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Autore: marea_lunare    19/07/2017    3 recensioni
Ormai è ben noto che per il consulente investigativo Sherlock Holmes mangiare non non rientra tra le priorità.
John, da buon dottore, per l'ennesima volta tenta di fargli ingerire qualcosa, ma il cocciuto ricciolino si rifiuta ostinatamente di mettere in bocca almeno un po' di purè. Perciò il nostro Watson, esasperato a livelli inimmaginabili, chiama in suo aiuto una forza della natura che porterà un vero e proprio ciclone nell'appartamento, per la gioia della piccola Rosie. Riuscite ad indovinare chi è?
Genere: Comico, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro personaggio, John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes, Sig.ra Hudson
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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I - John, non farlo! 

“Sherlock. Mangia” ordinò l’ex soldato Watson all’uomo seduto al suo fianco.

Rosie ormai aveva sei anni, perciò mangiava tranquillamente da sola.

Ora però, John aveva un altro bambino un po' troppo cresciuto di cui occuparsi: il cocciuto detective che sedeva al suo fianco e con cui aveva una
relazione da quando era nata Rosie, dopo la morte della moglie.

“John, ti ho detto che non mi va” rispose Sherlock.

“Per l’amor di Dio, possibile che debba essere Rosie a dare l’esempio a te e non viceversa?” sbuffò il dottore, mangiando un altro boccone di purè “La signora Hudson si danna l’anima ogni volta per preparare qualcosa che possa piacere anche al tuo palato sopraffino, ma per dispetto continui a non mangiare. Sei proprio infantile. Ti rendi conto che se io non ti avessi promesso…” s’interruppe lanciando un’occhiata a Rosie che li guardava discutere “delle cose a questo punto saresti già riverso sul pavimento per mancanza di cibo?”

“Oh, taci John. Mangiare è noioso, lo sai”

“No che non lo è, Sherlock. È vitale. Quindi ora smetti di comportarti da bambino di due anni e mangia.il tuo.pranzo”

“NO” rispose Sherlock fissandolo impassibile.

“Rosie, vuoi dire qualcosa tu a tuo zio?” disse John con un sorriso irritato e guardando la figlia, omettendo volontariamente il “prima che lo strangoli
con le mie stesse mani” che gli stava per sfuggire dalla bocca.

“Scusa papà, ma non so cosa dirgli” rispose la bambina facendo sporgere il labbro inferiore in un’espressione di scuse “Non ascolta te, perché dovrebbe ascoltare me?”

“Tranquilla tesoro, hai perfettamente ragione. Non è colpa tua, ma dell’uomo cocciuto che mi sono scelto come marito”

Ebbene sì, Sherlock aveva acconsentito a sposarsi, ma questa è un’altra storia.

“Lo so papà, però se lo hai sposato vuol dire che un po' te la sei anche cercata, no?” disse candidamente la bambina.

“Questa è la mia Rosie” sorrise il detective volgendo un’espressione soddisfatta al dottore, che continuò a mangiare rabbioso.

Una volta che lui e Rosie ebbero finito, Watson guardò di nuovo il consulente, furente.

“Sherlock. Ti ho detto che devi mangiare, perché è da ieri mattina che non metti qualcosa sotto i denti”

“John. Ho detto di no” rispose l’altro ostinato come un mulo.

Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.

Per anni aveva dovuto sopportare i suoi capricci infantili e non ne poteva veramente più.



“Ora ne ho abbastanza” disse, togliendo il suo piatto e quello della figlia, attraversando il salotto a lunghe falcate e scendendo velocemente le scale, andando nell’appartamento della signora Hudson.

Ogni suo passo era talmente forte che la casa sembrò sul punto di crollare su se stessa.

“Zio, penso che stavolta papà abbia superato il limite” sussurrò Rosie avvicinandosi al detective che la fece salire sulle sue gambe “Perché non mangi mai, zio? Non senti lo stomaco brontolare?”

“Mangiare è noioso, Rosie”

“Allora perché quando io non mangio, tu mi sgridi sempre?”

“Io non ti sgrido, Rosie, voglio solo che tu mangi per il tuo bene”

“Zio Sherlock, ti stai contraddicendo da solo. Sai che mangiare fa bene e che un essere umano non può non ingerire nulla per interi giorni, però quando si tratta di te non ascolti i tuoi stessi ragionamenti. Perché?”

Il detective la guardò leggermente stupito.

“Sai, a volte mi chiedo se tu in realtà non sia mia figlia e che John ti abbia adottata a mia insaputa” le disse dopo qualche secondo, dandole un buffetto sulla guancia.

In quello stesso momento, John risalì le scale con la stessa rabbia e pesantezza di prima, impugnando un foglietto su cui si poteva ben leggere una sequenza di numeri scritti con la calligrafia di Martha Hudson e tirò fuori il suo telefono.

“Chi stai chiamando papà?”

“Vedi tesoro” rispose John componendo il numero e appoggiando il cellulare all’orecchio “quando una persona è irritante e cocciuta, capisci di non poter far nulla per convincerla a fare qualcosa che non vuole. Perciò non rimane che chiamare un’entità superiore, quasi trascendentale, che ha il completo potere su quella persona”

“Stai chiamando Dio, papà?” gli chiese la figlia perplessa.

“Oh no, piccola mia. Molto peggio”

“John…” soffiò Sherlock mentre un’espressione di puro terrore si formava sul suo volto “Non…non osare fare ciò che io penso tu stia facendo”

“Zitti tutti, squilla” sussurrò il dottore.

“John, non hai la minima idea del guaio in cui ci stai cacciando! Che diavolo ti è saltato in mente?!” rispose Sherlock a voce alta, tentando di alzarsi senza far cadere la bambina.

“Rosie, bloccalo!” disse Watson con il suo tono da comandante che spesso usava con la figlia per scherzo, ma che allo stesso tempo la faceva saltare sull’attenti come se anche lei fosse un piccolo soldatino.

La bambina, all’ordine del padre, con una mossa repentina si aggrappò alle spalle del detective, mettendogli le mani sugli occhi per renderlo cieco.

“Andiamo, Rosie! Da che parte stai?” protestò il detective tentando di togliersela di dosso, ma la piccola era tenace proprio come suo padre.

“Dalla parte di chi capita!” rise gaiamente la bambina.

“Pronto? Sieger? Che piacere sentirla! Mi perdoni se la disturbo a quest’ora, ma avrei un urgente bisogno di parlare con sua moglie, riguarda Sherlock”

“John, fermati! Se la chiami sarà finita per noi!”

“John, caro, come stai?” cinguettò dall’altro capo del telefono la voce squillante di Violet Holmes.

Nell’arco di quei sei anni, in particolare dopo il loro matrimonio, i genitori di Sherlock avevano iniziato a vedere Rosie come una nipotina adottiva,
perciò capitava che li andassero a trovare a sorpresa, a volte interrompendo, ecco… dei momenti un po' intimi, causando l’ira più cupa di Sherlock e l’imbarazzo totale del povero dottore che, con il tempo, aveva smesso di sentirsi in soggezione con i suoceri.

“Signora Holmes, buon pomeriggio. Tutto bene, spero anche lei. Ascolti, devo parlarle di un problema urgente che riguarda suo figlio” iniziò il dottore.

Sherlock riuscì a liberarsi di Rosie, afferrandola in tempo ed evitandole un volo di un metro e settanta dalle sue spalle al pavimento.

“Papà, zio Sherlock si è liberato, scappa!” gridò la bambina ridendo ed aggrappandosi alla gamba del detective, un lembo della vestaglia azzurra dello zio le coprì la testa e le nascose i lunghi capelli biondi.

Holmes corse, o almeno ci provò, verso il marito che si trovava dall’altro capo del salotto.

“John, metti giù quel dannato telefono!” protestò ancora una volta l’uomo tentando di raggiungerlo, camminando come uno zoppo a causa dello scricciolo che aveva artigliato al polpaccio.

“Non si preoccupi, non si tratta di droga o casi di omicidio, ma…” continuò il dottore, guardando con un sorriso beffardo il consulente che tentava disperatamente di prendergli il telefono dalle mani.

“John, ti prego, così ci ammazzi tutti!”

“Oh zio, sei il solito esagerato!”

Rosie si stava divertendo come una matta, rideva di gusto e sapeva che lo zio, pur tentando di svinghiarsela di dosso, avrebbe sempre prestato la massima attenzione per non farle minimamente male.

“… si rifiuta di nuovo di mangiare”

“John, no!” sibilò Sherlock, compiendo l’ennesimo e minuscolo passo, mentre Watson se la rideva allegramente e si dirigeva verso la cucina.

“Tranquillo, caro, ci penso io. Posso parlare un attimo con la mia nipotina? Sono certa che lei mi saprà dire per bene cosa succede” rispose tranquillamente mamma Holmes.

“Certo, glie la passo subito. Tesoro lascia la gamba dello zio, la nonna ti vuole”

“Oh, nonna. Ancora mi commuovo a sentirmi chiamare così” disse Violet con voce rotta dall’emozione.

“NONNA!” gridò Rosie mollando di colpo la gamba di Sherlock che inciampò in avanti per l’improvvisa mancanza di peso.

Corse dal papà, gli prese il telefono dalle mani e si nascose dietro il tavolo della cucina mentre lui, notando Sherlock che tentava di raggiungerla sapendo che sarebbe stata un avversario facile da battere, si parò davanti al marito e venne travolto, così entrambi ruzzolarono a terra con un grosso tonfo.

Rosie scoppiò a ridere mentre parlava felicemente con la nonna.

“Tesoro, mi spieghi cosa succede?”

“Oh, nonnina, che scena che ti stai perdendo! Lo zio vuole prendermi il telefono così non posso dirti che è da ieri mattina che non mangia!”

“Rosie, no! Non dirle nulla, sta’ zitta!” sbraitò il detective, tanto che anche sua madre lo sentì.

Tentò di rialzarsi, ma John fu più svelto e gli fu di nuovo addosso, stavolta placcandolo per la schiena e gettandoglisi sopra a corpo morto.

“John, brutto ciccione, toglimiti di dosso prima che ti getti dall’altra parte della stanza!”

“Sherlock, non sono io che peso, sei tu che sei spesso come un filo d’erba”

“Te lo faccio vedere io il filo d’erba!” rispose con rabbia il detective, facendo pressione sulle braccia e alzandosi di colpo, facendo cadere John col sedere per terra.

“Wow, signor Holmes, proprio non me l’aspettavo” sorrise malizioso John, saltandogli sulla schiena esattamente come aveva fatto la figlia. Una volta
assicuratosi che la bambina non li sentisse perché troppo concentrata a parlare, si avvicinò all’orecchio del marito sussurrando “Magari tutta questa forza la potrai usare anche stasera a letto”



Quel tono così basso e sensuale.

Immediatamente Sherlock si bloccò sul posto, la bocca semiaperta dallo stupore e dal lungo brivido di piacere che gli aveva attraversato la schiena.

Notando quella sua momentanea distrazione, Watson lasciò all'improvviso l’uomo e gli si gettò di nuovo addosso, stavolta assicurandosi di tenergli ferme le braccia che, evitando di fargli troppo male, piegò dietro la schiena.

“Fregato, amore mio” rise di cuore, mentre il detective si dimenava sotto di lui come un’anguilla.

“John, sei un bastardo” sibilò Sherlock con odio.

Nel mentre, Violet Holmes dall’altro capo del telefono tentò di dissimulare la crisi di nervi che aveva in corso, o almeno evitò di urlare direttamente nell’orecchio della sua adorata nipotina bionda.

“Piccolina mia, ti dispiacerebbe mettere il vivavoce? Dai rumori che ho sentito direi che tuo zio è momentaneamente occupato”

“Oh si, papà gli si è seduto sopra per non farlo muovere” rispose la piccola avvicinandosi al detective e attivando il vivavoce.

“Fatto, nonna”

“Grazie Rosie, ora potresti tapparti un momento le orecchie?”

“Sì, nonna” ubbidì pazientemente la piccola, mettendo le mani a coppa per ovattare ogni rumore.

“Ha le orecchie tappate, Violet. Può parlare tranquillamente”

“Grazie John. SHERLOCK HOLMES DA QUANT’E’ CHE NON MANGI?!” sbraitò la donna con furore.

“Mamma, per piacere. Evitaci una delle tue scenate isteriche” sbuffò il figlio minore, alzando gli occhi al cielo.

“Sherlock, hai una minima idea di che cosa sia l’autoconservazione?” gli chiese il dottore, le gambe incrociate sulla schiena del marito.

“Che cosa intendi?”

“Intende, mio caro figliolo, che APPENA TI VEDO TI UCCIDO CON LE MIE STESSE MANI!” disse mamma Holmes “John, caro, grazie per avermi avvertita. Sarò da voi in due minuti”

“Va bene Violet, l’aspettiamo con piacere” disse John chiudendo la chiamata.
 


“Rosie, puoi toglierti le mani dalle orecchie. La nonna ci viene a trovare!”

“Davvero? Che bello! Ha detto se aveva un regalo per me?” chiese la piccola sovraeccitata.

“Non lo so, tesoro, ma conoscendola te lo porterà di certo” sorrise il dottore, alzandosi e tendendo la mano al marito per farlo alzare.

Ovviamente, Sherlock non glie la prese.

Quando si rimise in piedi, però, John notò con quanta meticolosità controllasse la fede in oro bianco che si erano scambiati durante la cerimonia nuziale, come se avesse paura di averla graffiata in qualche modo.

“Rosie, chiudi a chiave tutte le porte, ci penso io a quella dell’ingresso. Lo zio non deve fuggire”

“Si, papà” disse la bambina correndo fuori dal salotto.

Sherlock, sapendo che l’irreparabile era ormai accaduto, si accomodò sulla poltrona nera prendendosi il volto tra le mani, sentendo un’immensa disperazione crescere in lui come un’aura scura.

“John, hai una minima idea di che cosa diavolo hai combinato?” disse in tono seccato.

“Non me ne importa, Sherlock. Tu devi mangiare e affinché ciò accada posso affrontare tutte le Violet Holmes di questo mondo”

“Fortunatamente per te, ce n’è solo una”
 

“Porte chiuse, papà!” disse Rosie tornando in salotto, mettendosi sull’attenti e facendo il saluto come un vero militare, come John le aveva insegnato.

Lui rispose al saluto e, ridendo, disse “Soldati! Rompere le righe!” subito la piccola gli saltò in braccio, aprendo quell’enorme sorriso a cui mancava qualche dentino.

“Papà, posso chiederti una cosa?”

“Tutto quello che vuoi”

“Perché non hai usato il telefono dello zio Sherlock per chiamare la nonna? Avresti evitato di andare a chiedere il numero alla signora Hudson”

“Tesoro, lo zio ha una password per sbloccare il suo telefono e se non conosco quella password non posso usarlo”

“Tecnicamente sarebbe una sequenza di numeri, quindi un PIN. Quando parli di ‘password’ si intende una parola, ovvero una sequenza di lettere” chiarì Holmes, arrabbiato.

“Sempre il solito puntiglioso” sbuffò il marito.

“Papà guarda che ti sbagli, tu conosci il PIN!”

“No, tesoro, non lo conosco” le sorrise John.

“Invece ti dico di sì! Come potresti dimenticare la data del vostro matrimonio?”

“Shh, Rosie!” bisbigliò Sherlock, resosi conto troppo tardi di ciò che voleva dire la bambina.

Ci furono due secondi di silenzio, in cui John guardò esterrefatto prima la figlia, poi il consulente.

“Dici sul serio, Rosie?”

“Certo che dico sul serio! Provaci!” sorrise la piccola, dimenando le gambe per scendere.

John la mise a terra e la bambina raggiunse il tavolo della cucina, salì una sedia e afferrò il telefono di Sherlock, porgendolo al papà.

“Rosie…” provò il detective, ma seppe che non sarebbe servito.

Watson lo guardò esitante, abbassando lo sguardo sullo schermo dell’iPhone che chiedeva di inserire il PIN.

Rifletté qualche altro secondo, poi inserì la sequenza di quattro numeri.

1709.

17/09.

Il diciassette settembre.

Avevano deciso di sposarsi lo stesso giorno del loro primo incontro, quasi dieci anni prima.

Non appena anche il nove venne inserito nel tastierino, la schermata si sbloccò immediatamente.

“Sherlock…”

“John, io… Se vuoi posso cambiarlo…” iniziò il detective alzandosi in piedi per riprendere il telefono, ma venne interrotto dalle braccia di John che lo chiusero in un abbraccio.

Il detective sentì distintamente il battito cardiaco accelerato dell’ex soldato.

“E’ un gesto bellissimo, Sherlock. Grazie” sorrise Watson appoggiandogli una mano sulla testa riccia.

Il detective rispose al sorriso e Rosie si intrufolò tra di loro per farsi abbracciare anche lei.

“Ora vi date un bacino?” chiese la bambina.

“Se lo zio non si vergogna” rispose John sorridendo.

Sherlock volse un’occhiata allo sguardo implorante della figlia adottiva e cedette.

Non appena appoggiò una mano sul volto di John e gli si avvinò chiudendo gli occhi, il rumore assordante di un elicottero in atterraggio rimbombò per
tutta la via.

Rosie si guardò attorno spaventata e si aggrappò alla gamba di Sherlock, che le accarezzò la testa per tranquillizzarla.

“Che diavolo sta succedendo?” chiese Watson.

“È la fine, John” rispose Sherlock senza nascondere il panico nei suoi occhi “È arrivata mia madre”  







Note dell'autrice: Buonsalve a tutti! Come state? Eccomi di nuovo qui. So che vi sto tartassando con le pubblicazioni, ma che ci volete fare, adoro scrivere! *^* In particolare, stavolta sono tornata con una mini long in due parti, COMICA! Yaaaaay, finalmente! Dato che la long è diventata particolarmente angst, anche io avevo bisogno di svagarmi un attimo, perciò mi sono divertita come una pazza a scrivere questa fic, nata da una precedente idea che poi ho rielaborato e... questo è il risultato! La seconda parte ancora deve essere scritta e sinceramente non so quando riuscirò a pubblicarla, ma prometto di non farvi aspettare troppo, giuro. Intanto volevo strapparvi un sorriso in questa ennesima giornata di caldo asfissiante e spero che mi facciate sapere cosa ne pensate della storia, altrimenti, grazie anche solo per averla letta! Un abbraccio e ci vediamo lunedì ( o prima :P) <3 
PS: ZAN ZAAAAAAAAAAN, Violet Holmes alla riscossa! 
   
 
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