Serie TV > The 100
Segui la storia  |       
Autore: Lupe M Reyes    19/07/2017    4 recensioni
A Blair piace fare i turni di notte alla biblioteca dell'Arca. Fino alla sera in cui il Cancelliere Jaha non si presenta alla sua porta... Per impedirgli di inviare sulla Terra John Murphy, Blair cede al ricatto e contribuisce al progetto sui Cento. Ma l'incontro con Bellamy Blake cambierà ogni equilibrio. Fino al giorno in cui non diventerà lei stessa la persona numero 101 a raggiungere la Terra.
[Arco temporale: prima stagione]
Personaggi principali: Blair (personaggio nuovo), Murphy, Bellamy, Raven, Clarke, Jaha
Personaggi secondari: Finn, Octavia, Kane, Abby, Sinclair, Jasper, Monty
Genere: Drammatico, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin, John Murphy, Raven Reyes
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
IERI E OGGI
 
E’ ormai mattina quando Kane e la signora Griffin escono dalla biblioteca.
Resto paralizzata davanti alla porta d’ingresso, nel silenzio delle prime ore del giorno. Ho la testa svuotata. Sento le guance bagnate, il collo umido, forse sto piangendo.

Avverto il rumore di passi alle mie spalle quando la guardia è già a pochi metri da me. Sussulto e mi volto; ho il tempo di accorgermi che sta correndo nella mia direzione prima che lui senza rallentare mi raggiunga e mi travolga. All’impatto contro il suo petto il colpo mi mozza il fiato. Barcollo all’indietro, trascinandolo con me; d’istinto mi sono aggrappata alle sue spalle.
Mi stringe le braccia con forza, i polpastrelli delle dita si immergono nella mia carne. Sto per lasciarmi sfuggire un’esclamazione di dolore, ma lui ha già ammorbito la presa. Si abbassa un po’ sulle ginocchia per portare il viso alla mia altezza. Mi scuote, e vedo che si sta trattenendo dal farlo con più energia.  
“Hai capito cosa sta succedendo?”
“Sì che ho capito. Tu hai sentito tutto?”,
gli chiedo, scrollandomi  nel tentativo di liberarmi. Sto cercando almeno di allontare il mio viso dal suo. Ma non riesco a smuoverlo di un millimetro. Vorrei mi rispondesse, così posso capire quanto sono nei guai. Se davvero ha sentito tutto...
Ma lui guarda dritto negli occhi, impassibile:
“Dobbiamo parlare."
"Mi lasci, per favore?"
"Non posso far…”
“Chi hai tra i Cento?”
Lui si acciglia all'istante. Indugia sui miei occhi per qualche momento ancora.
Allora si solleva, lasciandomi andare. E poi dice una cosa che se non fossi già irrimediabilmente sconvolta, mi ribalterebbe:
“Mia sorella.”
Il suo volto non viene incrinato da nessuna espressione. Invidio il suo autocontrollo, è la prima cosa che mi ha colpito di lui, ancora prima del modo di muoversi, della capacità di comunicare tutto con lo sguardo, della fermezza: l'autocontrollo. 
“Tua…?”
“Sorella. Mia madre è stata espulsa per averla avuta e lei è in isolamento, perché è minorenne. Octavia ha vissuto tutta la sua vita nascosta, non è mai uscita dal lotto. E poi…”
“Tu sei il fratello di Octavia Blake, la ragazza sotto il pavimento?”
Lo vedo rabbuiarsi.
Scommetto che lo sa, quanto rumore ha fatto la notizia, quando si è saputo. Il nome di Octavia e la sua foto hanno girato come trottole sugli schermi dell’Arca per settimane. Difficile ignorarle.
“Tua sorella è così bella che da fastidio.”
Lo prendo in contropiede e gli strappo un microscopico accenno di sorriso. Ho detto quello che avrebbe detto John nella mia situazione, una cosa inappropriata e assurda. Che ha funzionato.
Continuo a faticare ad immaginarmelo sorridente, con un vero sorriso sincero. Chissà come cambierebbero i suoi occhi, questi pianeti neri capaci di parlarmi. 
Lui si ostina a fissarmi intensamente, in tralice. Mi sta valutando.
Cerca di capire quanto io abbia colto delle implicazioni del progetto Cento. Cerca di capire se posso essere una complice o una spina nel fianco. Se sto con Kane o con lui. Se sono la pecora che obbedisce o il cane rabbioso che decide per sé.
Io, che ancora non l’ho deciso, cerco di farlo ragionare:
“Non è detto che anche lei sia tra i Cento, comunque. Potrebbero non averla selezionata. Avranno più di cento ragazzi, lì dentro.”
Lui finalmente guarda altrove, incrociando le braccia al petto. Io scopro di riuscire a respirare un po' più a fondo se lui non mi osserva.
“Non lo so. Octavia è forte e intelligente. Io manderei sulla Terra qualcuno che possa cavarsela.”
Non posso dargli torto, perciò resto in silenzio. Finché il led dell’ingresso non si illumina automaticamente facendo comparire un orologio lampeggiante.
“È finito il mio turno. Se non vuoi che ti scoprano devi andartene.”
Lui si sta già aggiustando l’arma alla cintola. Raggiunge la porta d’ingresso prima che possa accorgermene. Il soldato è tornato nei ranghi. 
“Dobbiamo parlare.”, ripete, con lo stesso tono con cui si danno gli ordini.
Annuisco.
Sono sfinita. Sono troppo sovraccarica di informazioni ed emozioni per valutare cosa significhi che una guardia al soldo del Governo sia venuta a conoscenza di un segreto di Stato a causa mia, un segreto che se rivelato potrebbe scatenare il caos sull’Arca e distruggere John e me.
Lo so che è patetico, ma penso a mio padre, che se morissi morirebbe. Penso a mia madre.
Sì, devo poter avere una visione delle conseguenze il più precisa possibile prima della prossima mossa. Qualunque essa sia.
Striscio il Pass e la porta si attiva. Il fratello di Octavia Blake sparisce dietro l’angolo senza voltarsi indietro.
Mi chiedo se per me sia un possibile alleato o soltanto un altro problema. Mi scopro a provare del vero sollievo quando mi immagino che oggi stesso scoprano che non ha obbedito agli ordini e lo eliminino per alto tradimento.
Fintanto che muore tenendo la bocca chiusa.
 
****
 
“Ancora con questo Ettore?”,
mi chiede John, sollevando i begli occhi al soffitto.
Quando li spalanca in questo modo diventano davvero enormi. Non ho mai visto il mare, ma me lo immagino del loro colore.
Mi sta giudicando, e oggi va peggio del solito: si mette a fissarmi con le palpebre a mezz’asta e un broncio da manuale. Se mi offendessi ogni volta che mi guarda con quell’espressione, passerei la vita a piangere in un angolo. Ma John mi ha temprata al giudizio altrui. Scrollo le spalle e mi aggiusto meglio sul divano.
Lui prosegue, e come sempre quando è davvero esasperato, strascica le frasi con una cantilena che è solo sua:
“Fai tanto la letterata spocchiosa, la maestrina, sempre con la puzza sotto al naso, e Tom Sawyer qui e Checov là, a crederti tanto intelligente e oh mio dio il congiuntivo!, la principessina del settore quattro…”
“Stai anche arrivando ad un punto?”
“…tutta altezzosa e precisina e poi ti prendi una cantonata per un tizio a caso visto una sera, soltanto perché era carino. Sei come tutte le altre.”
Stiamo mangiando insieme nel salotto di casa mia, davanti alla televisione. Stasera non danno niente di interessante e comincio a pensare che ormai io e John abbiamo guardato tutti i film mai prodotti dal genere umano.
Il dramma di vivere in un bunker sospeso nello spazio è che ad un certo punto le attività ricreative tendono a ripetersi. Eccettuato il cinema, le passeggiate su e giù per il ponte panoramico, un giretto al mercato nero, i libri e il sesso, non c’è tanto altro su cui puntare. Ah, già, qualche stramaledetta festa in maschera. Una di quelle feste dove può capitarti di incontrare l’uomo della tua vita e poi perderlo per colpa di un allarme antincendio.
“Mi aiuteresti a trovarlo?”
“E come pensi di riuscirci, se posso chiederlo?”
“Non lo so. Per questo mi serve il tuo aiuto.”
“Mostro, non fare così…”
Mi chiama Mostro sin dal nostro primo incontro, quando a lui dovevano ancora cadere i denti da latte e io non sapevo nemmeno leggere. Il nomignolo mi è rimasto attaccato addosso attraverso tutta l’infanzia e l’adolescenza e temo che ormai mi seguirà fino all’espulsione.
Gli strattono la maglietta.
“Ti rimedio il numero di Catherine Boole.”
“Ce l’ho, il suo numero.”
“Ti rimedio il reggiseno di Catherine Boole.”
John sospira, plateale.
“Ok, ok… Ti aiuto a trovare questo Ettore. Ma è solo perché non ho niente di meglio da fare.”
Trascina i piedi sul divano e a gambe incrociate si sistema di fronte a me, che lo imito. È raro che si entusiasmi per qualcosa, di solito è impegnato a far capire al mondo che niente tange John Muprhy. Infatti anche adesso ha la faccia di chi preferirebbe dormire, piuttosto che darmi corda.  
“Allora, cosa sai di lui?”
“A parte che è torvo e fascinoso e risponde all’ideale letterario del colpo di fulmine?”
“Sì, a parte quello.”
“Niente.”
Finalmente sta per sorridere, lo vedo dalla fatica che fa a tenere le guance al loro posto.
Mi appoggia entrambe le mani sulle ginocchia, regalandomi uno dei suoi sguardi da ladruncolo, dal basso vero l’alto, sornione, antipatico:
“Blair, stai perdendo il cervello. Non sei carina, non ti conviene diventare anche stupida.”
“Cioè, capito? Era tutto serio e ingrugnito e non ballava. Come Darcy!”
“Darcy? Di che anello è?”
“Però in realtà non mi sembra un Darcy. Mi sembra un Gabriel, Gabriel Oak. Un uomo adulto, determinato...”
“Parli di nuovo di gente che non esiste, vero?”
“No, no, scherzavo, scherzavo. Oak è troppo mammoletta, sta dietro alla tipa per vent’anni prima di riuscire a farsela…”
John crolla con la schiena sul divano, con un braccio sotto la testa e gli occhi di nuovo rivolti al soffitto:
“Perché siamo amici?”
“Lui è un Rhett!”
John mi guarda, controvoglia.
“Rhett Butler?”
“Sì! Esatto! Ma hai letto il libro?”
Fa un gesto nell’aria con la mano.
“Ho visto il film.”
“Sì, beh, comunque. È un Rhett.”
A questo punto John riprende il bicchiere che aveva posato sul tavolino basso di fianco a noi e butta giù l’ultimo sorso di vino.
È illegale bere per i minorenni. Ma Monty Green ci aveva fatto uno sconto riservato ai clienti di fiducia e ne avevamo approfittato. 
John mi punta addosso il bicchiere. Come me, ha spesso le occhiaie, due mezzelune violacee. Solo che le mie mi fanno sembrare uno degli amichetti strafatti del suddetto Monty Green, mentre sul suo viso l’effetto è opposto: le linee scure riescono a far risaltare per contrasto il colore delle sue iridi, che ad ogni movimento dello sguardo si fanno cangianti, ora blu, ora azzurri, ora verdi… Il mare calmo, il mare in tempesta, il mare profondo.
Io sono un Rhett. Un sarcastico egoista senza scrupoli.”
Fa una pausa, lasciando comparire il suo sorrisetto fanfarone.
“Ma super affascinante.”,
specifica, e il suo sopracciglio fa un guizzo verso l’alto. Mentre lo dice, con quegli occhioni da bambino su quella faccia da delinquente, è difficile dargli torto.
“E va bene, hai ragione. Tu sei Rhett. Lo stronzetto col cuore d’oro. Lui è…”
Guardo in alto, in cerca di ispirazione, di un paragone calzante, qualcosa che possa rendere la sensazione che mi aveva stretto lo stomaco quella sera quando avevo visto Ettore e che tornava ancora a scaldarmi la pelle, al solo pensiero.
John riempie per l’ultima volta i bicchieri e posa la bottiglia vuota in terra. Prendo il bicchiere che mi viene porto, di nuovo pieno. E poi faccio spallucce, perché la risposta è più semplice del previsto:
“…lui è Ettore. Avevo ragione fin dall’inizio. È l’eroe vero. Forte, incorruttibile, alto.”
“Alto?”
“John, non lo troveremo mai. Indossava una maschera e un lenzuolo gigante addosso. Ho visto mezza porzione dei suoi occhi per mezzo secondo… Ero brilla anche quella sera e stavo ad almeno dieci metri di distanza...”
“Però sei riuscita ad innamorartene lo stesso. Ti ascolti, quando parli?”
Facciamo tintinnare i bicchieri in un triste brindisi e li scoliamo in un sorso solo.
Guardo il suo bel profilo, il modo assurdo in cui si taglia i capelli. Si rasa praticamente a zero, da quando ha avuto il potere di decidere per sé, ha optato per questo stile da nazista che non saprei dire se gli dona o no. Non ricordo più com’era prima, quando portava i capelli da persona normale. Ha il tic di passarsi una mano su e giù sulla nuca, quando è nervoso. E lo ha appena fatto due volte di fila.
Gli appoggio una mano sulla gamba.
“Sei la mia persona preferita.”
“Sarà bene.”,
mi risponde, poi si alza all’improvviso prendendosi il mio bicchiere e iniziando a sistemare.
Si sta ancora arrovellando su Ettore, potrei giurarci. Sarà lui a fargli prudere la testa?
“Mostro, non possiamo andare in giro per l’Arca a fermare tutti i ragazzi alti mettendogli una maschera e ordinandogli di farti gli occhi dolci da dieci metri per trovarlo.”,
mi dice, arreso all’evidenza.
E invece io lo guardo illuminata.
John si blocca e inclina la testa da un lato, rendendosi conto, di fronte alla mia faccia esaltata, di essersi messo nei guai con le sue stesse mani.
Ora non sorride, nemmeno col suo sorriso a metà.
“Oh, no. No, Blair. No. NO.”
 
Avevamo dovuto finire un’altra bottiglia prima di trovare l’ispirazione per metterci in moto ma poi eravamo filati fuori dal lotto e ci eravamo messi a correre su e giù per i ponti, gli anelli e ogni blocco di ogni sezione, fermando qualsiasi ragazzo tra i diciotto e i trent'anni di almeno un metro e ottanta con gli occhi castani (non avete idea, ce ne sono un’infinità a spasso) e John gli metteva una mano sulla faccia coprendogliela quasi tutta mentre io me la ridevo, senza ovviamente riconoscere nessuno. John ha rischiato anche di prendersi qualche sberla, durante l’operazione.
Eravamo tornati a casa esausti e con la pancia dolorante per le risate.
Ci eravamo salutati con leggerezza, nonostante avessi notato le guance arrossate di John e il calore della sua fronte quando lo avevo costretto a piegarsi per porci un bacio.
Avevo imputato i suoi occhi lucidi al vino e non alla febbre, la sua stanchezza alle nostre scorribande e non alla malattia.
Ero brilla e allegra e nemmeno per un secondo avrei potuto immaginare che quello che avevo appena vissuto fosse il nostro ultimo giorno felice e l’inizio della fine. 


****
19/07/17
Il mio povero pc è imploso su sé stesso, lasciandomi qualche giorno senza internet - perdono! In ritardo, ma eccoci. 
Fatemi sapere che ne pensate (il prossimo aggiornamento sarà più veloce - e sarà tuuuuutto un capitolone con il nostro B.Blake).
Pixel, so già cosa stai pensando: cosa hai fatto ai capelli di John?! Tranquilla, in galera gli son cresciuti, quando Blair lo rivedrà sarà il John che conosciamo.
A presto!,
LRM
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > The 100 / Vai alla pagina dell'autore: Lupe M Reyes