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Autore: Emy Potter    15/07/2017    1 recensioni
Hester Murray è una ragazza normalissima, non ha nulla di speciale e come tutti ha i propri difetti. La parte paterna della sua famiglia però proviene da Mystic Hill, un semplice paese poco conosciuto dove sono rimasti a vivere sua zia Flo e suo zio Elliot. Tornata dopo anni per venire a trovarli e rimanere una settimana, Hester finirà involontariamente in un universo parallelo dove esiste la magia. Non potendo tornare subito indietro, farà la conoscenza di colui che viene chiamato "Il prescelto", ovvero un ragazzino dalle grandi potenzialità magiche che è destinato a spodestare la malvagia regina del regno. Costretta a stare con lui perché l'unico che può trovare un altro portale, dovrà decidere se tornare a casa il prima possibile o se rimanere per aiutarlo malgrado non abbia alcun potere. Ma potrebbe mai sopravvivere in un luogo tanto pericoloso?
[Anche su Wattapad con lo stesso titolo]
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Era da tanto che non tornavo a Mystic Hill, saranno cinque anni. È il luogo da dove proviene la parte paterna della mia famiglia, solo mio padre è nato in città a quanto ne so io. Quasi tutto il resto dei miei parenti si trasferì quando i miei nonni spiegarono quanto bene si trovassero fuori dal paese, solo i miei zii rimasero.
Un tempo ci venivamo tutti gli anni e ammetto che mi divertivo molto. Non uscivo quasi mai di casa per fare un giro nelle vicinanze, mi bastava giocare con i miei fratelli nel giardino che faceva parte dell'abitazione. Era un edificio a due piani, le pareti tinte di un giallo pastello e il tetto dalle mattonelle rosse ormai sbiadite dal tempo. Tutto sembrava enorme per dei bambini che abitavano in un appartamento al tempo piuttosto piccolo di città; poi abbiamo comprato anche l'appartamento affianco e ci siamo allargati.
Correvamo spesso per il vialetto che attraversava la casa, giocando a prendere, a nascondino o a strega tocca colore, il gioco preferito di mia sorella quando era più piccola. Un altro mio passatempo era arrampicarmi sull'albero in giardino o sui pali che tenevano i fili per stendere, sporcandomi i vestiti e riempiendo puntualmente le mie gambe di grossi lividi, facendomi vagamente assomigliare ad un dalmata. I miei genitori mi dicono sempre che non ci si annoiava mai se io ero nei dintorni. Per quanto ricordo, Mystic Hill è sempre stata soleggiata e calma, viveva un piacevole silenzio interrotto solo dalle nostre risate e dagli uccelli che cinguettavano allegri.
Ora sono molto più tranquilla, con il tempo sono cambiata parecchio. Non credo però possa essere "etichettata" in qualche modo: non posso essere una bad girl perché non mi piace fare del male alle persone e se posso cerco di aiutare chi è in difficoltà, non sono nemmeno una secchiona perché non sono mai stata un granché nello studio, né una asociale perché mi piace stare con le persone, anche se ho bisogno dei miei spazi ogni tanto. Credo di essere una semplice ragazza a cui piace leggere, ascoltare musica alternativa e vedersi con gli amici più stretti. Come tutti so di avere i miei pregi e i miei difetti, così come so che certe cose so farle e molte altre (ma davvero tante) no, ma mi va più che bene. Sono felice di non essere perfetta.
"Hes, aiutaci con le valige per favore" mi chiamò mia madre, Anneka, mentre scendevo dall'auto. Hes è il mio soprannome, il nome completo è Hester.
"Arrivo subito" risposi aiutandola con i bagagli prendendo il mio zaino e la mia valigia. I miei fratelli, Lorelle e Matthew, fecero lo stesso con le loro, così come mio padre, Leroy.
Da lontano le facce contrariate dei miei zii mostravano quanto fossero in disaccordo con il mio look: canottiera nera aderente, pantaloncini di jeans a vita alta, camicia a quadri rossa con le maniche corte, sneakers bianche e tanti accessori (grandi orecchini a cerchio, un bracciale di quelli che compri dai venditori ambulanti e tre collane attorno al collo, una che raffigurava un acchiappasogni, un'altra l'albero della vita e un tattoo choker). Forse erano anche i miei capelli tinti di un rosso intenso che li turbavano, o altrimenti i miei occhi cerchiati dall'eyeliner e la matita nera. Probabilmente si aspettavano di vedermi vestita come una vera donna ora che per loro ero già da maritare. Sicuramente le mie spalle più larghe dei fianchi non aiutavano a rendere femminile la mia figura, questo per via degli anni di nuoto semi agonistici che avevo fatto nel periodo in cui il mio corpo era in piena fase di crescita.
Eppure le loro espressioni cambiarono totalmente quando ci avvicinammo. Non erano false, non ero come mi immaginavano, ma non mi vedevano da come minimo cinque anni quindi era ovvio che erano felici di riavermi lì.
"Hester!" esclamò mia zia Florinda, per noi Flo, abbracciandomi forte con un sorriso a trentadue denti. Era la sorella di mia nonna e ricordo che ogni volta che venivo a trovarla mi faceva trovare un nuovo giocattolo e tanti dolci, per questo non vedevo mai l'ora di tornare da lei con la mia famiglia. Inoltre è sempre stata particolarmente allegra e giocherellona con me, forse anche perché ero la prima bambina dell'intera famiglia al tempo.
Intanto i miei genitori salutarono mio zio, per poi fare cambio quando mi allontanai da Florinda. Lei era una donna di corporatura media, capelli castani a caschetto lisci e occhi dello stesso colore coperti da un paio di occhiali dalle lenti piuttosto spesse. Una cosa che ci accomuna sono le fossette, caratteristica che sembra abbiamo solo noi due nella famiglia. Lui invece aveva un po' di pancia, più alto di lei di poco, dai capelli e gli occhi neri con sopra di essi due spesse sopracciglia molto vicine tra loro, quasi unite. Era sempre molto simpatico, da piccola mi faceva tanti scherzi esilaranti che ancora ricordo con nostalgia.
"Ciao, zio Elliot" lo salutai abbracciando anche lui, stretta che ricambiò.
"Come sei cresciuta" disse sorridendo.
"Davvero tanto" confermò zia Flo.
"Ormai è diciottenne" si intromise mia madre mostrandosi fiera di me. Dopotutto, a parte il mio disordine, non aveva nulla di cui lamentarsi come genitore: i miei voti sono sempre stati nella media, solitamente sul sette, ho sempre cercato di essere responsabile, giudiziosa e con lei ho un buon rapporto anche se delle volte era un po' troppo severa.
"Sei mancata molto anche a Wyatt" continuò Elliot. A quel nome il mio cuore si strinse di colpo per poi prendere a battere ancora più forte per l'emozione. Wyatt era il coniglio bianco con cui giocavo quando ero bambina. L'ho visto nascere quando avevo nove anni e mi piaceva tanto passare il tempo con lui. Ricordo perfettamente come i suoi occhietti rossi mi guardavano, passando le giornate con me si è affezionato quasi subito. Mi seguiva ovunque, spesso lo portavo sulla spalla o nella taschina davanti della mia camicia per quanto era piccolo.
"Posso vederlo?" Chiesi entusiasta di poter riaccarezzare il suo pelo morbido.
Come risposta mi portarono sul retro dell'abitazione, dove tenevano la gabbia dei conigli, mentre i miei genitori entrarono per sistemare le nostre cose. Wyatt era lì, cresciuto, in mezzo ai suoi fratelli che mangiava una foglia di lattuga. La zia Flo aprì il cancelletto in modo che potesse andarlo a prendere, mentre lo zio Elliot controllava che nessuno uscisse. Senza fare fatica, Florinda prese Wyatt in braccio e me lo portò sorridendo.
"Ciao piccolo Wyatt" mormorai quando lo ebbi abbastanza vicino, per poi avvicinargli la mano in modo che potesse sentire il mio odore. Doveva avermi riconosciuta, perché quando lo presi in braccio era calmo, non scalciò per scappare via e anzi si fece più vicino al mio petto.
"Anche tu sei cresciuto molto, vedo" gli dissi ridacchiando e grattandogli le lunghe orecchie. Mio zio intanto richiuse la gabbia, segno che potevo tenerlo quanto volessi. Mi accompagnarono in casa, dove presero a chiacchierare con i miei genitori in cucina, mentre io mi diressi verso quella che un tempo era la mia cameretta.
Era esattamente come la ricordavo: le pareti dipinte di bianco, il letto da una piazza e mezza perfettamente rifatto con le lenzuola bianche immacolate e una coperta di lana verde muschio, di quelle che ti fanno prudere ogni volta che le metti addosso, presenti anche se fuori c'erano come minimo trenta gradi. L'armadio era a tre ante, fatto di legno chiaro, esattamente come i comodini, mentre sul tavolino all'angolo c'era una televisione a tubo catodico che non vedevo da parecchio tempo. I miei fratelli avevano stanze simili, cambiava solo il colore delle coperte.
Poso la mia valigia e il mio zaino, sedendomi poi sul letto insieme a Wyatt che prese a saltellare in tondo sul materasso. Ridacchiai e cominciai ad inseguirlo, giocando a prendere insieme a lui esattamente come facevamo quando avevo dieci anni. Dovetti accovacciarmi quando si infilò sotto il letto, alzando le coperte per guardare sotto.
"Esci di lì, Wyatt" gli ordinai ridendo, ma lui se ne stava là sotto, affianco ad uno scatolone che riconobbi subito.
"Non ci credo!" esclamai tirandolo fuori, lasciando il coniglio dov'era. Tanto la porta e le finestre erano chiuse, per cui non poteva comunque uscire dalla stanza.
Aprii lo scatolone ritrovandoci tutti i vecchi giocattoli che usavo quando venivo qui d'estate. Dovevo assolutamente farlo vedere ai miei fratelli. Lasciando sempre Wyatt in camera, uscii correndo e chiudendomi la porta alla spalle, raggiungendo in poco tempo le loro stanze.
"Matt, Lory, venite a vedere!" Li chiamai entusiasta di mostrargli la mia scoperta. Contagiati dal mio atteggiamento e curiosi di cosa stessi parlando, smisero di fare quello che stavano facendo e mi seguirono.
Quando si ritrovarono davanti i giocattoli ebbero reazioni totalmente diverse: mio fratello aprì la bocca per lo stupore per poi inginocchiarsi affianco allo scatolone, mentre mia sorella rimase piuttosto impassibile.
"Non te li ricordi?" le chiesi senza perdere il sorriso, "li usavamo quando venivamo qui!"
"Vagamente" rispose lei. Per quanto andassi più d'accordo con lei, i ricordi che avevo erano più condivisi con quelli di mio fratello. Dopotutto ci toglievamo solo tre anni, mentre con lei cinque.
"C'è ancora il mio He-Man!" Esclamò lui prendendolo in mano, "e la nave dei pirati!"
In quel momento, Wyatt saltò affianco a noi, facendo saltare Lorelle per lo spavento.
"Tranquilla, è Wyatt" le dissi prendendo il coniglio in braccio.
"Non ti ricordi nemmeno di Wyatt, Lorelle? Hai davvero una memoria di merda" la prese in giro Matthew, uno dei suoi passatempi preferiti.
"Stai zitto, cretino! Ero troppo piccola!" si difese mia sorella dandogli un pugno sulla schiena
"Woah, woah, woah!" la rimproverai, "niente mani addosso!"
"Ha cominciato lui!"
"Non hai comunque il diritto di picchiarlo" le risposi, "Matt, smettila di darle fastidio."
Ho sempre fatto da giudice tra i due senza fare preferenze, sono sempre stata più equa possibile: se uno dei due sbagliava lo dicevo senza problemi, spiegando accuratamente cosa avesse fatto di male e facendogli fare la pace. Ero una mediatrice, insomma.
Aiutai mio fratello a portare lo scatolone in camera sua tenendo Wyatt sulla spalla, mentre mia sorella tornò offesa nella sua stanza. Posammo il contenitore a terra e poi me ne andai, decidendo che era ora di andare a mangiare qualcosa al piano di sotto e chiacchierare un po' con gli zii, approfittandone anche per prendere qualche foglia di lattuga per Wyatt.

-O-

-Narratore esterno-

"Cal, dove mi stai portando?" il ragazzino a malapena riusciva a stargli dietro per quanto veloce fosse il giovane davanti a lui.
"Fidati, è qualcosa di parecchio interessante" gli disse tenendo la voce bassa in modo che nessuno potesse sentirli.
La sera prima aveva piovuto, per cui il più piccolo faceva ancora più fatica a camminare per via del fango che gli stava sporcando le scarpe. Guardando in basso fece una smorfia di disgusto, "sarà meglio per te che ne valga la pena, queste erano scarpe eleganti!"
"Mi stupisce che un moccioso come te sia sempre tanto perfettino" lo prese in giro Cal, "alla tua età ci sguazzavo nel fango."
"Ecco perché sei diventato un mago fallito" ribatté l'altro. Il giovane ignorò le tue parole, anche se lo avevano irritato. Sapeva però che si sarebbe rimangiato tutto quando avrebbe visto quello che aveva intenzione di mostrargli.
Arrivarono alla strada ghiaiosa che costeggiava il fiume, mozzafiato come al solito. Il ragazzino ne approfittò per il cambiamento del terreno per sbattere i piedi su di esso cercando di togliere più fango possibile, facendo intravedere il nero lucido che stava sotto di esso. I calzini bianchi ormai erano da lavare, ma provò ugualmente a pulirli utilizzando il fazzoletto di stoffa ricamato che portava sempre in tasca, ben piegato come al solito e perfettamente pulito. Sin da piccolo i suoi genitori gli avevano insegnato che se avesse voluto diventare un rispettabile gentiluomo avrebbe dovuto essere perfetto anche nelle più piccole cose, cose che però la società avrebbe sicuramente notato.
Camminarono in silenzio costeggiando il fiume, fino a raggiungere una grotta scavata nella roccia. Entrarono, il minore più confuso di prima, "mi vuoi dire dove mi stai portando?" domandò spazientito. Era stanco di aspettare, voleva una risposta. Solitamente era paziente, ma con Cal era impossibile, i suoi modi di fare lo irritavano.
Il giovane non rispose, continuò ad avanzare verso quella che sembrava una luce bluastra provenire da lontano.
"Che diavolo...?" mormorò stupefatto e leggermente intimorito il ragazzino, ma la curiosità lo costrinse a continuare.
Raggirando un grosso masso si ritrovarono davanti ad un arco di pietre che emetteva la luce che avevano intravisto in precedenza.
"Cos'è?" chiese il più piccolo, gli occhi fissi su quello strano fenomeno.
"Cathy mi ha parlato di un portale di origini sconosciute che è comparso da qualche giorno. Era intenta a fare una delle sue solite esplorazioni per liberare la mente e ha sentito una forte potenza magica provenire da qui" gli spiegò Cal soddisfatto di quello che aveva scoperto.
"Un portale per dove?" domandò il ragazzino voltandosi finalmente verso di lui.
"Non ne ho idea, ti abbiamo portato qui per sapere se eri in grado di chiuderlo" rispose Cal, "per me sarebbe davvero divertente se qualcosa uscisse da lì o attraversarlo, ma Cathy dice che sarebbe un guaio se ci fosse un contatto tra noi e quello che c'è dall'altra parte."
"Quindi non potevi parlarmene perché temevi che qualche spia della regina potesse sentirci" affermò l'altro, "ma non ho qui il libro degli incantesimi e dovrei consultarlo per trovare qualcosa che possa essermi utile. Inoltre sono ancora inesperto, non poteva chiuderlo Cathy?"
"Dice che ci ha provato, ma i suoi poteri non erano in grado di chiudere un portale del genere. Ha detto di avere un'idea su dove potesse condurre, ma doveva avere delle conferme: è due giorni che passe il tempo in biblioteca" continuò Cal, "solitamente lo porti sempre quel tuo maledetto libro, quindi sono andato tranquillo."
"Mi hai messo fretta quando sei venuto, per cui ho preso la tracolla senza pensare a cosa ci fosse dentro! Mi sono accorto più tardi che era troppo leggera per contenere il libro. Ho controllato e infatti avevo ragione, ma non credevo fosse importante!" rispose lui battendo un piede a terra offeso.
Cal sospirò sconfitto pensando a cosa potesse fare ora, "vorrà dire che torneremo a casa tua, lo prenderemo e torneremo qui."
L'altro sbuffò contrariato, ma sapeva che non potavano fare altrimenti. Non era una cosa insolita il fatto che si aprisse un portale nel loro mondo, anzi era piuttosto normale data la quantità di magia presente, era quindi compito dei possessori di poteri di richiuderli per il bene dell'universo. Eppure era la prima volta che il più piccolo ne vedeva uno, d'altronde aveva cominciato a lavorare con Cal e Cathy da poco. Uscirono dalla grotta, pronti a dirigersi verso casa. Non si accorsero che proprio in quel momento, la luce del portale prese a farsi pericolosamente più intensa.

Nota autrice: Ammetto che non sono una grande fan delle storie scritte con il narratore interno, ma mi è venuto naturale scriverlo in questo modo. È la prima volta che uso questo stile, quindi siate pazienti se non ne ho tanta dimestichezza. Spero ad ogni modo che vi piaccia, fatemelo sapere con una recensione (accetto anche le critiche, purché siano costruttive e non semplici insulti), in modo che sia incoraggiata a continuare.
Alla prossima!
Kisses, Emy.

   
 
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