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Autore: Recchan8    16/07/2017    0 recensioni
Questa è la storia di un primo amore adolescenziale, di un'estate trascorsa tra amicizie e incomprensioni.
Questa è la storia di Fabiola, Silvia, Flavia, Tiberio e Virgilio: cinque ragazzi, un unico filo conduttore.
Questa è la storia dell'Estate dell'Imperatore.
Genere: Commedia, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
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Curva a destra, sinistra, sinistra, di nuovo destra.
E' così la strada per Serò di Zignago. Una curva dietro l'altra sui colli liguri; non si ha nemmeno il tempo di respirare che ecco che ne spunta subito un'altra. La strada, che pensai più volte avesse più curve di un curvilinee, è molto stretta ed è costeggiata dal bosco. Guai ad andare fuori strada: rotolereste di sotto per circa cinquecento metri e verreste poi trasportati a valle da uno dei tanti torrenti che scorrono alle pendici del colle.
Ogni volta che mio padre proclamava a gran voce "Andiamo a Serò" era un trauma: mio fratello si buttava a terra in preda alla disperazione, mia madre si copriva la faccia con le mani sussurrando "No, no, no..." e io aggiungevo depressione alla disperazione di mio fratello. A nessuno piaceva l'idea di dover trascorrere dei giorni in quel paese isolato sui colli liguri.
Purtroppo, quella volta fui da sola a dover affrontare Serò di Zignago.
Andò così: conclusi l'anno scolastico abbastanza bene, convinta di passare senza problemi come l'anno precedente; eppure, quando andai a vedere i cartelloni appesi fuori dalla scuola, mi ritrovai un bellissimo “Giudizio sospeso".
Fantastico”, avevo pensato lì per lì, maledicendo il consiglio di classe.
Venni poi a sapere che mi avevano rimandata a latino con 5.7.
Lascio immaginare la situazione a casa: io ero arrabbiatissima per il torto subito (perché 5.7 si arrotonda per eccesso, si deve arrotondare per eccesso), mentre i miei genitori erano altrettanto arrabbiati con me. Fatto sta che l'idea di spedirmi per due settimane a Serò saltò in mente a mio padre.
-”Sai che si fa?”- aveva detto una sera a cena. -”Te ne vai per due settimane a Serò dai nonni”-.
Io lo avevo guardato con gli occhi spalancati, sperando che stesse scherzando.
-”Niente televisione e niente computer; vedrai come studi latino! Non avrai nient'altro da fare!"- aveva continuato convinto delle sue parole.
E così fu.

 

 

 

Dopo una quarantina di minuti la macchina si fermò nel parcheggio all'ingresso del paese. Mio padre spense il motore, mi lanciò una rapida occhiata, aprì la portiera e uscì.
-"Siamo ancora in tempo per tornare indietro! Salta su, prima che sia troppo tardi!"- esclamai ancora seduta dentro la macchina. Non mi ero nemmeno levata la cintura di sicurezza.
-"Non se ne parla”- mi freddò. -”E' la tua punizione. Così impari a non studiare durante l'anno"- rispose, e aprì il bagagliaio per prendere la mia valigia.
Sbuffai e alzai gli occhi al cielo.
-”Andiamo, papà! Non mi dire che sei d'accordo col consiglio di classe! Non si può rimandare a settembre una persona con una sola, una sola materia! Con più di cinque e mezzo, per di più!”- mi lamentai.
-”Non ti sento!”- esclamò mio padre scuotendo la testa.
Mi tolsi la cintura di sicurezza, aprii la portiera dell'auto e la chiusi con un tonfo sonoro, sperando di aver arrecato un qualunque tipo di danno alla vettura. Odiavo quando mio padre faceva così.
-"Ma ora, sii sincero”- insistei raggiungendolo. -”Quanto conviene mandarmi in un paesino sperduto di cento abitanti..."-
-"D'estate ce ne sono anche centocinquanta"- ribatté subito.
-"Differenzia sostanziale!”- esclamai ironica. -”Che senso ha mandarmi qui per studiare latino? Mi sono dovuta portare dietro quel dannatissimo vocabolario, la nonna e il nonno non sanno nemmeno le declinazioni e non penso proprio che qui si parli il latino quotidianamente! Ave, puella! Ave Marcus!"- quasi gridai.
-"Prendi la valigia e vai”- tagliò corto. -”Ci vediamo tra due settimane"- mi disse poi porgendomi il manico del trolley. Lo afferrai, lanciando a mio padre un'occhiata fulminante.
-"Certo, sempre che nel frattempo io non muoia dalla noia. Completamente isolata dal resto del mondo!"-.
Senza nemmeno salutare il mio simpatico genitore, mi incamminai verso la strada principale del paese, trascinandomi dietro il trolley rosso e continuando a vaneggiare e a lanciare accidenti a destra e a manca.
-"Non si muore di noia, Fabiola!"- replicò dopo un po' mio padre a voce più alta per farsi sentire.
-"Ah no? Hic sunt leones importuni!"- gridai.
-"Hai sbagliato aggettivo!"- rispose, e se ne andò, abbandonandomi ai leoni noiosi.
Mi fermai in mezzo allo spiazzo all'ingresso del paese e rimasi lì piantata finché non vidi sparire dietro una curva l'ultima mia speranza di salvezza. Sospirai e guardai il cielo, come in cerca di un supporto morale da parte di qualcuno o qualcosa. Era una bella giornata, il sole delle quattro illuminava il tutto e ogni tanto qualche nuvola assonnata gli passava davanti, proiettando delle ombre sul terreno sottostante. Non sapendo che altro fare, sospirai di nuovo di rassegnazione, e finalmente mi diressi verso il paese strascicando i piedi; il solo pensiero di passare due settimane della mia estate a Serò chiusa in casa a studiare latino non mi entusiasmava per niente.
Serò di Zignago è un borgo medievale. Consiste in una strada principale che passa attraverso la piazza della chiesa di San Martino; da questa via si diramano tutte le altre stradine, strette e contorte, in salita e in discesa (sfido chiunque ad attraversare il paese in moto). In poche parole, il cuore di Serò è rappresentato dalla piazza della chiesa. Più o meno a sud-est del paese si possono vedere l'interno della Val di Vara e il mar Ligure, mentre a sud-ovest è situato un boschetto con una serie di sentieri che portano a vari campi coltivati. Dal parcheggio fuori da Serò si può costeggiare il paese e raggiungere il cimitero, oppure, semplicemente, proseguire con il cammino verso nuove mete.
Camminavo con un tasso di felicità pari allo zero percento. Ce n'era di gente fuori per le strade, ma la maggior parte erano anziani seduti sulle panchine e bambini che giocavano a rincorrersi o a prendere per la coda dei poveri gatti.
Quindi, ricapitolando, popolazione estiva di Serò: anziani, bambini e genitori dei bambini.
Mentre procedevo per la via principale mi guardavo intorno nella vana speranza di scorgere qualche ragazzo della mia età.
Tempo perso”, pensai sconsolata.
Dopo qualche minuto raggiunsi la viuzza in salita lungo la quale è situata la casa dei miei nonni. Aprii il cancello, salii una decina di scalini e andai a bussare alla casa di sinistra (tramite lo stesso cancello si accede a due case: una a destra, con un ampio spazio esterno che dà sull'angolo della via, e una a sinistra, con un tavolo fuori in veranda e un orto, ovvero quella dei miei nonni). Appena mi sentì salire gli scalini, mia nonna si precipitò in veranda, tutta contenta nel vedermi arrivata "fin lì sana e salva".
-"Nonna, ero in macchina con papà”- protestai, tentando di liberarmi dal suo abbraccio. -”E poi i gatti non mi mangiano mica!”-.
-"I gatti no, ma quei brutti biscioni sì"- rispose facendomi entrare.
Già: ogni tanto capita di trovare qualche serpente per il paese, ma non è niente di che, sono semplicemente allegri serpentelli campagnoli.
-"Vieni, ti metto la valigia in camera. Oh Signore, ma cosa c'è qui dentro?!"- esclamò provando ad alzare il trolley.
-"Il vocabolario di latino”- bofonchiai. -”Aspetta, te lo levo"-.
-"Lascia stare, ci pensiamo dopo”- mi fermò con un gesto sbrigativo della mano. -”Ah, Fabiola, ma guarda come sei cresciuta! Sempre più alta, sempre più bella...!"-. E diamo il via al solito discorso che ogni nonna fa vedendo la propria nipote adolescente! Il seguito è facilmente indovinabile. Annuendo e sorridendo più volte, con vari giri di parole riuscii ad assecondarla e a farle cambiare argomento; impresa non facile, data la parlantina di mia nonna, ma non impossibile.
-"Senti, nonna”- dissi dopo essere riuscita a interromperla. -”Posso lasciare la valigia qui e andare a fare un giro? Devo ancora riprendermi dalle curve del viaggio e dal... Be', lo sai, no? Il latino, la televisione, il computer, i genitori che ti abbandonano, il mare, gli amici che qui non ci sono... Insomma, vorrei fare un giro; tra un'oretta sarò di ritorno”-. Mi zittii, pensosa. -”Anche meno di un'ora, tanto qui non c'è nessuno"- mi corressi stringendomi nelle spalle.
-"Certo, vai pure!"- acconsentì nascondendo un sorrisetto.
Le lanciai un'occhiata interrogativa, ma lei si girò immediatamente e tornò in cucina a finire di asciugare i piatti.
Qui gatta ci cova”, pensai scendendo gli scalini. “Poco importa, facciamo questo giro, deprimiamoci ancora di più e torniamo a casa per il tè delle cinque”.
Nella parte alta del paese ci sono una pista da ballo e un piccolo palco coperto, entrambi usati per le feste serali estive; alle loro spalle si trova il boschetto già precedentemente citato. Spesso, da bambina, quando non avevo niente da fare, andavo a leggere un libro seduta in mezzo alla pista all'ombra dei castagni. Anche quella volta, non sapendo come trascorrere il tempo, ritenendo inutile e autodistruttivo passeggiare per le vie del paese, decisi di andare a trovare i miei cari castagni della mia adorata pista da ballo. Percorsi la stradina in salita con molta calma, godendomi il venticello che ogni tanto si degnava di rinfrescare un po' l'aria in quella afosa giornata di luglio. Quando scorsi i castagni, sorrisi e affrettai il passo. In meno di un minuto ero già seduta in mezzo alla pista da ballo con un sorrisetto compiaciuto stampato sulle labbra. Le cicale stridevano come non mai e, chiudendo gli occhi e concentrandomi, potevo persino udire i campanacci del bestiame in lontananza.
Quel dannato ragazzo mi si avvicinò di soppiatto; me lo ritrovai improvvisamente alle spalle. Con le mani infilate nelle tasche dei jeans lunghi stretti, i capelli corvini mossi appena dal vento e una leggera curva sulla bocca, disse che era la prima volta che sorprendeva qualcuno seduto lì in mezzo senza far niente. Non sapendo come rispondergli, mi alzai, presentandomi. Lui mi squadrò; mi ritrovai addosso due occhi gialli da far paura. Quel dannato ragazzo mi ignorò e se ne andò giù per la stradina che passa sotto un arco, tirando calci a un sassolino bianco che contrastava col nero delle sue scarpe.

 

 

-"Non sai quanto mi faccia piacere rivederti! Quanto tempo è passato dall'ultima volta? Cinque anni? Possibile?"-.
-"Certo che il tempo passa velocemente, eh?"-.
-"E' passato così tanto tempo che mi ero dimenticata di te!"-.
-"Ehi, che simpatica!"-.
Rigirai il tè cercando di non scoppiare a ridere in faccia alla ragazza con cui stavo parlando. Di fronte a me, al tavolo posto nella veranda della casa dei miei nonni, sedeva Silvia. Lei rappresenta il mio unico contatto a Serò. Tutte le poche estati che ho trascorso lì le ho passate in sua compagnia. Non abbiamo mai litigato o discusso, il suo carattere non glielo consente; è troppo buona. Non pensavo di trovarla a Serò quell'estate, perciò rimasi molto e piacevolmente sorpresa della sua presenza.
Si passò una mano tra i capelli lisci castani e si appoggiò allo schienale della sedia di paglia. Erano più o meno le cinque e mezza del pomeriggio, e il venticello era improvvisamente calato, lasciando che il caldo riempisse l'aria.
-"Ecco... Come lo spieghi il tè caldo d'estate?"- mi chiese divertita.
-"E' un'abitudine che ho preso l'inverno scorso"- le spiegai. -”Non sono riuscita a levarmela”-.
Appoggiò i gomiti sul tavolo e si resse la testa con la mano sinistra. Scosse il capo, sorridendo. La osservai, bevendo alcuni sorsi di tè alla pesca e bruciandomi la lingua.
-"Dimmi un po' ”- esordii a un tratto. -”Tu cosa fai d'estate? Cioè, cosa hai fatto durante le estati in cui non sono venuta a Serò?"- domandai ricominciando a girare il tè.
-"Oh be' "- tornò ad appoggiarsi allo schienale. -"Spesso ho passato i pomeriggi a studiare o a uscire coi miei amici..."-.
Smisi di colpo di torturare il tè e la guardai sconvolta. Lei mi lanciò un'occhiata interrogativa, alzando un sopracciglio.
-"Hai detto amici? Mi stai dicendo che qui, oltre a noi, c'è qualcun altro? Non ci posso credere!"- esclamai.
-"Ti sembra tanto assurdo?"- chiese ridendo.
-"Sì!"- risposi come se fosse una cosa scontata.
Stavo per impazzire dalla gioia quando, per qualche assurdo motivo, mi tornò in mente il ragazzo moro che mi aveva sorpresa alla pista da ballo. Il ricordo del suo atteggiamento singolare mi fece zittire subito.
-"Fabiola, che succede? Hai perso di colpo il tuo entusiasmo?"- mi chiese Silvia.
-"No, per niente, è solo che... Ora che ci penso, prima..."- iniziai, mangiandomi le parole.
-"Fabi, qualunque sia il problema puoi parlarmene liberamente"- mi venne in aiuto Silvia. -"Anche perché né tua nonna né mia nonna sono qui al momento" aggiunse guardandosi furtivamente intorno.
Già, dimenticavo: la casa accanto a quella dei miei nonni è quella dei nonni di Silvia. Per questo io e lei ci conoscevamo da un po' di anni.
Mi mossi a disagio sulla sedia e mi morsi il labbro inferiore. Mi sembrava assurdo preoccuparmi così tanto per una scemenza del genere.
-"Tranquilla, non è niente di che. E' solo che prima ho incontrato un tipo..."- iniziai lentamente.
-"Racconta"- mi sorrise Silvia facendosi attenta.
Finii rapidamente il tè e iniziai a raccontarle di come un'ora prima avevo deciso di trascorrere del tempo alla pista dei castagni. Quando arrivai a descrivere l'apparizione del ragazzo, alzò una mano.
-"Ferma"- disse.
-"Che c'è?"- domandai perplessa.
-"Capelli neri e occhi dorati?"- mi disse puntandomi un dito contro.
-"Esatto!"- esclamai sorpresa.
Per l'ennesima volta si abbandonò sullo schienale della sedia, incrociando le braccia al petto e scuotendo lievemente la testa.
-"Non cambierà mai"- disse quasi tra sé e sé. -"Si chiama Tiberio, è un mio amico. Anche i suoi nonni abitano qui a Serò e ogni estate viene a trascorrere qualche mese in loro compagnia. E' un bel ragazzo, non lo si può negare, ma ha un carattere molto... singolare"-.
Appoggiai i gomiti sul tavolo, interessata.
-"Sì, l'ho notato"- confermai. -"Quando mi sono presentata mi ha ignorata e se n'è andato"-.
-"Tipico di lui"- sospirò Silvia. -"Per quanti sforzi tu faccia, sappi che non sarai mai in grado di capire a che cosa stia pensando. E' un ragazzo imprevedibile, vive nel suo mondo ed è a tratti infantili; ma sai, chi non è rimasto un po' bambino?"- disse sorridendo debolmente.
-"Insomma, è un bel tipetto"- conclusi.
-"E non è finita!"- esclamò Silvia puntandomi nuovamente l'indice contro. -"Detesta che le ragazze si interessano a lui"-.
Rimasi per qualche secondo in silenzio a riflettere su quell'affermazione. Com'è possibile? Non potevo credere che potesse esistere una persona che provava certi sentimenti in risposta ad altri.
Senza proferire parola mi alzai e andai a portare la tazza in cucina.
-"Sconvolgente, eh?"- mi chiese Silvia da fuori.
-"Più che sconvolgente è assurdo"- ribattei. -"Vieni dentro, non mi piace dover alzare la voce per farmi sentire"- aggiunsi.
Silvia mi seguì dentro casa e si appoggiò al bancone di marmo della cucina.
-"Per il resto è simpatico. Ti ho solo elencato i suoi aspetti negativi..."-.
-"Da come me l'hai descritto sembra un mostro!"- esclamai iniziando a lavare la tazza.
-"Effettivamente..."- scoppiò a ridere. -"E' solo che io non mi sono mai abituata a lui. Ogni cosa che fa... Be', per me è strana e illogica"-.
Prese dal lavabo il mio cucchiaino, lo sciacquò distrattamente e rimase ferma a osservarlo. Lo asciugò e, con le labbra inarcate in uno strano sorriso, mi disse di non preoccuparmi, di dimenticarmi tutto quello che aveva detto su Tiberio e che l'indomani mi avrebbe fatto conoscere i suoi amici.
Nella mezz'ora che seguì giocammo a carte, raccontandoci cosa ci era successo in quei cinque anni in cui non ci eravamo viste; mi insegnò anche a giocare a Machiavelli, gioco che purtroppo ho completamente rimosso dalla mente. Successivamente la ringraziai per il tempo trascorso insieme, e lei se ne andò sfoggiando uno dei suoi sorrisi migliori.
-"Già che ci siamo domani ti presento anche Tiberio!"- mi disse scendendo le scale.
-"Non vedo l'ora di conoscere un autentico misantropo!"- risposi ridendo.
In realtà era vero: l'idea di conoscere un po' meglio Tiberio mi intrigava, principalmente perché non riuscivo a credere ad alcune cose che mi aveva detto Silvia senza avere almeno una prova, ad esempio il fatto che avesse odiato tutte le ragazze che si erano innamorate di lui.
"Ma per piacere, adesso non esageriamo!" pensai scettica.
Non che stessi dando della bugiarda a Silvia, ma facevo fatica a digerire un'informazione così. Altro che ragazzo strano!
Pensa e ripensa, si erano fatte le sei e mezza. Mia nonna era ritornata dalla sua lunga chiacchierata in paese e mio nonno si era piazzato davanti alla televisione cercando di vedere decentemente un programma a me sconosciuto. Sì, prima avevo detto che la televisione non c'era... Be', praticamente è come se non ci fosse; lascio indovinare il motivo.
Una forza misteriosa mi spinse a tradurre una versione di latino, e verso le otto cenammo: salsicce e purè.
-"A luglio? Ma non saranno un po' pesanti?"-.
-"Macché, d'estate si digerisce tutto! E poi devi ancora crescere. Avanti, mangia!"- disse mia nonna aggiungendo una mestolata di purè alla quantità già abnorme nel mio piatto.
Rimasi sbalordita da quella morbida montagna gialla. Pensai che se fossi stata una formica avrei potuto organizzare uno slalom gigante su di essa. Guardai mio nonno nella speranza di ricevere aiuto, ma lui si limitò ad abbassare lo sguardo e a ridere sotto i baffi.
-"E allora mangerò"- dissi alzando gli occhi al cielo.
-"Ovvio che mangerai! Vedrai, tra due settimane avrai preso minimo quindici chili!"- disse il nonno.
-"Cosa che non le farebbe male"- aggiunse mia nonna squadrandomi da capo a piedi.
Non ero abituata a mangiare così tanto, però mi sforzai e riuscii a finire tutto quello che avevo nel piatto. Dopo la frutta (sì, anche la frutta) mi alzai e iniziai a sparecchiare.
-"Ricordatevi di questo giorno come il giorno in cui avete visto Fabiola mangiare una quantità industriale di salsicce e purè..."- dissi.
-"...Perché non si ripeterà più!"- concluse mio nonno.
-"Attilio, piantala! Questa ragazza dovrà pur mangiare qualcosa!"- lo riprese la nonna.
-"Certo, non lo metto in dubbio, ma non stare a preparare troppo cibo che quella sagometta laggiù non lo mangerà mai tutto!"- rispose ridendo.
Misi le stoviglie nel lavandino, le sciacquai rapidamente e le lasciai lì. Mi asciugai le mani a uno strofinaccio.
-"La sagometta può uscire stasera?"- domandai sorridendo.
-"Ma certo, cara"- disse mia nonna. -"Latino quando lo fai?"-.
-"Nonna, secondo te mi metto a tradurre dopo cena?"- dissi alzando un sopracciglio.
Ottenuto il permesso, andai a cambiarmi e uscii di casa. Avevo intenzione di andare a trovare Silvia, ma se lei non mi aveva detto niente... Meglio lasciar stare, magari aveva qualche impegno. Così l'unica cosa che mi era rimasta da fare era gironzolare per il paese. C'era un po' di gente per le strade. Io, coi miei pantaloni a pinocchietto blu e i sandali a schiava romana, passeggiavo con le mani in tasca, sbirciando dentro alle finestre illuminate e dando ogni tanto un'occhiata al cielo; mi è sempre piaciuto il cielo da quelle parti, fin da quando ero bambina.
Senza rendermene conto arrivai alla pista da ballo dove avevo incontrato Tiberio. Quella sera era vuota. Le luci intorno ad essa facevano risaltare il pavimento bianco rispetto al terreno intorno, e il palco appariva in penombra. Attraversai la pista, arrivando fino alla fine, e poi salii sul palco coperto. Mi sedetti facendo penzolare le gambe giù dal bordo. Ogni tanto si sentiva il rumore provocato dalla gente nella piazza principale, anche se distante.
"Bene, e ora che sono qui che faccio?" mi chiesi.
Non feci niente. Dopo neanche cinque minuti mi stufai e tornai a casa.
-"Sei già qui? E Silvia?"- mi chiese mia nonna sorpresa.
-"Era occupata, aveva gente a cena"- mentii dirigendomi in camera mia.
-"Capisco... Ti ho messo la valigia in camera, però non ho avuto tempo per sfarla"-.
-"Non ti preoccupare, ci penso io"-.
Camera. Certo, come no. Era una stanza quadrata piccolissima, con uno di quei letti vecchissimi a due piazze col materasso spesso, un armadio che avrà avuto come minimo sessant'anni più di me, un comodino piccino con una lampada, e una piccola finestra che dava su un vicolo pieno di gatti; e, come se non bastasse, lo spazio era talmente piccolo che fui costretta a infilare la valigia sotto al letto.
Sistemai i vestiti nell'armadio, lasciai il quaderno, il libro e il vocabolario di latino nella valigia, e in men che non si dica ero già a letto.
-"Fabiola"- comparve improvvisamente mia nonna.
-"Sì?"- la guardai da sotto le coperte.
-"Che fai già a letto?"-.
-"Sono stanca"- mentii spudoratamente.
-"Dov'è finito il brio della gioventù?"-.
-"Il brio...?"-.
-"Quando io avevo la tua età, facevo i salti mortali per poter uscire anche solo un'oretta dopo cena! Ah, se li facevo!"- saltò su.
-"Nonna, calma, ti prometto che domani sera non sarò a casa prima delle undici"-.
Apparentemente rincuorata dalla mia promessa, annuì compiaciuta.
-"Allora buonanotte"- disse chiudendo la porta.
-"Buonanotte"-.
"Non sarò a casa prima delle undici. Sì, certo, come no".

 

 

 






NOTE DELL'AUTRICE
Forse qualcuno ricorderà questo racconto, perché è già stato caricato una volta; lo eliminai perché non credevo di essere in grado di continuarlo. I motivi erano fondamentalmente due: 1) il gran numero di storie in corso; 2) il fatto che questo racconto sia stato scritto nel 2011, la bellezza di sei anni fa, quando avevo quindici anni. Ora, non posso negare che il mio stile di scrittura sia un po' cambiato, che si sia evoluto, però, vedendo come stanno andando le cose con "2nd Chance: Hope" (fanfiction iniziata a quattordici anni e ripresa a ventuno), forse non sarà impossibile concludere "L'Estate dell'Imperatore". Sarò sincera: io VOGLIO finire questo racconto, lo devo alla me di sei anni fa, per cui mi impegnerò con tutta me stessa.
Per chi avesse letto la mia opera magna ("I Don't Wanna Die Anymore"), ho un appunto da fare: IDWDA rappresenta una sorta di evoluzione e di level up di EI (d'ora in poi sarà questa l'abbreviazione per "L'Estate dell'Imperatore"), infatti alcune situazioni e, soprattutto, luoghi, sono molto, moltissimo simili; sono però due storie completamente differenti.
Raramente scrivo note chilometriche, ma questa volta avevo molto da dire ><
Ciao a tutti e alla prossima! ^^ Fatemi sapere cosa ne pensate di questa mia nuova ("nuova", si fa per dire) storia <3

 

   
 
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