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Autore: 50shadesofLOTS_Always    20/07/2017    3 recensioni
Dal testo: "Non riceve una lettera da anni. Si chiede chi possa avergli scritto e gira quella strana busta più volte,scrutandola perfino in controluce ma non trova il mittente. Decide di aprirla ed estrae il foglio, dove nota subito gli aloni circolari di quelle che, capisce per istinto, sono lacrime. Un angolo invece è macchiato da qualcosa di rossiccio, forse un liquore."
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Per la serie "quando fangirlare diventa patologico". Un piccolo esperimento per cui sicuramente mi condannerete.
[probabile OOC di Tony/perchè il trauma di IronMan 3 è ancora vivido]
Genere: Angst, Drammatico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Rhodey' Rhodes, Jarvis, Natasha Romanoff, Tony Stark
Note: Cross-over, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
- Questa storia fa parte della serie 'Stark's Mind'
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Nota pre-capitolo: il corsivo indica i pensieri di Tony, la storia prende avvio da Iron Man 3 dal momento in cui Pepper cade tra le fiamme. Buona lettura!

Bugiardo, bugiardo, bugiardo.
Continui a ripetertelo da quando l’hai vista sparire in quell’inferno di lingue bollenti.
Sapevi che non potevi prenderla e le hai mentito. Ancora. Ti è scivolata tra le dita e l’ultima cosa che le hai detto non è stata una frase romantica o una delle tue pessime battutacce.
Bugiardo, bugiardo, bugiardo.
Ti è scivolata tra le dita e l’ultima cosa che le hai detto è stata una promessa non mantenuta, una menzogna. Un’altra.
 
E’ morta.
 
Non l’hai presa, è caduta nel vuoto ed è morta. La colpa è tua, Tony. Solo tua.
 
Per la prima volta in tutta la tua schifosa e inutile vita, gli occhi ti si riempiono di lacrime. Lacrime che bruciano come le fiamme sotto di te, che ormai hanno consumato e distrutto l’unica scelta impulsiva che ti ha dato bellezza, l’unica ragione per la quale il tuo cervello ordina involontariamente ai polmoni di gonfiarsi di ossigeno. Fissi sbigottito il punto in cui hai perso il suo sguardo e, puoi giurare di averci visto la delusione e la velata accusa del tuo ennesimo errore.
 
Stringi le palpebre, i denti e i pugni. Ti alzi, le ginocchia che tremano come se fossero gelatina ma l’adrenalina del sangue si nutre dei tuoi sensi di colpa e, sei in piedi di fronte a Killian. Lo guardi e fingi che sia tu stesso, così da poterti prendere a pugni. Così da poterti punire.
 
*
Le porte dell’ascensore si aprono e la voce atona di J.A.R.V.I.S ti accoglie, come sempre. Lui non sa che cosa è accaduto, così glielo dici e per un attimo anche lui se ne sta zitto prima di dirti.
« Mi dispiace, Signor Stark. Condoglianze ».
 
Speri che sia frutto di uno scherzo del tuo stesso genio, che sia un crudele inganno del tuo animo devastato dagli eventi di New York. Speri addirittura di avere lo stress post-traumatico che tanti volevano che avessi, e che ciò che stai vivendo sia un’allucinazione.
Poi ti guardi intorno mentre la violenza del silenzio ti stordisce, più dei Black Sabbath a tutto volume. Muovi un passo dentro quell’appartamento e la chiami.
« Tesoro? ».
 
Niente. La chiami di nuovo, forse è in bagno.
« Pepper? ».
 
Niente. Allora chiudi gli occhi, inali un sospiro che conserva ancora le sue molecole e ti dici che sei stanco. Che quando aprirai gli occhi, lei sarà seduta sul divano ad aspettarti con una flûte di champagne tra quelle graziose dita. Ci credi e sollevi le palpebre pesanti, ma capisci che sei un patetico sciocco.
 
E’ morta.
 
Non tornerà a casa e senti un brivido gelido lungo la schiena. Vorresti fermarlo, ma non sai come fare perché non lo avevi mai provato. Non con questa intensità. Così lasci che ti investa che raggiunga tutte le tue terminazioni nervose e vorresti essere percosso e torturato fino all’insensibilità, fino al dissanguamento. Tutto, meglio di quella sensazione di pura solitudine che avevi provato solo un’altra volta prima di questo momento.
Ti priveresti di cibo, acqua e vestiti se solo potessi tornare indietro nel tempo. Indietro a quel preciso istante in cui le vostre mani si sono sfiorate, per afferrarla e tirarla verso di te. In salvo come le avevi promesso. Perché ti basterebbe lei per saziarti, abbeverarti e riscaldarti.
Ti basterebbe lei per non sentirti vuoto e freddo come quell’immobile che ti ostinerai a chiamare casa, solo perché sei un eccentrico bastardo e non ti piace che gli altri vedano quanto in realtà tu sia poco Iron Man.
 
Vai in camera, è un supplizio ma lo fai perché speri che l’emicrania passi. Ma non così in fretta e lasci le luci accese, che non fanno altro che peggiorare il malessere, perché ancora non hai finito di punirti.
 
Continui a fissare il soffitto, immobile su quel letto su cui ti sei disteso tante volte ma che adesso sembra orribilmente grande. E’ solo la tua percezione. E’ solo l’assenza del suo corpo caldo a renderlo così.
Ti giri su un fianco, in cerca dell’abbraccio di Morfeo che decide di lasciarti insonne, come un giudice impassibile. Ti senti come un assassino che spera in un ergastolo al posto della sedia elettrica. Ma tu la vorresti quella sedia, perché con lei sei morto tu questa sera e ancora non hai finito di punirti.

Eppure hai bisogno di dormire perché le tue membra bestemmiano come peccatori in chiesa.
Ti alzi di nuovo e trovi la bottiglia di vodka che avevi lasciato per condividere con gli amici. Ma tu non hai amici, non li hai mai avuti perché sei un eccentrico bastardo e non ti piace che la tua felicità dipenda da qualcuno oltre che da te stesso.
 
Stappi la bottiglia, la porti alle labbra e mandi giù il primo sorso, che scivola nel tuo stomaco forse vuoto perché non ricordi nemmeno sei hai mangiato. L’alcol brucia in bocca, nella gola e nel ventre come le fiamme in cui l’hai lasciata precipitare.
 
Mandi giù il secondo sorso e l’alcol brucia ancora, ma non t’importa perché ancora non hai finito di punirti.
 
Passano le ore e il cielo cambia, sfumando verso il viola dell’alba ancora lontana. L’alcol ormai non brucia più, ma adesso oltre al mal di testa hai una forte nausea. Continui a bere, stavolta la tequila perché ancora non hai finito di punirti.
 
Le stelle brillano sulla città ed è l’unico spettacolo che puoi permetterti. Prima ad illuminarti il viso non era un pallido satellite osannato dai poeti, ma le migliaia di costellazioni di efelidi che punteggiavano la sua pelle di porcellana. Qualcosa ti distoglie dalla tua contemplazione, un suono. Nella confusione della sbronza capisci che è il trillo dell’ascensore. Ti volti lentamente così da poter illuderti che sia lei, che torna dalle Industries, distrutta ma bella come quando, ogni mattina, l’hai osservata prepararsi ed uscire dopo averti salutato.
Ma non è lei, è Rhodey in abiti civili. J.A.R.V.I.S lo accoglie, come sempre e capisci dall’espressione vittoriosa che nemmeno lui sa che cosa è accaduto, così glielo dici.
« Mi dispiace, Tony ».
 
Non rispondi perché vorresti solo urlare. Vorresti piangere, ma non lo fai perché sei un eccentrico bastardo e non vuoi che gli altri sappiano quanto tu sia debole senza l’armatura.
 
*
Il sole è sorto in un nuovo giorno, ma tu non hai dormito per niente. Hai passato la notte riverso sul pavimento, lungo il tragitto verso il bagno, dopo che sei caduto per le vertigini. Hai vomitato anche l’anima, ma tu l’avevi venduta al diavolo o forse non l’hai mai avuta. Hai vomitato le budella e poi sei rimasto lì, rannicchiato in posizione fetale come il peggiore dei barboni.
Non rispondi al telefono che poche ore dopo comincia a squillare e ti limiti a guardarlo suonare ininterrottamente, appuntandoti mentalmente i nomi che vedi susseguirsi sul display: Rogers, Banner, Romanoff, Barton, Rhodey, Fury, il Presidente degli Stati Uniti d’America, Hill e di nuovo Rogers, Banner, Fury, Romanoff, Rhodey, Fury, il Presidente degli Stati Uniti d’America, Hill e… Pepper.
Sbatti le palpebre e riprendi la conta: Rogers, Banner, Fury, Romanoff, Rhodey, Fury, Pepper, il Presidente degli Stati Uniti d’America, Hill e… Pepper.
Prendi quell’affare e controlli ogni nome ma come già sapevi, te lo sei immaginato. Perfetto, ora hai la prova che sei impazzito. Andato come i peggiori criminali.
Ancora Rogers, Banner, Romanoff...
Prendi quell’affare e lo lanci contro il muro, si rompe.
J.A.R.V.I.S ti avvisa di ogni chiamata o messaggio in segreteria e allora biascichi la tua prima parola dopo dodici ore, che però ti sono sembrate dodici anni.
« Muto ».
 
E finalmente ti lasciano in pace a smaltire la sbornia senza l’ausilio di una doccia o di un’aspirina, perché ancora non hai finito di punirti.
 
*
E’ di nuovo notte e conservi i postumi dell’ebbrezza ma non li hai sedati, anzi. Hai continuato a bere perché ancora non hai finito di punirti.
 
Il letto è ancora più grande, lo guardi poi ti allontani mentre ti spogli, diretto verso il bagno perché non vuoi contaminare quelle lenzuola, che fino a pochi giorni prima le avevano accarezzato le curve.
Ti fai una doccia, strofini le braccia con forza fino a farti male e speri che nel farlo, spariscano anche le tue colpe. Non funziona, non importa.
Esci dal bagno e resti sulla soglia a fissare il vostro nido. Te la immagini, distesa come una sirena al centro del materasso, che ti aspetta per regalarti qualcosa che hai cercato disperatamente in altre, troppe donne, prima di lei. Amore.
Prima di renderti conto, genio, che era sempre stata lei a salvarti in Afghanistan. Yinsen lo aveva sempre saputo pur non conoscendo né te né lei, che era tutto ciò di cui avevi bisogno.
 
E’ morta.
 
Ti avvicini, nudo perché vuoi sentire le sue carezze senza barriere.
Con un ginocchio ti appoggi, lasci scivolare le palme delle mani aperte sulle lenzuola inamidate, immaginando che sia la sua pelle cremosa sulla pancia piatta e, i fianchi snelli che le pizzicavi perché vi divertiva.
Ti distendi prono ma con cautela per non schiacciarla e affondi il viso nei cuscini, immaginando che siano i suoi capelli ramati e setosi, come il raso della camicia da notte che indossava l’ultima volta che avete fatto l’amore.
Inspiri il suo profumo esotico, immaginando che sia quello che percepivi quando la punta del tuo naso percorreva linee invisibili sulla sua clavicola e le tue dita le stuzzicavano i capezzoli fino ad inturgidirli.
Poi ti puntelli sui gomiti, fissando le coperte e la rivedi mentre giocava con te. Ti sorrideva e ricambiavi, ti sentivi un ragazzino alla prima cotta. I suoi occhi azzurri e limpidi scavavano in te e affogavi quando raggiungevano il meglio di te sotto il sarcasmo, il narcisismo e altri mille difetti. I peggiori per qualsiasi essere umano.
Premi la faccia sul materasso con forza, fino a soffocare, immaginando di nuovo che sia lei. Che siano le sue labbra dolci che sapevano di fragola, anche se lei ne era allergica, su cui c’era il tuo nome mentre ansimava, gemeva e ti faceva sentire un uomo completo.
 
Era il biglietto omaggio, la tua entrata al paradiso che non meriti, perché sei un eccentrico bastardo e lei era il tuo angelo custode.
 
Finalmente urli, come se qualcuno ti stesse strappando il cuore dal petto. E forse è così, lo sapevi e lo sai che non la meritavi, né la meriteresti adesso. Perché come al solito pensi prima a te stesso, per appagare quell’insulso desiderio di avere qualcuno accanto.
Finalmente piangi, come non facevi dalla morte di tua madre. Continui a piangere le lacrime che hai ricacciato in fondo allo stomaco, aiutato dall’alcol. E vorresti vomitare l’anima che forse lei era riuscita a riavere indietro per conto tuo, e a custodirla come se ne valesse la pena.
 
Per la prima volta non t’importa se qualcuno dovesse vederti in questo stato perché anche se sei un eccentrico bastardo, hai uno spasmodico bisogno di amore.
 
Stringi al petto i guanciali e ti copri, immaginando che siano le sue braccia esili a cingerti come quando avevi gli incubi.
Continui ad urlare e a piangere finché la tua mente non si perde fra i ricordi dei momenti che hai vissuto con lei. E ti abbandoni esausto, afono e dolorante, a quel limbo in cui hai cominciato a fluttuare quando hai messo piede in quella casa.
 
Finalmente Morfeo ti cede una tregua, ma tu non hai ancora finito di punirti.
 
*
Non sai da quanto tempo sei lì, sotto le fronde di quel cipresso. Indossi lo smoking che avevi quando avete ballato insieme alla serata di beneficenza, ma il papillon slacciato perché vorresti che si avvicinasse a te per annodarlo, come aveva fatto con la cravatta poco prima della conferenza stampa, organizzata dopo lo scontro con Obadiah.
 
Probabilmente sei lì dall’alba, molto prima dell’inizio della cerimonia quando hai indossato i Ray-Ban con le lenti più scure che avevi, per evitare che potessero guardarti negli occhi e leggerti. Non puoi permetterlo perché, così come il porgerti le cose, era un suo privilegio.
Hai visto un gruppetto di persone, avvicinarsi alla lapide già scolpita fra tante altre in quel parco così tranquillo e pacato, come sei tu adesso.
Ma il suo corpo non c’è e quella sotto due metri di terra è una bara vuota, come sei tu adesso.
 
Durante il funerale, fra quelle persone, hai visto Rhodey e poi poco lontano anche Steve e Natasha. Sei rimasto immobile e distante, sperando che non ti avrebbero notato.
Il primo a essersi avvicinato è stato Capitan Ghiacciolo che, con un semplice completo grigio, stringendoti un braccio, ti aveva detto riferendosi a tutta la boy band.
« Condoglianze, da tutti ».
Poi si è avvicinata anche Gracie Hart che, su dei tacchi non troppo alti, posando una mano sulla tua spalla, ti aveva detto.
« Ci dispiace per la tua perdita ».
 
Ad entrambi hai risposto con un cenno del capo, mantenendo il contegno.
Poi era arrivato anche il Colonnello e hai sentito delle crepe scricchiolare sulla tua maschera imperturbabile. Vi siete guardati a lungo come quando ti aveva trovato ubriaco e come allora, non ti ha ripreso per la tua maleducazione nel portare gli occhiali da sole. Non ti ha detto niente e si è allontanato verso la propria auto come gli altri.
 
Sei ancora lì quando il tuo orologio al polso segna le tre di notte. E sta piovendo da qualche minuto, ma quando ti guardi addosso, ti accorgi che sono ore perché la stoffa nera della giacca, dei pantaloni e quella bianca della camicia è zuppa. Decidi di tornare a casa, ma non senza farle un ultimo regalo.
Ti avvicini alla lapide e leggi.

 
Virginia Potts.
1972 – 2013
Ella non giace qui, ma nei cuori di chi l’ha amata e la ama ancora.
 
Ti armi di tutto il coraggio che riesci a raccogliere e ti sfili gli occhiali, inforcandoli nel taschino sul petto. Le permetti di guardarti negli occhi, che hai bordati di rosso e gonfi all’inverosimile. Poi infili una mano nella tasca dei pantaloni fino a trovare il coniglietto di pezza grande quanto il tuo pugno, simile a quello che le avevi preso per Natale, che ora si trova in fondo alla baia di Malibu Point insieme ai tuoi giocattoli, alle tue auto di lusso e ai resti della Villa in cui avete convissuto prima di tutto quel casino.
Ti chini sui talloni e lo adagi perché stia seduto con un’espressione allegra, fra i mazzi di fiori.
« Stavolta è in proporzioni umane » le dici con voce roca perché non parli da più di ventiquattro ore e perché ti fa un certo effetto rivolgerti a lei.
 
Stai guidando verso casa, la strada e l’oceano sterminato che scorrono da entrambi i lati ma non li degni di uno sguardo. Abbassi per un attimo gli occhi sul pannello digitale che segna i duecento, duecentoventi, duecentocinquanta chilometri orari. In lontananza sai che c’è una curva e per un istante pensi a quanto sarebbe facile lasciare la guida e schiantarsi contro il guardrail. No, non hai ancora finito di punirti.
 
E la senti mentre si teneva al sedile del passeggero e con una buffa espressione, ti supplicava.
« Per l’amor di Dio! Rallenti, Signor Stark ».
 
Arrivi a casa, entri e lasci le chiavi sul mobile di ingresso quando sollevando gli occhi, la vedi davanti a te. Ha indosso la tua camicia bianca, coi primi bottoni aperti e gli shorts in denim che mettono in mostra le sue sinuose gambe. I capelli le ricadono lisci sulle spalle e quando si toglie alcune ciocche della frangetta dagli occhi, con un debole gesto della mano, ti sembra così reale che per un attimo decidi di ignorare che sia solo un ologramma creato dal tuo maggiordomo virtuale, molto speciale. Vorresti dirgli di farla sparire, ma sei così commosso dal fatto che un computer superintelligente abbia capito come tu ti senta e abbia deciso di farti un regalo, che ti limiti ad ammirarla. Come avevi fatto tante volte, senza mai saziarti.
Lei si avvicina a te con quella camminata che ti inebriava, sia quando era sfacciata sia quando era messa soggezione. La guardi mentre ti sorride, solleva una mano per carezzarti e la parte agonizzante di te aspetta il suo tocco. Ma l’AI capisce ancora e non troppo bruscamente, fa sfiorire quel miraggio elettronico.
« Speravo in un aumento delle sue endorfine, Signore. Ho fallito »
« Fa’ niente, J.A.R.V.I.S. Grazie lo stesso ».
 
Apri l’armadio e fai scorrere una mano sulle grucce e trovi i tailleur da ufficio. Ti soffermi su quello color castagno che aveva quando un aereo militare ti ha riportato da lei dopo tre mesi.
« Lacrime di gioia. Odio cercare altri lavori ».
 
E ti ritrovi a sorridere: aveva cercato un altro impiego, ma non l’ha fatto. E’ rimasta.
Continui a guardare i suoi vestiti fino agli abiti colorati che teneva in casa quando non lavorava per te ed era solo la tua fidanzata. Ne ammiri uno a caso e te la immagini con quello bianco a fiorellini viola, smanicato e lungo fino a metà coscia, mentre seduta sul bordo della piscina, muoveva i piedi come una bambina annoiata.
Ne guardi un altro, il tubino grigio e sobrio con cui l’hai trovata in ufficio dopo la tua festa di compleanno quando, tanto per cambiare, l’avevi umiliata, ferita e ignorata. Ti eri presentato con la tua faccia tosta e le avevi offerto l’unica cosa che poteva causarle uno shock anafilattico e stenderla.
« Anch’io la voglio… Fuori di qua. Vada via »
 
Poteva mandarti a fanculo, ma non l’ha fatto. Ti ha baciato sul tetto dopo averla salvata alla EXPO.
 
E alla fine il tuo sguardo si magnetizza su quell’abito blu cobalto, in cui si sentiva tanto timida e impacciata. Esattamente come te che, senza sapere di averglielo regalato almeno all’inizio, ti eri nascosto nel vostro battibecco abituale. Lambisci, incerto, quel tessuto come hai fatto con la sua guancia durante la vostra prima notte insieme.
« Non saprebbe allacciarsi neanche le scarpe senza di me ».
 
Ma aveva ragione perché lei era tutto ciò che avevi, nient’altro. Solo lei.
 
E’ morta.
 
E tu, come un emerito idiota, le avevi risposto che saresti sopravvissuto un’intera settimana.
 
E’ morta.

Sono passati solo due giorni.
 
*
Non riceve una lettera da anni. Si chiede chi possa avergli scritto e gira quella strana busta più volte,scrutandola perfino in controluce ma non trova il mittente. Decide di aprirla ed estrae il foglio, dove nota subito gli aloni circolari di quelle che, capisce per istinto, sono lacrime. Un angolo invece è macchiato da qualcosa di rossiccio, forse un liquore.
 
Ciao Rhodey.
Non mi sono fatto sentire né vedere fino adesso perché volevo lasciarti un ricordo decente di quello che non meritava di essere tuo amico.
 
Il Colonnello non aveva nemmeno iniziato a leggere quelle parole che qualcuno nell’ufficio aveva alzato il volume della televisione.
 
< Interrompiamo i programmi per informarvi di una terribile tragedia appena consumatasi. Il famoso plurimiliardario Anthony Edward Stark è stato ritrovato morto ai piedi dell’omonima torre di New York. Alcuni passanti hanno assistito impotenti al suicidio, le cui cause sono ancora da accertare >.
 
E so già, che quando leggerai questa lettera, ti arrabbierai.


Angolo Autrice: Salve a tutti! Per chi è nuovo nel seguirmi, grazie se siete giunti fin qui e recensite se vi va, anche solo due parole :* Per chi invece già mi segue nelle altre mie ff di questo fandom...
Perdonatemi questa specie di creatura mooooolto angst, ma non so cosa mi sia preso ahahha 
A mia discolpa, tutto è cominciato dopo aver visto un fan dub su youtube (--->
Pepperony - You said you'd grow old with me || Michael Schulte || - YouTube ) che credo mi abbia causato un'eccessiva ispirazione, che mi ha portata a costruire altre headcanon ^^ Le pubblicherò sempre sottoforma di oneshot di tanto in tanto, così...
Ma tranquilli, continuerò la raccolta di You'll Be in My Heart sulla mia pagina, che aggiornerò a breve ;)
Che altro dire se non, a presto!
50shadesOfLOTS_Always
   
 
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