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Autore: Alexa_02    14/07/2017    1 recensioni
Julianne ha tutto ciò che potrebbe mai desiderare, quando guarda la sua vita non c’è una virgola che cambierebbe. È così sicura che ogni cosa andrà nel giusto ordine ed esattamente come se lo aspetta, che quando si sveglia e trova la lettera di addio di sua madre non riesce a capacitarsene.
Qualcosa tra i suoi genitori si è incrinato irrimediabilmente e April ha deciso di scompare dalla vita dei figli e del marito senza lasciare traccia o la benché minima spiegazione.
Abbandonata, sola e ferita Julianne si rifugia in sé stessa, perdendosi. Una spirale scura e pericolosa la inghiotte e niente è più lo stesso. Julianne non è più la stessa.
Quando sua madre si rifà viva, è per stravolgere di nuovo la sua vita e trascinare lei e suo fratello nell'Utah, ad Orem, dalla sua nuova famiglia.Abbandonata la sua casa, suo padre e la sua migliore amica, Julianne è costretta a condividere il tetto con cinque estranei, tra cui l'irriverente e affascinante Aaron. Tra i due, da subito, detona qualcosa di intenso e di forte, che non gli da scampo.
Può l’amore soverchiare ogni cosa?
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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La scuola superiore di Orem è la “Casa delle Tigri Dorate”.
O almeno così è scritto sulla facciata in mattoni rossi dell'edificio. Tutta la struttura è composta da finestre e facciate color argilla, circondate da un numero significativo di aiuole e alberi. Il parcheggio chilometrico si riempie velocemente di auto, man mano che ci avviciniamo all'ingresso a vetri della scuola. Cerco di non guardare nessuno negli occhi, mentre arranchiamo dietro al passo spedito di Aaron. Pur essendo solo le sette e trenta afferma che siamo in ritardo. Vorrei obbiettare, ma non voglio rischiare di fermarmi e attirare l'attenzione. Oltrepassata la porta d'ingresso, ci ritroviamo in un corridoio lunghissimo, con pareti bianche adornate da una fila interminabile di armadietti blu e oro. Le mie scarpe da ginnastica sguisciano sul linoleum lucido del pavimento. Saluti e risate riempiono l'aria, non riuscendo comunque a sovrastare il rimbombo del panico, che mi risuona nel petto. Andrew si stacca dal gruppo raggiungendo degli amici fermi davanti ad una finestra.
“L'ufficio del preside Richmond è di qua” afferma Aaron, guidandoci verso la rampa di scale blu che porta al piano superiore. Una volta saliti, raggiungiamo la presidenza seguendo le orme blu di tigre, che adornano il pavimento. Secondo Aaron è una trovata della vicepreside per facilitare l'orientamento. Per me è una gran cazzata e uno spreco di fondi scolastici. Ma che ne so io, infondo nella mia vecchia scuola il simbolo era un cavernicolo con un clava, perciò.

Aaron ci scarica davanti alla porta “Siamo arrivati. Se mi vedete in giro fate finta di non conoscermi”. Detto questo sparisce, infilandosi in un altro corridoio.
“Simpatico” borbotto.
Henry sospira “Andiamo”. Bussa con decisione sul legno e una voce forte ci ordina di entrare.
Il preside Richmond è esattamente come me lo aspettavo. È pelato, ha un leggero velo di barbetta rossiccia sul mento, indossa una polo verde che non valorizza la sua fisicità abbondante e ci sorride come se fossimo una benedizioni dal cielo.

“Henry e Julianne Roux!” sospira estasiato “Sono così felice di conoscervi finalmente”. Si alza, facendo traballare la pancia e si allunga per darci la mano. Henry ricambia il suo sorrisone e gli stringe la mano con entusiasmo “Anche per noi è un piacere”. Adoro che parli per entrambi, io non direi mai che sono felice di conoscere il cugino brutto di Babbo Natale. Dopo una veloce stretta di mano, ci fa accomodare sulle sedie in legno davanti alla scrivania. “ È da parecchio che non abbiamo nuovi studenti dell'ultimo anno, ma scommetto che vi ambienterete subito” ci porge due enormi buste di carta “Qui dentro ci sono i vostri orari, una mappa della scuola, il numero dell'armadietto e una copia del regolamento della scuola. Cercate di imparare al più presto le nostre norme di comportamento e ci troveremo alla grande”. Faccio scivolare il libro delle regole fuori dalla busta e una mattone con un'enorme tigre blu e oro mi atterra sulle ginocchia.
Il preside indica il testo con un cenno del capo “Lì dentro c'è tutto ciò che vi serve. Dagli orari alla canzone della scuola, che intoniamo durante le partite. C'è anche un elenco di tutte le attività pomeridiane tra cui potete scegliere, entro la fine della settimana dovete iscrivervi a due di esse. Una sportiva e una artistica”.
Le attività vanno dalla A di architettura 3D alla Z di zoologia. C'è addirittura un club che si occupa di apicoltura.
“Lei, signor Roux, è esonerato dalle attività fisiche a causa dei suoi problemi di respirazione, può scegliere due attività ricreative al posto di una. Mentre lei signorina Roux ha un appuntamento settimanale con la nostra consulente, la dottoressa Dawson. Quale giorno è a suo discrezione”. I suoi occhietti marroni si posano sul mio viso e in essi noto una nota di compassione, che mi innervosisce. Non ho mai detto di aver bisogno di una strizzacervelli, di questo particolare la mamma non aveva fatto parola.
“La prima campanella suona alle sette e quaranta, entro cinque minuti dovete essere in classe o rischiate una punizione. In aula i cellulari sono severamente vietati, se doveste essere colti in fragrante, il tipo di provvedimento è a discrezione del docente. L'armadietto che vi viene assegnato è di proprietà della scuola, ed essa si riserva il diritto di perquisirlo in ogni momento, perciò non conservateci nulla di illegale” ci fa l'occhiolino e ridacchia. Henry sorride educato, io no.
La campanella suona e dal corridoio si alza un fastidioso vociare di adolescenti “Bene, il resto delle regole è compito vostro memorizzarle, se avrete qualche dubbio potete chiedere a me. Ora vi porto a fare un giro della scuola e poi in classe”. Si alza facendo cigolare la poltrona di pelle nera, si infila la camicia bene nei pantaloni e si aggiusta il maglione. Spalanca la porta e ci fa segno di seguirlo.
Ci trascina ad ammirare ogni struttura che fa parte del complesso scolastico, dall'aula di chimica al campo da softball. Alla fine del giro turistico, ad Henry servono due spruzzate di inalatore per riprendere fiato. Il cugino di Babbo Natale ci molla davanti ai nostri armadietti, augurandoci buona giornata. Sono a qualche metro di distanza, ma sullo stesso corridoio e visto che il mondo mi prende per il culo, a me è capitato quello con la zampa di tigre d'orata sopra. Inserisco la password temporanea e apro l'antina. Secondo il mio orario alla prima ora del lunedì ho letteratura inglese, seguita da chimica, storia, algebra e conversazione francese. Afferro i libri per le prime tre ore e li butto nello zaino. Henry fa lo stesso e si avvicina “Ci vediamo a pranzo, mi raccomando non litigare con nessuno” mi da un bacio sulla testa e, orientandosi con la cartina, parte alla ricerca della sua aula. I nostri orari sono molto diversi, lui segue tutti i corsi avanzati.
Prendo la mappa e mi metto anche io alla ricerca della classe. Quando ci arrivo, la lezione è ormai a metà e sono costretta all'imbarazzante entrata difronte a tutti che ti fissano. Sbuffo e mi lamento per qualche minuto prima di raccogliere il coraggio e bussare. La voce del professore mi acconsente di entrare e così faccio. Venti paia di occhi mi si piantano addosso, non appena varco la soglia. Il professor Ellingford, o almeno così c'è scritto sul mio orario, mi fa cenno di avanzare. Forza, Julianne. Strascico i piedi sul pavimento fino alla sua cattedra e gli consegno il foglio informativo che dovrò dare ad ogni professore che conoscerò durante la settimana. Ellingford sembra un boscaiolo inglese. Ha una folta barba nera munita di baffi a manubrio, due brillanti occhi azzurri nascosti dietro un paio di occhiali da lettura e una giacca scamosciata con le toppe sui gomiti. Dopo aver letto il foglio, mi osserva e mi sorride incoraggiante “ Benvenuta alla Orem High, Julianne. Finita la lezione vorrei scambiare due parole, ma per ora vai a sederti nel posto libero accanto a Matthew”. Lo posiziono sul piedistallo del rispetto per avermi evitato il patetico rituale dell'introduzione personale alla classe. Annuisco e zigzago tra i banchi infilandomi in quello che mi è stato indicato. Quando mi accomodo, Matt mi sorride e mi fa l'occhiolino. Direi che per ora la giornata sta andando a gonfie vele.
Quando suona la campanella posso dire di essere sopravvissuta alla prima lezione della giornata senza danni.
“Come sta andando il primo giorno?” mi chiede Matt, mentre infilo i libri nello zaino.
“Per ora bene”.
“Come ti è sembrato il preside Richmond?”.
“Matt” strilla una vocina alle nostre spalle. Nicole e Giselle sono ferme sulla soglia ad osservarci. Non mi ero accorta che ci fossero anche loro a lezione, prima nota negativa.
“Andiamo amore, facciamo tardi alla prossima lezione” gli ricorda la sua ragazza.
“Un secondo” le assicura, per poi tornare a guardare me.
“Mi sembra un tipo a posto, magari un po' troppo allegro” rispondo.

“Per te sono tutti troppo allegri” ridacchia, facendo sbuffare Nicole “Qual è la prossima lezione?”.
“Chimica, con la professoressa Layosa. Dio, faccio schifo in chimica” mi lamento chiudendo lo zaino. Matt contrae la faccia in una strana espressione “La Layosa è all'antica e un po' pedante, ma non morde, tranquilla. Anche Lip segue quel corso”.
Meraviglioso, davvero. Sbuffo.
“Matthew” squittisce Nicole. Matt sospira molto silenziosamente, ma lo sento comunque.
“Devo andare. Ci vediamo a pranzo” mi assicura. No, non credo. Non mangerò mai con le troie che mi hanno lanciato in una piscina. Nicole si abbarbica al suo ragazzo non appena sono abbastanza vicini e Giselle mi fissa con così tanta intensità, che penso mi voglia fare un buco in testa.
“Julianne” mi convoca il professore. Mi avvicino alla cattedra, circospetta. “Sono felice di conoscerti. Da quello che mi ha scritto la tua ex professoressa di inglese, mi sembra di capire che ti piace la letteratura e che sei parecchio portata per la scrittura, anche i tuoi voti lo confermano”.
Scuoto la testa, arrossendo come un pomodoro “La signorina Scott esagera sempre”. Non faccio la modesta, ma non sono il tipo che riceve lusinghe. Non voglio creare aspettative che magari non posso soddisfare.
Lui continua “Non direi, mi ha mandato alcuni dei tuoi saggi e sono davvero impressionanti. Mi piacerebbe vederti lavorare per il giornalino della scuola” sorride e stranamente ricambio.
“Ci penserò” borbotto. Non so ancora cosa voglio scegliere come attività pomeridiana non sportiva.
“Ottimo, ci vediamo domani a lezione”.
“Arrivederci”. Mi fiondo in corridoio così velocemente, che quasi investo una matricola. Ci metto il doppio del tempo a trovare le aule quindi mi vedo sbrigare. Fortunatamente l'aula di chimica è una delle tappe del giro turistico di Richmond, quindi la trovo prima che suoni la campanella. Quando varco la soglia una lampante verità mi colpisce in faccia. Sono nell'aula di chimica degli idioti. Due cose me lo fanno capire: la prima è che il massimo che ho mai preso in chimica in tutta la mia vita è stato C; la seconda è la presenza di Lip e Savannah nella stanza. Lip si illumina come una abajur mentre Savannah mi inchioda al pavimento con lo sguardo, nello stesso identico modo di Giselle. Immagino mi incolpi per la rottura con Aaron. Non è un problema mio. Ignoro la pazza, anche quando passandole vicino mi fa lo sgambetto e proseguo verso un banco vuoto. Quest'anno niente guai, deve andare tutto liscio se voglio tornare a casa. Continua a fulminarmi e devo mordermi la lingua per non dirle che quell'espressione rugosa non le dona affatto. Tiro fuori il libro e mi preparo a perdermi dopo dieci minuti di lezione. Alzo lo sguardo quando una figura mi oscura il sole. Lip mi osserva furbo e sorridente seduto sullo sgabello di metallo accanto al mio.
“Cosa fai?” domando squadrandolo male.
“Sarò il tuo compagno di laboratorio per questo semestre, dolcezza” gongola.
“Oh no. Assolutamente no. La mia risposta è categorica” affermo. Provo a spingerlo giù dalla sedia ma è come spingere un bue muschiato.
“Non ti stavo chiedendo il permesso, bellezza. La Layosa mi venera e poi le piace che le coppie siano miste, quindi acconsentirà” Ammicca e sorride osservando le mie mani che gli toccano il petto nel tentativo di allontanarlo. Levo le mani di scatto e sbuffo. Magari la professoressa non acconsentirà, speriamo in un miracolo. Però, non appena entra il classe, le mie speranze si sgonfiano come un palloncino.
“Buongiorno” gracchia lanciando la valigetta sul tavolo. Assomiglia ad una strega degli horror, tutta spigoli e linee dure. Ha gli occhi verdi piccoli e veloci, incorniciati da un ventaglio di zampe di gallina. Indossa un tajer color melanzana che non la valorizza. Il caschetto biondo e rigido non aiuta a migliorare il tutto. “Roux!” invoca, facendomi sobbalzare. Mi alzo catturando il suo sguardo “Venga qui” ordina. Zampetto verso la cattedra e aspetto. Legge la mia scheda e poi mi squadra dalla testa ai piedi. Il suo sguardo arrabbiato si condensa sulla rodine sul braccio, sull'anellino al naso e sulla t-shirt con la scritta I HATE YOU. Arriccia le labbra sottili cariche di rossetto color pesca e sembra sul punto di sputarmi addosso. “Da quello che vedo dai suoi voti direi che abbiamo un altro caso pietoso da aggiungere alla collezione. Come ci si sente a fare così schifo?” domanda. La classe ridacchia, Savannah con il volume più alto di tutti. É una domanda retorica ma vorrei comunque risponderle. Apro la bocca per farlo ma mi pianta in faccia una mano smaltata “Non risponda, non mi interessa. Torni a sedersi e veda di imparare qualcosa”. Torno al mio banco mordendomi così forte la lingua che a fine giornata non sarà più attaccata al resto del corpo.

 

Lip aveva ragione. Questa frase è un crimine contro l'umanità, ma fa nulla. Comunque è vero, la Layosa lo venera. Scombina tutte le coppie tranne la nostra, richiama tutti (me tre volte) eccetto lui e ritira tutti i compiti estivi fatta eccezione per i suoi. Mi becco una ramanzina per non essermi messa in pari con lo studio e un commento sulla mia mancanza di intelligenza. A fine lezione mi sembra di aver combattuto contro un orso dalla stanchezza che provo. Dover trattenere le risposte piccate è davvero estenuante. Lip non ha aiutato con i suoi continui movimenti e le sue casuali strusciatine. Avrei dovuto infilargli un becher nel naso, ma avrei rischiato di far infuriare l'arpia in viola.
Mi trascino come uno zombie lungo i corridoi e mi rendo a malapena conto che tutti mi fissano. Non solo mi osservano, ma ridono anche. Ho forse la carta igienica sotto la scarpa? Impossibile, non sono andata in bagno. Magari ho una macchia da qualche parte. Mi infilo nell'aula di storia e cerco qualcosa che mi renda ridicola, ma non trovo niente. Vorrei tirare fuori il cellulare e chiamare Scar, ma non voglio rischiare che me lo ritirino. Appoggio la testa al tavolo e aspetto che la terra si spacchi e mi inghiotta.
“Sei già depressa il primo giorno?” ridacchia una vocetta fastidiosa. Se non alzo la testa scomparirà insieme al suo ego e alla scopa che ha parcheggiata nel culo. Giselle si avvicina perché vengo sommersa dal suo profumo sgradevole “Immagino che sarei anch'io a rischio suicidio se fossi in te”. Scoppia a ridere così forte che vorrei strapparle le corde vocali con i denti. Alzo la testa per insultarla o darle un pugno sui denti, ma mi blocco. È circondata da una leggera folla e tutti ridacchiano. Che problema hanno le persone?

“È sempre un piacere parlare con te, Fanali” gracchia allontanandosi. Cosa? Fanali?
Tyson entra nell'aula e senza esitazione si accomoda nella sedia accanto alla mia. Non credo che sarà di molta compagnia, ma almeno non starò sola. Senza emettere un fiato, mi fa scivolare difronte il cellulare. Lo schermo mostra la pagina di Facebook degli studenti della scuola in cui compare una mia foto. La foto in questione è della sera della festa, dopo che mi avevano tirato fuori dalla piscina. Essa mette in bella mostra la mancanza del reggiseno e mostra chiaramente i capezzoli. Sotto la foto c'è un'unica frase : Date il benvenuto alla nuova studentessa, Fanali.

Molto divertente. Davvero maturo, oltretutto. Gli restituisco il cellulare e mi lascio andare ad un rumoroso sospiro. Odio gli adolescenti. “Che razza di troia” borbotto. Tyson mi stringe l'avambraccio con solidarietà e gli sorrido. Non è assolutamente la cosa peggiore che mi sia mai capitata, posso sopravvivere a tutto.
 

La lezione di storia scorre tranquilla, se non si calcolano le occhiate e le risatine. Il professore Rise mi da il benvenuto davanti a tutta la classe ma non mi obbliga a presentarmi.

Quando attraverso il corridoio alcuni ragazzi fischiano e commentano, ma ignoro loro e l'imbarazzo. Prima dell'ora di algebra, mi fermo all'armadietto e recupero i libri che mi servono e lascio gli altri. Una massa di muscoli si lascia cadere contro l'armadietto accanto al mio “Ehi, Fanali” ridacchia. Non ho la più pallida idea di chi sia ma mi è troppo vicino e mi sta insultato, quindi presumo sia un'aspirante suicida. Quando lo guardo in faccia, tutto diventa chiaro. È l'idiota che mi ha buttata in piscina alla festa e ed è anche quello che ha fatto notare alla folle le mie tette, perciò il mio adorabile soprannome è colpa sua. Stringo l'anta di metallo immaginandomi che sia il suo collo.
“Sai, mi dispiace per la storia del tuffo in acqua, però alla fine abbiamo scoperto una tua qualità...notevole” mi fissa platealmente il seno. Respingo l'impulso di coprirmi o di dargli una ginocchiata. Ha il naso livido, quindi immagino che qualcuno lo abbia già sistemato.
“Immagino che tu non ci tenga alle palle”.
“E perché ?” domanda l'idiota.
“Perché mi stai servendo un ottimo pretesto per tranciartele di netto” ringhio, sbattendo l'anta.
“Oh, avanti, Fanali stiamo solo giocando un po', scommetto che sei una a cui piace divertirsi” allunga una mano verso di me, come per toccarmi, ma qualcuno gli afferra il polso con violenza.
“Mi sembrava di averti detto di imparare a tenere la bocca chiusa, Donovan” sibilla Aaron sovrastandolo. Gli strattona il braccio e lo allontana di qualche passo “Oppure hai bisogno che ti spacchi il naso anche dall'altra parte?”.

È stato lui ha dargli un pugno? Dalla faccia spaventata di Donovan immagino di sì. La cosa un po' mi piace, ma solo un po'.
“Vai al diavolo, Anderson” gracchia allontanandosi.

Aaron mi scruta alla ricerca di lividi o segni “Cosa ti ha fatto?”.
“Non mi ha fatto nulla, sto bene, non c'era bisogno che corressi in mio soccorso. Non sono una damigella in pericolo!” brontolo, incamminandomi verso l'aula.

Mi segue “Un grazie sarebbe carino”.

“Non ti ho chiesto di aiutarmi”.
Sbuffa “Sei sempre così indisponente, ti allontanato da uno squilibrato potresti anche esserne felice”. Si, è vero.
“Potevo cavarmela benissimo da sola”. Non esiste che rinunci alla mia testardaggine e all'orgoglio per ringraziarlo. Arriviamo all'aula di algebra e lui si ferma “Lasciamo perdere, è impossibile discutere con te” Brontola. Mentre se ne va gli guardo il sedere stretto nei jeans chiari e la schiena fasciata dalla giacca della squadra di lacrosse.
Grazie, Aaron.

 

 

Ad algebra mi siedo più in fondo che posso e fingo di essere altrove. Per il momento non c'è nessuno che conosco e con cui vivo, quindi è già qualcosa. Mi irrigidisco quando qualcuno mi si siede accanto. Sento un paio di occhi che mi fissano e non riesco a non guardare. Seduta nel banco vicino, c'è una ragazza dagli occhi enormi che mi spia attraverso la massa di capelli ricci e biondi. Ad ogni occhiata che mi lancia, le sue guance si tingono di una sfumatura più intensa di rosso. Il mio livello di sopportazione è davvero poco. “Cosa c'è?! Anche tu vuoi fare un commento sulle mie tette?!” grugnisco. Lei sobbalza e si stringe nel cardigan “N-no...i-io” tartaglia.
Okay, sono una persona antipatica, ma non credo che sia del tutto colpa mia.
“S-scusa” balbetta, nascondendosi dietro i capelli “N-non volevo disturbarti”. Ha la voce così bassa che a malapena la sento.
“Cosa vuoi da me, allora?” domando, questa volta con più calma. Ha gli occhi così blu da sembrare neri e la pelle così lattea da far vedere ogni singola vena. Si sporge leggermente in avanti “Tu sei Julianne Roux? La nuova studentessa?”. Annuisco e lei continua. “Sei una leggenda tra noi esclusi”. Scuoto la testa “Una leggenda?”
“Si, sai per tutti quelli che vengo giornalmente vessati da Giselle, tu sei una fonte di ispirazione. Ti ha disintegrata e sei comunque in piedi e te ne freghi”.

“Come sai che me ne frego?” domando, facendola arrossire.
“Dopo una foto del genere, io mi sarei nascosta in bagno o in infermeria per tutta la giornata, ma tu sei qui e affronti chi ti guarda storto”.
Questa ragazza mi piace, per qualche ragione mi ricorda Scar, solo in versione pallida e candida.
“Come ti chiami?” le chiedo.
“Dorothea, Dorothea Callister. Ma per gli amici sono Dottie” sorride impacciata.
“È un piacere conoscerti Dottie”.  

   
 
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