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Autore: Starishadow    13/07/2017    2 recensioni
Se siete curiosi di vedere come sarebbero i figli (e le figlie) dei nostri sette idols, e vi fa piacere seguirli lungo la loro strada, leggete pure questa storia!
Come se la caveranno gli Starish in versione papà, alle prese con un gruppo di adolescenti curiosi di esplorare il mondo a modo loro?
(Raccolta di OS, molte sono song-fic, spero che vi piaccia!)
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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E rieccoci qui!! Lo so, stento a crederci anch’io .-. mi dispiace per l’attesa, università e altri problemi del genere si sono intromessi come al solito. Tenete conto che questo capitolo è ambientato qualche mese (quasi un anno) dopo gli avvenimenti dei capitoli precedenti, infatti potete notare nello specchietto che alcune età sono cambiate, considerando i compleanni nel corso degli anni. Come avevo predetto all’inizio della raccolta, le storie sono ambientate in momenti diversi della vita dei ragazzi, ma finora non l’avevo ancora fatto, e più o meno le storie erano abbastanza ravvicinate… quindi, stop agli indugi e iniziamo!
Vi lascio quindi al capitolo e al solito
 
Specchietto dei personaggi:
Shinomiya Satsuki 16 (basso) - Reiko 14 (batteria)
Ichinose Hayato 18 (voce) - Rui 16 (voce)
Aijima Harumi 14 (tastiera)
Jinguji Maiyumi 17 (voce/piano)
Ittoki Hikaru 16 (chitarra/ chitarra elettrica) - Aya 5
Kurusu Aoi e Nei 18 (violini/violini elettrici) -  Yuu  10 -  Kimi  5
Hijirikawa Kaito 18 (voce/sax)
Menzionati:
Evelyn Kisaragi (22) - Lux (16)
Ayame Kotobuki (22)

 
«Io ancora stento a crederci», dichiarò Hayato, gli occhi sgranati e le labbra arricciate in una smorfia a metà fra un sorriso e un broncio - come ci riuscisse rimaneva un mistero per gli altri.
Le sue parole non vennero nemmeno sentite dal gruppetto di ragazze che si affaccendava davanti allo specchio nella camera di Rui.
«Mmh, forse sarebbero meglio quelli neri… Rei-chan, andresti a prenderli? Sono nella busta là vicino alla porta».
«Io nemmeno pensavo che ti piacessero i ragazzi!», continuò il ragazzo, imperterrito nella sua incredulità, mentre Maiyumi e Harumi sistemavano reciprocamente il trucco e i capelli di Rui, in piedi in mezzo a loro con l’aria di chi si trova non poco a disagio, ma è disposto a sopportare.
«Mi piacciono anche i ragazzi», rispose poi, quando Maiyumi allontanò il pennellino dell’eye-liner dalla sua faccia.
«Aspetta… davvero?».
Il poveretto era sempre più scioccato dalle rivelazioni su sua sorella, ancora incapace di stare al passo con tutte le novità dell’ultimo mese.
«Che c’è, volevi il ruolo di “unico bisessuale di casa”?», ghignò Rui senza alcuna pietà, ignorando l’occhiataccia di Maiyumi che aspettava di potersi rimettere all’opera sull’altro occhio dell’amica. «Perché credo tu abbia già perso in partenza con papà».
«Anche papà è…??».
«Rui-chan, dagli una tregua», intervenne Aoi, con una risatina mentre compariva sulla porta con una serie di buste e vestiti fra le braccia. «L’unica cosa che Hayato non ha mai avuto è il gaydar».
«Il mio gaydar funziona benissimo!».
«Pensavi che Hikaru fosse gay».
«Non lo è?».
Il rumore di una scatola che cade e qualcosa che rotola fuori fu la risposta di Reiko a tale affermazione.
«Reiko! Attenta a quegli stivaletti, ti prego! Sono i miei preferiti… Vale anche per te, Rui: te li presto, ma devi trattarli meglio di come tratteresti i tuoi piedi».
«Scusate?? Io qui sto scoprendo che praticamente l’unica persona etero di questa casa è mia madre, e voi  vi comportate come se fosse la cosa più normale del mondo??», intervenne Hayato, drammaticamente, solo per poi trovarsi un reggiseno nero e di pizzo in faccia. «Che schifo, Maimi!!».
«Vedi di finirla, se lo stai scoprendo adesso è solo perché non sei capace di vedere più in là del tuo naso! Ora metti giù quel reggiseno, pervertito. E piantala di fare la reginetta, oggi la protagonista è Rui-chan!».
«Che non aveva chiesto niente di tutto questo», borbottò la diretta interessata, chiudendo gli occhi per permettere alla migliore amica di completare l’opera, sperando che quella tortura finisse presto.
Sapeva che far sapere a Maiyumi del suo appuntamento sarebbe stata una pessima idea, lo sapeva benissimo, ma allo stesso tempo le era stato impossibile non rivolgersi a lei per ricevere qualche aiuto: non era mai stata invitata a uscire, prima di allora, e non aveva la più pallida idea di come funzionasse un appuntamento.
Chiedere ad Hayato era fuori discussione, innanzitutto perché era un ragazzo, in secondo luogo perché avrebbe reso tutto quanto una questione ben più grossa di quello che realmente era… anche se, ripensandoci, avrebbe dovuto immaginare che anche Maiyumi avrebbe reagito così.
Tempo un giorno, e tutti gli Starkids erano stati mobilitati per “la sua grande serata”, che poi alla fine consisteva solo di una passeggiata e un film al cinema, ma non c’era stato verso di farglielo capire.
«Ecco fatto, tesoro! Il mio capolavoro è finito, Hari-chan, tu con i capelli hai fatto?».
«Ultimo ritocco, Maimi… Okay, perfetto! Ora puoi guardarti, Rui-chan!».
La ragazza l’avrebbe fatto volentieri, se un grosso telo nero non avesse coperto il suo specchio. Lanciò un’occhiataccia a Maiyumi, che scoppiò a ridere e si affrettò a scoprirlo, rivelandole il suo riflesso che - nonostante tutto - la lasciò a bocca aperta.
«Ma che…??».
Il vestitino di pelle nero che Aoi le aveva procurato dopo ore e ore di ricerca negli armadi di tutte le ragazze della famiglia - le loro “cugine” Evelyn, Ayame e Lux comprese - le cadeva addosso meglio di come facevano molti dei suoi vestiti, stringendo nel modo giusto sul petto e cadendo morbidamente sui fianchi, le calze velate nere non sembravano, come aveva temuto, quelle di una vedova anziana con le vene varicose, al contrario attribuivano un che di… sexy all’outfit. I beneamati stivaletti col tacco di Maiyumi, infine, completavano il tutto.
E Harumi aveva persino compiuto il miracolo di rendere ondulati i suoi capelli!
«W-Wow», sussurrò, ancora incredula, e dal riflesso vide l’espressione di Hayato identica alla sua.
«Che ti dicevo, stellina? Quando i sondaggi su chi è più attraente mettono me prima di te, è solo perché ti ostini a non darmi retta nel vestirti!», gongolò Maiyumi, che in quel momento le ricordava pericolosamente una mamma orgogliosa.
«Hey, io le scelgo i migliori outfit!», protestò Aoi, sedendosi accanto ad Hayato e facendogli richiudere la bocca con una mano sotto il mento. «Però sì, quando non siamo in concerto o altro, Rui-chan, sei un disastro nel vestirti».
«P-Perché mi piacciono i vestiti di Hayato», mormorò timidamente l’altra.
Non era abituata a sentirsi così scoperta quando non si trovava su un palco, e presto cominciò ad armeggiare con l’orlo del vestito, tentando di allungarlo almeno un pochino.
«Ah, ah! Non farlo, Rui-chan! Evelyn ha minacciato di usare lo scettro di zio Camus per picchiarti se glielo slabbri, io non la metterei alla prova!», scattò Reiko, che nutriva un non così segreto terrore per Camus e tutto il resto della sua famiglia.
«Va bene… manca mezzora, che faccio in mezzora?».
«Vieni di sotto con noi e ti fai insegnare tutti i trucchi del mestiere da me, Kaito e Nei!», replicò allegramente Maiyumi, con tono che non ammetteva repliche.
«Hey, anche io sono esperto di appuntamenti», protestò Hayato, alzandosi in piedi senza riuscire realmente a togliere gli occhi di dosso alla sorella.
“Non guardarmi così”, pensò lei, affrettandosi ad abbassare lo sguardo e coprirsi la scollatura a cuore come meglio poteva, affrettandosi verso la porta. “E non mi servono i tuoi consigli, conosco già i tuoi metodi…”.
«Hayato, tesoro, caro, fratellone preferito anche se non siamo fratelli… no. I tuoi consigli fanno schifo, e qui dentro tutti possono confermarlo. Stai zitto e limitati a sostenere tua sorella», Maiyumi fu rapida a rimetterlo al suo posto, impassibile e schietta, assottigliando subito dopo lo sguardo nel vedere Rui che barcollava verso la porta. «Letteralmente, dalle il braccio e reggila perché prevedo una bella caduta dalle scale che rovinerebbe tutto il fascino dell’outfit».
«Maiyumi, ti odio». Nonostante il tono cupo e minaccioso, Rui era perfettamente consapevole che le parole dell’amica erano più che vere. Forse avrebbe dovuto rinunciare ai tacchi, dopotutto stava molto bene anche con le sue converse nere e sbrindellate, no?
Un solo sguardo ai presenti nella stanza, che sembravano averle letto nel pensiero, bastò a farle passare la voglia.
Decise che quella sarebbe stata l’ultima volta che chiedeva aiuto per qualcosa.
 
«Wow!».
«Rui-nee! Sei bellissima!».
«Non è di Evelyn, quello?».
«Dove ti eri nascosta, fino ad ora?».
I quattro membri mancanti degli Starkids si alzarono in piedi contemporaneamente, tutti con le stesse espressioni sorprese e ammirate stampate sul viso - beh, forse quella di Satsuki era un pelo più disinteressata delle altre, ma comunque rientrava nella fascia dell’ “incuriosito”.
«Non è uno splendore?», gongolò Maiyumi, andando poi ad affiancare Kaito e appoggiandosi a lui con un sorrisino che effettivamente poteva rivaleggiare quello di una madre alla prima recita della figlia, o cose del genere.
«Assolutamente», concordò il ragazzo, sorridendo mentre abbassava lo sguardo verso di lei. «Ma continuo a preferire la sua make-up artist», aggiunse con naturalezza, ridacchiando quando la vide arrossire quasi impercettibilmente, bofonchiando “stai zitto” con ben poca convinzione.
«Ora manca solo la cosa più importante!», intervenne Reiko vivacemente, accomodandosi sul divano più vicino. «I consigli da appuntamento! Il mio è “non mangiare cipolla”».
Il silenzio che pervase il resto del gruppo parve metterla a disagio, al punto che si trovò a bofonchiare delle scuse a mezza voce.
«No, no, in effetti è un buon consiglio… non ti avrei baciata al primo appuntamento se avessi davvero ordinato quella schifezza piena di cipolle», intervenne Hikaru, andando a sedersi vicino a lei e mettendole un braccio attorno alle spalle, prendendola in giro affettuosamente. «Evita anche aglio o pesce, magari… E qualsiasi cosa a cui lui potrebbe essere allergico».
Rui in quel momento avrebbe tanto, tanto, voluto non essere lì. Era già stato abbastanza imbarazzante l’interesse dimostrato da tutti per il suo outfit e i dettagli del suo appuntamento, quello era troppo.
«Non serve che---».
«Ricordati di sorridere, ma non in maniera inquietante come se volessi accoltellarlo da un momento all’altro…».
«Grazie tante, Nei», Rui alzò gli occhi al cielo nel dirlo, ma in effetti non aveva tenuto conto del fatto che avrebbe dovuto sorridere realmente quella sera. O meglio, sperava che le venisse spontaneo, o avrebbe dovuto forzare la sua espressione e… beh, non era mai finita bene quando faceva così.
«Ascoltalo, annuisci, fagli domande, rivela poco di te, lascia che ti rimanga del mistero addosso--», iniziò Maiyumi, elencando le cose mentre teneva il conto sulle dita, ma fu interrotta bruscamente da un Hayato particolarmente cupo:
«E fai che ti rimangano anche dei vestiti addosso».
Gli altri ragazzi protestarono rumorosamente al suo commento, e Kaito si apprestò a mollargli una scoppola dietro la nuca, ma Rui si limitò a distogliere lo sguardo e fissare le punte lucide degli stivaletti che portava ai piedi.
“Forse non è un’idea così buona… dovrei annullare”, si disse, cominciando a mordicchiarsi l’interno di una guancia, nervosamente.
«Non far caso a questo scemo, ma sì, non è una buona idea finirci subito a letto… Se non è quello a cui miri prima ancora di uscirci».
Un brivido le corse lungo la schiena.
Andare a letto? Perché avevano cominciato a tirar fuori quell’argomento?
«Non lo farò», disse a voce bassa, lo sguardo ben piantato a terra e le guance pallide che si tingevano leggermente di rosa.
Sentì Maiyumi ridacchiare e rimproverare Satsuki per averla messa in imbarazzo per poi metterle una mano sul braccio, un gesto che - con sua sorpresa - si rivelò più rassicurante del solito:
«Non sforzarti troppo, Rui-chan, resta naturale e lasciati guidare da quello che provi sul momento, vedrai che sarà un successone», le disse, sorridendole incoraggiante.
Con un respiro profondo, Rui annuì e le restituì il sorriso, riconoscente per quella rassicurazione, forse era proprio quello che aveva bisogno di sentirsi dire.
Rimasero tutti in silenzio per qualche secondo, e lei cominciò a sperare che la valanga di consigli inopportuni e imbarazzanti fosse finita, ma a quanto pare non era il suo giorno fortunato.
«Non sederti vicino a lui sul tavolo, se non hai intenzione di baciarlo».
Il gruppetto si voltò verso Aoi, fino a quel momento appollaiato tranquillamente su uno degli scalini, e lui si affrettò a spiegare:
«Ho sentito che sedersi di fronte alla persona, oltre a facilitare la conversazione, rende più difficile far scattare il bacio, perché c’è un tavolo in mezzo, invece se siete seduti vicini… Beh, è più fattibile».
Kaito alzò un sopracciglio a quelle parole, mentre Hikaru fischiava ironicamente e Hayato scoppiava a ridere.
«Quindi alla nostra prima uscita mi stavi invitando a baciarti», ghignò, per poi avvicinarsi al ragazzo sporgendo le labbra come a richiedere rumorosamente un bacio.
Un coro di risate e sfottò si alzò dal gruppo dei ragazzi, e Rui ne approfittò per defilarsi, andandosi a rifugiare in cucina.
Era nervosa per l’appuntamento, ma soprattutto aveva paura delle aspettative che si erano fatti tutti gli altri al riguardo: lei aveva accettato l’invito a uscire senza pensar bene a ciò che questo avrebbe implicato, il ragazzo l’aveva colta alla sprovvista, avvicinandosi a lei quasi timidamente dopo averle tenuto aperta la porta della biblioteca, restando seduto al suo stesso tavolo mentre studiavano, e poi, quando lei si era alzata per scappare alle prove, lui le aveva chiesto se le sarebbe piaciuto vedersi nel weekend.
Rui non aveva mai avuto un corteggiatore - o almeno, non uno che effettivamente osasse rivolgerle la parola - o qualcuno che si comportava così gentilmente con lei, e rifiutare le era sembrato assolutamente poco carino, quindi si era trovata a dire sì, e ora era in quella situazione… Non era stata troppo preoccupata, a dire il vero, finchè non era venuto fuori il discorso “bacio”.
«Hey, come mai qui da sola?».
La ragazza si voltò di scatto verso la porta, sorridendo nel vedere suo padre che entrava e la chiudeva dietro di sé, garantendo a entrambi un po’ di privacy.
«Stavano diventando troppo rumorosi», ammise lei, giocherellando con l’orlo del vestito, per poi smettere ricordandosi le minacce della sua legittima proprietaria.
Tokiya fece un sorrisino eloquente, ben abituato a cosa significava avere degli amici dall’entusiasmo facile.
«Si sono fatti prendere un po’ la mano, eh? Scommetto che Maimi aspettava questo giorno da sempre», commentò ironicamente.
«Inizio a sospettarlo anch’io, ho fatto a malapena in tempo a dirglielo, che già aveva mobilitato tutti quanti, quasi avessero una parola d’ordine per far partire le operazioni…».
Restarono entrambi in silenzio, immaginandosi la scena, e infine concordarono tacitamente che , probabilmente era andata esattamente così.
«Sei nervosa?», chiese poi l’uomo, allontanando una sedia dal tavolo con un piede e accomodandosi, facendo cenno alla figlia di fare altrettanto, e osservandola con un piccolo sorriso sulle labbra.
«Confusa», ammise lei, accigliandosi un pochino. «Non mi aveva mai invitata nessuno prima, e non so cosa fare», si strinse nelle spalle e arricciò leggermente il naso, come faceva sempre quando cercava di concentrarsi su qualcosa. «Ho accettato perché non sapevo che altro fare, ma se non mi piacesse?».
«Non sei costretta a vederlo di nuovo», si affrettò a rassicurarla Tokiya, avvicinandosi di più a lei. «Puoi provare a conoscerlo meglio e vedere come ti senti insieme a lui, cosa provi… E non sei obbligata in nessun modo a ricambiare i suoi sentimenti. Succede di piacere a persone che non ti piacciono».
Rui ne era consapevole, aveva visto Hayato e Maiyumi rifiutare educatamente altre persone, ma ora che si trovava lei nell’ipotetica posizione di doverlo fare, non era poi così sicura.
«Se provasse a baciarmi e non volessi?», chiese poi, con una vocina piccola e insicura che raramente usava con altri fuori dalla sua famiglia.
Il viso di suo padre si fece più cupo e il suo sguardo più affilato:
«In tal caso chiamami. O mollagli un pugno».
«Papà».
«Va bene, scusa! Se si sta solo avvicinando…. Oh cielo, ma perché devo dirtelo io? Questa cosa è troppo imbarazzante!».
Entrambi avvamparono furiosamente, per poi scoppiare a ridere.
«Scusa, chiederò ad Hayato».
«Forse faresti bene. Più che altro perché ho il sospetto che tuo fratello si sia sentito parecchio escluso da tutta questa storia».
“E c’era un motivo”, si disse ironicamente la ragazza, prima di iniziare a giocherellare con le punte dei capelli che le scendevano fino ai fianchi, arricciandosi una ciocca attorno al dito.
«Se volessi tornare a casa prima, potresti venire a prendermi?», chiese poi, alzando di nuovo gli occhi su di lui, e a quel punto Tokiya la tirò a sé, stringendola forte come faceva sempre quando era impaurita, o insicura, fin da quando era piccola.
«Non devi nemmeno chiederlo, sarò lì in un batter d’occhio, ma non partire così, mh? Potresti divertirti, no?».
«Potrei», confermò lei, stringendosi di più a lui. «Però ho paura, è troppo strano per me, finora non ho mai parlato con molte persone che non fossero i miei amici… Non credevo nemmeno di piacere alle persone».
Il padre la allontanò un pochino, lasciandole le mani sulle spalle:
«Capisco che possa essere difficile aprirsi agli altri, e so che può fare paura, ma ricordi quando avevi paura delle montagne russe?», a quello, Rui annuì con un po’ di imbarazzo, ricordando gli anni passati a evitare quegli “aggeggi infernali” come la peste, restando a terra, intimamente felice che anche Aoi non potesse salirvi, anche se si sentiva un po’ in colpa per quel pensiero. «E Hayato ti ci ha trascinata a forza una volta, nonostante tu strillassi tanto da far preoccupare gli addetti alla sicurezza. Cos’è successo dopo?».
Rui fece una risatina a quello, ripensando al ricordo con una sensazione di calore nella pancia:
«Mi è piaciuto così tanto che ho fatto altri cinque giri, alla fine Haya-nii non riusciva più a reggersi in piedi e zio Ren ha dovuto portarlo in braccio fino alla macchina».
«Precisamente», Tokiya le sorrise eloquentemente a quello, lasciando che lei intendesse cosa voleva dire.
«Va bene. Anche per questo, aspetterò di vedere com’è, prima di decidere se mi fa paura o meno», decise infine la ragazza, alzandosi di nuovo in piedi. «Grazie, papà».
«Non ringraziarmi… Fra quanto passa a prenderti?».
«Mezzora, credo».
«Mh, hai ancora il tempo di farti tormentare dagli altri…».
«Ugh».
Tokiya si alzò a sua volta e la abbracciò di nuovo, prima di imbronciarsi leggermente:
«Sappi che comunque mi aspetto messaggi di aggiornamento appena arrivate, uno durante - fingi di andare in bagno - e uno quando state per partire, va bene?».
«Oh cielo, sei peggio di Maiyumi!», esclamò Rui, allontanandosi da lui per guardarlo male.
«Sono tuo padre! Non voglio sapere i dettagli, voglio solo degli aggiornamenti per sapere che stai bene!».
 
Raramente una mezzora era passata così lentamente per Rui, mentre se ne stava seduta sul divano con i suoi amici tutti schierati davanti a lei. A quanto sembrava, la sessione di consigli non era ancora conclusa.
«La cosa più importante», dichiarò Nei con voce assolutamente seria mentre le fissava gli occhi in viso al punto di metterla a disagio, «è che tu non lo baci al primo appuntamento».
«Cosa?», chiese, sconcertata, guardandosi intorno e notando con sua enorme sorpresa che tutti gli altri stavano annuendo con fare solenne. «Davvero non si bacia al primo appuntamento?».
«Santo cielo, Rui-chan, no!», esclamò Harumi, spalleggiata da Reiko e Satsuki, mentre Hayato sbuffava con fare sarcastico. «Non c’è mica fretta per quello!».
«Io Maimi l’ho baciata al primo appuntamento», notò distrattamente Kaito, giocherellando innocentemente con la mano della ragazza in questione, che trattenne una risatina.
«Non importa, Kaito, il tuo primo appuntamento con Maimi praticamente è stato quando zio Masa e zio Ren vi hanno lasciati nella stessa culla per una sera e vi siete stati appiccicati addosso tutto il tempo», sospirò Aoi, alzando gli occhi al cielo.
«Non è vero, non è stato quello!», si difesero i due incriminati, incapaci però di trattenere le risate.
«No, hanno ragione… il loro primo vero appuntamento è stato quando Kaito ha visto Maiyumi appena nata, l’ha indicata e ha dichiarato “mia”… Se chiedete a Reiji, ha ancora il filmino di quella scena», Tokiya non era solito prendere parte alle discussioni dei ragazzi, anzi, di norma si defilava dalla stanza in cui si trovavano tutti insieme il prima possibile, ma non avrebbe mai rinunciato all’occasione di stuzzicare un po’ Kaito e Maiyumi, che era ormai diventato il passatempo ufficiale di tutti gli adulti della famiglia tranne Ren e Masato, che ancora dovevano metabolizzare la cosa.
Soprattutto Ren, che ancora si sentiva sbeffeggiato dal fato e schiaffeggiato dal Karma.
«Ma davvero?», chiese Hikaru alzando lo sguardo sullo zio, che annuì nascondendo abilmente un sorrisino.
«Awwww che cosa romantica», ridacchiò Nei, conquistando un’occhiataccia dalla coppietta ora presa di mira.
«Zio, ricordi quando a circa 7 anni ho dovuto scrivere il tema su “il tuo adulto preferito”? Bene, sappi che questo è il motivo per cui non ti ho mai nemmeno preso in considerazione come possibile candidato», borbottò Kaito, incrociando le braccia al petto e tentando di nascondere il rossore sulle guance con i capelli.
Rui era grata per quel cambio di attenzione, ma quando in quel momento suonarono al campanello, e tutti rimasero immobili per qualche secondo, si ritrovò paralizzata, al contrario degli altri nove ragazzi che si fiondarono tutti contemporaneamente verso la porta.
«Ragazzi! No!», esclamò Harumi, nonostante le risate la rendessero poco credibile. «Non possiamo aprire tutti e nove insieme! Hayato, sei tu il padrone di casa, ma facciamo aprire a Kaito».
«Eh? Perché??».
“Questo inizia a sembrare un incubo”, si disse Rui, mentre si alzava dal divano con un’espressione accigliata e più adatta a un condannato a morte che ad un’adolescente al primo appuntamento.
«Devo restare qui a minacciarlo di morte?», si informò Tokiya, restandole accanto mentre finalmente Hayato conquistava la porta e la spalancava.
«N-no, anzi, se potessi andare di là…».
Nonostante la finta espressione ferita, Tokiya fu ben disposto ad accontentare la richiesta della figlia, accontentandosi di lanciare solo un’innocente occhiataccia al malcapitato - che ora era in piedi nell’ingresso, in imbarazzo mentre gli Starkids lo fissavano in silenzio - e soprattutto, consapevole che Hayato sarebbe stato più che sufficiente a intimidirlo, almeno a quello stadio della relazione.
«U-uhm…».
«Quindi, tu saresti quello che vuole portare fuori mia sorella, eh?», cominciò il leader del gruppo, avvicinandosi al poveretto con espressione seria e vagamente minacciosa, godendo dello sguardo di terrore che lampeggiò per qualche secondo negli occhi di quello. «Sicuro di sapere quello che fai?».
«Oh, insomma! Hayato, sparisci!», sbottò Rui, avvicinandosi rapidamente, o quanto più rapidamente i dannati stivaletti di Maiyumi le consentivano, e spingendo via Hayato dal povero ragazzo.
«I-Ichinose-chan», balbettò quello, arrossendo subito e aprendosi in un timido sorriso appena la vide, tirando fuori da dietro la schiena una rosa accuratamente incartata e decorata che strappò un piccolo “aww” a Maiyumi, prontamente soffocato dalla mano di Kaito, il quale iniziò a segnalare a tutti i presenti di allontanarsi e lasciare ai due un po’ di privacy. «Stai benissimo», aggiunse poi il ragazzo, quando Rui accettò, impacciata, il piccolo dono, e gli rivolse un sorriso intimidito che però riuscì a rendergli le gambe molli.
«Grazie… Anche tu stai molto bene», disse, facendo del suo meglio per sembrare gentile e meno nervosa di quanto fosse.
«Uhm, spero che t-tuo fratello non abbia problemi con…».
«Oh, ignora quell’imbecille! Talmente stupido da non essersi nemmeno accorto che siete compagni di classe», tagliò corto Rui, alzando gli occhi al cielo. «Possiamo andare?».
Il ragazzo si affrettò ad annuire e voltarsi nuovamente verso la porta, aprendola cavallerescamente per lei e aspettando che prendesse la borsa, salutasse tutti e uscisse, prima di fare lo stesso.
«Posso dire una cosa senza che mi picchiate?», chiese a quel punto Maiyumi, impegnata a fissare la porta con la stessa aria imbambolata degli altri.
«Dipende…».
«Mi sento come una mamma apprensiva», dichiarò poi la ragazza, mentre fingeva di avere il labbro tremulo  e di asciugarsi delle lacrime. «La nostra piccina è cresciuta, e ora è pronta a spiccare il volo, conoscere il mondo…».
«Sai chi altro spiccherà il volo fra poco? Tu, se non la pianti con queste idiozie», sbuffò Kaito, tirandole una ciocca di capelli come punizione per la sciocchezza appena detta.
 
«Ricordami perché siamo qui», implorò Kaito, appoggiando la fronte al volante della macchina con uno sbuffo spazientito, chiedendosi per l’ennesima volta perché permettesse a Maiyumi di avere tutto quell’ascendente su di lui.
La ragazza in questione era felicemente seduta sul sedile del passeggero, in quel momento impegnata ad armeggiare con un grosso paio di binocoli e un grosso giornale, nel tentativo di spiare e restare nascosta allo stesso tempo.
«Oh, non riesco a vedere nulla da qui!», si lamentò a voce alta, perdendo la pazienza e accartocciando malamente il giornale per poi lanciarlo sul sedile posteriore.
«Hey! Non l’avevo ancora letto!», protestò l’altro, lanciandole uno sguardo esasperato.
«Solo i vecchi leggono i giornali, ormai! Tira fuori lo smartphone e usa quello, se sei così interessato a cosa succede nel mondo… Io sono preoccupata per Rui-chan».
Per l’ennesima volta in meno di un’ora, Kaito alzò gli occhi al cielo e si chiese perché aveva accettato di seguire la ragazza in quella stupidaggine.
«Davvero hai fatto quella cosa, quando eravamo piccoli?», chiese poi lei, di punto in bianco, rinunciando a spiare l’amica e mettendo via il binocolo.
«Comunque lo stavi tenendo al contrario», la prese in giro Kaito, guadagnandosi una meritatissima occhiataccia e un “sono bionda, ma non stupida”, che lo costrinse a rispondere alla sua domanda. «Non ne sono sicuro, cioè io di sicuro non me lo ricordo, ma credo di aver visto quel filmino, tanti anni fa…», disse, facendo spallucce come se non gli desse molto peso.
Maiyumi si limitò a sorridergli e appoggiare il capo sulla sua spalla:
«Sarebbe bello, cioè, se tu avessi realmente inteso “mia” in quel senso».
«Sarebbe inquietante, a parer mio».
«Oh, ti ucciderebbe un po’ di romanticismo?!».
Kaito non replicò, limitandosi a sorridere fra sé e sé e rimettere in moto la macchina, ignorando lo sguardo confuso di Maiyumi, rifiutandosi di rispondere alle sue domande finchè non parcheggiò nuovamente la macchina, scese, le aprì la portiera e le porse un braccio.
«Cosa stiamo facendo?», chiese lei con fare divertito, accettando di buon grado.
«Beh, tutta questa concitazione generale mi ha fatto realizzare una cosa», disse lui, porgendole un elastico per capelli e degli occhiali da sole, tirando fuori un paio anche per sé e infilandoli. «Io e te non abbiamo mai avuto un primo appuntamento… Eravamo così abituati a passare del tempo insieme, che anche quando abbiamo iniziato a stare insieme, non c’è stato un vero e proprio “evento ufficiale”, non ti ho mai nemmeno invitata a cena fuori, o a bere qualcosa o altro. Quindi», nel dirlo le aprì la porta del ristorante che avevano raggiunto, «ho intenzione di rimediare, oggi».
Maiyumi rimase interdetta, aprendosi lentamente in un sorriso luminoso che fece perdere più di un battito al cuore del povero ragazzo al suo fianco:
«Stai forse dicendo che vorresti corteggiarmi, Hijirikawa-san?», chiese, battendo le palpebre e rivolgendogli uno sguardo di innocente sorpresa, lui rispose prendendole una mano e avvicinandosela alle labbra:
«Spero solo di potermi risparmiare la paura di un rifiuto, Jinguji-san», replicò, facendole l’occhiolino.
La ragazza scoppiò a ridere e si limitò a sistemarsi la coda che si era fatta poco prima, prima di dirigersi verso uno dei tavoli liberi:
«Lo scopriremo. Se saprai conquistarmi e invogliarmi ad uscire ancora con te».
Kaito non si fece pregare prima di prestarsi al gioco, raggiungendola rapidamente e aspettando che lei si accomodasse prima di sedersi al posto di fianco al suo.
«Mh? Non di fronte? Ha forse intenzione di baciarmi, signore?», chiese lei, alzando le sopracciglia e fingendosi sorpresa.
«Chi lo sa…», replicò l’altro, avvicinando il viso al suo, lentamente, solo per trovarsi una mano premuta sulla faccia.
«Spiacente, Hijirikawa-san. Io non bacio al primo appuntamento».

Più tardi, quella notte…
«Allora? Raccontami tutto!».
La voce di Maiyumi era bassa, ma era impossibile non notare il fremito di emozione e impazienza in essa, fremito che mancava del tutto in quella calma e assonnata di Rui:
«Maimi, veramente avrei sonno… non possiamo parlarne domani?».
«No, non puoi avere sonno dopo il tuo primo appuntamento! Senti ancora l’emozione e l’adrenalina che ti formicolano nel corpo, come se persino il tuo sangue fosse su di giri--».
«Si chiama ipertensione quella».
«Rui-chan, andiamo! Dimmi almeno se ti è piaciuto!», implorò la ragazza, mettendo il broncio anche se l’altra non potea vederlo.
«Buonanotte, Maiyumi».
«E  ̴  ̴ eh? Rui-chan! Ti ho sentita, stai per ridere! Lo so che stai sorridendo, ti conosco!», esclamò Maiyumi, tappandosi la bocca subito dopo e affrettandosi a riabbassare la voce. «Ti conosco, Rui Ichinose, quello è il tuo tono da “sono contenta ma non voglio parlarne troppo”!».
Stavolta una piccola, silenziosa risata le giunse all’orecchio, facendole allargare un grosso sorriso sul volto in risposta.
«Quindi, è andata bene  ̴».
«, molto bene, era questo che volevi sentirti dire? Ora possiamo andare a dormire, che sono quasi le tre di notte?».
«Dimmi solo una cosa! Pensi di uscirci di nuovo?».
Rui fece un lungo sospiro, prima di rispondere con voce più bassa di prima:
«Penso di sì… un’uscita non basta a conoscere una persona, no?».
«Hai perfettamente ragione. D’accordo, ‘notte ‘notte, tesoro!».
Rui non si preoccupò nemmeno di rispondere, si limitò a fare un piccolo verso e spense il cellulare. Sarebbe stata ben felice di lanciarsi sul suo letto e addormentarsi prima di subito, ma quando accese la luce della sua camera, per poco non strillò di terrore trovando il fratello ben sveglio e seduto sul suo letto, che la fissava con aria severa.
«Così tardi già al primo appuntamento? La cosa non mi piace per niente».
«Hayato, ti prego, voglio solo andare a dormire!».
 
   
 
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