino, osservando come la luce creasse strane trame tra le fronde. "Non saprei".

David sollevò le sopracciglia: vivevano insieme da sette anni, era raro che Terence non sapesse qualcosa. Specie quando si trattava di questo genere di cose. David non sapeva se l'altro uomo avesse semplicemente letto troppi libri gialli nell'infanzia o se raccogliere indizi e dare riposte fosse un suo semplice talento naturale. Terence sosteneva sempre la seconda, ma a David piaceva punzecchiarlo.

"Però penso che si sia lavorata l'affetto di quell'uomo fin da bambina. E so di per certo che non ha scrupoli, e che ha bisogno di soldi"

"Di soldi?"

Terence annuì. "Ho fatto due chiacchiere con il suo maggiordomo, poco dopo la morte del conte". David aggrottò le sopracciglia, ma non disse nulla. "Ha venduto alcuni dei suoi migliori gioielli, persino un cavallo da corsa. Esce tardi la sera e non fa ritorno per ore. Forse qualcuno la ricatta? O forse, più plausibile, si tratta di un amante, con cui magari vuole scappare, o magari qualche brutto circolo in cui si è incastrata. Persino la morte improvvisa del Conte, proprio in questo suo momento critico, la trovo sospetta"

"Ma il conte è morto d'infarto, no...?"

"La Rawstreet studiava botanica. E anche le piante sono pericolose e subdole, solo che la scienza è ancora troppo indietro per riconoscerne tutti gli effetti. Jessica invece no, temo".

Ci fu un lungo momento di silenzio, in cui David cercò di riordinare logicamente le parole di Terence. "Intendi dirlo a qualcuno?" domandò infine.

Terence sospirò e cominciò a camminare verso la strada, dove carrozze di dimensioni varie sfrecciavano sul cemento. David lo raggiunse immediatamente, passeggiando accanto a lui e attendendo una risposta. Era diventato molto paziente, negli anni.

Terence scosse le spalle. "No, non penso. Perché dovrei? Questa città è già piena di persone viscide, e persino Jessica Rawstreet si merita di scappare da qualche altra parte, lontano da chi la conosce", e poi non aggiunse altro. Prese invece David a braccetto, poiché, ancora una volta, era incurante di quello che potevano o non potevano fare in pubblico. "Ora andiamo, ci sono cose da scoprire in questa città".

David trattenne sia un sospiro che un sorriso. 


 

.........

 

  
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