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Autore: Theredcrest    18/07/2017    0 recensioni
Maven è una giovane arciera di nobile famiglia, costretta a sposarsi.
Dopo la fuga e dopo mille peripezie il cerchio si chiude, Maven torna a casa dal padre.
Ha una lunga storia da raccontare e amici, che non la sanno viva, dal quale tornare.
Suo padre vorrà aiutarla? Ma sopratutto, riuscirà a trovarli?
Genere: Avventura, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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"E' la vita e non la morte che non conosce pietà."

Maven guardava malinconica la pioggia fuori dalla finestra sbarrata, in una cella che puzzava di vino, piscio e fieno. Nonostante il giaciglio fosse stato cambiato da poco, era più che sicura che in quella cella fossero passati così tanto ubriachi che le pareti si dovevano essere impregnate dei loro umori, e si stupiva di non sentire un sottofondo rancido di vomito - forse grazie al catino gentilmente offerto dalla casa. Ma persa nell'incedere ritmico dell'acqua all'esterno, tutto sommato, non le importava.
La chiamavano la terra del vino e del sole e sul primo avevano anche ragione. Sul secondo, pure, con brevi eccezioni consistenti in violenti temporali a catinella che lavavano via lo sporco e alleggerivano l'aria. Erano eventi passeggeri e in due o tre giorni sarebbero smessi, rasserenando il cielo, per poi permettere al sole di ricominciare a scaldare la terra per quel poco che si poteva anche d'autunno, ma l'acqua alle lunghe si dimostrava fastidiosa da sopportare e si infilava ovunque, specie per chi si era abituato ai balconi e agli angoli asciutti di una città sempre bagnata dai porti e dal mare.
Non ricordava neanche bene cos'aveva fatto, ma la sua vita era tanto cambiata negli ultimi anni da renderla irriconoscibile. Dai salotti lussuosi e i vestiti ingombranti ai quadrati di pelle logora che indossava, dalle fini gioiellerie al caldo mantello che la teneva riparata nonostante la povertà delle mura della cella: non aveva rimpianti tutto sommato, ma li ricordava con la nostalgia dell'abitudine e con la stessa ansia che le pulsava nel petto suggerendole che non aveva una via d'uscita da quella gabbia dorata, e che adesso le diceva che allo stesso modo era imprigionata tra mura di pietra. Eppure, già una volta aveva trovato la via d'uscita dalla prima prigione: per un anno, due, tre... per svariati anni. Incontrando infinite voci, infiniti volti e innumerevoli persone a cui voleva ricongiungersi al più presto. Persone che la pensavano morta e sepolta da tempo e che magari non la ricordavano nemmeno più. Ma non le importava, purchè le rivedesse.
Come fare però a fuggire anche da questa cella? Si era guardata attorno più volte e non aveva trovato una sola debolezza nella struttura che la circondava: i muri non erano scalfiti, le sbarre rimanevano ben piantate dov'erano e non c'era un solo calcinaccio che si muovesse, nemmeno sul pavimento. E allora si era distratta a guardare fuori dalla finestra, a respirare quell'odore di salmastro che conosceva bene e le riempiva i polmoni, ascoltando a tratti i pesanti passi delle guardie che passavano nel corridoio.
Ad un certo punto, non avrebbe potuto quantificare il tempo, lo sferragliare dell'ennesimo individuo si riaffacciò alle sue orecchie. Maven non si mosse da dov'era, rimanendo ad ascoltarlo assieme al lontano vociare della gente e aspettandosi di sentirlo sparire dietro l'angolo.
Invece, all'altezza della sua cella, lo sferragliare cessò. Un rumore metallico di chiavi che venivano passate in rassegna la riscosse, poi udì l'inserimento e la serratura scattare.
«Signorina» le si rivolse la guardia con voce deferente mai sentita prima. «Ha delle visite.»
Maven, poggiata con le ginocchia su una specie di muretto ricavato nel muro come seduta e praticamente appesa al bordo della finestra perché troppo corta, si voltò con sguardo interrogativo verso la guardia e l'uomo in ombra appena dietro di lui. Era una comune malvivente a prima vista: che genere di attenzioni poteva aver attirato una ladruncola di bassa lega beccata al mercato del pesce di Port Royal? Poche, a parte le ire dei pescatori che vivevano di quel pesce. Un brividò le passò attraverso, pensando che non sarebbe stato difficile per uno di loro presentarsi lì, e vendicarsi con una sana scazzottata.
Invece, la figura che avanzava dal corridoio verso la porta appena aperta non aveva affatto l'aria di un pescivendolo iracondo: sembrava ben vestito, col mantello che gli scivolava alle spalle e scarpe di pelle che non cigolavano, sintomo di una buona fattura. Chissà, pensò ironica, magari era il capo delle guardie venuto a farle una sana ramanzina prima di rimandarla fuori e rimetterla al maltempo con un calcione nel sedere, come si faceva con ogni ladruncolo. C'era sempre il tempo di tagliare le mani come in altri stati più cattivi e "freddi dentro", oltreché fuori, ma un buon calcione? Qualsiasi guardia avrebbe assicurato con la vita di quanto fosse più utile e preventivo, e umiliante. Per chi non imparava, i calcioni poi diventavano ripetuti e pubblici e l'umiliazione a volte bastava a far fare una vita intera di rettitudine.
Dopo pochi passi, l'interlocutore uscì dalla penombra e finalmente la luce ne rivelò le fattezze: un uomo di mezza età con corti capelli neri brizzolati ai lati, gli occhi di un penetrante azzurro, il portamento fiero e il volto segnato da severe rughe d'espressione. Maven lo riconobbe subito, sgranando gli occhi.
«Papà?!»
Raramente Malcom sorrideva con la bocca, e quando lo faceva sembrava più una smorfia che un segno di felicità. Era più facile invece scorgere quel luccichio negli occhi, il riscaldarsi delle guance e il lieve rilassamento tra le sopracciglia. Magari qualcun altro avrebbe potuto fraintendere, ma non lei, nemmeno dopo così tanti anni.
«Maven... ragazza mia...»
Sembrava così fragile in quelle vesti, nonostante la voce ancora chiara, forte, resa quasi tremolante dalla commozione. Malcom allargò le braccia ad accoglierla e Maven non riuscì a trattenersi, nemmeno per un solo secondo: aveva immaginato così tante volte la loro ricongiunzione, pensato a mille frasi da dirgli, e diecimila rimproveri e colpe da urlargli addosso ma a nulla valevano in confronto ad un abbraccio. Si lasciò avvolgere dalle braccia forti del padre mentre lo stringeva col respiro mozzato, quasi togliendo il fiato anche a lui.
«Mi dispiace così tanto» lo sentì sussurrarle mentre le carezzava il capo, sopra il cappuccio del mantello. «Non avrei mai dovuto costringerti... voluto costringerti al matrimonio. Ma le cose andavano così male ed io-» lo sentì boccheggiare senza fiato «e dopo aver saputo che tu eri-»
«Basta, papà.» Maven si staccò, sollevando gli occhi lucidi su di lui, afferrandolo per le braccia nel tentativo di ispirargli una forza che non possedeva nemmeno lei al momento. Non voleva vedere suo padre crollarle così, davanti agli occhi, dopo tutti quegli anni in cui l'aveva visto forte come un macigno. Semplicemente non voleva. «Basta. Ne riparliamo un'altra volta, va bene?» Lui scosse la testa in un gesto d'assenso. «L'importante è che siamo vivi, vegeti, insieme.» Gli sorrise amaramente. «Eri così arrabbiato che non pensavo volessi neanche più vedermi.»
«Ed io pensavo la stessa cosa di te» le sorrise indietro il padre, facendo la solita smorfia. «Uguale a tua madre: quando le facevo un torto mi teneva il muso per anni. E anche tu me l'hai tenuto.»
Maven, che di solito era svelta ed ogni tanto anche più sboccata di un uomo, non si imbarazzava facilmente tranne quando la paragonavano a sua madre Orianna. Malcom se ne accorse e, datole un ultimo buffetto affettuoso, la lasciò libera di ritrarsi come la ragazzina che conosceva da sempre, e che ormai era diventata grande senza di lui.
«Se aspetti che sistemi le cose con la guardia cittadina, ti faccio uscire da qui» le si rivolse, schiarendo la voce. «Meglio parlare di tutto davanti ad una tazza di thè a casa, che dici?»
Maven lo guardò di sbieco per un attimo.
«E gli altri nobili? Che diranno?» gli chiese corrugando le sopracciglia, subito sulla difesa. «Gli parlerai del mio ritorno?»
«Che si fottano i nobili!» Il ruggito di Malcom fu piuttosto chiaro a riguardo e rivelò che suo padre non aveva affatto perso il suo assetto militarista, oltreché la voce, da qualche parte sotto gli abiti da nobile. «Sei mia figlia, se vogliono o avranno il coraggio di dire qualcosa se la vedranno direttamente con le mie guardie, o col mio arco.»
La guardia al di fuori della cella grugnì, non tanto perché il tempo era finito, ma per far notare che c'era anche lei nei dintorni.
«O col mio» rispose felicemente la ragazza, chiudendo il discorso con un tono abbastanza alto da farsi sentire dal terzo incomodo. Quando sentì l'uomo sospirare esasperato in lontananza, fece segno a suo padre in direzione della porta. «Allora, ti attendo?»
«Ci metterò un attimo» le rispose Malcom con un gesto di assenso. La salutò con un bacio sulla fronte prima di darle le spalle e incamminarsi fuori dalla porta: la guardia si arrabattò subito per chiudere la porta e poi le lanciò un lungo sguardo indagatore, prima di seguire suo padre. A quel punto, Maven tornò a guardare la pioggia: sentire la sua unica via d'uscita richiudersi alle sue spalle non le aveva certo risollevato lo spitiro, ma la visita di suo padre sì. E, a meno un qualche immondo demone non avesse preso il suo posto, la ragazza conosceva abbastanza il genitore da sapere che non le avrebbe mai e poi mai mentito, per quanto potesse ancora essere arrabbiato con lei.
Attese, quietando l'ansia col ritmato rumore dell'acqua al di fuori che andava scemando. Poco meno di mezz'ora più tardi, mentre una fine nebbiolina s'alzava dal terreno impregnato, lo sferragliare fece nuovamente capolino dal corridoio, e con un cigolio la porta si aprì.
  
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