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Autore: Generale Capo di Urano    20/07/2017    2 recensioni
{ Ladonia & Kugelmugel }
Per la verità, neanche Lars aveva molti amici; anzi, lui era il suo unico amico. Sosteneva che fosse per scelta, ma Edwin aveva notato presto che aveva un carattere difficile. “Rosso Malpelo”, lo chiamavano alcuni, e gli sembrava crudele. Alla fine, bastava saperci stare assieme, non parlare troppo, assecondarlo spesso, condividere i suoi interessi – e per il piccolo austriaco non era di certo un problema.
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Austria/Roderich Edelstein, Kugelmugel, Ladonia, Svezia/Berwald Oxenstierna
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Kunst!


Gli aveva detto solamente: «Vieni!»
Edwin l’aveva aspettato sulla soglia di casa, nonostante Berwald l’avesse invitato più volte ad entrare – era grande e grosso e buono come il pane, la sua voce era roca ma tranquilla e gentile – ma il bimbo, piccolo e timido, ancora esitava a farsi avanti. Sapeva di non dover avere alcun timore, ma c’era sempre qualcosa che lo bloccava.
Così aveva aspettato l’amico sull’uscio, dondolandosi sulle gambette corte e cercando di guardarsi intorno senza incrociare lo sguardo dei suoi genitori che cercavano di convincerlo dolcemente ad entrare.
Lars aveva due papà e nessuna mamma. Uno era enorme come un armadio a due ante, aveva le braccia muscolose e forti e le mani tremanti e delicate, non sapeva sorridere e parlava poco, ma non avrebbe fatto del male nemmeno a una mosca; l’altro era basso e sempre allegro, aveva una vocetta squillante e lavorava in un asilo, amava le canzoncine natalizie e il Death Metal e sarebbe stato in grado di spaccare a metà un tavolo di legno massello se solo lo avesse voluto.
Quando gli aveva chiesto chi gli desse il bacio della buonanotte, l’amico gli aveva risposto che lo facevano entrambi. Edwin l’aveva guardato sorpreso: non poteva immaginarli, tutti e due, a mettere dolcemente a letto i figli come faceva sua mamma. Certo, suo padre gli voleva tutto il bene del mondo e non aveva mai esitato a prenderlo in braccio e coccolarlo quando ce n’era il bisogno, ma non era il tipo da affettuosità simili. Suo papà era molto simile a lui: selettivo, con la testa sempre tra le nuvole, bisognoso di avere accanto qualcuno di deciso ed estroverso per distaccarsi un po’ dal proprio mondo composto da fogli di carta e opere d’arte.
Lui era stato pescato da zio Antonio e da sua madre così come Edwin era stato acchiappato da Lars. Il bambino era riuscito ad avvicinarglisi grazie a una passione in comune: disegnare. Ovunque, su carta, sui muri, sulle braccia e sulle gambe, bastava avere in mano una penna o un pennarello per scarabocchiare qualcosa.
Per la verità, neanche Lars aveva molti amici; anzi, lui era il suo unico amico. Sosteneva che fosse per scelta, ma Edwin aveva notato presto che aveva un carattere difficile. “Rosso Malpelo”, lo chiamavano alcuni, e gli sembrava crudele. Alla fine, bastava saperci stare assieme, non parlare troppo, assecondarlo spesso, condividere i suoi interessi – e per il piccolo austriaco non era di certo un problema.
Così era rimasto ad attendere davanti alla porta  di casa che lo venisse a recuperare. Quando si era fatto vivo, dopo pochi secondi che sembrarono ore, non lo salutò nemmeno. Aveva il volto raggiante – quale rarità! – e sorrideva; gli aveva afferrato la mano e l’aveva trascinato con sé su per le scale, verso la sua cameretta.
«Vieni!» aveva esclamato, senza aggiungere altro.

Si ritrovarono quindi davanti alla porta della camera da letto ancora chiusa, l’uno eccitato e l’altro ansimante. Non avevano fatto che una rampa di scale un po’ di corsa, ma a Edwin correre non era mai piaciuto.
«Che cos’è che mi vuoi far vedere?»
«È una sorpresa, ti piacerà un sacco! Oggi pomeriggio ci divertiremo un mondo!»
Lars aprì lentamente, osservando sempre con la coda dell’occhio l’amico per poter ammirare la sua reazione. Sorrise impaziente nel vederlo fissare la stanza con la bocca aperta e sbattendo le palpebre.
«Ehi, non dici niente?»
La stanza dell’amico sembrava essere stata completamente ribaltata; Edwin la scrutò da cima a fondo, e poté notare che in realtà solo il letto era stato momentaneamente spostato dall’altro lato rispetto a prima, lasciando libera una parete bianca e lo spazio per disseminare il pavimento – preventivamente ricoperto di vecchi giornali – di pennarelli colorati e stracci, barattoli di tempera e piattini di plastica, pennelli e spugne.
Lars era corso in mezzo alla confusione, stando attento a dove metteva i piedi, piazzandosi di fronte alla parete vuota. «Vieni dentro! Devi aiutarmi a riempirlo!»
«Ti... ti lasciano dipingere un muro? Come vuoi tu? Puoi davvero?»
«Certo che posso!»
Il sogno di ogni bambino che abbia appena scoperto come usare un pennarello, semplicemente esaudito da due ragazzini singolari e creativi; dire che fossero al settimo cielo è forse un eufemismo.
«Che fortunato che sei!»
«Però volevo condividere la mia fortuna con te! E poi Peter dice che non sono generoso... ma tanto lui non capisce mai niente.»
«Te lo permettono davvero...»
«Tino ha detto qualcosa tipo “bisogna lasciar sfogare ai bambini la loro creatività” o una cosa del genere... non ho capito bene, ma di sicuro ha ragione. Poi papà ha detto “almeno non sta attaccato al Nintendo tutto il giorno”. Non è vero che sto attaccato al Nintendo tutto il giorno! Ah, lo sai che il mio Emboar adesso è al livello 90? Ma comunque oggi non abbiamo tempo di giocare a Pokémon...»
Edwin non aveva ancora capito perché l’amico si ostinasse a non chiamare “papà” anche Tino, ma per quella volta decise di non chiedere; non voleva rischiare di rovinare quella giornata.
Lars si sedette a terra, passando lo sguardo tra tempere e pennelli. «Come potremmo cominciare?»
«Non hai in mente proprio niente?» Il bimbo si sistemò accanto a lui.
«Non voglio fare dei semplici disegni... è troppo banale, capisci? È troppo da bambini! Voglio fare qualcosa di...» – agitò le mani davanti al volto, come se volesse descrivere qualcosa – «…“moderno”.»
«Come quei quadri pieni di macchie e scarabocchi strani?»
«Eh, tipo così, ma non tutto a caso. Zio Mathias dice che un’opera d’arte si può chiamare così solo se ha un significato.»
«Non è lo stesso zio che una volta ha costruito un mulino a vento di due metri coi Lego?»
«Beh, sì... però è bravo.»
Edwin rimase per qualche secondo a fissare il bianco della parete, prima di allungarsi per prendere un grosso tubo di tempera lilla. Indicò il centro: «Se ti pitturi le mani e lasci l’impronta sul muro puoi fare come se fosse una firma.»
La bocca di Lars si allargò in un sorriso compiaciuto. «Mi piace! Ma non voglio quel colore, usalo tu. Se lo dipingiamo in due ci vogliono due firme.» Afferrò la tempera verde e la versò su un piattino.
«Anzi, facciamone un sacco. Dappertutto! Anche coi piedi!» Si levò scarpe e calze e le gettò senza tanti complimenti dall’altra parte della camera.
«I piedi?»
«Dai, levale!»
Non aspettò neanche che l’amico finisse di togliersi gli scarponcini. Si riempì la mano destra di tempera verde e la schiaffò sul muro, quasi al centro – «Lì ci metti la tua» esclamò, indicando lì accanto.
«Zio Gilbert dice che il lilla è un colore da femminucce» borbottò Edwin, versando il colore accanto all’altro.
«Ma a te piace.»
«Sì che mi piace!»
«E allora chissenefrega!»
Il bambino non poté trattenere un sorriso rallegrato, che si trasformò in una lieve risata quando l’amico prese a grattarsi lo zigomo con la mano sporca. «Adesso hai la faccia verde!»
«Eh? Oh... ops. Ehi, non prendermi in giro!»
Lars si vendicò colorandogli il naso con il dito, con un ghigno divertito. Scoppiarono a ridere entrambi.

In qualche ora la parete, un tempo bianca, si era completamente riempita di disegni e scarabocchi, macchie e impronte. Una strana figura gialla che doveva assomigliare vagamente a un Pikachu era accompagnata da fiori e note musicali, un gattino bianco e nero – un poco deforme – sonnecchiava in un angolo, sotto un alberello.
Se c’era qualcosa che era ridotta peggio della parete erano i due ragazzini, sporchi – anzi, colorati! – da capo a piedi, dalle mani ai vestiti e, nel caso di Edwin, persino i lunghi capelli. Nonostante fossero legati non era stato in grado di tenerli lontani dalle tempere, ma con tutta franchezza non ci aveva davvero provato.
O forse la colpa era stata tutta di una considerazione divertita di Lars: «La punta delle tue trecce sembra quella di un pennello!» Così, spinto un po’ dalla curiosità e un po’ dall’incoscienza, del tutto noncurante delle conseguenze – come solo un bambino può essere – aveva colorato una treccina e provato a dipingere. Non era stato facile, ma sicuramente divertente.
«Secondo me è venuto benissimo.»
Raramente il piccolo svedese era stato tanto fiero di qualcosa. L’amico si trovò d’accordo e annuì, con un sorriso; pensò che solo in quel giorno aveva sorriso di più che in tutti i suoi otto anni di vita.
Non era un capolavoro, ma erano convinti di aver prodotto la più bella opera d’arte di tutti i tempi.

Li trovarono un’oretta più tardi addormentati sul pavimento, con i vestiti e i visini beati coperti di tempera. Non ebbero cuore di farli alzare per forza, dopo aver provato a scuoterli appena e chiamarli sottovoce.
Roderich sfiorò appena la guancia del figlioletto, cercando di scrostare un po’ del colore rimasto. «Questo a Sissi non lo diciamo, eh?»
Non che Erszébet fosse il tipo da arrabbiarsi per certe cose, lei che da piccola si rotolava nei prati e strappava camicette e gonnelline pur di non indossarle. 
Berwald, con lo sguardo fisso sulla parete della stanza, non ascoltava. «È carino, vero?»
Il suo tono di voce non tradiva né ammirazione né dolcezza – ma, alzando il volto, l’altro poté giurare di vedere i suoi occhi brillare dietro le lenti degli occhiali. Sfiorò con le dita il disegno di un piccolo fiore bianco, forse una stella alpina.
«È una piccola opera d’arte... a modo suo.»







ArteH!
 Okay, questa tecnicamente doveva nascere come una flashfic semplicissima e fluffolosissima(?) ma mi sono lasciata prendere un pochino di più la mano.
Perché Kugelmugel è un bambino preziosissimo e socially awkward e Ladonia l'unico marmocchio capriccioso e rompicoglioni che chissà come non mi sta sulle scatole - amo quel pel di carota, anche se non so come faccia a piacergli un Pokémon come Stunfisk, gne. Sì, in questa piccola AU Kugelmugel è figlio di Austria e Ungheria - perché se non metto l'OTP ovunque non sono contenta okay - e Ladonia il bimbo di Svezia che dopo anni si deve ancora abituare al nuovo compagno del pater perché Finny non lo vizia così tanto(?) 

Stavo per dimenticarmene: il titolo, semplicemente, significa “arte” in lingua crauta tedesco.
E bien, mi dileguo nell'etere(?). Moi moi!

  
   
 
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