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Autore: Martha_golden    11/07/2017    2 recensioni
" Era un privilegio poterlo ascoltare,
distogliere la mente da tutti i problemi che ci affliggevano e perdermi completamente in quel suono, nelle sue melodie, che diversamente dalla sua lingua spesso tagliente, erano dolci e rassicuranti.
Era concesso anche a me poter chiudere gli occhi e prendere respiro!
Sherlock suonò incessantemente per tutta la notte ed io mi addormentai perso tra le soavi note del suo violino."
...
"Sembrava accarezzare quel bambino, il suo violino, con l'arco mentre con le dita della mano che lo sostenevano fermamente pizzicava le corde come a sfiorare la pelle della creatura che non smetteva di singhiozzare, in un pianto lamentoso e disperato."
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Mycroft Holmes, Redbeard, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 John Watson's theme

          Capitolo 1 - Bach 

 
« 221 b di Baker Street...?»
«Così è scritto sulla porta.»
«Credevo che avrei trovato quel tale, Sherlock Holmes, sa ho un problema, mi serve un investigatore per…»,  disse l'uomo affannato alla porta.
«Per via di sua moglie ovviamente; be’ mi dispiace ma il suo uomo non è in casa; è fuori... per lavoro.» 
«Lei è proprio sicuro che...», sospirò l'uomo dallo sguardo ormai sfiduciato.
«Mi dispiace devo tornare al mio solfeggio, auguri per il divorzio!» 
 
 E con quel fare strafottente che lo contraddistingueva amabilmente, il mio  coinquilino sbatté la porta in faccia a quel poveretto e come se nulla fosse tornò alla finestra davanti al suo leggio armato di violino e archetto. 
«Sherlock, quell'uomo...»
«Si John, era un uomo, ottima osservazione.» 
«Poteva essere interessante, il suo sguardo... credo avesse bisogno d'aiuto.» 
«Il suo sguardo? Era solo un tale disperato. Noioso! Ordinaria amministrazione!»
«Ordinaria amm...?»
«Si John, il segnale della fede; una moglie fedifraga e il disperato bisogno di prove per la custodia dei figli; 3 per l'esattezza!»
«Come hai...»
«Nulla che valga il mio tempo, adesso scusami ma Bach mi reclama.»
 
Bach lo reclama! Per diamine! Non dissi nient'altro e rassegnato tanto quanto il cliente di prima tornai in cucina.
Ero abituato ormai alla routine di Holmes, sapevo che se pur presente fisicamente in casa  la sua mente sarebbe stata assente per il resto della giornata. 
Non si sarebbe  fermato , non avrebbe più proferito alcuna parola, avrebbe suonato senza sosta per il resto della giornata.
 
Ed io come ero solito fare sarei stato lì immobile ad osservarlo o come meglio avrebbe corretto lui a guardarlo, perché "John tu guardi ma non osservi". Quanto di più falso... il più delle volte... o quasi.
Certo non potrò mai vantare la sua abilità  nel risolvere crimini così come la sua maestria nella scienza deduttiva o la sua totale ed inumana genialità, ma avevo  imparato nel corso degli anni, standogli vicino, ad osservare ogni minimo dettaglio, ad apprezzare l'impossibile e a dubitare sempre dell'ovvio. E se tenevo nascosti quasi sempre i miei piccoli progressi ed apprendimenti era esclusivamente per dar sazio  al suo ego ed al suo bisogno di primeggiare, sottolineando costantemente l'incapacità del genere umano. 
Vi  era peraltro una scienza nella quale il "limitato" John Watson dopo anni di pratica aveva imparato ad eccellere: capire Sherlock Holmes!!
O per lo meno non credevo, fino a quel momento, che su questo ci fossero ulteriori segreti o istruzioni per il sottoscritto.
 Mi dovetti ben presto nuovamente smentire! 
                                        
 ***
 
Nient'altro avrebbe attirato la mia attenzione per il resto della giornata, nulla più di Sherlock immerso nella sua musica.
Era un privilegio poterlo ascoltare, 
distogliere la mente da tutti i problemi che ci affliggevano e perdermi completamente in quel suono, nelle sue melodie, che diversamente dalla sua lingua spesso tagliente, erano dolci e rassicuranti.
 Era concesso anche a me poter chiudere gli occhi e prendere respiro!
Sherlock suonò  incessantemente per tutta la notte ed io mi addormentai perso tra le soavi note del suo violino.
                                            
***
 
Era appena l'alba, il sole si stava levando.
Dalla porta semiaperta  che divideva  i due ambienti  penetrava solo uno spiraglio di luce.
Potevo scorgere così in controluce la sua lunga ed esile figura, lì dove l'avevo lasciata...  
Cercai di guardarlo, nonostante il sole mi impedisse la vista.
Sembrava cullare un neonato, dondolandosi dolcemente avanti e indietro pur tenendo i piedi ben a contatto con la terra.
Sembrava accarezzare quel bambino, il suo violino, con l'arco mentre con le dita della mano che lo sostenevano fermamente pizzicava le corde come a sfiorare la pelle della creatura che non smetteva di singhiozzare, in un pianto lamentoso e disperato. 
«Sherlock, non hai dormito? Da quanto sei lì? Dovresti almeno mangiare o riposare.»
E il pianto si fece più forte, la sinfonia più nervosa...
«Sherlock», gridai raggiungendolo in salotto, « hai sentito quello che ho appena detto ?»
E con uno scatto nervoso, scuotendo la testa interruppe di suonare e disse : «non ho bisogno tu mi faccia da badante, c'è già la signora Hudson per questo! E per di più abbassa la voce o le tue urla la sveglieranno!»
«Sul serio Sherlock, le mie urla sveglieranno la nostra governante??
È da ieri che suoni ininterrottamente, che diavolo ti prende??
Noia? O forse la cocaina?»
«Sono pulito, lo sai!»
«Allora deve essere una nuova forma di droga questa! Perché ne sembri totalmente dipendente», dissi ironico sfidandolo con lo sguardo!
« Andiamo, sai perfettamente che ho di questi momenti, il mio estro creativo ha il sopravvento sul mio  io razionale, dovresti saperlo benissimo.»
E con fare scocciato si girò e riprese a suonare.
Conoscevo fin troppo bene l'estro creativo di Sherlock e non ci aveva mai deliziato della sua presenza se non per più di qualche ora.
 No, qualcosa non andava, era chiaro.
Qualcosa lo doveva aver turbato profondamente tanto da rifugiarsi nella sua musica.
Ma cosa? 
Episodi del genere si verificavano sporadicamente ai miei occhi così come rari sono tutt'ora gli eventi o i pensieri che possono scuotere l'animo di Sherlock. 
Provai a fare ogni sorta di supposizione, ma al mio quesito non c'era risposta! Compleanni? Ricorrenze? Non che io sapessi. 
Qualche incarico machiavellico o segreto? Un serial killer forse?
Non era possibile... 
Lui stesso circa 2 giorni fa mi disse che sembravano essersi abbattuti su Baker Street tempi duri per chi come lui svolgeva la professione di consulente investigativo:
«John di questo passo penso dovrò cambiare lavoro, ultimamente nessuno commette più crimini ingegnosi, neanche l'ombra di un meritevole omicidio  da più di 40 giorni; sono tempi duri amico mio, ti conviene tornare a far il medico!»
Ovviamente dal computo erano esclusi i reati di cronaca per i quali ''Gavin Lestrade e gli altri idioti di Scotland yard avrebbero potuto fare anche da soli".
No!! Era decisamente qualcos'altro!
Così raccogliendo tutta la tenacia che trovai nei polmoni andai da lui ed esclamai:
«Per favore Sherlock, fermarti mi stai preoccupando! Che succede?»
«Continuo a non capire perché ti preoccupi per me, lasciami suonare », replicò il musicista continuando la sua arte.
«Sherlock adesso basta! Per l'amor del cielo potresti spiegarmi che ti passa per la testa? Puoi dirmi tutto, lo sai vero? Gli amici servono a que...»
«Gli amici! Gli amici !Io non ho amici! Neppure tu lo sei mai stato...», esordì Sherlock allontanando il violino dal mento e brandendo il suo archetto come fosse una spada. 
«Vuoi ricominciare con la storia degli amici? Va bene, hai vinto! Sai che ti dico? Non mi interessa! Non ho tempo per il tuo vittimismo!», protestati a quel punto parecchio infastidito.
«Ma andiamo! Sul serio hai il coraggio di definirti ancora mio amico?»
«Non capisco Sherlock, mi dispiace ma questa volta non ti seguo!»
«Come sempre Watson, anche davanti all'evidenza, non capirai mai!
Perché dovrei confidarmi con te? Perché dovrei parlarti di quello che oggi mi tormenta se non potrò ricevere il conforto che merito, se non posso ancora mostrarmi debole davanti al tuo stupido orgoglio avvilente!
Perché John, perché dovrei mostrarmi umano proprio con te, che ti ostini a definirti un amico quando il tuo sguardo anche ora sembra dirmi altro...»
Per un attimo interminabile calò il silenzio.
Non ebbi il coraggio di guardarlo, abbassai così lo sguardo e istintivamente mi morsi il labbro stringendo i pugni dalla rabbia che intimamente provavo, ed in fine sospirai:
«Quando vorrai dirmi che succede, sai dove trovarmi.» 
 
Un attimo dopo Sherlock, guardandomi con rabbia inveì dicendo che l'unica amica che avesse mai avuto era la sua musica ed emettendo un solo grido disperato gettò il violino sul tavolo e con un movimento secco spezzò in due l'arco dello strumento.
Poi esausto si rannicchiò sul divano  e dandomi le spalle, sussurrò quelle esatte parole: «è tutto inutile con te ma dato che ci tieni tanto, il problema è il 14 aprile.»
Quelle  armoniose melodie erano svanite, dissolte in sorde grida.
Un frastuono che ruppe la magia di quella sinfonia e che immediatamente mi riportò vigile alla realtà, facendo riaffiorare tutti i problemi che nella notte precedente si erano assopiti.
Non sapevo cosa fare, il suo cedimento mi aveva colto alla sprovvista; dovevo allontanarmi, o la situazione mi sarebbe sfuggita di mano.
E se pur per un breve momento indugiai poiché il mio sguardo si ribellava ai miei comandi, puntando all'uomo dai ricci corvini, l'orgoglio e la paura  ebbero la meglio e  così con la classe di un vero inglese mi dileguai fuori dall'appartamento balbettando di aver bisogno di un po' d'aria.
 
Girovagai per un paio d'ore sommerso da mille pensieri, bombardato da molteplici sentimenti, del tutto contrastanti; pensieri e sentimenti che in verità da anni non facevo altro che reprimere, ignorare, trascurare, sperando così facendo che non sarei mai dovuto arrivare alla resa dei conti.
La resa tra me e Sherlock, tra quello che provavamo realmente l'uno per l'altro.
Non sapevo dove andare, la mia intera vita in quella grigia Londra riconduceva all'indirizzo 221 b di Baker Street.
Tutta la mia esistenza apparteneva a lui, a Sherlock Holmes. 
Mi sentii frustrato...
Come era potuto accadere?
Come ci ero riuscito? Come diavolo avevo potuto legare indissolubilmente la mia vita ad un  genio sociopatico amante del crimine e del violino?
Io, John Hamish Watson, medico del battaglione d’India, 5° Reggimento dei Fucilieri di Northumberland, come ero potuto diventare così debole, così poco lucido,  vulnerabile, incline ai sentimenti, totalmente dipendente da un'altra persona, e per di più da un uomo.
Erano domande a cui non avevo il coraggio di rispondere, non  quella mattina. 
Ma come spesso diceva il mio amico "in fatto di coincidenze l'universo è raramente pigro"; 
Così mentre passeggiavo per Hide park  deciso a distrarre la mia mente, di colpo involontariamente mi bloccai, rapito  da un suono a me del tutto familiare: la musica di un violino.
Vidi così un gruppo di persone accerchiate attorno ad un ragazzino che si dilettava, per raccogliere una manciata di sterline, nel suonare il suo violino con grazia  e passione;
istintivamente chiusi gli occhi e la mia mente tornò lì, all'appartamento dal quale  mi ero appena allontanato, dall'uomo da cui ero appena fuggito; provai un gran senso di vuoto.
Poco dopo la musica terminò e dopo aver riaperto gli occhi  il ragazzino sorridendo mi disse: «le piace molto Bach?»
«O beh credo di amarlo», farfugliai senza controllare le parole.
«Sa, questa è una sinfonia poco conosciuta. Fa sempre piacere trovare gente che la apprezzi.»
«Il mio coinquilino è un grande estimatore del maestro Bach, questa per di più l'avrò sentita decine di volte», esclamai con fierezza.
Così Lasciai una mancia al ragazzo e rassegnato mi incamminai verso casa.
Prima o poi, sicuramente molto presto, avrei dovuto fare i conti con me stesso, con i miei sentimenti e cosa ben  peggiore con il mio poco convenzionale coinquilino. Ma fu allora che decisi che prima di rientrare avrei dovuto risolvere un'altra faccenda! Non mi sarei presentato alla porta di casa, al cospetto del grande consulente investigativo fino a quando non avessi capito di più circa la faccenda che tanto aveva cruciato Sherlock! 
Cosa poteva significare che il problema fosse il 14 aprile?
La melodia di prima aveva riportato a galla ogni sorta di enigma, compreso questo.
Ero deciso a  risolvere questo caso, ad indagare su questa storia. Fino ad allora, sul tutto il resto Sherlock non l'avrebbe avuta vinta!
Era giunto per il dottore il momento di condurre un'indagine privata su  Holmes, sul  suo passato, su quella data che sembrava procurargli sofferenza.
E fu così che poco dopo come per inerzia mi diressi presso quell'edificio, il luogo dove avrei trovato le risposte che cercavo, il Diogenes club!
Se una risposta al delirio di Sherlock esisteva non poteva che essere custodita da lui, dal suo amabile e modesto fratello maggiore, Mycroft Holmes!
L'uomo che tutto sa e tutto può!

 
 
 
              
   
 
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