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Autore: falcediluna_    17/07/2017    2 recensioni
Un viaggio tra le pieghe di uno dei miei album preferiti
Genere: Introspettivo, Slice of life, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ascoltare musica per lei è come fumare.

Quell’ansia quasi febbrile di calarsi le cuffie sulle orecchie, assaporando la familiarità del contatto con i cuscinetti morbidi, per poi raggiungere in un gesto automatico il microfono a sinistra ed alzare il volume di qualche tacca.

A prescindere.

 

L’altra mano sfiora lo schermo dell’iPod, sul tasto virtuale di play.

 

Devin Townsend Project – Transcendence.

 

Da brava fanatica di musica progressive sa che i concept album si ascoltano sempre dall’inizio. Non potrebbe essere altrimenti; raccontano una storia, si sviluppano intorno ad una tematica centrale. Sono coerenti e complessi su più livelli, non ha senso smembrarli e togliere parte della bellezza alla musica.

Fin dal primo secondo, dentro i suoi occhi chiusi si spalanca la dimensione irregolare e maestosamente ampia tipica degli ambienti creati da Devin Townsend.

Segue le precise linee ritmiche della batteria, si lascia riempire dagli immensi muri di suono ispessiti dalle voci corali. Assapora la voce roca e decisa del leader, che poco dopo si trasforma in un sussurro quasi mistico ed etereo per poi scomparire alla fine del primo brano.

 

May you learn to live without fear

May you be at peace

May your beauty unfold before you

Everything’s changed

But I am home.

 

La bellezza remota e rassicurante di quelle parole si spegne nel nulla, per poi essere spazzata definitivamente via dagli accordi della chitarra elettrica che si fanno spazio con prepotenza nel flusso di eventi.

Qui la dinamicità è più direzionata, più canalizzata. C’è una direzione, ma ci si fa trasportare.

 

Your soul – let it fly.

 

La grancassa incalza, riempie, carica di inevitabile, ed è quasi liberatorio rilasciare la tensione nel tempo irregolare del riff di chitarra che segue.

Ma non c’è tempo, il climax ricomincia, ed è di nuovo come una caduta libera nel vuoto infinito.

 

All we’re offering is a chance to be loved.

 

L’album prosegue, capriccioso, maestoso, esplorando sonorità zen e scontrandosi con elementi decisamente metal, in un articolato gioco di equilibri armonici e stilistici che sembra quasi stare in piedi per miracolo.

Eppure la stabilità è perfetta, la tessitura impeccabile, non c’è una virgola fuori posto.

E si raggiunge una nuova consapevolezza, si evolve, un secondo dopo l’altro.

 

I’m growing with the land

Time has taken my hands and let me touch them

 

Lay on the lawn, he’s already home

When the morning rain hits his face…

 

L’ultima parola si perde in un abisso di suoni evanescenti, oltre quattro minuti di puro spiritualismo sonoro, luminoso ed immenso, distante, come un aldilà etereo e remoto.

La musica si allontana lentamente… rimane solo l’eco di un sussurro…

 

There is nothing but love…

 

… e poi, nel nulla, svanisce.

   
 
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