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Autore: Placebogirl_Black Stones    11/07/2017    4 recensioni
Dopo la sconfitta dell'Organizzazione, tutte le persone che sono state coinvolte nella battaglia dovranno finalmente fare i conti con i loro conflitti personali e con tutto ciò che hanno lasciato irrisolto fino ad ora. Questa sarà probabilmente la battaglia più difficile: un lungo viaggio dentro se stessi per liberarsi dai propri fantasmi e dalle proprie paure e riuscire così ad andare avanti con le loro vite. Ne usciranno vincitori o perderanno se stessi lungo la strada?
"There's a day when you realize that you're not just a survivor, you're a warrior. You're tougher than anything life throws your way."(Brooke Davis - One Tree Hill)
Pairing principale: Shuichi/Jodie
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Jodie Starling, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Shuichi Akai
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Tomorrow (I'm with you)'
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Capitolo 18: Goodbye, Japan
 
 
Si soffermò anche su quell’ultima foto, che li ritraeva tutti insieme sorridenti e spensierati, come avrebbero dovuto vivere da ora in avanti; poi richiuse l’album, passando delicatamente un dito sopra la copertina. Lo aveva fatto fare appositamente, per custodire per sempre il ricordo di quel compleanno speciale. Era ormai trascorsa più di una settimana dalla festa, eppure erano cambiate così tante cose che sembrava fossero passati anni. Ormai gli screzi con Akai sembravano solo un’eco lontano, non c’erano più stati litigi né frecciatine, tanto che si era recata con più frequenza a casa Kudo, portando con sé anche il suo nuovo amico che aveva chiamato Mendel, in onore del padre della genetica (nome che aveva lasciato perplessi tutti). Tuttavia non le era ancora chiaro cose fosse successo di preciso fra lui e Jodie, poiché l’amica aveva continuato ad eludere le sue domande. Si chiese se Akai avesse veramente capito il senso del messaggio che gli aveva inviato la sera del compleanno o se semplicemente lo avesse ignorato.
Le tornò in mente una conversazione che aveva avuto proprio con Jodie qualche giorno prima, nella quale l’amica le aveva comunicato che ormai tutto era pronto e l’FBI avrebbe lasciato il Giappone fra quattro giorni. Non l’aveva presa bene, anche se adesso aveva dei nuovi amici non si sentiva pronta a separarsi da quella che era diventata la migliore di tutti. Jodie a volte la faceva sentire come se fosse tornata indietro a quando Akemi le dava consigli da sorella maggiore: rinunciare a quella sensazione ritrovata era un boccone troppo grosso da mandare giù in una volta sola.
Mentre era assorta in questi pensieri, le venne un’idea improvvisa. Istintivamente, prese il cellulare e cercò fra le ultime chiamate il numero di Akai.
 
- Ma che sorpresa, a cosa devo questa telefonata?- rispose dopo pochi secondi la voce dell’uomo all’altro capo.
- Volevo sapere se hai impegni per l’ultima sera che l’FBI passerà qui in Giappone. Pensavo di uscire noi quattro, io te Shinichi e Jodie, visto che poi non ci vedremo per parecchio tempo- spiegò.
- Beh, l’ultima sera immagino che avremmo parecchie cose da impacchettare e le valigie da finire. Forse sarebbe meglio farlo dopodomani, sempre che non sia un problema-
- No, affatto, ho preferito chiedere proprio per questo. Avverti tu Jodie?-
- Pensavo che l’avessi chiamata prima di telefonare a me- rispose sorpreso.
 
In effetti non aveva tutti i torti, fino a quel momento lei si era sempre rivolta prima a Jodie che a lui, per qualsiasi cosa. Invece adesso si era ritrovata a telefonargli senza quasi rendersene conto, lasciando l’amica al secondo posto.
 
- Non avrebbe avuto senso, visto che lavorate insieme potete passarvi la parola- trovò una scusa plausibile.
- E perché non hai chiamato lei in modo che poi lo dicesse a me?- rigirò la domanda, trovando quasi piacere nel metterla in difficoltà con quell’interrogatorio.
- Ti scoccia così tanto se ti faccio una telefonata?!- tagliò corto, non sapendo più cosa dire, con un tono di voce quasi irritato.
- No, al contrario. È solo che sono sorpreso, tutto qui- ammise.
- Bene, allora diglielo tu. Dille che andremo a cena nel posto dove siamo andate io e le la prima volta che siamo uscite, poi ci penserà lei a spiegarti bene dove si trova-
- D’accordo principessa, come vuole lei- ironizzò, divertito dal suo modo autoritario di dare ordini anche a chi era più in alto di lei.
- Bene, allora ci sentiamo presto- riattaccò.
 
Soddisfatta e un po’ meno triste all’idea di quella serata che avrebbero trascorso insieme, tornò a sfogliare l’album fotografico dall’inizio, pregustando altri momenti come quelli immortalati.
 
 
 
…………………………
 
 
 
- Mi mancherà questo posto, è piccolo ma accogliente, ci si pranza volentieri- commentò la sua collega.
- Ci sei venuta spesso?-
- Beh, essendo così poco lontano dalla sede dell’FBI era comodo venire qui per la pausa pranzo- spiegò.
 
Aveva deciso di invitare Jodie fuori a pranzo, per parlare della telefonata ricevuta da Shiho poche ore prima. Tuttavia non le aveva accennato nulla, si era limitato a dirle semplicemente “Dovrei parlarti di una cosa”, pur sapendo che questo suo essere vago avrebbe portato l’amica ad essere molto nervosa, specie e considerata la situazione attuale fra loro. Infatti, come previsto, Jodie appariva visibilmente agitata, continuava a tormentarsi le mani nell’attesa che il cameriere portasse loro ciò che avevano ordinato e se ne usciva con commenti come quello appena fatto (su argomenti come l’ambiente o il clima) nel tentativo di instaurare una conversazione che spazzasse via l’imbarazzo e la tensione. Forse temeva che sarebbero tornati sull’argomento della loro ultima discussione, perciò era meglio non farla penare più di quanto non avesse già fatto.
 
- Shiho mi ha chiamato poche ore fa chiedendo se siamo liberi dopodomani. Vorrebbe uscire a cena con noi due e il giovane detective per l’ultima volta prima della nostra partenza- le disse finalmente.
- Davvero Shiho ti ha telefonato per chiederti questo?- sembrò sorpresa lei, forse anche più di quanto non lo fosse stato lui al momento.
- Perché, sei gelosa?- la stuzzicò - Non hai più il primato di migliore amica?-
- Ma che dici, non sono affatto gelosa!- scosse la testa - Al contrario, mi fa davvero piacere. Le cose fra voi sono migliorate davvero così tanto dopo la festa?-
- Sì e di questo devo ringraziarti, se non fosse stato per il tuo aiuto e l’idea del cucciolo, a quest’ora saremmo ancora al punto di partenza- ammise.
- Ti ho già detto che non mi devi ringraziare, l’ho fatto con piacere perché sapevo quanto ci tenessi- gli sorrise sinceramente.
 
Fu proprio quel sorriso che gli riportò alla mente il messaggio inviatogli da Shiho, che poi non era altro che una risposta al suo biglietto di auguri. Aveva capito perfettamente cosa intendesse dirgli la ragazza con quel “You too”: ricomincia tutto da capo con Jodie. Sembrava facile a parole, ma la realtà era molto diversa. Una parte di lui avrebbe voluto legarla a sé prima che qualcun altro potesse portargliela via, ma l’altra, quella più oscura, lo spingeva a continuare il suo viaggio solitario nei tristi ricordi e nei sensi di colpa. A volte si sentiva come se non meritasse di avere una seconda possibilità, tantomeno con una donna come Jodie. Era come inserire una perla rara in una collana fatta di corda lesa dall’usura. La perla si meritava di meglio. La testa lo spingeva a lei, il cuore lo allontanava. Non sapeva ancora chi avrebbe vinto quella battaglia, ma di certo sapeva che in quel momento non si sentiva pronto a mettere fine allo scontro.
 
 
………………………
 
 
Uscì dal cancello della casa del Dottore e si diresse vero quella di Shinichi, trovando l’amico e Akai fuori dal cancello ad attendere lei e Jodie. Erano uomini, quindi impazienti per natura.
Si era messa per l’occasione il vestito che Sonoko le aveva regalato, un abito nero con l’allacciatura dietro il collo che ricadeva morbido sui fianchi e arrivava sopra il ginocchio. Le piaceva molto e, modestie a parte, trovava che le stesse molto bene. Aveva completato l’outfit con un velo di trucco non troppo pesante e scarpe con il tacco.
 
- Guarda come si è fatta bella la nostra principessa- commentò Akai sorridendo quando la vide arrivare.
 
Sorrise anche lei, capendo che il suo voleva essere un complimento ma che come ogni parola carina che usciva dalla sua bocca sembrava più una presa in giro.
 
- Grazie- rispose semplicemente lei, facendogli capire di aver compreso il suo intento.
- E il piccolo dov’è?- le chiese, riferendosi al cucciolo.
- Mendel è rimasto in casa con il Dottore, purtroppo nel locale dove andremo non è permesso far entrare animali-
- Ma come si fa a chiamare un cane Mendel?!- scosse la testa Shinichi, che ogni volta che sentiva quel nome non poteva fare a meno di commentare.
- Guarda che è il nome di una persona importante per la storia della scienza!- sottolineò.
 
Avrebbero potuto continuare quel divertente battibecco ancora per un po’, ma l’arrivo di una scintillante Mustang rossa li interruppe. Parcheggiò proprio davanti al cancello di casa Kudo, anche se in ogni caso avrebbe dovuto sostare lì per poco. Udirono il suono della portiera del lato passeggeri che si apriva, ma videro soltanto una testa di capelli biondi sbucare da sopra il tettuccio, che tuttavia sapevano perfettamente a chi appartenesse. Pochi secondi dopo Jodie si mostrò in tutta la sua bellezza: indossava un tubino rosso con un vistoso scollo sul retro che metteva in mostra gran parte della schiena. Portava quell’abito alla perfezione, anche grazie al suo fisico invidiabile. Ora non le sembrava più che l’abito di Sonoko le stesse poi così bene. La bellissima agente li salutò con uno dei suoi splendidi sorrisi, passando lo sguardo su ognuno di loro, i quali erano rimasti a fissarla.
 
- Ecco, ora sembrerò una stracciona a confronto!- commentò lei, storcendo la bocca.
- Ma cosa dici, sei bellissima invece!- replicò l’amica, ammirando il suo vestito e passandole una mano sul braccio in un gesto amichevole e confortante.
- Certo, lo ero prima che arrivassi tu con le tue gambe lunghe e le tue curve!- le fece notare.
- Ma dobbiamo andare a cena in un ristorante esclusivo? In tal caso credo che sia io che il nostro abile detective abbiamo sbagliato a vestirci- le interruppe Akai, guardando prima se stesso e poi l’amico al suo fianco, vestiti con abiti casual.
 
Probabilmente attendeva che anche il giovane detective esprimesse il suo parere appoggiandolo, ma la cosa non avvenne: Shinichi infatti era ancora intento a fissare Jodie tutto rosso in volto, sembrava un po’ un ebete a guardarlo bene.
 
- Mi sa che hai fatto colpo Jodie. Di’ la verità: l’hai fatto di proposito per incantare il nostro Sherlock Holmes?- sorrise Akai, divertito.
- Ma cosa dici?! Non sono attratta dai ragazzini, senza offesa Cool Guy!-
- S-si figuri!- riuscì a balbettare lui.
- Ma non è ora di smetterla di darmi del lei?- lo rimbeccò senza cattiveria, dandogli un buffetto sul naso con l’indice.
- Tu piuttosto, non le dici nulla? È bellissima, dovresti farle i complimenti- intervenne lei, rivolta ad Akai, che non aveva espresso nessun parere in merito.
- Oh, ma non serve, davvero!- scosse le mani Jodie, imbarazzata.
- Mi sembra che lo abbia capito anche da sola visto tutti gli elogi- fu la sua risposta.
 
Gli lanciò un’occhiataccia, alla quale rispose con un sorrisetto ironico: era testardo come un mulo e non c’era verso di fargli fare una cosa se non voleva. Certo che però poteva anche sprecarle due parole carine nei confronti di quella donna che forse voleva riceverle più che da due ragazzini adolescenti.
 
- Insomma, vogliamo passare tutta la sera a parlare di me oppure andiamo a cena? Io ho fame!- cercò di uscire da quella situazione la bionda.
- Sì, direi che possiamo andare- la appoggiò, salendo sul sedile posteriore della vettura insieme a Shinichi.
 
Doveva ammettere che quell’auto era anche più bella della Mercedes di James. Di certo l’FBI si trattava bene in fatto di automobili.
Jodie fece il giro per tornare al posto di guida, ma venne prontamente affiancata da Akai che la precedette, aprendo la portiera.
 
- Guido io- disse senza troppi complimenti.
- Perché? Pensi ancora che non sappia guidare?- chiese lei scocciata, storcendo il naso e aggrottando la fronte.
- A parte quello, ho voglia di fare un giro su questa macchina- le sorrise.
 
Sbuffando e brontolando a bassa voce, Jodie tornò al lato passeggeri e salì allacciandosi la cintura. Akai mise in moto e partì, seguendo le indicazioni stradali che la collega gli forniva passo a passo.
Nel contempo, sul sedile posteriore, lei e Shinichi avevano iniziato a confabulare sottovoce, in modo che la voce di Jodie coprisse le loro parole.
 
- Stai ancora cercando di fare da cupido fra loro?- le chiese contrariato l’amico.
- È forse un problema? Non dirmi che hai perso la testa per Jodie e sei geloso! Ran lo sa?- fece dell’ironia.
- Non dire scemenze, è solo che non dovresti intrometterti!-
- Nemmeno tu!-
 
Dovevano aver alzato un po’ troppo i toni, poiché la bionda si girò a guardarli e anche Akai sbirciò dallo specchietto retrovisore.
 
- È tutto ok lì dietro? Di cosa spettegolate?- chiese loro curiosa.
- Niente!- risposero prontamente in coro, gesto che lasciò Jodie ancora più perplessa.
 
Tuttavia non fecero altre domande e loro terminarono lì quella discussione, non era il caso di farla dentro una macchina chiusa con i diretti interessati.
Una ventina di minuti dopo giunsero al piccolo ristorante, che Shinichi riconobbe subito. Entrarono e presero posto al bancone con il rullo.
 
- Era da un po’ che non andavo a mangiare in un posto come questo- commentò Akai, guardandosi intorno.
- Perché eri troppo occupato a preparare stufati crudi e a portarli a casa del Dottore?- chiese sarcastica lei, anche se a differenza delle precedenti volte non vi era troppa cattiveria nel suo tono.
 
Jodie e Shinichi ridacchiarono a quella battuta e persino Akai sembrò prenderla bene, replicando con un “Sono davvero così cattivi i miei stufati?”.
Non appena il rullo fu ben fornito con diversi piatti appena preparati, cominciarono a prendere quelli che più li aggradavano.
 
- Vuoi delle uova di salmone?- fece nuovamente dell’ironia, sventolando un piatto sotto il naso del suo amico, sapendo quanto fosse riluttante a quel particolare cibo.
- Ma che spiritosa, sei diventata simpatica all’improvviso?- replicò lui, respingendo il piatto e storcendo la bocca.
- Perché? Non ti piacciono le uova di salmone?- chiese Jodie, alla quale il giovane detective rispose scuotendo il capo.
 
La cena proseguì nella più assoluta armonia, senza nessun battibecco: mangiarono e scherzarono come se fossero amici da una vita, come se tutte le tensioni fossero sparite di colpo. Era come se tutti gli avvenimenti accaduti nei giorni precedenti fossero stati cancellati dalla storia. Forse avevano raggiunto un equilibrio, tutti avevano ottenuto quello che volevano (o quasi).
Terminata la cena, pagarono dividendo il conto e uscirono dal ristorante con la pancia piena.
 
- Devo ammettere che era tutto molto buono, un’ottima scelta- si complimentò con lei Akai.
- Merito del Dottor Agasa che ci ha fatto conoscere questo posto-
- Avete voglia di fare altro adesso?- chiese Jodie, che come sempre era tutta pimpante e sembrava instancabile.
- Perché non andiamo in sala giochi? Così vediamo se questi due fenomeni sono alla nostra altezza- propose lei in tono di sfida, indicando Shinichi e Akai.
- Non sono un appassionato di videogiochi, mi spiace- declinò l’invito il detective.
- Nemmeno io, preferisco sparare con un fucile vero piuttosto che con armi di plastica- lo appoggiò Akai.
- Sempre a fare i primi della classe!- sbuffò la bionda.
- Infatti, potete anche abbassarvi al livello dei comuni mortali ogni tanto!- incrociò le bracci al petto.
- Allora che ne dite del cinema? O è troppo banale anche quello?- cercò un’alternativa l’amica.
- Sì, il cinema va meglio della sala giochi- annuì Shinichi - Lei che ne dice Akai-san?-
- Se va bene a voi- rispose senza entusiasmo l’uomo, che in quanto a divertimenti non era certo da interpellare.
 
Giunti ad un accordo comune, s’incamminarono verso il cinema, dal momento che ce n’era uno proprio lì vicino e non avrebbe avuto senso mettere in moto la macchina per percorrere così poca strada. Si era ritrovata a camminare fianco a fianco con Akai, mentre Jodie e Shinichi li precedevano. La donna aveva messo un braccio intorno al collo al giovane (in segno amichevole) e aveva cominciato a fare domande sul perché non gli piacevano i videogiochi e se non gli sarebbe piaciuto provare una pistola, anche se finta. Dal canto suo Shinichi non sapeva come comportarsi e cosa rispondere, perciò si limitava a ridacchiare imbarazzato grattandosi la nuca. Dietro, lei e Akai si gustavano la scena ridendo silenziosamente. Ad un tratto l’agente la guardò, forse stupito di vederla sorridere e lei fece lo stesso, probabilmente per lo stesso motivo. Più lo conosceva e più si rendeva conto di quante cose avessero in comune.
 
- Sembra che le cose fra voi vadano bene- disse riferendosi a Jodie, certa che lui avrebbe compreso senza bisogno di spiegazioni.
- Perché, non dovrebbero?- replicò lui con molta naturalezza.
- Non sono scema, mi sono accorta che negli ultimi tempi c’era parecchia tensione fra voi-
- Non preoccuparti, non smetteremo di parlarci se è questo che temi. D’altra parte lavoriamo insieme, sarebbe impossibile-
- Non provi davvero nulla per lei? Insomma guardala, è perfetta e per qualche strana ragione ti adora e farebbe di tutto per te. Senza offesa ma dubito che tu possa trovare un’altra donna disposta a darti quello che ti sta offrendo lei- gli fece presente senza troppi complimenti.
- Certo che hai una bella considerazione di me- sorrise lui, per nulla offeso - In ogni caso questi sono affari miei, non credi?-
- È la risposta che dai sempre quando non sai come uscire da una situazione scomoda?- cercò di metterlo alle strette, stanca di questo suo non voler rispondere.
- È la risposta che do a chi vuole farsi gli affari miei- rispose, senza cattiveria nel tono tuttavia.
- Hai ricevuto il mio messaggio la sera del compleanno?- chiese, per assicurarsi che avesse davvero capito a cosa si riferiva.
- Sì, messaggio recepito-
- Non direi-
 
Smisero di parlare solo quando si accorsero che Jodie e Shinichi avevano smesso di parlare fra loro e camminavano con la testa leggermente girata all’indietro nel tentativo di ascoltare la loro conversazione.
 
- C’è forse qualche problema?- chiese Shinichi.
- No, no, tutto a posto!- rispose lei, che non voleva certo tirare fuori la questione così apertamente, sia per rispetto nei confronti di Jodie sia perché sapeva che l’amico non avrebbe approvato.
 
Arrivati al cinema, guardarono la programmazione nella locandina, cercando di scegliere qualcosa che potesse soddisfare i gusti di tutti. Sarebbe anche stata disposta a sopportare un film d’amore se questo avesse permesso di creare un’atmosfera intima fra Jodie e Akai, ma la sua amica sembrava essere interessata ai film d’azione proprio come gli altri due. Sospirò: fare da cupido era più difficile di quanto pensasse.
 
- Non c’è nessun movie con l’FBI!- si lamentò la bionda.
- Ti ricordo che siamo in Giappone, qui non ci dedicano i film- le fece presente Akai.
 
Dopo un’attenta analisi, optarono per un vecchio film che stavano ritrasmettendo, Sakebi, la cui trama intrecciava il genere poliziesco a quello horror. Inutile dire che a lei quella scelta non piaceva per niente, dal momento che detestava i film horror.
 
- Non possiamo guardare qualcosa di meno pauroso?- si lamentò.
- Hai paura dei fantasmi, Principessa?- la prese in giro Akai.
- Shu, non è carino deriderla!- la difese Jodie - Preferisci che guardiamo qualcos’altro?-
- No, va bene questo- si arrese, non volendo fare la figura della pappamolle, ma non mancando di lanciare un’occhiataccia ad Akai.
 
Entrarono nella hall, comprarono i biglietti e andarono a prendere posto in sala: Shinichi si sedette di fianco ad Akai, probabilmente desideroso di commentare il caso insieme a lui, mentre lei si sedette nel posto dopo quello di Akai, saltandone uno.
 
- Hai paura a starmi vicino?- le chiese lui.
- Affatto, ho solo tenuto il posto per Jodie- disse lei, come se fosse ovvio, facendolo sorridere per quanto il suo reale intento fosse esplicito.
 
La diretta interessata tornò pochi minuti dopo con un bicchiere di Coca Cola in mano. Quando vide che il suo posto era a fianco di quello del collega, lo guardò per un attimo e poi si sedette senza dire nulla, bevendo un sorso della sua bibita con la cannuccia.
Passarono circa dieci minuti prima che le luci si spegnessero e il film cominciasse. Fin da subito, la sua attenzione non si concentrò sullo schermo ma bensì su ciò che accadeva di fianco a lei: sbirciava insistentemente con la coda dell’occhio cosa facessero Jodie e Akai, nella speranza di vedere le loro mani intrecciarsi o la testa di lei posarsi sulla spalla di lui. Inutile dire che nulla di tutto ciò avvenne, con suo sommo rammarico. Al contrario, quando il film giunse nella sua parte più terrificante fu lei ad aggrapparsi al braccio di Jodie, la quale cercò di tranquillizzarla mentre gli altri due ridevano di lei.
 
- Vuoi scambiarti di posto con me? Magari stare vicino a due uomini ti fa sentire più sicura- le propose.
- No- scosse la testa decisa, non volendo mandare in fumo il suo piano solo per una stupida paura.
 
Arrivò finalmente la pausa del primo tempo e Jodie ne approfittò per andare in bagno, dandole così modo di poter parlare apertamente con Akai.
 
- Allora, pensi di darti una mossa a fare qualcosa con lei oppure no?- lo rimproverò a bassa voce, in modo che Shinichi non potesse sentire.
- Cosa ti aspetti che faccia?- replicò lui.
- Quello che fanno tutti gli uomini con le proprie donne al cinema: prendile la mano oppure mettile un braccio intorno al collo! Non devo certo dirtelo io cosa devi fare, sei tu l’uomo!-
- Ti ho già detto che questi non sono affari tuoi, signorina- le rispose sorridendo.
 
Storse il naso irritata: c’erano momenti in cui davvero non lo sopportava e si pentiva di aver accettato di essere sua amica. Non fece in tempo a ribattere, poiché Jodie era tornata dal bagno; così si misero a parlare tutti insieme del film, cercando di nascondere la conversazione di poco prima.
Anche durante tutta la seconda parte del film non accadde nulla, Akai era irremovibile sulle sue posizioni. Non riusciva a credere che Jodie non gli interessasse nemmeno un po’, doveva essere pazzo sul serio. Era come se qualcuno continuasse ad offrirgli un milione di yen ma lui costantemente li rifiutasse. Di certo c’era qualcosa sotto, qualcosa che lui non voleva dire.
Terminato il film uscirono dal cinema e tornarono alla macchina, dirigendosi poi verso casa. Durante tutto il tragitto non ci furono grosse conversazioni, l’atmosfera di gioia sembrava essersi spenta. Questa volta, però, la causa non era un litigio o un’incomprensione, ma la consapevolezza che quello sarebbe stato forse l’ultimo momento in cui avrebbero avuto occasione di stare tutti insieme prima della partenza dell’FBI. Non ci sarebbero più state serate in compagnia. Si erano conosciuti per caso, tutti coinvolti in una terribile vicenda che li aveva segnati ma anche aiutati a crescere, ma ora non riuscivano a immaginare di non aversi l’uno con l’altro nelle proprie vite. Avevano creato un legame vero, forte, che andava al di là della collaborazione per la sconfitta di un nemico comune. Erano diventati una famiglia. La distanza, però, avrebbe reso difficile quel legame. Si chiedeva se con il tempo Jodie non si sarebbe dimenticata di lei: in fondo era solo una ragazzina e di certo aveva amiche più grandi a New York. E Akai? Avrebbe davvero potuto fare affidamento su di lui se ne avesse avuto bisogno? Come poteva aiutarla se c’era un oceano a separarli? Immaginò che anche per Shinichi fosse dura dire addio a quell’amico con il quale aveva vissuto, collaborato e pianificato finte morti e nuove identità per un anno intero.
Giunsero davanti al cancello della casa del Dottore, dove fermarono la macchina e scesero. Si salutarono cercando di sorridere e di non pensare al poco tempo che restava, dandosi appuntamento all’aeroporto per il giorno seguente, dove si sarebbero nuovamente salutati ma davvero per l’ultima volta. Jodie l’abbracciò forte, un abbraccio che le trasmise tutto l’affetto che la donna aveva per lei. Ricambiò, mentre gli occhi le si facevano lucidi. Rimasero così per un po’, fino a quando Jodie non si staccò per andare a salutare Shinichi allo stesso modo, il quale fece lo stesso stavolta senza imbarazzo ma con il solo dispiacere di non avere più intorno quella simpatica agente dell’FBI.
 
- Bene, adesso devo andare. Si è fatto tardi e domani devo lavorare- li salutò tutti.
- E Akai-san non lo saluti?- intervenne lei, sottolineando il fatto che era l’unico che non aveva abbracciato.
- Tanto lo vedrò domattina al lavoro, sono stanca della sua faccia!- rispose ironicamente lei, scuotendo una mano e facendo ridere tutti.
 
Salì a bordo della Mustang e mise in moto, non prima di aver salutato ancora una volta con un cenno della mano. Poi partì scomparendo alla fine della strada.
 
- Anche io devo andare, domani ho scuola- disse Shinichi, salutandoli con la mano e avviandosi verso casa sua.
 
Sapeva che l’amico non aveva particolari problemi a fare le ore piccole e che quella era solo una scusa per lasciarla sola con Akai. Forse voleva che si salutassero senza nessuno intorno, in modo tale che se avessero toccato argomenti delicati non ci fossero state orecchie indiscrete ad ascoltare.
Così rimasero solo loro due, in piedi l’uno di fronte all’altra, guardandosi a vicenda. Nessuno dei due era bravo con le parole o un chiacchierone, nemmeno in una situazione come quella. Fu lei a prendere l’iniziativa.
 
- Sono contenta di aver conosciuto il vero Akai e non Dai Moroboshi. Non sei male in fondo-
- Ti ringrazio-
- Voglio che tu sappia che ti ho perdonato per la storia di Akemi, ho capito che l’amavi davvero nonostante tutto- ammise - Credo che seguirò il tuo consiglio e ti chiamerò qualche volta se avrò bisogno-
 
L’uomo non rispose, si limitò a sorriderle ma in modo diverso da quello beffardo che usava di solito. Capì che era il suo modo di dirle “ne sono felice”, solo che come sempre non riusciva a farlo con le parole.
 
- Però ti devi dare una mossa con Jodie, altrimenti la perderai- gli ricordò ancora, come del resto aveva fatto per tutta la sera.
- Non mi sento ancora pronto per iniziare una relazione. Il ricordo di Akemi è ancora qui e inoltre, prima di stare con un’altra donna, devo lavorare su me stesso per non commettere gli stessi errori- confessò.
 
Finalmente gli aveva dato quella risposta che tanto voleva, chiarendo ogni suo dubbio. Si stava ancora tormentando per sua sorella maggiore, quindi non poteva essere felice con Jodie. Questo le dispiaceva, sia per l’amica sia per lui.
 
- Capisco il tuo punto di vista, ma ormai Akemi non c’è più e tu non dovresti fossilizzarti su questo, perché anche lei vorrebbe vederti felice e sono sicura che approverebbe Jodie. Lei può renderti davvero felice-
- Ti prometto che ci lavorerò su, Principessa- promise.
- Guarda che ci conto-
 
Ormai era arrivato anche per loro il momento di salutarsi, tutto ciò che restava da dirsi era stato detto in quel preciso istante. Avrebbero potuto abbracciarsi come aveva fatto Jodie con lei e Shinichi, ma loro due non erano i tipi, perciò optarono per una solida stretta di mano, che suggellava la loro nuova amicizia. Fu lei a tendergli la mano per prima e lui ricambiò sorridendole. Si salutarono così, in silenzio, guardandosi negli occhi; poi lei rientrò in casa e lui si avviò verso villa Kudo.
 
 
 
………………………….
 
 
 
L’aeroporto di Narita pullulava di gente che andava e veniva, tutta con le proprie valigie alla mano. Persone che si salutavano tra lacrime e abbracci, altre che si riunivano dopo tanto tempo con il sorriso sulle labbra. E poi c’erano loro, seduti su una delle tante file di sedie ad attendere di imbarcarsi per il proprio volo. La maggior parte degli agenti dell’FBI erano già partiti con i voli precedenti, compreso James che era salito sull’aereo speciale incaricato di trasportare Vermouth fino alla prigione americana. Anche lei avrebbe voluto salirci, ma alla fine aveva preferito restare per salutare ancora un’ultima volta quei due ragazzini che tanto le piacevano. Per Vermouth ci sarebbe stato tempo e con James e altri dieci uomini non c’era pericolo che fuggisse. Gli ultimi rimasti erano lei, Shuichi e Camel, i soli ad avere qualcuno da salutare. La famiglia di Akai era venuta pochi minuti prima, così aveva avuto modo di vedere anche sua madre e suo fratello, la prima una bellissima donna anche se parecchio austera (ora capiva da chi avesse preso Shuichi) e il secondo un bel ragazzo ma dall’aria un po’ trasandata, completamente diverso dal fratello maggiore. Erano rimasti per un po’, poi se n’erano andati con Masumi che era sul punto di piangere. Restavano solo due persone all’appello, le quali non tardarono ad arrivare. Non appena li scorse tra la folla, si alzò subito in piedi e andò loro incontro, seguita dagli altri due agenti. Shiho stringeva fra le braccia il piccolo Mendel.
 
- Scusate, c’era traffico e abbiamo fatto tardi- disse la giovane scienziata.
 
Nessuno di loro rispose, semplicemente rimasero così, in piedi gli uni di fronte agli altri, sorridendosi senza però dire nulla. Sorrisi tristi, intrisi della consapevolezza che quella era davvero l’ultima volta. Avrebbero voluto dire tante cose, troppe per quei pochi minuti, ma non riuscirono a dirne nemmeno una. Eppure andava bene così, il loro silenzio era pieno di parole.
Nel tentativo di rompere il ghiaccio, si avvicinò maggiormente a Shiho e cominciò a fare le coccole al cucciolo, il quale si dimostrò molto felice di rivederla.
 
- Hai portato anche lui?- chiese Akai, rompendo il silenzio.
- Gli ho fatto fare un giretto-rispose lei.
 
Non aggiunsero altro, poiché la voce metallica proveniente dagli altoparlanti richiamò i passeggeri all’imbarco.
 
“I passeggeri del volo 707 per New York sono pregati di recarsi al gate per l’imbarco.”
 
707, il loro volo. Non c’era più tempo, dovevano andare e tornare così come erano arrivati. Prima di partire per quell’avventura non avrebbe mai immaginato che il Giappone le sarebbe piaciuto a tal punto, tanto da non voler più andare via. Lei, da americana doc qual era, aveva sempre pensato che nulla potesse piacerle tanto quanto le piaceva la sua terra e le sue tradizioni: solo ora si rendeva conto di quanto sbagliasse. Ma forse non era il Giappone a piacerle, con la sua cultura così diversa o i ciliegi in fiore, bensì le persone che aveva conosciuto e che si erano guadagnate un posto speciale nel suo cuore. Il giovane detective geniale, il suo preferito e quell’incredibile scienziata che in fondo era una ragazzina come le altre. Non li avrebbe mai dimenticati, anche se non avesse più avuto occasione di rivederli. Le avevano dato ed insegnato tanto e in cuor suo sperò che anche lei avesse dato e insegnato loro qualcosa. aveva voluto fare qualcosa per Shiho ma alla fine, forse, era stata Shiho a fare qualcosa per lei.
 
- Io vado, vi aspetto al gate- disse Camel, che probabilmente aveva capito essere l’unico di troppo, allontanandosi dal gruppo - È stato un piacere!- salutò con un cenno della mano sia Shinichi che Shiho, i quali ricambiarono.
 
Si accorse che Shiho, da quando era arrivata, non aveva fatto altro che guardare in basso con un’espressione malinconica sul volto; decise così di lasciar perdere il cucciolo per un momento e la abbracciò senza preavviso, stringendola forte. La ragazza ricambiò, per poi asciugarsi con un gesto di stizza una lacrima che non voleva far vedere agli altri due, orgogliosa fino alla fine.
 
- Oh, no, non piangere! Possiamo vederci con la webcam e puoi telefonarmi quando vuoi, ok?- le accarezzò il volto con dolcezza.
- Non è la stessa cosa- rispose lei con gli occhi lucidi.
- Allora appena mi danno un po’ di ferie vengo a trovarti!- le fece l’occhiolino, al quale la giovane annuì, anche se non sembrava troppo convinta.
 
Era difficile per tutti staccarsi, ma per chi come Shiho non aveva mai avuto amici lo era ancor di più. Andò a salutare anche il suo detective preferito, che sembrava accettare meglio il distacco.
 
- Mi mancherai un sacco Cool Guy, ricordati che se vuoi entrare nell’FBI noi siamo felici di averti in squadra!- disse abbracciandolo, facendo sorridere tutti.
- Per ora preferisco fare il detective qui in Giappone!- replicò lui.
 
Si fece da parte quando fu il turno del collega. Sebbene Shuichi non fosse un chiacchierone, sicuramente anche lui aveva qualcosa da dire. In fondo, aveva legato con quelle persone anche più di lei.
 
- Sta lontana dai guai principessa, e chiama se hai bisogno- disse avvicinandosi a Shiho.
- E tu datti una mossa- rispose la ragazza, lasciando perplessi lei e Shinichi che non compresero il senso di quelle parole.
 
Akai rispose con un sorriso, probabilmente per farle capire che aveva recepito il messaggio. Poi si girò verso quel ragazzo con cui aveva vissuto fino a poche ore prima e al fianco del quale aveva raggiunto il suo obiettivo di distruggere l’Organizzazione.
 
- È stato un piacere lavorare con lei- gli disse il detective liceale.
- Vale lo stesso per me. Chissà che non ricapiti in futuro, giovane Sherlock Holmes- gli tese la mano, che il ragazzo strinse.
 
“I passeggeri del volo 707 per New York sono pregati di recarsi al gate per l’imbarco.”
 
La voce metallica risuonò nuovamente, avvertendoli che il tempo era davvero giunto al termine.
 
- Mi sa che dobbiamo proprio andare adesso- disse lei, rivolta a Shuichi.
- Già- rispose semplicemente lui.
- Fate buon viaggio allora e tornate a trovarci!- si raccomandò Shinichi.
- That’s sure!- rispose lei nella sua lingua madre.
- Jodie?- la richiamò Shiho.
- Dimmi tesoro-
- Grazie di tutto-
- Grazie a te- rispose sorridendo e abbracciandola di nuovo.
 
Capì che altre parole sarebbero state inutili, quei grazie valevano più di tutto. Si erano aiutati a vicenda, tutti erano debitori di tutti.
Salutarono un’ultima volta con un cenno della mano e poi voltarono le spalle ai due ragazzi e si avviarono velocemente verso il gate per raggiungere Camel e imbarcarsi. La loro avventura terminava lì.
 
 
…………………….
 
 
Rimase a guardare le due figure dei suoi nuovi amici allontanarsi mescolandosi tra la folla, fino a quando non scomparvero del tutto. Fu allora che sfogò tutto quello che aveva represso fino a quel momento, scoppiando a piangere in silenzio. Mendel tentava di asciugare le lacrime che cadevano leccandole il volto, senza nemmeno rendersi conto del perché la sua padrona stesse piangendo. Non era un addio, sapeva che prima o poi sarebbero tornati in Giappone anche se solo per qualche giorno di vacanza, eppure l’idea di non poterli più vedere ogni giorno le faceva male. Aveva perso una famiglia già una volta, non voleva perdere anche quella seconda che si era creata. Nonostante avesse conosciuto ragazze della sua età e le restassero ancora Shinichi, il Dottore e i bambini, Jodie per lei avrebbe sempre avuto un posto speciale, un’amica che nessuna poteva eguagliare, una sorella acquisita. Si sorprese nel pensare che in fondo le sarebbe mancato anche Akai, che l’idea di avere qualcuno che la proteggesse sempre non le dispiaceva quando ancora la paura che l’Organizzazione potesse tornare si faceva vivida nella sua mente. Entrambi avevano lasciato un vuoto che non poteva essere colmato.
In quel momento si sentì sola, nonostante l’aeroporto fosse affollato di gente: fu allora che sentì la mano di Shinichi posarsi sulla sua spalla. Si voltò a guardarlo con il viso rigato dalle lacrime e lo vide sorridere, come se avesse voluto ricordarle che non era sola, che lui era ancora lì e che ci sarebbe sempre stato, perché se l’ascesa dell’Organizzazione li aveva uniti, la sua disfatta non li avrebbe separati: ormai erano legati da molto più di un destino comune. Con quella consapevolezza, si asciugò le lacrime e accarezzò il cucciolo per ringraziarlo del suo supporto; poi si avviò all’uscita dell’aeroporto insieme all’amico detective, che le cingeva le spalle con un braccio. Da quel momento in poi sarebbe iniziata la sua nuova vita.
 
 
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE
 
Scusate il ritardo, in questo periodo ho avuto sia mancanza di voglia sia di tempo per scrivere (devo ancora tradurre il precedente capitolo in inglese T^T). Come avrete capito questo capitolo è quello che chiude l’arco ambientato in Giappone, dal prossimo in poi ci sposteremo in America con protagonisti solo l’FBI e Vermouth. Torneremo in Giappone solo alla fine della storia, quindi mi spiace per voi fan di Shiho e del popolo nipponico di Detective Conan, ma da adesso in poi questi personaggi compariranno solo in telefonate o videochiamate con webcam. Anticipo anche che il ritmo con cui aggiorno potrebbe variare, nel senso che potrei impiegarci più tempo da adesso in poi perché questa parte del processo non sarà facile, siccome in America hanno leggi e procedure diverse che in Italia e io per rendere tutto realistico mi sto documentando e facendo spiegare da un’amica americana, ma è davvero difficile, vi assicuro!
Spero che il capitolo non vi abbia delusi e che continuerete a seguire la storia anche se ci sarà questo cambio narrativo. Aggiungo per concludere una piccola curiosità sul film: Sakebi è uscito in Italia il 20 luglio 2007 sotto il nome di “Castigo”.
Ringrazio di cuore tutti quelli che hanno avuto la costanza di seguire la storia fino a questo punto! Ci vediamo in America! ;)
Bacioni
Place
   
 
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