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Autore: changeling    19/07/2017    2 recensioni
Doveva essere una cosa rapida.
Un giorno solo, dicevano, più e una settimana di osservazione. Cinquecento dollari per non fare niente.
Doveva essere per il bene della scienza, anche, ma a rimetterci sono stato io.
Quell'esperimento ha stravolto totalmente la mia vita, il mio mondo, me stesso!
La colpa, ovviamente, è tutta degli scienziati, e il giorno in cui mi capiteranno tra le mani saprò come rifarmi. Ma c'è un'altra persona che ritengo responsabile. E' la causa principale di tutti i miei problemi da quel maledetto giorno. E' insopportabile, intrattabile, odiosa e, con mio sommo sconforto, sempre con me.
E' l'unica persona di cui non posso liberarmi. Perché è nella mia mente.
...
Agh! Ma che cazzo!
Genere: Mistero, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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#2_Milo
Come descrivere il mio rapporto con Jordan? Innanzitutto direi di cominciare specificando che a metterci in contatto era stata Reese. Il che è già tutto un programma. Da quello che ho potuto capire da ciò che mi ha raccontato (e anche da ciò che non mi ha raccontato), i due erano compagni di liceo, e lei aveva una cotta per lui. Tuttavia, le sue aspettative erano state deluse una notte di agosto del secondo anno, quando, durante una serata di baldoria, lo aveva visto in un locale gay... in compagnia. Tutt'ora non ho idea di cosa ci facesse la più assatanata eterosessuale che abbia mai conosciuto in un locale gay, ma resta il fatto che, una volta scoperto il suo segreto, Jordan le aveva promesso qualsiasi cosa purchè non lo raccontasse a nessuno. Reese gli aveva assicurato il suo silenzio gratis, e i due erano rapidamente diventati migliori amici.
Al college il rapporto si era raffreddato a causa, bè... di una relazione complicata, ma quando era sorto un problema inaspettato, alias: me, Reese aveva chiamato lui.
Dopo aver ascoltato la nostra situazione, e aver dubitato della nostra sanità mentale per diverse volte come qualsiasi persona sensata, eravamo riusciti a convincerlo, e Jordan, in mancanza di altre idee, si era offerto di introdurmi nel mondo dell'omosessualità.
Ora, soprattutto nei primi tempi, devo ammettere di aver fatto molta fatica ad adattarmi. Da una parte c'era il mio rifiuto dettato dalla logica e dall'abitudine, dall'altra c'era la spinta compulsiva da pervertito che da Reese filtrava in me e mi spingeva ad attaccare chiunque mi capitasse a tiro. Mi rendo conto che messa così sembra la psico-analisi di un serial killer, ma vi assicuro che la ninfomania (o, nel mio sfortunato caso, la satiriade, secondo wikipedia) non è così diversa.
Ad ogni modo, in questo caos di istinti contrastanti, Jordan era emerso come un'oasi nel deserto. Per prima cosa aveva soddisfatto i miei... bisogni. L'esperienza fu traumatica da diversi punti di vista per me, in buona parte probabilmente perchè fino a quel momento non c'era stata, ma sul momento la mia testa si svuotò del tutto, e quando mi risvegliai il mattino dopo scoprii che mi sentivo bene, più che bene, e che quel che era successo non mi era dispiaciuto affatto, anzi, al contrario. Anche questo mi creò altri problemi di per sè, ma quando mi resi conto che soffrivo di più a rimuginarci sopra che ad agire e basta, decisi di farmene una ragione. Di seguito, Jordan mi presentò un po' di persone, mi introdusse negli ambienti giusti e, nel complesso, fu il responsabile della mia nuova pace, fisica, mentale e spirituale.
Tuttavia, l'influenza di Reese si era rivelata un problema più insidioso del previsto, e anche se non incontravo molte difficoltà nel trovare compagnia, a volte avevo bisogno di stare con qualcuno che sapesse cosa stavo passando. Di nuovo, Jordan si era rivelato la mia ancora di salvezza. Andavo da lui periodicamente, per parlare, lamentarmi di Reese, e fare... altro, in situazioni in cui c'era il rischio che dalla mia bocca uscisse qualcosa di diverso da gemiti e grida.
Un'altra persona si sarebbe sentita usata, e sinceramente a volte mi sentivo un verme per questo, ma lui non aveva fatto una piega. Da bravo compagno dell'assatanata, era ben lontano dall'essere casto e puro, e aveva acconsentito a darmi una mano in momenti come questo.
Dopo l'appuntamento con Reese, andai a casa, presi la borsa con un cambio di vestiti puliti ed uscii di nuovo, avvisando il mio coinquilino che non sarei tornato fino al pomeriggio successivo. Presi la bicicletta e pedalai fino a Green Trench, passai il ponte sul Folds River e mi fermai davanti a un palazzo qualche isolato dopo. La zona non era male, essenzialmente tranquilla e decentemente frequentata. Jordan viveva da solo in un appartamento al terzo di sette piani, in un edificio marrone chiaro mezzo coperto di graffiti accanto a un bar irlandese. Smontai dalla bicicletta e me la caricai in spalla, salendo i cinque gradini fino al portone, poi citofonai. Dopo qualche secondo la porta scattò e si aprì. Portarsi una bicicletta in braccio per tre piani di scale strette non era esattamente l'ideale, ma io ormai c'ero abituato, e arrivai al suo pianerottolo in pochi minuti. Jordan mi aspettava appoggiato allo stipite del suo interno con la solita faccia strafottente, e sentii di nuovo montare l'acquolina in bocca. Il cameriere del bar era carino, ma Jordan... bè, lui era di tutto un altro livello. Occhi azzurro ghiaccio, capelli biondo cenere dai riflessi platino, sorriso smagliante. Il suo corpo era scolpito da ore e ore passate a nuotare al mare o nella piscina dove lavorava come istruttore. Non avevo difficoltà a capire come mai Reese si fosse infatuata di lui, o come mai succedesse alla maggior parte delle persone che lo conoscevano. Probabilmente io stesso avevo una cotta. Non ne ero del tutto sicuro, ma d'altronde lui era stato la mia prima volta, e non aveva mai smesso di aiutarmi. Forse ero già più preso da lui di quanto pensassi.
-Milo- mi salutò scostandosi dalla porta. Anche la sua voce, naturalmente bassa e seducente, sapeva di peccato. I miei occhi scivolarono involontariamente sui bicipiti flessi e le braccia incrociate. Ingoiai la saliva e cercai di sorridere.
-Sempre il solito esibizionista.- scherzai accennando ai suoi vestiti. Indossava una maglia a maniche corte con lo scollo ampio che gli scopriva la maggior parte del petto e pantaloni al ginocchio a vita bassa. Così tanti bei muscoli in bella vista. Jordan allargò le braccia, giusto per mostrarne altri.
-Chi dei presenti si sta facendo bello tenendo in braccio venti chili di bicicletta?- ribattè, ammiccando.
Alzai gli occhi al cielo e lasciai che le ruote toccassero terra. Jordan mi fece strada e mi aiutò a parcheggiare nel suo salotto, come al solito. Mentre lui sistemava il blocco, io mi tolsi borsa e giacca e le poggiai sul divano. Quando mi voltai di nuovo, me lo ritrovai davanti a pochi centimetri di distanza. Si tese oltre la mia spalla con espressione fintamente infastidita per prendere le cose che avevo appena posato. Mi irrigidii. Il calore che avevo cercato di tenere sotto controllo tutta la giornata schizzò su per il collo e si depositò sul retro della nuca, mandandomi in corto il cervello. Il suo odore mi fece girare la testa. Aaaaah...
-Ti dico sempre di non posare la roba sul divano... Milo?-
Le mie mani si stavano muovendo da sole. Giuro che non avevo intenzione di infilarle sotto la sua maglietta. Aprii la bocca per spiegarglielo, ma quello che uscì fu un suono inarticolato pieno di desiderio che mi avrebbe spinto a cercarmi un buco e buttarmici dentro, se solo fossi stato abbastanza lucido. Profumava di sole e sale, e la mia eccitazione salì di un altro gradino sulla scala della frenesia, al punto che ebbi il volatile sospetto che anche Reese fosse tornata a casa e avesse ripreso a festeggiare con Vincent. Jordan emise un verso sorpreso di apprezzamento che attizzò nuove scintille in me, rendendomi più temerario del solito. Feci scivolare le dita di una mano lungo gli addominali scolpiti, e poi più giù, mentre con l'altra tracciavo il profilo del suo collo. Sotto il mio tocco, sentii i battiti del suo cuore aumentare, e registrai vagamente il suono soffocato delle mie cose che atterravano di nuovo sul divano mezzo secondo prima che Jordan mi prendesse per i fianchi e cominciasse a restituire il favore. Mugolai internamente, approvando.
- Sei un piccolo diavolo...- mi sussurrò nell'orecchio. Volevo protestare e dirgli che il diavolo non ero io, ma la mia bocca si ritrovò improvvisamente impegnata. Abbandonai gli ultimi brandelli di lucidità che mi erano rimasti e mi lasciai andare.
  
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