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Autore: ValexLP    13/07/2017    2 recensioni
Regina Mills e Robin Locksley sono due affermati medici in uno degli ospedali più prestigiosi di New York. Una pediatra e l’altro neurochirurgo. Robin, affascinato dalla bellezza della collega cerca in tutti i modi di conquistarla, mentre Regina deve fare i conti con il suo passato che dopo anni sembra ripresentarsi. OUTLAWQUEEN MEDICAL AU
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Regina Mills, Robin Hood
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Perdonate l'attesa, 
ma questi giorni sono stati particolarmente stressanti.
Ma ecco qui il nuovo capitolo! 
Spero come sempre che vi piaccia e, attendo i vostri commenti! 
Buona Lettura! :) 







Qualche giorno dopo, Regina era davanti il suo amato specchio, in bagno, ed era intenta a sistemarsi i capelli e truccarsi. Prese il suo rossetto rosso preferito della Mac e iniziò a spargerselo sulle labbra. Poteva tralasciare qualunque cosa, ma non quel dettaglio. Specie per un incontro particolare.

“Mamma!” esclamò Henry con stupore vedendo la madre molto attenta alla preparazione.
“Oh tesoro, che ci fai lì impalato?” rispose lei mentre continuava con il trucco.
“Cosa ci fai tu così in tiro? Che c’è, hai forse ricevuto un invito galante?”
“Ma che vai dicendo Henry! … un semplice caffè tra colleghi…”
“Sì certo… e questo tubino nero così aderente come me lo spieghi?”
“Ma come? Non lo sai che amo vestirmi così ogni volta che esco?”
“Mamma!!!” insistette Henry perché sapeva bene quando la madre mentiva o nascondeva qualcosa, e questa era una di quelle, “ …andiamo come si chiama? Se è un semplice caffè con un collega, puoi dirmelo... non c’è niente di male no? O c’è altro che dovrei sapere?”
“Ma cosa vai insinuando Henry! Ma per carità… ti ci metti anche tu ora?” oltre i mille messaggi che Mary Margareth le stava inviando per sapere tutti i dettagli, non poteva sopportare anche il terzo grado del figlio.
“Dai mamma stai tranquilla, stavo solo scherzando! E’ solo che, sono felice di vederti quando fai qualcosa per te… lo sai che ti meriti tutta la felicità di questo mondo…”
Regina si fermò un istante durante la preparazione e non potè fare altro che avvicinarsi al figlio e dargli un bacio sulla fronte.
“Grazie tesoro…”
“… sai che non sono l’unico a pensare queste cose, anche qualcun altro vorrebbe la tua felicità e lo sai bene…”

Regina, senza neanche pensarci, allungò lo sguardo sulla quella cornice che ogni sera, prima di andare a dormire guardava e accarezzava. Dalla porta del bagno riusciva a vedere il comò della sua stanza e quella piccola foto sopra. Un velo di tristezza, ma anche di forza si presentò così sul suo viso.

“Già… lo so bene…” riuscì a dire solamente queste poche parole a causa dei suoi due occhi commossi. “E comunque, davvero… è solo un caffè tra colleghi Henry, niente di più…”
“Va bene va bene… non insisto più, finisciti di preparare… io vado a studiare!”
“Bravo il mio ometto studioso!” sfiorandoli la punta del naso con il proprio come amava fare quando era ancora piccolo.

Poco dopo suonarono al citofono. Andò Henry a rispondere poichè Regina stava finendo di sistemare la borsa.

“Henry chi è?” chiese Regina una volta terminato.
“Ehm… il tuo spasimante!” con un leggero sguardo divertito.
“Il mio che?! Ma la vogliamo smettere di prendere in giro???”
“Ah io stavolta non c’entro nulla… è lui che mi ha detto di dirti così... e ha anche aggiunto che se non ti muovi a scendere, i caffè da prendere si raddoppieranno!”

Lo sguardo di Regina era tutto un programma.
Ti prego dimmi che non l’ha fatto sul serio.

“Che cosa?!?! Dio mio… stavolta farà una brutta fine, me lo sento! Henry ora capisci perché non sarà mai un incontro galante? Comunque mi raccomando, per qualsiasi cosa chiamami. Tornerò presto stai tranquillo.”

Dopo aver salutato il figlio, con molta fretta di dirne quattro al suo ‘spasimante’, cambiò subito espressione e uscì di casa. Si ritrovò Robin appoggiato alla propria macchina, jeans scuri, camicia bianca, occhiali da sole neri e una giacca di pelle che si teneva con la mano dietro la spalla.

Però devo ammettere che il caro e vecchio dottore è un gran belvedere.

Ma con uno sguardo abbastanza infastidito e a passo veloce, si diresse verso l’uomo.

“Idiota, imbecille che non sei altro!!”
“Oh buon pomeriggio anche a te, milady!” disse facendo letteralmente finta di nulla e con aria divertita. Adorava vederla innervosirsi con così poco. La trovava ancora più bella.
“Ti prego finiscila di darmi nomignoli che neanche gli adolescenti alla loro prima cotta si danno!! E comunque, ma sei scemo o cosa nel presentarti con certi titoli da mio figlio?”
“Bè che ho detto di male? Non è la verità? Non sono il tuo spasimante forse?” domandò alzando le spalle. “Non ho mica detto che stiamo insieme…”
“Ci mancherebbe! Noi due non staremo mai insieme… stiamo solo andando a prenderci qualcosa in un bar… come due semplici colleghi!” ci teneva a sottolineare la situazione.

Mentre parlava però, notò lo sguardo di Robin su di lei. La riguardava dall’alto in basso.

“Che c’è? Perché ora mi guardi così?”
“Notavo solamente che … sei particolarmente sexy per andare in un bar e prendere qualcosa con un semplice collega, non trovi?” ripetè quella frase come per imitarla.

Regina si riguardò un momento, un po’ imbarazzata, ma capì l’intenzione dell’uomo.

“Quando hai finito di provocarmi, possiamo salire in macchina e muoverci per favore?”
“Mi piace vederti in difficoltà… se così posso dire, e comunque come desidera, milady…!”

Fu così che l’accompagnò davanti lo sportello della macchina, lo aprì e la fece accomodare, come un vero e proprio gentlemen.
 Non appena anche Robin entrò in macchina, Regina si ritrovò davanti a lei una rosa. Una rosa rossa per la precisione.

“E questa?” disse Regina abbastanza sorpresa del gesto.
“In giro la chiamano rosa sai?”
“Ma dai non mi dire… pensavo mi avessi portato il caffè direttamente in auto!”
“Sai certe volte credo tu non conosca molto bene la parola ironia…” ribattè Robin con aria confusa.
“E io credo che tu non conosca davvero una donna…” lo guardò negli occhi sorridendo “… semplicemente non mi aspettavo che fossi capace di certe piccole attenzioni! Mi hai sorpresa Locksley!”
…ed anche per la seconda volta accidenti!

Un sorriso dolce da parte dell’uomo prima di mettere in moto l’auto, era subito pronto per Regina.
Durante il breve percorso in macchina, Regina continuava ad ammirare e ad odorare la rosa. Era meravigliosa. Dentro di se ancora non realizzava cosa stava accadendo. Insomma in pochi giorni, probabilmente, stava cambiando idea su quell’uomo che guidava seduto affianco a lei. Forse dietro quel neurochirurgo sicuro di se, c’era davvero un uomo più dolce. Forse questa era davvero un’occasione per conoscerlo davvero.
Dopo qualche minuto di viaggio, parcheggiarono e fecero qualche passo a piedi, fino a quando arrivarono dritti dritti davanti allo Starbucks.

“Che ne dici? … ti va un caramel macchiato?” propose Robin prima di entrare.
“Si…  decisamente! Ma anche un muffin al cioccolato” aggiunse la donna.
“Ah... non ti facevo così golosa Mills!”
“Ci sono così tante cose che non sai di me… potresti rimanere stupito sai? Ma il cibo è uno dei piaceri più belli della vita alla quale non posso rinunciare…”
“Vedi? Questo è un punto sulla quale andremo sempre d’accordo…” e facendo l’occhiolino alla donna, si diressero dentro il locale.

Ordinarono e pagarono subito alla cassa per poi andarsi a sedere su uno dei tavolini presenti. Robin però non riusciva a tener lontano lo sguardo da Regina. Anche mentre mangiava, era per lui l’essere più bello mai visto fin ora. Quegli occhi stupendi color nocciola che l’attiravano sempre di più, quelle labbra così belle e rosse che le avrebbe già volute far sue, e quel vestito. Quel vestito così aderente che metteva in risalto tutte le curve della donna e che permetteva a Robin di studiare il suo fisico. Era chiaro che l’attrazione per lei era sempre più forte, ma proprio per questo voleva scoprire qualcosa di più su di lei, voleva conoscerla e voleva permettere a Regina di conoscerlo meglio. Soprattutto voleva capire il perché dietro quegli occhi meravigliosi, si nascondeva della profonda tristezza che solo ammirandola attentamente traspariva. Di una cosa probabilmente era sicuro: il motivo di quella tristezza era legato alla collanina che portava sempre addosso. Anche in quel momento.

“Bè non bevi il caramel? Cos’è, sei troppo emozionato per essere uscito con me?” interruppe Regina i pensieri di Robin.
“Direi troppo abbagliato da cotanta bellezza…” subito egli ne approfittò.
“Ma davvero…? Ma non ci credo proprio…con questo tuo modo di fare e questo caratterino chissà quante donne avrai conquistato…”
“Ah puoi non credermi se vuoi, ma guarda che nella mia vita ho avuto solo un amore davvero importante, per il resto io sono un uomo serio, che ti credi?!”
“E guarda caso è finita… cos’è hai fatto esasperare la tua ex forse?” provò ad indagare senza pensarci troppo.
“Chissà forse proprio perché era esausta di me che alla prima occasione mi tradì… lasciando me e mio figlio da soli…”
“Oddio scusami tanto non volevo… voglio dire, non potevo immaginare...”

Che figura di merda!

“Ma no tranquilla… è storia passata ormai, sono tre anni che io e il mio ometto siamo una grande squadra anche da soli…” e pensando al figlio subito comparve un sorrido sul suo viso.
“Quindi anche tu hai un figlio? E quanti anni ha?” Regina si incuriosì sempre di più.
“Si chiama Roland e ha 5 anni. Va ancora all’asilo ma è un ometto davvero intelligente… mi considera il suo supereroe preferito perché salvo la vita a tante persone… o almeno questo è quello che dice lui” disse Robin abbastanza emozionato mentre raccontava del figlio…e Regina lo notò bene.
“Ma che tesoro!! E comunque ti dovresti vedere mentre parli di lui… sai, ti si illuminano gli occhi! E vedere un uomo che si emoziona è una delle cose più tenere che si possa ammirare in giro…”

Ora mi sembra anche un gran tenerone.

“Lui è la ragione per cui sono sopravvissuto quel periodo… credimi, dopo il tradimento di Marian, la mia ex moglie, non credevo di farcela, ma lui mi ha donato così tanta forza! Lo vedevo sorridere e dicevo ‘come posso permettermi di stare male, quando ho una cosa così preziosa con me?’ Da qualche anno sono riuscito ad ottenere l’affido di mio figlio ed è lei che ogni tanto se lo viene a prendere… di lei, se non fosse che è la madre di mio figlio, non vorrei più saperne nulla. Ho lui. Ho il dono più grande che questa vita mi abbia fatto, non desidero altro.”
Regina ascoltava attentamente il racconto di Robin e se fino a poco fa era convinta di non avere nulla a che fare con quell’uomo, ora trovava molte cose in comune. Più di quanto immaginava.
“Mi dispiace per quello che è successo con la tua ex moglie… ma posso immaginare di come e quanto Roland possa essere stato fondamentale per te…”
“Davvero?”
“Più di quanto immagini…” esclamò Regina.

Ci fu un minuto di silenzio in cui Robin notò il cambio d’espressione nel viso della donna. Era tornata quella tristezza così misteriosa, ma profonda. Voleva sapere di più, ma aveva paura di una sua reazione, non voleva sembrare troppo pressante, magari avrebbe fatto lei il primo passo.

“… ti ricordi quando mi chiesi del padre di Henry?” all’improvviso Regina iniziò a parlare. Forse neanche lei si spiegava il motivo di questo passo, ma sentiva di farlo. O almeno in parte.
“L’altro giorno in ascensore, sì…”
“Anche lui qualche anno fa scappò via… e lasciò me ed Henry da soli… “ disse molto lentamente.
“Mi dispiace… davvero! E posso sapere il motivo?” chiese con molta delicatezza, capendo che la donna si stava aprendo un po’ di più.
“E’… è complicato!” respirò “…non riuscivamo più ad essere noi! Si era creato un muro che nessuno dei due è riuscito a rompere… o forse era solo troppo grande da superare per chiunque…” faceva molta difficoltà ad andare avanti e i respiri si facevano sempre più intensi. Robin intuì che c’era qualcosa ancora dietro quel racconto ma non chiese altro. Apprezzò molto di come lei si stava fidando di lui, ma non voleva andare oltre. Non voleva rovinare un pomeriggio che doveva essere una semplice chiacchierata per conoscersi meglio.
“Facciamo che per oggi basta così con il passato, d’accordo?” e mentre Robin parlò, posò la mano su quella di Regina proprio accanto alla sua. Cercando i suoi occhi, li trovò subito, con qualche lacrima trattenuta e un leggero sorriso di gratitudine.

Forse mi sbagliavo. Mi sbagliavo davvero su di lui. Anche lui ha una certa sensibilità e dolcezza, e non so, ma quegli occhi così azzurri iniziano a non essermi poi così indifferenti.

“Sai una cosa Mills? Con tutta onestà… credo che anche con un capello bianco mi faresti letteralmente impazzire…” disse l’uomo così tutto d’un fiato lasciando interdetta la donna che si stava godendo quel momento di calma apparente…forse.
“Ma che cosa..?!” Regina iniziò a toccarsi e guardarsi i capelli uno ad uno, praticamente sfasciandosi tutta la capigliatura. Solo dopo qualche minuto di panico, quando notò l’uomo che divertito se la rideva sotto i baffi, capì che era stato uno stupido scherzo.
“Sei un bastardo!” iniziò ad inveire contro di lui dandogli qualche leggera spinta sulla spalla, ‘..un brutto bastardo che si pentirà amaramente di questo stupido scherzo...”
“Ma smettilaaaa!! Volevo solo vederti un po’ scomposta… e devo dire che, mentre ti impanichi, sei ancora più bella…” mentre parlava non riusciva ad essere serio e continuava a ridere osservando l’espressione della donna mezza furiosa ma nello stesso tempo divertita.

Divertita appunto. Perché fu questione di qualche minuto che anche lei cominciò a ridere per la situazione che si era creata. E perché forse, mai nessuno, da qualche anno a questa parte era riuscito a farla incavolare e ridere nello stesso tempo.

Mi hai fregato. Mi hai fregato bene Robin Locksley. Sei un provocatore nato… o forse direi, un adorabile provocatore.
 


Erano passati due giorni da quel pomeriggio così particolare per Regina. Chi l’avrebbe mai detto? Era riuscita a sopportare l’uomo che fino a poco fa, non pensava minimamente come suo amico. Eppure, quel pomeriggio qualcosa cambiò dentro di lei.
Si trovava come sempre in ospedale, lungo i corridoi del reparto di oncologia pediatrica e dopo aver fatto le sue solite visite a tutti i suoi piccoli pazienti, arrivò dalla sua amata Grace. Vide da dietro il vetro della stanza che era intenta a giocare con dei peluche. Lentamente si avvicinò alla porta e la guardò sorridendo: sembrava una bimba così normale, così tranquilla, eppure dentro di lei stava combattendo la battaglia più difficile della sua vita.

“Come sta la bimba più dolce di questo ospedale?” cercò di catturare la sua attenzione.
“Regina!” esclamò la bimba, accennando un sorriso.
“Allora stiamo giocando con i peluche oggi eh?”
“Siiii… sono così belli… giochiamo insieme?”
“Tesoro vorrei tanto, ma oggi ho molte visite da fare e non vorrei che qualcuno ci rimproverasse troppo…”
“Chi il capo dell’ospedale?”
“Esattamente, il dottor Gold… ultimamente mi tiene sempre sott’occhio e non vorrei peggiorare la situazione, è capace di tutto!”
“Uffaaaa, ma io volevo solo stare più con te… giocavamo a fare mamma e figlia per un pochino e poi potevi tornare a lavoro…”.

Gli occhi della bambina si fecero tristi e Regina si sentì come qualcosa dentro di lei spezzarsi. Aveva davvero tanto da lavorare quel giorno, come sempre Gold l’aveva riempita di ore e non aveva quasi mai una piccola tregua o momento di caffè con qualcuno. Praticamente i momenti con Grace erano quelli più tranquilli…anche se forse quelli più dolorosi. Ogni volta che quella bimba le chiedeva qualcosa, Regina voleva accontentarla, ne sentiva il bisogno dal profondo del suo cuore. Ma giocare a ‘mamma e figlia’ era un momento davvero speciale per loro due. Non lo facevano spesso, ma quelle volte era un momento davvero magico.

“Sai una cosa Grace? Se il lupo cattivo viene qui a dirci qualcosa, noi saremo più forti di lui e lo annienteremo!!”
“Siiiiii allora rimani qui con me…” il viso della bimba tornò subito a sorridere e strinse forte forte Regina tra le sue braccia. Passare del tempo con la sua dottoressa preferita era una delle più grandi gioie in quel posto così triste.
“Solo una promessa… resterò per circa 20 minuti… poi tornerò a lavoro, ok?”
“Okaaaay!”

E così le due passarono quei 20 minuti a giocare e a fingersi mamma e figlia. Un legame così forte, ma che Regina sentiva così verosimile. Quella bimba per lei rappresentava molto in fondo. E vederla felice era il meglio che poteva chiedere.

“Signorina, direi che i 20 minuti sono passati e io sono anche in ritardo… per cui ora, non appena avrò finito di risistemarti sotto le coperte, tornerò a lavoro, chiaro?”
“Va bene mammina…” continuò a scherzare la piccola, “ prima però devo andare in bagno…”.

Così Grace si alzò dal letto e si diresse verso la porta del bagno che aveva di fronte il letto. Camminò lentamente e nel giro di pochi istanti accadde qualcosa. Qualcosa che fece sobbalzare Regina.
Un forte giramento di testa colse Grace e all’improvviso cadde a terra.

“Oh santo cielo …. Graceee!!” esclamò subito Regina che si precipitò su di lei e le auscultò il cuore. Era tutto nella norma, il battito più che regolare. Regina non voleva ammetterlo ma la verità veniva sempre più a galla ogni giorno che passava: il tumore invece di regredire, avanzava..e sembrava non esserci più alcun modo di fermarlo

“Grace ti prego no! Graceeee svegliati!!!”, continuò a dare qualche colpo sulle guance per vedere se si risvegliasse, ma nessun segnale di ripresa.
“Non puoi morire… non devi morireeee!!” e in lacrime teneva stretta stretta a se la piccola.

In quel momento Robin stava passando per il corridoio con l’intento di salutare la sua dolce collega e nuova “amica” ma quello che vide dai vetri che davano all’interno della stanza della bambina lo lasciarono senza parole.

“Regina che succede?” disse precipitandosi all’interno spalancando la porta e abbassandosi vicino a lei.
“Robin ti prego aiutami! Aiutami a salvarla ti prego lei non può morire, non può lasciarci, non posso lasciarla!” esclamò quasi urlando cercando di rianimare la bambina.
“Qual è la situazione?” domandò Robin cercando di capire meglio prendendo Grace tra le braccia e aiutando Regina a rimetterla sul letto.
“Tumore cerebrale di terzo stadio. E’ stata sottoposta a diversi cicli di chemioterapia, sembrava andasse meglio e invece..si è alzata per andare in bagno ed ha perso i sensi. I parametri sono stabili..Robin dobbiamo fare qualcosa per favore, non posso permettermi di perderla”
“Faremo tutto il possibile per aiutarla, fidati di me. Non permetteremo che una vita così giovane venga stroncata ok? Ora rilassati, entrare nel panico non serve a nulla. E’ una bimba forte, si riprenderà, fidati di me”.

Regina continuava ad accarezzare i capelli di Grace mentre questa era inerme sul letto. Sembrava che stesse dormendo da quanto appariva serena. Robin aveva ragione, avrebbero trovato una soluzione e sarebbero andati fino in fondo pur di permettere a quel piccolo angelo di tornare a giocare con i suoi simili. Questa volta quella battaglia l’avrebbe vinta. 


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