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Autore: nikita82roma    20/07/2017    5 recensioni
Ambientata prima dell'ultimo episodio della prima stagione. Castle e Beckett sono sulla scena del crimine di un duplice omicidio, una coppia di coniugi con una bambina in affido: Joy entrerà prepotentemente nella vita di castle e ancora di più in quella di Beckett. Il passato si scontrerà con il futuro, scelte, errori e decisioni vecchie e nuove porteranno i nostri dentro un percorso dal quale uscirne non sarà facile, dove giusto e sbagliato non sono così netti e dove verranno prese decisioni sofferte.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Nuovo personaggio, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima stagione
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Alexis era ancora provata da aver letto i diari di Kate e si sentì in colpa perché era come se avesse violato la sua privacy, li aveva dati a Joy, per farli leggere a sua figlia, non a lei. Credeva, però, che se anche suo padre li avesse letti probabilmente avrebbe cambiato idea su Beckett e sarebbe stato meno aggressivo con lei. Kate aveva amato Joy dal primo momento, come le aveva detto e si percepiva dalle sue parole quanto fosse stato difficile separarsi da lei. Ripensò a quelle settimane appena passate, a Beckett in ospedale che passava lì tanto tempo per essere più vicina a sua figlia, anche se non la poteva vedere, se non le poteva parlare. La sua parte razionale le diceva che era un modo per compensare tutto quello che non aveva fatto per lei, la sua parte emotiva le diceva che le sarebbe piaciuto che anche sua madre qualche volta avesse fatto così. Cominciava a capire sua nonna, perché Martha da subito fosse stata così umanamente vicina a Kate, perché lei aveva vissuto più o meno la stessa cosa con suo padre, certo aveva fatto scelte diverse, sua nonna non si era arresa, lei ce l’aveva fatta, ma capiva che ogni situazione era diversa e che Kate era non solo più giovane, ma che aveva vissuto in pochi mesi molte situazioni devastanti.

 

Kate era stata richiamata dal distretto e doveva recarsi immediatamente sulla scena di un crimine. Avevano ucciso il figlio appena maggiorenne di un importante politico candidato al Senato e Montgomery aveva affidato a lei quel caso. Mentre parlava al telefono, cercando di prendere tempo per poter vedere Joy, fissava la sua stanza, senza concentrarsi troppo sulle parole del capitano, ma l’unica cosa che alla fine capì, perché lui gliela ripetè più volte, era che non poteva perdere altro tempo ed andare subito, ricordandole cosa era successo poche settimane prima e come fosse stata di fatto graziata. Quel caso, se risolto positivamente, avrebbe sancito la sua piena riabilitazione e lui non voleva che lei non sfruttasse quell’occasione.

A malincuore dovette andare via, sotto lo sguardo severo di Castle che da come parlava al telefono aveva subito capito di cosa si trattasse. Si guardarono in silenzio lei cercando di scusarsi, lui per farle capire tutto il suo disappunto, poi se ne andò, prima di vedere Joy.

 

Quel caso aveva occupato Beckett più di quanto avesse pensato, di quanto avesse voluto, ed era stata più volte sul punto di mollarlo perché sentiva di non essere del tutto focalizzata lì, che la sua mente andava sempre altrove, dove voleva essere, con Joy. Poi un dettaglio, trascurato a lungo, e tutto era cambiato. Aveva trovato la soluzione tanto cercata ma non era stato un sollievo. Ne aveva prima parlato con Montgomery ed anche lui non sapeva bene come muoversi, le aveva detto di fare attenzione e di esserne certa al 100%, altrimenti sarebbe stata la sua fine. Ma Beckett era certa, sapeva che quella prova era inconfutabile e che l’assassino era proprio il padre della vittima, il futuro senatore. Ci fu molto clamore mediatico ed il suo nome finì alla ribalta quando lo arrestò personalmente durante un comizio. La sua faccia finì, insieme a quella del futuro senatore, su tutti i media dello stato, obbligandola ad un surplus di lavoro, conferenze, dichiarazioni dalle quali uscì esausta. L’entourage del politico ed il suo partito avevano provato a sconfessarla e metterla in cattiva luce anche tirando fuori quella storia di poche settimane prima del rapimento di Joy e dei suoi metodi poco ortodossi di indagare ed agire, ma ne era venuta fuori brillantemente, supportata da tutto il corpo di polizia.

 

Era riuscita a prendersi un pomeriggio libero dopo aver steso l’ennesimo rapporto e andò in ospedale. Era già stata lì altre volte in quei giorni, la sera, quando non c’era nessuno. Aveva chiesto notizie di Joy e le infermiere che avevano molta compassione di lei, gliele avevano sempre date, non che non si fidasse degli aggiornamenti che le mandava Martha, ma era diverso. Qualche volta le avevano permesso anche di entrare, qualche minuto, mentre Joy dormiva, con le raccomandazioni di stare bene attenta a non svegliarla e lei per paura di farlo, non resistere alla tentazione di un bacio o una carezza, era sempre rimasta vicino alla porta, osservandola nella penombra. Era tutto quello che fino a quel momento le era concesso di lei, rubare immagini al suo sonno, come una ladra di emozioni.

Si era affacciata alla porta della camera di Joy, lasciata socchiusa. La vide come al solito con la mascherina che la proteggeva, mentre era intenta a giocare con Castle che non si era accorto di lei, girato di spalle, al contrario di Joy che si fermò per guardarla. Beckett le sorrise, timida, impaurita come era sempre con lei. Si sentiva un essere minuscolo al cospetto della grandezza di sua figlia. Così anche Rick si girò e la vide.

- Ciao Kate.

- Ciao piccola… Come stai? - Non ebbe tempo di risponderle, perché Castle si era alzato e l’aveva portata fuori da lì.

- Dobbiamo parlare Beckett.

Si erano così ritrovati nel corridoio davanti alla stanza di Joy, tra medici ed infermieri, genitori e parenti degli altri piccoli pazienti che andavano e venivano.

- Ora Castle? Non possiamo farlo dopo? Vorrei passare un po’ di tempo con Joy. - Disse Kate risoluta.

- No.

- Allora dimmi.

- Il no non era solo per il farlo dopo, è anche per passare un po’ di tempo con Joy. Non voglio che tu lo faccia.

- Cosa? - Chiese allibita

- Non è difficile Beckett, non voglio che tu stia con Joy. Questo la destabilizza, la confonde. Joy ha bisogno di tranquillità, di sicurezze, tutto quello che con te è impossibile che abbia.

- Sono settimane che va avanti questa storia, Castle. Joy ha reagito bene, è andato tutto per il verso giusto, ora sì, deve riprendersi, però non credo che io possa essere così deleteria come tu dici. - Non voleva più subire passivamente le sue decisioni, voleva che lui capisse il suo punto di vista, anche se quello che aveva davanti era un muro.

- Sono punti di vista, io credo che tu lo sia e mi dispiace per te, ma quello che credi tu, adesso, non conta nulla. Non hai nessun diritto su di lei, non puoi imporle nulla e non puoi farlo nemmeno a me. - La sua voce era totalmente inespressiva. Castle le parlava senza rancore, senza alcun sentimento. La stava escludendo dalla vita di sua figlia senza nemmeno un briciolo di compassione, senza nemmeno rabbia.

- Io non voglio imporre nulla, né a te né a lei. Vorrei solo passare un po’ di tempo con lei per conoscerci un po’, in modo diverso.

- Non hai capito Beckett. Io non voglio che Joy ti conosca.

- Perché Castle?

- Perché tu non l’hai voluta conoscere per 10 anni ed ora non capisco perché ci tieni tanto…

- Non puoi essere serio… Castle… Rick… Ascoltami… - Kate provò a prendergli una mano mentre gli parlava, ma lui la fermò prima che potesse toccarla.

- Sono serissimo invece, Beckett.

- Non puoi impedirmi di vederla, Castle, Joy è mia figlia! - Protestò lei a voce più alta.

- Tu non sei sua madre, non lo sei mai stata. Una madre non si comporta come te. Tu non sei niente per Joy. Non sei nessuno. - Anche lui aveva alzato il tono della voce.

- Joy è mia figlia, Castle. Tu questo non lo puoi cambiare, anche se non ti va bene.

- Non sono stato io cambiarlo, ma tu, con le tue scelte. Tu non sei sua madre, sei la persona che l’ha fatta nascere e abbandonata. Questo non fa di te una madre. Non lo sarai mai, perché le madri non fanno così. - Usava ogni parola possibile per ferirla, ma quello che la feriva di più era il suo sguardo freddo, come se parlasse con un nemico, con qualcuno che non conoscesse affatto e Rick sentiva veramente questo, lui non conosceva Kate, non conosceva quella Kate che aveva abbandonato sua figlia e non capiva come oltre tutto quello poteva averlo illuso, preso in giro. Lui le aveva creduto, aveva creduto a tutto quello che si erano detti e anche a tutto quello che non si erano detti ma dimostrati, tutto quello che aveva sentito stando con lei ed era certo che fosse vero, invece sentiva solo che lo aveva preso in giro, aveva giocato con i suoi sentimenti anche quando lui le aveva confessato le sue paure, pensava a quanto doveva aver riso di lui quando gli raccontava il suo smarrimento per non aver mai conosciuto suo padre, per sentirsi rifiutato, quando le chiedeva il perché a qualcosa che non sapeva dare una spiegazione e lei, invece si era comportata proprio come lui. Era stato un ingenuo e non avrebbe permesso che Joy dovesse subire ancora le sue bugie.

- Io le voglio bene Castle, le ho sempre voluto bene e tu non hai idea cosa ha voluto dire per me separarmi da lei.

- No, non ne ho idea perché io non mi sono mai separato da mia figlia, non l’ho mai abbandonata, quindi no, non lo so Beckett.

- L’ho lasciata andare una volta, non lo farò ancora.

- Non puoi fare niente Beckett. Quando Joy sarà maggiorenne deciderà lei quello che vorrà fare.

- Chiederò il suo affidamento, Castle. Non ti lascerò portarmi via mia figlia. - Gli disse decisa, in un tono di sfida.

- Tu cosa? Andiamo Beckett, non perdere tempo inutile. Ne uscirai con le ossa rotte, sai che prenderò i migliori avvocati della città per far sì che questo non accada mai, vero? Non mi provocare.

- Non ti sto provocando ti sto avvisando di quello che farò. Non farò più lo stesso sbaglio, non mi importa come ne uscirò, ma combatterò fino alla fine per mia figlia Castle, di questo puoi stare certo. - Rick conosceva quello sguardo negli occhi di Kate, lo aveva visto tante volte in quell’anno, ma mai così. Era lo sguardo di chi era determinata a raggiungere il suo obiettivo, ad ogni costo. Sapeva che Beckett lo avrebbe fatto, sapeva che non si sarebbe arresa.

 

Nella foga di uscire Castle non aveva chiuso la porta. Era rimasta aperta quel tanto che bastava per permettere a Joy nella sua stanza di sentire tutto quello che si erano detti. La determinazione di Kate di vederla, di passare del tempo con lei che arrivava a volerla portare via da quella famiglia che aveva appena trovato e che le stava dando tutto quello che non aveva mai avuto. Aveva sentito anche Castle, come le voleva impedire, per il suo bene, di conoscere di più quella mamma che non aveva mai conosciuto e che tante volte aveva immaginato. Capiva il suo sentirsi tradito ed arrabbiato con lei, perché lo era anche lei stessa, anche se le sarebbe piaciuto capire di più di Kate. Aveva appena intravisto il suo mondo in quelle foto, poi non aveva più ritrovato quella scatola e la ricerca del suo passato era finita. Joy sentiva che l’affetto che Kate provava per lei era sincero ed avrebbe avuto ancora tante domande da farle, ma non voleva anche lei tradire Rick. Rick le aveva dato tutto, le aveva dato una famiglia, affetto, la faceva divertire, la faceva sentire accettata e le aveva dato la possibilità di guarire. Come Kate, anche lei lo aveva fatto, lei che nonostante non le avesse promesso nulla, che non l’avesse mai accettata per quello che era, le aveva donato di nuovo la vita, la possibilità di una vita migliore. Sapeva che andava da lei quasi tutte le sere, che si fermava a guardarla e non le diceva niente. Le piaceva riaddormentarsi poi sapendo che lei era lì, che vegliava su di lei, la faceva sentire sicura. Non glielo aveva mai detto e non l’aveva mai chiamata. Sarebbe uscita dall’ospedale pochi giorni dopo e sapeva che quello non ci sarebbe più stato e un po’ le sarebbe mancato, però avrebbe avuto Rick, glielo aveva già promesso che se voleva sarebbe stato il suo cuscino morbido.

Quando ancora non sapeva chi fosse Kate in realtà aveva più volte sperato in quei giorni negli Hamptons che tra lei e Rick ci fosse qualcosa in più, che magari un giorno avrebbero potuto anche essere una famiglia, tutti insieme. Ricordava quella notta quando aveva avuto gli incubi ed aveva dormito insieme a loro, era stata bene e non si era mai sentita così amata. Pensò che Kate lì già sapeva che era la sua mamma e anche in quel caso non le aveva detto niente, ma aveva fatto quello che lei avrebbe sempre voluto da una madre, l’aveva abbracciata e fatta dormire vicino a se. Era stato bello ed ora quel ricordo era bello e brutto insieme. Ora quello che aveva immaginato e sognato era diventato qualcosa di impossibile. Non li voleva, però, sentir litigare, soprattutto per causa sua. Loro erano amici prima che arrivasse lei e si sentiva in colpa per come stavano discutendo. Si portò le mani sulle orecchie, per non sentirli più e cominciò a piangere da sola pensando che forse era lei che distruggeva sempre tutto.

   
 
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