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Autore: ParanoidxX    17/07/2017    2 recensioni
"Splinter, ti affidiamo nostra figlia, sappiamo che sarai un buon padre, così come lo sei per i fratellini. Roger non può tenerla con se a lungo, sarebbe troppo rischioso, però potrà aiutarti a gestire alcune dinamiche umane –come la scuola- quando sarà più grande. Per ora è necessario che viva nell’ombra, come voi. È una fuggiasca, non dimenticarlo. Ti ringraziamo di cuore, abbi cura della nostra amata bambina. R. e G. "
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Nuovo personaggio, Raphael Hamato/ Raffaello
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Sempre prima i ringraziamenti perché vi adoro <3 :

-Marlena_Libby
-Roby
-reign_00evil

In calce un avviso importantissimissimo! Mi raccomando <3
Buona lettura!




Sbadigliò e per poco non cadde dallo sgabello. Donatello armeggiava con le sue apparecchiature, cercava qualcosa in quel caos chiamato laboratorio e sembrava aver dimenticato la presenza di Venere. Mickey era buttato sul divano mezzo assonnato, proprio come lei, poteva osservarlo da lontano e sorridere appena: entrambi non erano mai stati molto mattinieri. Leonardo, a differenza loro, era sveglio da chissà che ora e si allenava con Splinter nel dojo. Raphael?

«Raphael è sveglio?» domandò. Erano le nove e mezzo del mattino e, sebbene la testa calda non amasse svegliarsi presto, raramente dormiva fino a tardi.
Non ricevette alcuna risposta. Donnie aveva trovato ciò che cercava, un braccialetto, e lo aveva collegato al pc.
Venere sospirò. «Donnie che stai facendo? Perché mi hai chiamata se mi stai ignorando?» piegò appena la testa e attese risposta. Niente. «Don..» il genio continuava ad alternare lo sguardo tra lo schermo del pc e l’oggetto stretto in mano. «Don!» Venere si spazientì, afferrò un chiodo –la prima cosa a tiro- e glielo lanciò in testa.
«Ahi!» Donatello si girò a guardarla interrogativo «Capirai presto perché ti ho chiamata» rispose, segno che si, la stava ascoltando e si, l’aveva volutamente ignorata, non per cattiveria ma perché troppo preso dai suoi esperimenti.
«Si può sapere che combini?» allungò il collo per sbirciare oltre il suo carapace.
«Ecco..» una scritta “loading 100%” lampeggiò sul suo schermo e lo strano arnese si illuminò. Donatello si voltò del tutto verso Venere con un sorriso soddisfatto e orgoglioso del suo operato «Questo è per te» le porse un braccialetto nero in gomma, sottile, con un piccolo schermo rettangolare.

Venere lo studiò inarcando un sopracciglio «Un.. contapassi?» domandò scettica e un po’ ironica. «Il mio compleanno è ad ottobre Don»
«Spiritosa» la guardò torvo e delicatamente le agganciò il bracciale al polso «È un chip» spiegò «Così possiamo tenerti d’occhio quando occorre e capire quanto frequenti sono i tuoi.. bhè, i tuoi scatti»
Lei rimase un attimo in silenzio, gli occhi chiari scivolavano dal volto del fratello, sereno e concentrato, al nuovo cinturino. Scosse appena la testa, attraversata da una consapevolezza «Scusami, non ho capito.. volete controllarmi?» mormorò.
«Si per capire se -»
«Volete controllarmi?» ripeté ancora, la risposta del fratello la ferì. Si sentiva una pazza, un pericolo pubblico, una serial killer in libertà vigilata. Temevano che potesse creare guai e far del male a qualcuno? I suoi fratelli non avevano più fiducia in lei?
«Venere è per la tua sicurezza, Leo crede che sia meglio monitorarti»
«Leo? Leo è la mente?» si alzò dallo sgabello, il cuore batté più velocemente pompando sangue misto a rabbia. Accusò una morsa allo stomaco «Assurdo, assurdo!» sbottò e a grandi passi uscì dal laboratorio.
«Venere!» Donatello la seguì conoscendo bene quegli scatti d’ira, Raphael reagiva allo stesso modo quando Leonardo prendeva decisioni senza consultarsi.
Venere lo ignorò e proseguì verso il dojo, superando un Mickey che la osservò interrogativo e basito. Il piccolo guardò il genio «Sta dando ancora di matto?» domandò indicandola.
«Si» sospirò l’altro «Ma questa volta è lucida» borbottò.
«Leonardo!» la voce irritata di Venere anticipò il suo ingresso nel dojo.
Il leader si fermò con la katana a mezz’aria, le ginocchia piegate, il busto in torsione e i muscoli delle braccia tese. Splinter, invece, con una calma disarmante smise di difendersi dagli attacchi del figlio e osservò la ragazza procedere spedita verso di loro.
«Venere..» iniziò Leo «Cosa c’è?»
«Cosa c’è? Cosa c’è?» il tono di voce si alterava ad ogni parola. Bruscamente interpose il polso tra i loro visi, sfoggiando con rabbia il braccialetto «Ti sembra normale?»
Leonardo si addrizzò con il corpo e per un attimo lo sguardo si posò sul padre. Questo lo osservava già, con interesse e disinvoltura, come a volergli dire di cavarsela da solo. Dopotutto era stata una sua scelta e ora doveva assumersene le responsabilità. «È per il tuo bene» rispose il leader con tono pacato.
«Per il mio bene o per il bene degli altri?» brecciò lei. E dire che la sera prima si era sentita così fortunata al pensiero di avere quattro fratelli premurosi e dolci, si era sentita così felice e compresa tra le braccia del big bro’. «Perché non una bella camicia di forza? Eh?»
«Non essere ridicola Venere. Hai cercato di uccidermi ed eri fuori controllo. Io ho saputo difendermi perché ho le capacità e perché so come attacchi. Un essere umano no, non può contrastarti. Si, è per il bene degli altri ma è anche per il tuo bene. In te c’è qualcosa che non va e abbiamo bisogno di capire. Le nostre ricerche devono pur partire da qualche punto no?» suonò come una domanda retorica. Durante il discorso non ebbe alcuna esitazione.
«Avresti potuto chiedere il mio parere» replicò
«Non mi serve il tuo parere, lo avrei fatto comunque perché è necessario»
Venere strinse i pugni per non tirargli uno schiaffo «Sei incredibile!» urlò. Portò lo sguardo sul maestro «Splinter non hai niente da dire? Leo sta invadendo la mia privacy e non ha neanche chiesto la mia opinione!»
Splinter protese le mani con i palmi aperti, facendo cenno di calmarsi «Figliola» iniziò in tono tranquillo, da pacificatore «Magari tuo fratello si è espresso male» velò un piccolo rimprovero «Ma ciò che dice è giusto, è importante capire quanto frequenti sono i tuoi scatti»

Venere schiuse le labbra ma ne uscirono soltanto profondi respiri. Era arrabbiata, ogni cosa di lei lo comunicava, ma portava troppo rispetto a Splinter per infuriarsi anche con lui. Abbassò lo sguardo e si morse il labbro inferiore «E tu Donnie, tu cosa ne pensi?» mormorò aspra. Donatello e Michelangelo l’avevano seguita nel dojo, il primo preoccupato, il secondo curioso. In effetti, mentre lo sguardo di Donatello era fisso in quello del leader, Mickey aveva un grosso punto interrogativo stampato in viso. Forse non ne sapeva niente.
«Leo ha ragione» rispose dopo qualche secondo.
«Lo dici perché Leo vuole sentirlo o perché è ciò che pensi?» si voltò a guardarlo, gli occhi iniziarono riempirsi di lacrime e Donatello ebbe un sussulto nel notarlo.
«Lo penso sul serio» ammise.
«Benissimo» il suo fu un sibilo impercettibile, un mix di sentimenti si agitava in lei: rabbia, frustrazione e sfiducia. «Non sarò di ronda questa sera» si incamminò verso l’uscita.
«Cosa?» sbottò Mickey deluso, spalcando la bocca con sorpresa «Perché?» tentò di fermarla prendendole il polso.
«Levati dai piedi Mickey!» brecciò lei, evitandolo.
Uscì dal dojo in tempo per scoppiare a piangere. Sperò che Raphael non si svegliasse in quel momento e che non la trovasse in lacrime, mentre correva via.

Tutti quanti erano rimasti immobili e in silenzio a fissare la porta che si richiudeva piano. Leonardo sospirò, Donatello aveva lo sguardo basso logorato dai sensi di colpa e Mickey era ferito.
«Non è saggio» mormorò Splinter con le mani intrecciate dietro la schiena «Creare conflitti in famiglia, specie quando il pericolo è imminente» si incamminò lentamente verso l’uscita.
«Pericolo imminente?» domandò roco il leader.
«Ogni cosa a suo tempo» fu la vaga risposta del maestro


«Va tutto bene?» Thomas continuava a studiarla camminando al suo fianco per i viali di Central Park. Il loro appuntamento era alle dieci ma Venere si era presentata con una buona mezz’ora di ritardo, troppo presa dalla discussione con i fratelli. Non aveva neanche potuto avvisarlo perché non possedeva il suo numero di cellulare e, nel farglielo presente, lui aveva sorriso e detto “Non ho un cellulare”. Tali parole l’avevano lasciata di stucco e Thomas era scoppiato a ridere aggiungendo un “Detesto la tecnologia, preferisco una cabina telefonica a gettoni”. Peccato che era ormai raro trovare una cabina telefonica a New York, in America, nel mondo intero.

La sorpresa dipinta sul viso di Venere aveva presto lasciato spazio alla malinconia. Certo, litigare con i suoi fratelli –specie con Raph e Leo- non era raro ma ogni diverbio lasciava sempre l’amaro in bocca. Non le piaceva urlare contro il leader e trattare male Mickey che, nella maggior parte dei casi, non aveva alcuna colpa.
«Venere? Ieri mi sembravi molto più allegra» commentò «Minacciosa ma allegra»
«Scusami Thomas» soffiò lei alzando finalmente lo sguardo «I miei fratelli sono così… così…»
«Fratelli? Quanti ne hai?» ridacchiò.
«Quattro» sorrise appena
«Cavolo! Quattro? Più tuo padre.. sei l’unica donna in un covo di maschi» ridacchiò «Deve essere difficile»
«Molto difficile» preciso sconfortata «Ognuno è insopportabile a modo suo» sbuffò «Però sono la mia famiglia, sono il mio mondo e io sarei disposta a sacrificare me stessa per loro» il tono divenne sempre più mesto. Scosse un po’ la testa, doveva scrollarsi di dosso quella tristezza, non le piaceva fare la piagnucolona. Sorrise e guardò Thomas «E tu? Hai fratelli?»
Thomas si morse il labbro inferiore e spostò lo sguardo altrove, in un punto indefinito. Esitò prima di rispondere «Figlio unico»
«Deve essere una pacchia»
«Dove siamo diretti?» domandò schiarendosi la voce, come a voler cambiare discorso.
«Ovunque» Venere non ci fece molto caso.
«Potremmo prenderci qualcosa da bere» propose.
«Ottima idea!»

Si fermarono a un chiosco del parco e presero due granite, al limone per lui, alla menta per lei, e poi si sedettero sul prato, sotto la chioma di una grande quercia, con la schiena poggiata sul robusto tronco. Scherzarono, risero, per un attimo Venere dimenticò la discussione e la causa, il braccialetto che aveva al polso e che ogni tanto lampeggiava. Thomas sembrava sempre molto restio a raccontare di sé ed era abile a sviare domande scomode. Non che Venere ne avesse fatte se non si considera scomoda la domanda “Da dove vieni?” . Ebbene, il giovane aveva riposto molto vagamente con un “ Da un paesino talmente piccolo che nessuno conosce” poi aveva riso, contagiando anche lei.
Aveva importanza saperlo? Non molta. In quell’ora la ragazza aveva scoperto di star bene con lui, era a proprio agio e sentiva di potergli raccontare qualsiasi cosa.

Parlò molto della sua vita, di Ingrid, di suo padre adottivo, dei suoi fratelli. Confessò persino di praticare arti marziali.
«Dopo il liceo? Cosa vorresti fare?» domandò Thomas, rigirandosi il bicchiere di plastica tra le mani.
«Ecco.. ho vinto una borsa di studio a Stanford» disse tutto d’un fiato, emozionata come una bambina il giorno del suo compleanno. Le brillavano gli occhi e aveva schiacciato troppo il bicchiere fino ad accartocciarlo.
Thomas restò un attimo in silenzio a fissarla imbambolato, come se per lui fosse stata una doccia fredda, un fulmine a ciel sereno. Le labbra schiuse, lo sguardo pregno di incredulità mista a qualcosa di indefinito. Sorpresa? Felicità? Invidia? Timore?
«Ma è fantastico» buttò fuori, tendendo le labbra in un sorriso contento e luminoso. «I tuoi fratelli saranno orgogliosi»
Venere abbassò lo sguardo, in difficoltà «Loro non.. non sanno niente» ammise
«Cosa? Come.. perché?»
«È in California Tom» mormorò «Significa abbandonare tutto e tutti, trasferirmi, non so come potrebbero prenderla..»
«Come dovrebbero prenderla? Bene, benissimo! Sarebbero così fieri di te! Certo, ci sarebbe un po’ di amarezza ma ti sosterebbero come hanno sempre fatto e come continueranno a fare» le posò una mano sulla spalla «Rinunci al tuo futuro per loro? Venere, non essere sciocca. Vorrebbero solo vederti felice e realizzata, chi se ne importa se in California o in Cina o chissà dove!» sembra averla presa sul personale.
Lei scoppiò a ridere, il suo le risuonò come un discorso alla nazione «D’accordo Tom, non agitarti»
«Scusami» si ricompose poi lo sguardo cadde sul suo orologio da polso «Cavolo, devo andare» sbuffò.
«Dove? Sono appena le dodici» inarcò un sopracciglio
«Se ti dicessi dove dovrei ucciderti e non saprei come eliminare il cadavere» scherzò e poi sorrise «Grazie per la compagnia Venere, verrò a trovarti al Bit» le fece un mezzo cenno con la mano e, senza attendere risposta, corse via.




Parlare con Thomas dei suoi fratelli l’aveva addolcita. Mettendo da parte il rancore, aveva deciso di partecipare alla ronda, facendo la gioia di Michelangelo che l’aveva stritolata in un abbraccio.
Raphael aveva saputo del chip e della discussione ma non si era espresso, limitandosi a guardare male Leo. Era inutile polemizzare, tutti potevano immaginare il suo parere e di chi avrebbe preso le difese: Venere. Comprendeva la sua frustrazione, la sua rabbia, la sua voglia di urlare, anche lui provava le stesse sensazioni quando il leader decideva senza discuterne con il resto del gruppo.
Aveva avuto voglia di parlare con Venere e di abbracciarla. La conosceva fin troppo bene e sapeva che, dopo la sfuriata, aveva sfogato lo stress piangendo come una bambina, da sola, in camera sua. Lo sapeva perché un tempo, quando erano migliori amici prima di essere fratelli, singhiozzava sul suo petto, stretta tra le sue braccia. Non erano necessarie parole di conforto, bastava quella presa salda e protettiva per calmarla. Da quando aveva assunto il ruolo di scontroso e burbero non riusciva più ad essere così con lei, consolarla sarebbe stato come non rispettare il copione che da solo si era imposto.

Dopo una ronda silenziosa e tranquilla, avevano trovato l’azione fermando due ladri di gioielli, stordendoli e legandoli schiena contro schiena.
«Sei stato mitico» Venere ridacchiò, i due uomini imbavagliati mugugnarono qualcosa.
«Io sono sempre mitico» si pavoneggiò Michelangelo.
Raphael rinfoderò i suoi sai con un sorriso compiaciuto.
«Hai chiamato la polizia Donnie?» domandò il leader.
«Affermativo» confermò il genio.
Poi si udì un applauso rimbombare per la strada stretta. I cinque si zittirono e si girarono tutti nella direzione da cui proveniva quel suono sinistro. Scrutando con gli occhi a fessura, sulla difensiva, videro emergere un uomo dalla penombra. Batteva le mani, camminava lentamente e con grazia, indossava una camicia nera e dei jeans scuri. Un lampione gli illuminò il viso: tratti morbidi e maturi, occhi scuri, capelli ricci e bruni come la barba curata. Si fermò poco distante dai ninja e sorrise «Ma che bravi» commentò in tono ironico.

«Chi diavolo sei tu?» brecciò Raph senza mezze misure.
Lo sconosciuto si posò una mano sul petto e piegò il capo «Il mio nome è Xavier» rispose gentile «Venere?» tese la mancina in direzione della ragazza.
I fratelli la osservarono interrogativi e lei stessa sgranò gli occhi, confusa. Come conosceva il suo nome? Chi era quel.. quel Xavier? Non ebbe tempo per reagire in alcun modo che Leonardo e Raphael le si pararono davanti, proteggendola.
Raphael in particolare aveva impugnato i suoi sai e osservava l’uomo con circospezione.
Xavier sospirò «Stanarvi è così semplice» ridacchiò «Bastano due criminali ed eccovi qua.. fuori dalla tana. Venere» la chiamò dolcemente «Venere lo sai che Erebo ha bisogno di te.. tutti abbiamo bisogno di te»
Venere si fece spazio tra i suoi due fratelli e parlò prima ancora che qualcuno potesse farlo al posto suo «Che cosa vuoi da me?» domandò. Non aveva timore di quell’uomo, anzi, una piccola parte di lei sentiva che poteva fidarsi, provava attrazione e curiosità. Le tartarughe restarono basite dalla sua reazione, l’ultima che avrebbero mai immaginato.
«Non lo sai? Nessuno te lo ha mai spiegato?» Xavier si avvicinò di un passo «Vieni con me Venere, ti sarà tutto più chiaro» sussurrò roco.

Qualcosa non andava e il primo a rendersene conto fu Donatello. Venere era completamente stregata da Xavier e la sua voce sembrava per lei come il canto di una sirena. Avanzava verso di lui con aria assente.
«Venere!» il genio la chiamò con voce ferma e decisa prima che la ragazza potesse stringere la mano di Xavier. Lei si scosse, come destata da un sogno, e spaventata indietreggiò.
«Che seccatura» l’uomo sbuffò spazientito «Perché finisce sempre così?» dopo la sua domanda retorica gli occhi scuri si inondarono di verde smeraldo e un sorriso serafico gli increspò le labbra. Venere si portò le mani tra i capelli accusando il famoso scricchiolio molto, molto forte e poi anche le sue iridi cambiarono colore, macchiandosi di nero fino a non poter più notare la pupilla. Xavier le si avvicinò posandole una mano sulla testa e, a quel gesto, i fratelli si mossero per attaccarlo.
«Fermi» disse lui pacato «O muore» minacciò per poi avvicinare le labbra all’orecchio di lei «Uccidili» sibilò candidamente e con dolcezza.
Venere non emise alcun fiato e per un momento rimase immobile. Con lentezza si girò verso i ninja che notarono il suo viso inespressivo e assunsero una posizione di attacco in tempo per il suo scatto.

Venere estrasse i kunai prima che Michelangelo potesse difendersi, la lama intrappolò la catena dei nunchaku, bloccandoli. Strattonò con una forza mai avuta e strappò dalle mani del fratello le armi. Scagliò due negishi e si conficcarono nella coscia del più piccolo che gemette e si accasciò a terra.
Si piegò per evitare il bo di Donatello, ruotò su stessa e lo colpì con un calcio agli stinchi, facendolo cadere. Rialzandosi prese il bastone e con violenza colpì l’addome del genio che si piegò in due.
Agiva in modo così fulmineo che era impossibile prevedere i suoi attacchi e contrastarli. Era sempre stata brava a combattere, dimostrando una grande capacità con le armi di lancio, ma i fratelli conoscevano i suoi schemi, il suo stile ed era facile per loro scontrarsi. Quelle mosse però, la loro violenza, la loro velocità, non le appartenevano. E poi.. da quando era diventata così forte? Era pur sempre una ragazza ed era difficile per lei vincere la stazza delle tartarughe.

«Venere..» Leonardo e Raphael avevano le armi impugnate, sopprimevano la preoccupazione per gli altri due a terra e per Venere che non sembrava neanche più umana. Non volevano attaccarla.
Venere lasciò cadere il bo che ancora stringeva e si fermò un attimo. Non tradiva la minima emozione, neanche una goccia di sofferenza o affanno.
«Venere torna in te» mormorò delicato il leader.

Lei alzò il capo, gli occhi neri brillarono. Fu un secondo e tornò alla carica: con i kunai impugnati si scagliò su Raphael, bloccando gli attacchi dei due sai. Le loro armi erano per il combattimento a breve distanza e ciò li portò ad avere i visi e i corpi molto vicini. Entrambi abili nel schivare i colpi avversari, Raphael seppe cavarsela con un veloce gioco di gambe mentre lei sgusciava a destra e a sinistra, agile come un gatto.

«Xavier.. Xavier la sta manipolando» biascicò Donatello alzandosi da terra dolorante. Questo era chiaro ma non potevano attaccarlo, l’avrebbe uccisa altrimenti. Ne era sul serio capace? Per l’amore che provavano per Venere nessuno volle scoprirlo.

Leo era immobile, per la prima volta non sapeva cosa fare: combattere significava sì aiutare Raphael ma anche far del male a Venere.
Xavier rise «Per chiarirvi le idee» la sua voce si mischiò con lo stridio delle lame che si scontravano «In noi c’è la forza di Erebo e nessun essere terrestre può contrastarla» rise ancor più forte.
Raphael si spazientì e fece l’ultima cosa che tutti quanti avrebbero pensato di fare. Buttò i sai.
«Che diavolo..» Leo si piegò sulle ginocchia in procinto di attaccare, l’altro gli fece cenno di star fermo. Con rapidità bloccò i polsi di Venere che iniziò a dimenarsi.
«Venere» la chiamò piano «Non ti lascerai sul serio controllare da questo manichino vero?» strinse ancor più forte la presa «Siamo noi Venere, sono io, tuo fratello» il suo tono fermo e caldo sbloccò qualcosa.

Lentamente Venere smise di ribellarsi e si calmò del tutto. I muscoli si rilassarono, le mani si aprirono e i kunai caddero a terra. Le labbra si schiusero, iniziò a respirare con fatica, il battito cardiaco accelerò. Le iridi tornarono ad essere verdi e screziate di azzurro ai bordi.
Quando Raphael fu sicuro la lasciò andare con delicatezza «Ciao scema» mormorò.
Venere alzò lo sguardo per incrociare il suo, gli occhi si riempirono di confusione e paura «Cosa.. cosa..». La testa calda l’abbracciò stringendola forte contro il suo petto «Va tutto bene» continuò a sussurrare morbido e roco.

Xavier era rimasto di sale. Aggrottò la fronte e strinse i pugni «Come è possibile..» sibilò cattivo tra i denti. In quel momento il suono delle sirene annunciò l’arrivo della polizia chiamata da Donatello prima di quel trambusto, dopo aver legato i due ladri di gioielli. «Ne riparleremo» e in un fascio di luce viola scuro e molto tenue, scomparve.




1Kunai: http://i.ebayimg.com/00/s/NjAwWDgwMA==/z/TiEAAOSwNphWXaOv/$_32.JPG?set_id=880000500F
2Negishi: https://www.ninjutsukojiki.com/images/armi/negishi.png

Bene ragazze, ragazzi, adolescenti, mutanti, chiunque voi siate.. stiamo entrando nel vivo della storia! Un nodo sta venendo al pettine ma un altro ancora è in arrivo ù.ù
Io devo darvi una brutta notizia: questo pomeriggio parto, tornerò il 1 agosto. Quindi vi chiedo un po’ di pazienza, fiducia e fedeltà <3
Ho fatto i salti mortali per pubblicare il capitolo in tempo, non volevo lasciarvi senza un avviso, sarebbe stato crudele ù.ù Non ho potuto controllare molto il testo quindi mi scuso se ci sono errori di battitura.. sono semplici sviste!
Perciò belli miei ci sentiamo tra due settimane!
Restate sintonizzati!
  
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