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Autore: __dksooft    12/07/2017    0 recensioni
Coraline ha i capelli i capelli corvini, rigorosamente corti, l'incarnato pallido e lentigginoso, gli occhi di un colore sporco. E' un'adolescente asociale, che si sente esiliata dal mondo, condizione che la rende costantemente annoiata e furiosa con la maggior parte delle persone che le stanno intorno.
Una mattina, Mae, la sua migliore amica di sempre, le rivela, un po' per vantarsi, di aver conosciuto un ragazzo online e lei, più per sfida che per altro, decide di scaricare la stessa applicazione e verificare quanti uomini riesce ad abbordare.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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"She didn't understand."

Mae la raggiunse velocemente, facendo una piccola corsetta. Aveva i capelli biondastri legati in un ordinato chignon, al posto della solita treccia disordinata, gli occhi azzurri ingigantiti da una notevole quantità di eyeliner, steso decisamente male sulle palpebre venose. Aveva messo persino il fondotinta a coprirle l’acne e le sue amate ballerine rosse, quelle dalle grandi occasioni.
Così vestita e truccata, sembrava più grande dei suoi sedici anni e, proprio per questo, Coraline sentì una scintilla di fastidio solleticarle l’esofago e non potè far a meno di lanciarle un’occhiata acida.
“Ma che hai combinato? Sembri una puttana, e neanche di quelle che si portano a letto i ricchi falliti, una di quelle dei bassi fondi, che va a battere tutti i giorni in tangenziale per guadagnarsi pochi spiccioli.” Sputò contro di lei, ingoiando un magone di bile.
Mae portò le iridi acquose a fissare insistentemente le sue ballerine e si concesse un secondo, prima di riprendere l’aria spensierata e contenta di poc’anzi. Sbatté gli occhi un paio di volte ed incrociò leggermente le dita lunghe e grassottelle.
“Ma che dici, Cor?!” e le regalò una risata secca. “Devo solo fare un po’ più di pratica con l’eyeliner! E’ venuto abbastanza storto, per essere la seconda volta” Coraline si maledì per non essersi spiaccicata un abbondante strato di matita nera sotto gli occhi e non aver messo quel disgustoso lucidalabbra rosso ciliegia, che le aveva comprato sua madre.
“Piuttosto, devo dirti una cosa!” Odiava il suo modo di gesticolare teatralmente, quando parlava. Con quell’accento così marcato del Costwolds, che alcune sue spocchiose compagne avevano definito addirittura sensuale, ma che lei riteneva solo rustico e velatamente ridicolo.     
“Ho installato questa nuova app, è una specie social network in cui le persone possono pubblicare solo foto” tirò fuori dalla tasca dello zaino il suo telefonino, vecchio e con lo schermo un po’ scheggiato: un blackberry di qualche modello fa. Con la tastiera laccata di nero ed il pulsante home quasi completamente consumato.
“Guarda!” La incitò a prestarle attenzione, mentre sentiva distintamente il suono della prima campanella rimbombare nell’atrio: fra poco sarebbero dovute entrare in classe. Un ragazzo biondino, poco più grande di loro, gli passò accanto e squadrò con poca discrezione Mae, rivolgendole subito dopo un sorriso ed un occhiolino. La ragazza ricambio timidamente, inarcando le labbra lucide.
“Allora, me lo fai vedere o no?!” Sbottò Coraline, acidamente.
“Ehm...si, ecco” sussurrò, aveva le guance ancora leggermente imporporate per l’avvenimento di pochi istanti prima.
“Ma l’hai visto quello?” Le domandò però, anziché mostrarle l’applicazione di cui tanto era fiera.
“Certo che l’ho visto, quel drogato. Ma, d’altronde, non mi stupisco: vestita come una  battona  e truccata come un pagliaccio, che pubblico maschile pensavi mai di attirare?” Esordì, con quella punta di invidia che la compagna non riuscì a percepire.
“Già” rispose, allora e si morse la lingua per evitare di esclamare un “Secondo me era carino” che avrebbe tanto voluto non aver mai pensato.
“Stiamo per entrare in classe, Minnie, ti decidi a farmi vedere ciò di cui parlavi prima?” In parte dispiaciuta per averla fatta intristire, decise di usare il suo nomignolo, per rabbonirla.
“Certo!” Carica di un ritrovato buon umore, schiacciò in un angolo della testa tutte le brutte riflessioni, costringendosi a non dargli più peso. Bruciavano ancora, però. Bruciavano così tanto da corroderle la mente, anche se lei le ignorava.
“Ecco” Con un paio di click, la aprì dinanzi ai suoi occhi curiosi.
“Si chiama ‘Instagram’ e, guarda, queste sono fotografie caricate da tutte le persone che seguo.” Le mostrò due o tre foto di fila prima di esclamare:
“E questo, invece, è il mio profilo!” Era anonimo, proprio come lei, fu il primo pensiero di Coraline. C’era una sola immagine di lei, con lo stesso trucco di quella mattina, se non fatto anche peggio, ed un’espressione imbecille; gli occhi strabuzzati per mantenere la posizione, le labbra erano impacciatamente inarcate, dando la vaga idea di star lanciando un bacio, e, per finire, la mano sinistra era posizionata in modo tale da formare il segno della pace, con l’indice ed il medio sollevati.
“E questo è il numero di persone a cui piace la mia foto” sorrise ed indicò con l’unghia, colorata di un flebile marroncino, l’icona di un cuore sotto ad essa, con vicino il numero cinquanta.
“Piace a cinquanta persone?!” Esclamò, sbalordita.
“Sì! Anch’io ero stupita all’inizio. Vieni, scattiamoci una foto, così la pubblico” le disse sorridente e Coraline desiderò ucciderla.
Ma certo, scattiamoci una foto! Ovviamente adesso che lei è truccata, pur essendo ridicola, ed io sembro una patetica ragazzina! Pensò, furente.
“No, non ne ho la minima intenzione. Non capisco perché tu ti faccia così tanto incantare da una stronzata del genere” Mae corrucciò il volto in una smorfia.
“E’ carino, e poi...” si sfiorò la guancia con un dito.
“E poi?” Chiese, inquisitoria. Ed ecco cosa c’era sotto, ecco il motivo di tanto interesse, di tanta preparazione, di tanto buon umore.
Sputa il rospo, avanti. La incitò mentalmente.
“E poi, ho conosciuto un ragazzo.” La campanelle esplose , producendo un rumore più squillante di prima, per urlare a ritardatari e perditempo che si doveva proprio entrare; Coraline sentì il respiro bloccarsi e la furia più nera conflagrò, proprio come la campanella.
Si voltò, senza degnarla più di un minimo sguardo, e andò via, avviandosi in classe.
Proprio non capiva. Mae aveva i capelli di un biondo scialbo, una parlantina irritante, cinque o sei chili di troppo ed un’andatura goffa. La pelle lattiginosa e insudiciata dall’acne che l’aveva colpita sugli zigomi e sul mento, e allora perché?
Perchè tutte quelle persone avevano apprezzato la sua foto? Perchè quel biondo, in corridoio, aveva ammiccato proprio a lei?  Perchè quel ragazzo le aveva scritto?!
Proprio non capiva.
Sbattè i piedi sul pavimento, come una bambina, prima di decidersi a varcare la soglia della porta.
 La docente di Inglese picchiettava le lunghe unghie rosse sulla cattedra, con una mano si rigirava una ciocca di riccissimi capelli e con lo sguardo, reso pesante dagli occhiali quadrati e senza bordura, la fulminava, annoiata dal suo ritardo.
“Sei di nuovo in ritardo. Non scomodarti nemmeno a prender posto, posa solo le tue cose e poi torna qui, vicino alla cattedra: interrogata” La voce graffiante le lacerò i timpani; lei sbuffò, senza essere plateale, e fece come ordinato.
Fanculo, maledetta strega. Spero che ti mettano al rogo ed io sarò lì, in prima fila, a vederti bruciare.
Mae arrivò poco dopo di lei e chiese placidamente scusa per il ritardo. La signorina Clark la fece accomodare, non dandoci peso.
Anzi, no. Non sarò in prima fila, ti brucerò io, con le mie stesse mani.
E, proprio non capiva.
--
Era arrivata a casa già da un po’ ed il cielo si era imbrunito più velocemente del solito. Erano appena le 18.00, eppure sembrava che fosse già sera.
Prese il cellulare e lo strinse fra le mani. Nella sua testa, si fecero insistentemente vedere immagini della mattina precedente e lei non poté fare a meno di cercare ‘Instagram’ sul web.
E, dato che proprio non capiva, si sentì quasi obbligata a scaricarla.
Trovata dinanzi ad essa, si ritrovò a riempire i vari campi richiesti e si bloccò alla scelta del nome.
Ci pensò un instante, pensò a tutto quello che le piaceva e, la prima cosa che le venne in mente fu il suo colore preferito: il viola.
Compose un nome che trovò immediatamente banale e si ripromise di cambiarlo, quando sarebbe stata meno impaziente.
Foto del profilo?
Strinse gli occhi, in confusione e, nel desiderio che nessuno potesse mai riconoscerla, rifletté su una parte del suo corpo che potesse essere misteriosamente attraente.
La prima che le venne in mente, furono i suoi fianchi magri, ma li scartò subito. Poi, le costole accentuate e quei tre nei che si ergevano dietro la sua schiena, dandole un tocco quasi artistico.
Ancora non ci siamo, si disse.
Gli occhi erano fuori discussione, con quelle iridi spente, dal colore sporco. E, allora, pensò alle sue labbra dalla forma delicata e si disse che sarebbero state la soluzione perfetta.
Se le morse una, due, tre volte, finche non divennero scarlatte e gonfie, come straziate da mille baci.
Labbra straziate da mille baci, proprio lei, che non aveva mai baciato nessuno.
Inclinò il capo di poco e si portò una ciocca corvina al confine fra la guancia e l’inizio della bocca, dopodiché scattò la foto.
Le piacque, le piacque tantissimo, perché non sembrava essere lei. Sembrava una ragazza bellissima, intraprendente e misteriosa, le piaceva.
E, insieme alla foto profilo, pubblicò anche la sua prima fotografia. La sua stanza era uno sfondo sciatto, ma che faceva emergere la sua figura, come un’ape regina fra centinaia di altre api più insignificanti.
Fotografò le sue scapole. La mano destra poggiata delicatamente sul collo, come per indurre a baciarlo, a baciare in particolare quel punto vicino l’orecchio, dove c’era il suo indice; quel punto che, al sol toccarlo, le faceva contorcere l’intestino per quel solletico misto a piacere.
Una dolce dannazione, proprio per lei, che non era stata mai baciata.
I capelli facevano da scudo, coprendo le scapole quel poco necessario, da far vedere il contrasto fra il nero di essi ed il pallore dell’incarnato. Si scervellò per una citazione che potesse andare bene sotto, ma l’unica cosa che le venne in mente, fu quella mezza frase che scrisse Mae, sul retro del suo quaderno.
“La bellezza è saper cogliere gli attimi giusti e renderli poesia per lo sguardo”
E la pubblicò.
Attese pazientemente di vedere qualche commento o qualche like e, non appena il suo cellulare trillò per le prime notifiche, un sorriso compiaciuto spuntò sul suo volto.

Spazio Autrice
Ehilà! E' la prima storia che decido di pubblicare quì su EFP e, mi rendo conto che al momento non sia il massimo, ma spero vivamente di migliorare! Ho pensato che il modo migliore per farlo fosse proprio quello di affidarmi a pareri esterni, quindi mi farebbe molto piacere conoscere l'opinione delle persone che leggeranno i miei scritti! Per la pubblicazione, non saprei dirvi delle date precise, ma spero di riuscire a postare almeno un capitolo a settimana.
Detto ciò, mi congedo :3!
Ilys🖤


 
   
 
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