Fanfic su artisti musicali > HIM
Segui la storia  |       
Autore: DarkYuna    11/07/2017    1 recensioni
"Inarca le sopracciglia, livida in viso, sta per dare sfogo alla furia e il malcapitato è il sottoscritto. Se è in fase premestruale posso iniziare a scrivere il mio necrologio. Migé avrebbe potuto cantare al funerale o magari Linde, un’Ave Maria Heavy Metal, con chitarre distorte e voci roboanti."
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Ville Valo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Image and video hosting by TinyPic  



 
19.
 
*Ci incontreremo quando saremo più pronti, meno arrabbiati, un po' più soli. Prenditi cura
di te.*







 
 
 
 
Il bicchiere è vuoto, la bottiglia di alcool è destinata a fare l’identica fine. Altre quattro le faranno compagnia.
Fuori ha smesso di piovere, il temporale si dirocca solo nell’anima, silenzioso, ma infernale. Sono stravaccato sul divano, non ho alcuna intenzione di fare alcunché, a parte bere fino ad affogare nel mio stesso vomito.
 
 
Due giorni fa hanno sotterrato Amelia, per me non è mai accaduto sul serio. Aspetto che da un momento all’altro bussi euforica alla porta, magari dopo aver scavalcato temeraria il cancello e mi riempia di epiteti buffi e spiritosi.
 
 
Ho conosciuto i suoi genitori.
 
 
Sua madre le somiglia tantissimo, stessi occhi, uguale colore di capelli, con un taglio diverso, più lungo, temperamento opposto, così mite e mansueto, vedere la mia Amelia nei tratti di una donna adulta, ha provocato un attacco di panico. Lei non arriverà più a quell’età, non potrà invecchiare… con me. Il padre era colmo di rimorsi, un perdono che nessuno potrà mai donargli, ha permesso alla rabbia di farlo allontanare da sua figlia e non potranno più chiarirsi.
Mi è venuta la nausea alla parola “condoglianze”.
Chiunque fosse amico o parente di Amelia, sapeva di me, del suo amore folle, di come avesse attraversato l’Europa intera per vivermi nel breve tempo che le era stato concesso. Si comportavano come fossi uno di famiglia.
È stato un incubo e, da quell’incubo non mi sono ancora svegliato.
 
 
Mia madre ha passato la mattinata con me, in serata toccherà a Jesse. Hanno tutti paura per la mia sanità mentale, si danno il cambio, cercano di non lasciarmi a lungo da solo, con un simile dolore che si ciba delle mie carni.
Io ho promesso, anche se è una promessa che mi costa cara.
Non morirò, non tenterò di togliermi la vita, sopravvivrò fin quando potrò, l’ho giurato ad Amelia. E se non altro, questo impegno, voglio mantenerlo.  
Se almeno i ricordi smettessero di fluire impetuosi nella mente, provare a continuare sulla mia strada, sarebbe meno funesto e più semplice. Invece no, lei è lì, con gli occhi di zucchero, il sorriso pieno, la voce cristallina, il profumo d’amore, i baci di miele, la pelle di velluto. Il tempo trascorso con lei è come la più potente droga e, adesso che è scaduto, sono in violenta astinenza. Una dolorosa astinenza.
 
 
La bottiglia vuota di birra rotola dalla mano, sul tappeto, battendo nel cumolo di bottiglie vuote. L’alcool non riesce a stordirmi quanto vorrei, ho un senso di nausea pressante che risale dallo stomaco, sono ancora sotto shock, non so se mi sono ripreso e se ci riuscirò mai.
Il cervello non vuole ammettere la realtà ed io sono d’accordo con lui.
Socchiudo un momento gli occhi, non dormo e non mangio da parecchi giorni e, se posso ignorare gli effetti della fame, è il sonno che tradisce e sono nelle lande di Morfeo, prima che possa capirlo.
 
 
Una sensazione di calore gradevole, come un balsamo, lambisce la crepa tossica che imperversa al centro del petto, richiude le fenditure profondissime nel cuore e per un attimo non c’è sofferenza.
 
 
Una voce in lontananza canta in francese, una nenia atroce, di cui non comprendo le parole, però è come se volesse rammentarmi di qualcosa di importante o qualcuno che è così presente nei ricordi, che adesso è solo un’ombra di passaggio, che fugge via. Corro verso la voce, è lei la soluzione, corro su per delle scale a chiocciola, che non hanno mai fine. Non importa quanto lunga sia la traversata, che sono privo di forze e non c’è luce in questo posto desolante, l’importante è correre.
Sono sulla terrazza della torre. È buio. Non riesco a scorgere il cielo o la terra, solo l’abisso delle tenebre.
E lei è lì: la proprietaria della voce.
Amelia.
È ancora qui con me.
Non riesco a rammentare il perché, il solo vederla, causa una devastazione di tale portata. Inizio a piangere come un bambino.
È in piedi sul cornicione bianco, in bilico, tra la terrazza e l’oblio del nulla. Alzo una mano verso di lei, sgomentato per dove si trova, vorrei che scendesse, che tornasse con me, ma so che non posso fare niente. Mi fissa con una leggiadria disarmante, sorride mentre canta e prima che possa raggiungerla, si butta giù di spalle.
 
 
Mi sveglio di soprassalto, ho il cuore che è un treno in corsa, sono sudato, mi gira la testa, disorientato. La notte è calata, ho dormito più di quanto pensassi: l’alcool ha fatto effetto.
Ho la bocca che è peggio del Sahara alle quattro di un afoso pomeriggio estivo, gli occhi gonfi e pesti, le palpebre come incollate, un bruciore di stomaco che nemmeno un estintore può domare.
È stato come perdere Amelia una seconda volta.
 
 
Sto ancora metabolizzando l’accaduto, quando tre colpi alla porta mi fanno sobbalzare dallo spavento e, per un lunghissimo, doloroso ed infinito istante, sono sicuro che sia lei.
 
 
<< Ville?! Ville sono Francesca. Scusa l’orario, ma ti devo parlare. >>. La voce è debole, fiacca, piena di una sofferenza che sto saggiando anche io e di cui non mi libererò mai più.
 
 
Faccio per parlare, ma le parole escono atone, rauche e basse. Schiarisco più volte la gola, ed è come se avessi della carta vetrata in corpo.
<< Arrivo. >>, vocio alla fine, per evitare che se ne vada.
Ho desiderato così tanto che Amelia fosse ancora qui con me, che la delusione è un cazzotto potente che sbriciola i resti del cuore, come sabbia corvina tra le dita.
 
 
Non ha dormito nemmeno lei, ha l’aria stravolta, deve aver pianto da poco. L’aspetto non è dei migliori, come il mio, d’altronde.
Tra le mani, tiene stretto un diario vissuto, dalla copertina nera e scritte in lingue differenti, anche in finlandese.
È fuori luogo e grottesco chiedersi “come stai?”, quindi nessuno dei due lo fa, il silenzio è già abbastanza desolante di suo, perché aggiungere altra legna al fuoco? Francesca è di poche parole come me.
Forse è per questo che lei era la migliore amica di Amelia, ed io l’uomo che l’amava: ci somigliamo.
 
 
<< Preferisco non entrare. >>, dice, anticipando la stupida domanda di routine. È strano come un lutto di tale portata, annulli i cliché, le idiozie e le consuetudini. Le maschere cadono e le persone vengono allo scoperto. Porge il diario e attende che lo prenda. << Era di Amelia: mi ha chiesto di dartelo… alla fine. Voleva che lo avessi tu. >>. Asciuga via una lacrima, è rabbiosa nel gesto. Non vuole piangere, anche se non smetterà mai di farlo.
 
 
<< G-grazie. >>, balbetto sorpreso. Solo ora mi rendo conto di non avere niente di Amelia, né una foto, né qualcosa che le appartenga, solo la voce registrata sul suo mp3 e basta.
 
 
Francesca deglutisce e, senza girarci ulteriormente attorno, mi sgancia la bomba.
<< Noi stiamo partendo, Ville. >>, confessa fredda. << Abbiamo esaudito tutti i desideri di… i suoi desideri. Torneremo in Italia alla fine della settimana. >>. Sono riusciti perfino a sotterrarla nella terra che tanto amava, non poi così distante da me. Francesca non riesce a pronunciare il nome di Amelia. << È importante che tu avessi questo pezzo di lei. Grazie per averla amata, Ville. Grazie per esserti preso cura di lei, fino alla fine. Grazie, perché era te che voleva vedere, prima di morire. >>. Le parole scivolano d’improvviso fino all’anima, un cannone sparato a tradimento, un singhiozzo mi riempie la bocca e lo soffoco a stenti. Porto una mano sulle labbra e lotto per non sciogliermi in un lamento di lacrime.
 
 
<< Spero che, un giorno ci rivedremo. >>.
 
 
Un sorriso triste le sfugge, poi di nuovo la distruzione.
<< Lo spero anche io. >>, conclude. Siamo abili bugiardi, è l’ultima volta che le nostre strade s’incrociano. << Ciao Ville. >>, dice, per poi darmi le spalle e andarsene, saltando allo stesso modo di Amelia in cancelletto, senza attendere che glielo apra.
 
 
<< Addio Francesca. >>, mormoro nel silenzio della sera, oramai non può più udirmi. Sento che con Francesca, sto perdendo un'altra parte di Amelia e un’altra parte di me.
 
 
Richiudo la porta, torno a poltrire sul divano. Fisso assente il diario, non sono certo di volerlo leggere e d’altra parte so che mi aggrapperò a quelle pagine, piene della sua essenza, fino a morirne.
Cincischio pochi minuti, forse ore, alla fine, esausto dal tira e molla con me stesso, apro la copertina e sfoglio la prima pagina.
La data riportata risale al 2010: gli ultimi sei anni della sua vita.
È tutto scritto in inglese, poco e niente in italiano. È come se sapesse che, un giorno, io avrei letto il suo passato.
 
“Si può amare così tanto una persona che non si conosce?
Come può accadere tale miracolo?

Io non so niente di Ville, magari è un rompi balle di prima categoria, forse ha delle abitudine che detesto, delle usanze a cui non sono avvezza.
Eppure, anche se penso alle cose peggiori che potrebbe mai fare o dire, io lo amo lo stesso. Sarei disposta a tutto, pur di trascorrere un solo istante con lui.
Non è forse questo l’amore? Adorare i pregi, ma amare immensamente i difetti?
Perché se è così, io lo amo.”.
 
Nella pagina seguente, vi è incollata una foto proveniente da Seiska, un giornale di gossip locale, dove mi si affibbiava un probabile flirt con un’attrice finlandese. Poi smentito.
Accanto, Amelia ha scritto:
 
“Solo chi ami veramente, può ferirti così. O si ama totalmente o non si ama affatto, vorrei provare meno sentimenti per lui, ma non posso.”.
 
Continuo a sfogliare, a leggere di spezzoni di vita quotidiana, i problemi con il padre, poesie a me dedicate, fantasie divertenti in grado di strapparmi un sorriso, ritrovo la mia Amelia tra quelle righe, la sua vitalità, i nomignoli bizzarri che mi affibbiava. Probabili incontri, dove risultavo più un principe tenebroso, che un povero coglione con quindici anni in più di lei.  
Poi quando ha scoperto di essere malata: il giorno del mio compleanno.
 
“L’unica cosa che ho è la mia vita, l’unica cosa che potevo dargli, la cosa più preziosa. Era già sua, ma adesso, adesso che la mia vita ha un tempo, che so che non durerà, che prima o poi giungerà alla fine, una fine prematura.
Non voglio morire se prima non gli parlerò, non lo guarderò dritto negli occhi, non lo vedrò sorridere grazie a me.
Un abbraccio, non chiedo troppo.
Poi sarò pronta per morire.”.
 
Una fitta desolante mi si stringe nei polmoni, rendendo difficile la semplicistica azione di respirare.
Lei mi amava più di quanto avrei mai potuto amarla io, in un’eternità intera. E non sono neppure stato in grado di dirgli che io, in fondo, l’amavo davvero.
 
 
“Oggi l’ho visto!!!
Credo di non essere mai stata più felice in vita mia. In aeroporto.

Stanco, ma bellissimo. Lui è sempre bellissimo, però, forse è perché lo guardo con gli occhi di una persona innamorata persa.
Avrei pagato oro per corrergli tra le braccia e perdermi in lui.
Basta, ho deciso!
Qualche giorno e poi parto all’attacco con il piano. Non resisto oltre, non ho tutto questo tempo per aspettare.
Vorrei che ci fosse un modo diverso, vorrei non ingannarlo, ma se sapesse che lo amo, non avrei neppure una possibilità.”.
                  

 
Ha scritto del nostro primo bacio al Kamppi Chapel of Silence, di tutte le volte che siamo stati insieme, soffermandosi su dei particolari a cui non ho mai badato.
Mi ha guardato bene, più di quanto abbiano mai fatto altre persone e non parlo solo dell’aspetto fisico, ha visto in me cose che non le avevo mai detto. Mi conosceva, pur sapendo poco.  
Quando ho scoperto della malattia, la sera che abbiamo fatto l’amore. E poi ancora, sapeva che la morte era più vicina di quanto i dottori le avessero detto, specialmente perché aveva smesso di curarsi.
Ultima pagina.
 
“Mio dolce Ville,
so che starai di certo storcendo il naso, pensando: “più che dolce, sono andato a male!”, però fidati, quando ti dico che sei più dolce di quanto credi.
Hai reso la mia vita un paradiso, in modi che mi sono impossibili spiegarti e il regalo più grande l’hai fatto quando mi hai permesso di entrare nella tua vita, per trascorrere ciò che rimaneva della mia, con te.
Probabilmente passioni violente, hanno epiloghi altrettanto violenti e ciò che provo per te, solo la morte può interromperlo. Non “finirlo”, perché io ti amerò per l’eternità e per ogni altra vita che ci sarà.
Hai promesso di vivere per me, di volerti bene, di combattere.
Non sarai mai solo, anche se non mi vedrai, anche se non potrai udirmi o toccarmi, sarò al tuo fianco, così come è stato prima di incontrarci.
Non sei fatto per le ovvietà, me l’hai ripetuto tante volte, però io sarò lì ad aspettarti, amore mio, quando la tua vita cesserà di esistere. Nel tuo letto, dopo aver vissuto a pieno tutta la tua esistenza, fatto tutto ciò che devi, non prima, me l’hai promesso.
Potrei scrivere altre cento pagine, per provare a spiegarti ciò che provo per te, ma per stavolta ti accontenterai con un Ti Amo Ville.
Ci si vede sulle stelle o da quelle parti là.”.
 
 
Ti amo Amelia, ci si vede sulle stelle o da quelle parti là.
 
 
 
 
 
 
Fine.







 
 
Note:
E come dicono i francesi: "c'est la vie". 
Come ho già annunciato, l'idea era questa sin dall'inizio... sarò discendente di Leopardi: "mai 'na gioia" proprio. Magari si incontreranno in una prossima vita, come è scritto nel titolo. 
Il titolo non è opera mia, è una frase trovata sul web.

Insomma con questa storia ho dato proprio il peggio di me e giunti a questo difficilissimo e dolorosissimo finale, non so proprio se tornerò a scrivere in questa sezione, anche se di recente ho pubblicato una shot. Per un po', un bel po' mi terrò lontana da questa sezione, prediligendo altre sezioni, un po' per mettere alla prova me stessa e un po' per provare altri tipi di narrazione. 
Quindi, per ora, è un addio. 

Ringrazio tutte coloro che hanno seguito questa storia, a quelle che hanno commentato, rendendomi immensamente felice ed i fantasmini silenziosi. 
 
Ringrazio come sempre chi legge, chi commenta e chi fa il fantasmino. 


La storia può presentare errori ortografici.

Un abbraccio.
DarkYuna   
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > HIM / Vai alla pagina dell'autore: DarkYuna