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Autore: LatersBaby_Mery    21/07/2017    13 recensioni
Dopo aver letto numerose volte gli ultimi capitoli di “Cinquanta sfumature di Rosso” ho provato ad immaginare: se dopo la notizia della gravidanza fosse Christian e non Ana a finire in ospedale? Se in qualche modo fosse proprio il loro Puntino a “salvarlo”?
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anastasia Steele, Christian Grey, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Angolo me.
Buonasera mie meravigliose lettrici.
Questa volta eccezionalmente l’Angolo me anticipa il capitolo, perchè voglio lasciarvi direttamente con le ultime parole del capitolo senza aggiungere altro.
Come vi avevo promesso, dopo la fine degli esami avrei avuto un po’ di tempo libero, e quindi vi ho fatto aspettare meno rispetto agli ultimi aggiornamenti.
Non posso commentare nulla, altrimenti vi darei delle anticipazioni e rovinerei l’attesa e il piacere di scoprire cosa succederà. Sapete benissimo, però, che in questo capitolo scopriremo quale decisione avrà preso Christian riguardo alla vicenda di Ben e Shirley, e vedremo se Anastasia sarà d’accordo con lui, e come decideranno di agire.
Ci tengo a precisare che, ovviamente, nella vita reale così come nella finzione, ogni scelta, ogni decisione, ogni azione è puramente soggettiva, quindi sono consapevole del fatto che possiate essere più o meno d’accordo con la decisione dei nostri protagonisti, che in sostanza riflette quella che è la mia visione della situazione.
Faranno ritorno in maniera preponderante quei momenti zuccherosi e familiari che tanto adoriamo e poi.. vi aspetta una piccola chicca a fine capitolo. Non posso dirvi di più, però.
Aspetto le vostre recensioni per commentare insieme e per sapere cosa ne pensate. Per me il vostro parere è fondamentale, le vostre parole mi emozionano, mi rendono felice e mi spronano sempre a fare meglio. Per cui ringrazio ancora una volta chi segue le mie storie, chi recensisce, e anche chi legge in silenzio.
Grazie, grazie, grazie.
Per il prossimo capitolo cercherò di farvi aspettare ancora meno, perché.. beh, ho la sensazione che non vedrete l’ora di leggerlo, e anche io vi confesso che non vedo l’ora di scriverlo.
Vi auguro buona lettura e vi abbraccio forte.
A presto.
Mery.
 

CAPITOLO 62.

POV CHRISTIAN


“Pronta?” porgo la mano ad Anastasia, che annuisce e poi scende dall’auto.
Taylor prontamente ci raggiunge per chiudere la portiera, poi rientra in macchina per spostarsi nell’area destinata alla sosta delle auto.
Anastasia ed io solleviamo lo sguardo per osservare l’edificio davanti a noi: l’albergo dove alloggiano Shirley e Ben. Sento mia moglie sospirare e le stringo più forte la mano, poi mi volto verso di lei. “Hey” mormoro prendendole il mento tra le mani e guardandola negli occhi. “Se non te la senti posso andarci da solo..”
“No” risponde categorica. “Voglio esserci anche io. Dobbiamo affrontare questa situazione insieme”
Il tono fermo e sicuro con cui pronuncia quelle parole, insieme alla stretta delle sue mani, mi infondono coraggio e sicurezza, ne ho davvero un bisogno immane in questo momento.
“Andiamo” dico poi, facendo un passo in avanti.
Anastasia mi blocca, trattenendomi per il braccio. Mi volto e la guardo negli occhi.
“Cosa c’è?”
Lei sospira e poi di slancio mi abbraccia. La stringo forte a me, immergendo il naso nei suoi capelli che profumano di frutti di bosco. Ho bisogno di tenerla stretta per sentirmi più forte, esattamente come lei ha bisogno del calore delle mie braccia per sentirsi protetta.
Dopo qualche istante mi stacco da lei e la guardo negli occhi, prendendole le guance tra le mani. “Pronta per andare?”
Anastasia sospira e annuisce. “Pronta!” conferma.
Ci prendiamo per mano e avanziamo verso l’ingresso dell’albergo, pronti ad affrontare le conseguenze della nostra decisione.

Un'ora prima...

“Amore, credo che dovremmo parlare” mormora Ana, posando la mano sulla mia.
Sospiro. Sapevo che prima o poi sarebbe arrivato il momento di affrontare tutta questa situazione. Questa mattina, dopo le sconvolgenti rivelazioni di Shirley, non ero affatto pronto a parlarne, non ero lucido per riflettere. Ho avuto bisogno di uscire, di rifugiarmi nel mio lavoro, nella mia torre d’avorio, come la chiamava mia moglie quando ci siamo conosciuti; solo lì riesco ad isolarmi dal mondo e a dare sfogo ai pensieri.
“Sì piccola, hai ragione” prendo un lungo respiro “Ci ho pensato a lungo, e ho preso una decisione..”
Anastasia mi osserva con i suoi occhioni azzurri colmi di incertezza e di attesa. La sua espressione può essere riassunta in un unico grosso punto interrogativo. Stringo forte le sue mani e inizio a parlare.
“Questa mattina, quando Shirley ci ha raccontato.. tutta la verità, ho attraversato una serie di stati d’animo.. Prima mi sono sentito arrabbiato, furioso con Shirley per averci ingannati in quel modo, riuscivo a pensare solo al fatto che per colpa sua abbiamo vissuto dei giorni difficili e burrascosi, e ci sono stati momenti in cui ho.. ho temuto che la nostra famiglia potesse..” mi blocco, perché non ho il coraggio di completare la frase, anche se sono sicuro che Ana ha già capito, infatti si alza e si avvicina, intrufolandosi tra le mie gambe e stringendosi a me. Le do un bacio tra i capelli, beandomi del suo profumo e del calore del suo corpo, che mi danno la forza necessaria per affrontare un discorso difficile, sul quale ho rimuginato per l’intera giornata.
“Poi.. dopo la rabbia è sopraggiunta l’incredulità. Tutte le sue rivelazioni mi sembravano così.. così assurde, così costruite.. Quindi ho telefonato a mia madre che, non so come abbia fatto o quali acque abbia smosso, ma si è messa in contatto con alcuni colleghi in North Dakota che le hanno confermato tutto: Shirley ha detto la verità, l’unica possibilità di guarigione per Ben è una cura sperimentale a Boston, che richiede una cifra come cinquanta o sessantamila dollari..”
“Dio mio” sussurra Ana.
Era stato semplice credere che Shirley mi avesse mentito solo per spillarmi dei soldi, invece la telefonata con mia madre mi ha messo definitivamente davanti alla dura realtà.
“E infine è subentrata l’angoscia. Ho cominciato a pensare a come mi fossi sentito se fosse capitato ai nostri figli..” la voce si incrina sulle ultime parole, al solo pensiero ancora mi vengono i brividi e si gela il cuore. Allungo la mano e afferro il bicchiere di Ana, portandolo alle labbra per bere un generoso sorso di acqua. Mia moglie mi accarezza una spalla, e anche senza guardarla so che i suoi occhi sono pieni di lacrime, proprio come lo erano questa mattina mentre Shirley snocciolava tutta la verità che ci aveva nascosto.
“Mi sono chiesto: cosa farei io se fosse uno dei miei figli a rischiare la vita e io non avessi un soldo? E solo a pensarci avrei voluto spaccare tutto..”
Mi alzo, incapace di restare ancora fermo, e cammino avanti e indietro per la cucina.
“Ho.. ho parlato anche con mio padre, e lui mi ha detto che il test non ha valore legale, quindi è a discrezione nostra decidere cosa farne.. Possiamo dimostrare che è falso e avviare una denuncia, oppure strapparlo e fingere che non sia mai esistito..”
Anastasia inclina leggermente il viso e mi osserva, e già so cosa sta per dire.
“E tu cosa..” si schiarisce la voce “Cosa vorresti fare?”
Appunto.
Sospiro, appoggiando i palmi sul bancone della cucina e abbassando lo sguardo.
“Non ho intenzione di denunciarla..”
Ana mi raggiunge e mi accarezza la schiena. “E’ la decisione migliore” afferma.
Alzo il viso e la guardo negli occhi, sentendomi in parte sollevato, anche se, in fondo, sapevo che sarebbe stata d’accordo con me. Ha un cuore troppo grande, anche davanti alle ingiustizie che riceve.
Adesso, però, c’è un altro ostacolo da affrontare, e su questo non so se Ana sarà d’accordo con me.
“Non è finita, però..” dico poi, voltandomi verso di lei.
“Cos’altro c’è?” domanda allarmata.
“Come ti dicevo prima.. Quando ho cominciato a pensare a cosa avrei provato se al posto di Ben ci fosse stato uno dei miei figli, mi sentivo letteralmente mancare il respiro. E mi sentivo un uomo spregevole perché da qualche parte, dentro di me, ero contento che quel dannato test fosse falso, e allora ritornava la rabbia, verso me stesso e verso Shirley..”
Mi stacco dal bancone e riprendo lentamente a camminare per la cucina.
“E’ stata una mattinata complicata, dura, fatta di pensieri contrastanti, difficili da formulare e ancora di più da accettare..” sospiro, ripensando alla confusione che avevo in testa e nel cuore.
Anastasia mi guarda senza dire nulla, ma leggo nei suoi occhi delle tacite domande, l’incertezza e il timore di ciò che sto per dirle.
“Alla fine.. sono giunto alla conclusione che il comportamento di Shirley è stato assurdo, inqualificabile, e potrei trovarti altri cento aggettivi simili. Però.. ho cercato di immedesimarmi il più possibile in lei, ho cercato di riportare su di me il suo stato d’animo e.. ho capito che nient’altro ha guidato i suoi gesti se non la forza della disperazione..” mi fermo per scrutare il viso di mia moglie e cercare di captare la sua reazione.
La vedo annuire impercettibilmente, e quindi proseguo.
“Ad un certo punto, senza neanche rendermene conto, mi sono ritrovato le guance piene di lacrime.. pensavo ai nostri bambini, al fatto che vorrei proteggerli per sempre, tenerli sotto una campana di vetro, lontani da tutto il male del mondo. Ma questo non è possibile.. un genitore farebbe qualsiasi cosa, darebbe la propria vita per proteggere i propri figli. Poi però succede una cosa del genere.. e ti ritrovi assolutamente impotente..” mi volto verso la vetrata, dando le spalle ad Ana, per non mostrarle i miei occhi lucidi.
Come dovevo immaginare, però, dopo qualche istante sento i suoi passi avvicinarsi, le sue mani circondarmi il busto e il suo viso affondare tra le mie scapole. Mi volto e la stringo a me, accorgendomi dei leggeri singhiozzi che la scuotono. Le accarezzo la schiena, e prendo qualche respiro profondo, prima di andare avanti.
“Shirley ha attraversato e sta attraversando un vero e proprio calvario. Prima la notizia del tumore, poi l’intervento, le chemio.. Tu guardi tuo figlio soffrire, trasformarsi, senza poter fare niente.. E proprio quando speri che finalmente stia per finire tutto, che potrai tornare a vedere un po’ di luce, ecco che cadi di nuovo nel baratro. Non solo scopri che tuo figlio non è guarito, ma l’unica possibilità che ha di farlo è completamente fuori dalla tua portata..”
Anastasia tira su con il naso e annuisce, il che mi fa pensare che probabilmente anche lei durante la giornata abbia riflettuto allo stesso modo.
“E’.. è terribile..” sibila, tra un singhiozzo e l’altro.
Le bacio una tempia. “Sì, è terribile..” sospiro, poi riprendo a parlare, e sto per affrontare la parte più difficile del discorso.
“Io sono arrabbiato, sono furioso, ma nonostante tutto.. non me la sento di condannare Shirley.. Perché io posso solo lontanamente immaginare il dolore che sta vivendo, e nella mia lontana immaginazione sono sicuro di una sola cosa: che Shirley aveva ragione quando ha detto che un genitore per il proprio figlio farebbe qualsiasi cosa, rischierebbe anche un procedimento penale..”
Anastasia solleva lo sguardo verso di me e annuisce, asciugandosi gli occhi e invitandomi ad andare avanti.
“E quindi io.. io vorrei aiutarla, per curare Ben a Boston..”
Aspetto la reazione di Anastasia, e ho quasi paura che possa dare di matto, perché so di averle dato una notizia che probabilmente potrà spiazzarla, ma la difficile giornata trascorsa a riflettere, pensare, rimuginare mi ha condotto a questa conclusione. Non giustifico il comportamento di Shirley, perché continuo a credere che avrebbe potuto chiedermi aiuto senza mettere su tutta questa messinscena; ma, pur non giustificandolo, mi sono sforzato di comprendere il suo modo di fare, e credo che se mi fossi trovato io al suo posto, non è detto che avrei saputo agire nel modo più logico e razionale possibile perché davanti all’amore verso i figli di razionale c’è ben poco.
Anastasia mi fissa per diversi secondi, senza dire nulla.
“Lo so, lo so, è assurdo, dopo tutto quello che abbiamo passato. Ma io non ce la faccio a fare come se nulla fosse e a passare oltre. Shirley si è comportata male, ma che sappiamo noi di cosa passa nella testa di una madre davanti alla prospettiva che suo figlio possa non guarire più? Ben non ha colpe, e merita di tornare a vivere come qualsiasi bambino di sette anni..”
“Ssshhh” sussurra Ana posandomi due dita sulle labbra “Non aggiungere altro. Hai preso la decisione migliore amore mio. Io volevo dirti esattamente la stessa cosa..”
Sgrano gli occhi. Una parte di me non riesce a credere che ancora una volta i nostri pensieri siano sincronizzati, ma un’altra parte non si sorprende più di tanto: come ho già detto, mia moglie ha un cuore enorme, e in fondo sapevo che sarebbe stata d’accordo con me.
“Davvero?” mormoro, giusto per avere una conferma.
Anastasia annuisce e allaccia le braccia al mio collo, intrufolando le dita nei miei capelli all’altezza della nuca.
“Ci ho pensato tanto, e sono arrivata alle tue stesse conclusioni. Shirley ha sbagliato, ma tutto ciò che ha fatto lo ha fatto solo ed esclusivamente per salvare suo figlio, o almeno per avere qualche speranza in più. Probabilmente se.. se fossi stata al suo posto anche io avrei agito contro ragione, avrei tentato il tutto per tutto. Noi.. noi siamo fortunati ad avere tutto quello che abbiamo, per cui io voglio e mi sento in dovere di aiutarli. Aspettavo te proprio per dirtelo, e speravo che anche tu pensassi lo stesso. E come al solito non mi hai delusa, sei un uomo meraviglioso..”
Sorrido e mi chino per baciarla, poi la stringo forte a me, emettendo un sospiro di sollievo.
“Perché non andiamo da Shirley a comunicarle le novità?” propone poi mia moglie.
“Adesso?” domando perplesso.
“Sì, se mi dai un quarto d’ora per cambiarmi e darmi una sistemata, andiamo prima di cena..”
Guardo l’orologio, alla fine sono solo le sei e mezza, abbiamo tutto il tempo.
“Va bene” annuisco “Che sia un quarto d’ora però!”
“Promesso!” Ana sorride e si avvia verso le scale.
Io, nel frattempo, vado nel mio ufficio e faccio un paio di telefonate importanti per accertarmi che non ci saranno imprevisti o incongruenze per il viaggio di Shirley e Ben a Boston, e poi torno in salone a coccolare un po’ i miei gioielli: quando sono rientrato avevo molta urgenza di parlare con Anastasia, e li ho solo salutati con un bacio al volo.
Da quando ho ascoltato le parole tremanti e colme di angoscia di Shirley, questa mattina, ho raggiunto la consapevolezza che la vita talvolta ci pone degli ostacoli davanti ai quali siamo impotenti: non possiamo controllarli, non possiamo impedire che arrivino e capovolgano la nostra vita. E davanti a questa consapevolezza sento ancora di più l’esigenza di stare con i miei bambini, proteggerli, tenerli stretti a me fino a quando mi è possibile, perché poi arriverà il momento in cui cresceranno e non saranno molto propensi alle coccole di mamma e papà.
Mentre sto aiutando Teddy a realizzare degli animaletti con la plastilina, con Phoebe arpionata al collo, Anastasia ci raggiunge con indosso un jeans e una felpa, ed è bellissima come sempre.
“Io sono pronta” annuncia.
“Dove andate?” domanda prontamente Teddy.
“Dobbiamo uscire per fare una cosa importante, ma ci mettiamo poco..” lo rassicuro, accarezzandogli i capelli.
Dopo un’abbondante dose di baci, Phoebe riesce a staccarsi da me e a riprendere a giocare con suo fratello.
Ana ed io ci spostiamo nell’atrio per indossare i cappotti, e poi usciamo sul portico, davanti al quale Taylor è già pronto accanto alla macchina.
“Andiamo?” domando porgendo la mano a mia moglie.
Lei mi sorride e intreccia le dita con le mie. “Andiamo”
 
E così, eccoci qui, a varcare l’ingresso dell’albergo, per annunciare a Shirley la nostra decisione. L’ascensore, come al solito, sembra sempre lentissimo quando hai fretta, ma in realtà sono intercorsi solo pochi minuti tra il nostro ingresso in albergo e l’apertura delle porte sul piano della stanza di Shirley.
Tengo salda la mano di Anastasia mentre percorriamo il corridoio e, giunti davanti alla porta, prendo un lungo respiro e poi busso con decisione.
Shirley apre pochi secondi dopo, sgranando gli occhi non appena mette a fuoco le nostre figure.
“Christian.. Mrs Grey.. c-cosa.. cosa ci fate qui?” domanda, perplessa e quasi spaesata.
“Possiamo entrare?” mi sforzo di mantenere un tono pacato, per non agitarla.
“Certo! Accomodatevi..” dice facendosi da parte.
Non appena entriamo, chiude la porta e poi ci mostra l’attaccapanni dove possiamo appendere i cappotti.
“P-prego, venite pure..” ci fa strada nel piccolo salottino e ci invita a sederci.
“Mamma, chi è?” domanda Ben, raggiungendoci. Si illumina non appena ci vede. “Ciao!” esclama con un sorriso.
“Ciao” rispondiamo in coro Ana ed io, ricambiando il sorriso.
“Siamo venuti per parlare di lavoro con la tua mamma” aggiungo io, giustificando subito la nostra presenza.
“Teddy e Phoebe non ci sono?” chiede poi, con un pizzico di delusione.
Ben ha fatto amicizia con i nostri figli quando ci siamo incontrati dal pediatra, e poi questa mattina è stato insieme a loro mentre noi parlavamo con Shirley. Hanno sviluppato una simpatia reciproca.
“No, però mi hanno detto di salutarti” risponde Anastasia.
“Tesoro” interviene Shirley “Perché non torni di là a vedere il film? Che dopo devi spiegarmi le scene che mi sono persa..”
“Va bene” risponde allegro il bambino, trotterellando in camera da letto e chiudendosi la porta alle spalle.
Shirley posa nuovamente lo sguardo su di noi. “Posso offrirvi qualcosa?”
“Per me solo un bicchiere d’acqua” dice Anastasia.
Oddio, considerando l’agitazione del momento, ci starebbe bene un superalcolico, ma questo lo tengo per me.
Shirley si dirige verso il mobile bar ed estrae una bottiglia d’acqua e alcuni bicchieri.
“A cosa devo la vostra visita?” chiede, versando il liquido trasparente nei bicchieri.
È tesa, si vede chiaramente. Forse teme che siamo qui per dirle che vogliamo denunciarla, o che deve sparire dalla nostra vita.
Mi volto verso Ana, che con un leggero cenno del capo mi invita a parlare. Bevo un sorso d’acqua e sospiro.
“Siamo qui perché dobbiamo dirti una cosa importante.. Dopo le tue rivelazioni di questa mattina, ho avuto.. Abbiamo avuto bisogno di qualche ora per pensare, per mettere a fuoco la situazione. Eravamo arrabbiati e.. sconvolti..”
“Lo so” mi interrompe lei “E so che chiedervi scusa di qui all’eternità non basterà per farmi perdonare per tutto quello che ho fatto, e per i casini che vi ho causato..”
“Non posso negare che in queste settimane ti ho odiata, ho odiato il tuo comportamento e la pretesa di sconvolgere la mia vita da un momento all’altro come nulla fosse. Ma oggi.. oggi ho capito perché l’hai fatto, e non posso dire che ti giustifico, ma ti capisco.. Per cui non ho alcuna intenzione di denunciarti..”
Shirley alza lo sguardo, e vedo il sollievo dipingersi sul suo volto. “I-io non so che dire.. grazie..” mormora, con la voce incrinata.
“Non è finita qui” dico poi, infilando una mano nella tasca interna della giacca ed estraendo una busta sottile.
La poso sul tavolino davanti a me. Shirley alterna lo sguardo tra me ed Ana, fissandoci perplessa.
“Che cos’è?” domanda, prendendo cautamente la busta, come se avesse paura di quello che può contenere.
Sospiro. “E’ un assegno di centomila dollari, per poter accedere alla cura sperimentale a Boston e per tutte le altre spese..”
La donna sgrana così tanto gli occhi che temo che da un momento all’altro possano uscire dalle orbite. “C-Christian..” sussurra.
“Ci sono anche i biglietti aerei per te, Ben e Jamie, e la prenotazione di un albergo a poche centinaia di metri dall’ospedale..”
Shirley lascia andare la busta sul tavolino e si copre il viso con le mani, piangendo rumorosamente. Anastasia mi stringe più forte la mano, e non ho bisogno di guardarla per sapere che sta piangendo anche lei.
“Io.. io non lo merito tutto questo..” singhiozza Shirley, tentando di fermare le lacrime. “Non posso accettarlo, non dopo tutto quello che è successo..”
“Tutto questo è per Ben” sentenzio “Lui merita di guarire e di vivere come tutti i bambini della sua età.. Ti prego, accetta..” sull’ultima frase il mio tono si addolcisce.
Shirley tentenna per qualche istante, dopodiché annuisce. “Grazie, davvero, grazie. Io.. vi devo la vita..”
Finalmente anche mia moglie riesce a riacquisire la parola. “Non devi ringraziarci. Siamo genitori anche noi.. e.. solo chi è genitore può immaginare quello che state vivendo..”
Ad un tratto sentiamo aprirsi la porta della camera da letto, e Shirley vola come un fulmine in bagno per non farsi vedere in lacrime da suo figlio.
Ben viene verso di me con in mano una macchinina bianca. “Puoi darla a Teddy? Questa mattina ci siamo scambiati le macchinine, lui mi ha regalato la sua verde, e io gli ho promesso che gli portavo la mia bianca..”
Mi volto verso Anastasia, che sorride intenerita.
Sorrido anche io e prendo la macchinina, felice che in qualche modo Ben possa avere un ricordo di Teddy e viceversa. “Gliela darò, stanne certo” lo rassicuro.
Ben mi ricambia con un dolce sorriso, e spero tanto che quel sorriso continui a vivere sul suo tenero volto per tanto, tantissimo tempo ancora.
Dopo pochi istanti Shirley esce dal bagno, con il viso rigenerato e sorridente.
“Mamma, quando mangiamo?”
“Ben, non fare il maleducato. Vedi che ci sono ospiti?”
“No, tranquilla. Noi adesso andiamo via..” mi alzo, e mia moglie fa altrettanto.
“Io.. io ancora non so come ringraziarvi, e probabilmente non riuscirò a ringraziarvi mai..” dice Shirley, con la voce emozionata e tremolante.
“Il nostro unico ringraziamento sarà sapere che tutto sarà andato bene, e basta” dice Anastasia, mentre ci dirigiamo verso la porta, attenta che Ben non la stia a sentire.
“Siete.. delle persone davvero meravigliose. Vi auguro tutto il bene e la felicità del mondo..” prende le mani di Ana, che non si ritrae, anzi gliele stringe forte.
In questo momento ha messo da parte tutti gli attriti, ed è solo una mamma di fronte ad un’altra mamma, con i loro sentimenti, le loro sofferenze e le loro debolezze.
“Ben, vieni a salutare!” lo richiama sua madre.
Il bambino ci raggiunge correndo. Mi chino per essere alla sua altezza. “Ti andrebbe di salutarmi con un abbraccio?”
Lui annuisce e circonda subito il mio collo con le braccia ed io lo stringo a me, sentendo il cuore battere forte e gli occhi inumidirsi. È vero, questo bambino non è mio figlio, ma mi sono affezionato a lui, è dolce, simpatico ed intelligente, e vorrei solo che guarisse e tornasse ad avere una vita come tutti gli altri bambini, felice e spensierata.
 
Più tardi, quella sera, quando salgo in camera per fare una doccia, trovo Anastasia appoggiata allo stipite della cameretta. Se ne sta con le braccia conserte e osserva i nostri bambini che dormono sereni.
La raggiungo e le cingo la vita con le braccia; lei sussulta leggermente, per poi rilassarsi un istante dopo e lasciarsi andare con la schiena contro il mio petto.
“Cosa c’è, amore?” le sussurro all’orecchio.
Ana sospira e intreccia le dita con le mie. “Li guardavo. E.. pensavo a tutto ciò che sta vivendo Shirley. Sono così piccoli Christian, così innocenti. Dove si trova la forza per affrontare un mostro del genere, per accettare che tuo figlio potrebbe...”
Non le do modo di terminare la frase, non riuscirei ad ascoltare il seguito, il solo pensiero mi fa gelare il sangue nelle vene. La faccio voltare tra le mie braccia e la stringo a me. La sento piangere e la lascio sfogare.
In questi giorni Ana e particolarmente sensibile, e come biasimarla dopo tutto quello che è successo?
“Dai piccola” mormoro, accarezzandole la schiena e i capelli.
Lei affonda ancora di più la guancia nel mio petto, stringendo la camicia tra le mani. Poso le labbra sulla sua tempia e le lascio qualche tenero bacio.
Non appena mi renda conto che si sta calmando, le prendo il viso tra le mani e la guardo negli occhi. “Amore, ascoltami. Purtroppo non sempre possiamo proteggere i nostri figli quanto vorremmo. Ci sono delle cose che esulano dalla nostra volontà e dalla nostra possibilità di azione. E credimi che questa consapevolezza mi distrugge, ma non possiamo lasciare che la paura prenda il sopravvento nella nostra vita. Dobbiamo essere positivi e pensare che tutto andrà bene. Capito?”
Anastasia annuisce e si asciuga pian piano gli occhi.
“E poi, mal che vada, arriva il pinsipe con il cavallo bianco per Phoebe o il supereroe con il mantello per Teddy e risolvono tutto!!” sdrammatizzo per farla ridere.
E ci riesco.
E il sorriso di mia moglie rimane sempre una delle sette meraviglie del mondo, per me.
Ana mi guarda con quegli occhi che diventano più azzurri, più limpidi dopo che ha pianto, e mi sfiora dolcemente le guance con i polpastrelli.
“Sei tu il nostro principe azzurro e il nostro supereroe. Sei il miglior marito e papà del mondo!”
Con il cuore che batte forte, avvicino le labbra alle sue e la bacio con tenerezza.
Non sono sicuro di essere davvero come mia moglie mi definisce, ma con lei e i nostri figli al mio fianco, qualche volta ho la sensazione di essere imbattibile. 


Due settimane dopo...

Apro la finestra della nostra camera, stando attento a non fare rumore per non svegliare Anastasia, ed esco sul balcone. Appoggio le mani alla ringhiera e inspiro profondamente, ammirando il panorama della penisola olimpica, che all’alba è ancora più incantevole di quanto già non sia.
È un momento di pura beatitudine: il silenzio, il cielo limpido, l’aria pura e i primi raggi di sole che fanno capolino, ricoprendo la distesa d’acqua di una sottile patina dorata.
“Christian” una voce dolce mi induce a voltarmi.
Anastasia sta venendo verso di me, stringendosi nella vestaglia di seta, con gli occhi assonnati.
“Amore” le porgo la mano, lei la prende e mi raggiunge.
La stringo forte a me, baciandole una tempia e strofinando le mani sulle sue braccia per scaldarla.
“Che cosa fai qui? È presto..”
“Lo so, però questo paesaggio è stupendo, e a quest’ora ancora di più!”
Ana annuisce e punta lo sguardo davanti a noi, appoggiando la guancia al mio petto e inspirando profondamente. Amo tenerla così stretta a me, tra le mie braccia, senza pensare a nulla.
“Hai ragione, è così bello!” mormora.
Le prendo il mento tra le dita e le sollevo il viso. “Tu sei più bella!”
Ana sorride, e arrossisce come ogni volta in cui le faccio un complimento.
La guardo negli occhi e, posando le mani sui suoi fianchi, la bacio con dolcezza, assaporando lentamente le sue labbra. Pochi istanti dopo Anastasia intrufola le dita nei miei capelli e approfondisce il bacio, schiudendo la bocca e lasciando che le nostre lingue si incontrino.
Rafforzo la presa sui suoi fianchi, inebriandomi del suo profumo e del suo sapore. Mia moglie si lascia sfuggire un gemito puramente femminile e piacevolmente stuzzicante, che fa aumentare a dismisura la mia voglia di lei.
Senza interrompere il bacio, le metto un braccio dietro la schiena e uno dietro le ginocchia e la sollevo, portandola in camera. Giunto accanto al letto la metto giù, e le sfilo la vestaglia, lanciandola sulla poltroncina.
Guardo negli occhi mia moglie, e vi leggo quella passione, quella dolcezza e quell’amore che in sei anni non sono cambiati, anzi giorno dopo giorno sono sempre più forti, sempre più vivi. Ed io sono sempre più innamorato di lei, e ogni volta in cui mi perdo nei suoi occhi mi sento a casa, in pace con il mondo.
Le sfioro delicatamente il viso con le dita, sentendola rabbrividire leggermente.
“Sei bellissima” le sussurro, con tutto l’amore che sento dentro, e che sembra farmi scoppiare il cuore.
Anastasia mi rivolge quel sorriso capace di illuminare la notte, e solleva il viso per baciarmi. Le sfilo piano la camicia da notte, scoprendo il suo meraviglioso corpo nudo, ricoperto solo da un paio di slip di pizzo rosa. Prendendola per i fianchi, la faccio stendere di schiena sul letto, portandomi su di lei. Automaticamente le sue cosce si allargano per farmi spazio e le sue braccia cingono il mio collo, come a volermi tenere sempre stretto a sé.
Spingo il bacino verso il suo, e la sento sospirare rumorosamente quando la mia erezione preme contro la sua parte più morbida.
“Sei troppo vestito” mormora poi, afferrando l’orlo della mia maglietta e tirando verso l’alto per sfilarla.
Collaboro il più possibile per accontentarla, e poi torno a concentrarmi su di lei, posando i gomiti sul letto all’altezza del suo viso, per non schiacciarla con il mio peso.
La guardo negli occhi, sorprendendomi ogni volta di scoprire quanto siano ancora più belli quando sono lo specchio della sua eccitazione.
“Ti amo” sussurro ad un tratto. Non so in che altro modo far fuoriuscire tutto quello che sento per questa meravigliosa donna, la mia meravigliosa donna.
Ana sorride, di quel sorriso che arriva ai suoi occhi e mi annienta, e mi accarezza il viso mentre posa con dolcezza le labbra sulle mie.
“Ti amo anch’io” sussurra a sua volta.
Con il sorrisetto che tanto adora, sposto le labbra dal suo viso al suo collo e lentamente lo assaporo, scendendo pian piano verso la curva della spalla, e poi verso il seno. I suoi capezzoli si inturgidiscono, invitandomi ad assaggiarli, ed è quello che faccio, mentre le dita di Anastasia giocano con i miei capelli, stringendo e tirando.
Dal suo seno scendo ancora verso la pancia piatta, e ad ogni bacio i suoi gemiti sommessi e i suoi sospiri aumentano sempre di più, facendo convogliare tutto il mio sangue all’altezza dell’inguine. Voglio condurla allo stremo, perché una volta che sarò dentro di lei non credo che resisterò a lungo.
Quando le mie labbra arrivano a sfiorare l’unico, minuscolo indumento che la copre, sollevo il viso e la guardo negli occhi, e giuro che potrei impazzire alla sola vista del suo sguardo così eccitato e famelico.
Afferrando saldamente le sue mutandine, gliele strappo e le lancio da qualche parte dietro di me, dopodiché mi avvento con la lingua nella sua essenza più intima, il mio Eden personale, assaporando, dando e prendendo.
Avverto quando Ana è al limite, e si colpo mi stacco dalla mia e sua fonte di piacere. Mia moglie emette un ringhio di frustrazione e mi rivolge uno sguardo contrariato. Non posso fare a meno di lasciarmi sfuggire una risatina.
“Cosa c’è?” la prendo in giro, allineando nuovamente i nostri corpi e portando il mio viso all’altezza del suo.
“Ti odio!” sibila tra i denti.
“Ah sì?” la provoco, e poi sostituisco due dita a dov’era la mia lingua poco fa.
E questo è sufficiente per farle perdere la capacità di formulare una frase sensata. Si aggrappa ai miei bicipiti, inarcando la schiena. Ma ancora una volta, non appena mi rendo conto che sta per raggiungere il punto di non ritorno, glielo impedisco.
Anastasia apre gli occhi, ma non allenta la presa sui miei bicipiti.
“Ti prego, Christian” mi supplica.
Sì, sarò anche un bastardo sadico, ma adoro da morire quando fa così.
“Cosa Ana? Cosa vuoi?”. In realtà so benissimo cosa desidera, ma voglio sentirglielo dire.
Lei punta gli occhi nei miei e arrossisce. “Fammi venire” mi supplica ancora.
Rifletto per qualche istante. “Mm.. si può fare. Ma solo con me dentro di te..”
Lo sguardo di Ana si addolcisce, e le sue dita percorrono leggeri sentieri sul mio viso. “Allora fai l’amore con me” mormora con un tono così profondo e così dolce da farmi tremare il cuore.
Non aspetto un minuto di più: mi alzo per sfilarmi rapidamente pantaloni del pigiama e boxer, e pochi istanti dopo sono dentro di lei.
Ana si lascia andare ad un sospiro di soddisfazione, e giuro che devo ricorrere a tutto il mio autocontrollo per non permettere che tutto finisca ancor prima di cominciare. Inizio a muovermi lentamente dentro di lei, e le sue cosce arpionano il mio bacino, consentendomi di andare più a fondo.
È una sensazione semplicemente paradisiaca.
Anastasia fa correre le mani sulle mie braccia, poi sulle spalle, sul collo, e infine giunge al viso, carezzandolo teneramente mentre mi bacia, unendo tra le nostre labbra i miei e i suoi gemiti, in un puro distillato di passione e dolcezza. È incredibile come la magia di fare l’amore con mia moglie non sia mai sfumata in questi sei anni, come accade a moltissime coppie, ma al contrario ogni volta è sempre più bella della precedente.
“Christian” ansima Ana, completamente in estasi.
“Sì piccola, vieni per me..” sussurro, aumentando l’intensità e la forza delle mie spinte.
Pochi istanti dopo Anastasia stringe forte le mie braccia e si lascia andare al piacere, lanciando un urlo che mi fa letteralmente impazzire. Non passa molto tempo prima che anche io raggiunga l’orgasmo e mi lasci andare su di lei, e per alcuni minuti mi ritrovo in uno stato di limbo, sospeso nel mio Paradiso.

“Mi sa che dovremmo vestirci” osserva Ana, accoccolandosi a me e strofinando il naso sul mio petto. “Credo che tra poco i bambini si sveglieranno, e correranno qui, e saranno mooolto impazienti..”
Ridacchio, cingendole le spalle con il braccio e baciandole una tempia.
Oggi è Pasqua, e sicuramente Teddy e Phoebe, non appena si sveglieranno, scalpiteranno per avere le loro uova di cioccolato.
A pranzo saremo tutti insieme a casa dei miei genitori, e, se la conosco bene, mia madre avrà organizzato una caccia alle uova colorate per tutti i nipotini.
Questa sera, invece, c’è il primo compleanno dei gemellini di Mia ed Ethan, e mia sorella ha voluto organizzare loro una festa in un ristorantino sul lago Washington.
“Tra un po’ dai, tanto è ancora presto. E poi non mi va proprio di staccarmi da te..”
Ana solleva il viso e mi sorride, prima di far incontrare le nostre labbra in un tenero bacio.
“Hai ragione, di solito la mattina siamo sempre di fretta. È raro poter restare così..”
Sorrido e la stringo di più a me, godendomi questi piccoli attimi di silenzio. Quel silenzio bello, che nasce semplicemente perché tutto ciò che c’è da dire non lo dicono le parole, ma il battito del cuore, il sorriso e i piccoli gesti, come le labbra di Anastasia che si posano leggere sul mio petto, o le mie mani che accarezzano i suoi capelli.
Dopo diverso tempo, sentiamo dei rumori sospetti provenire dalla camera dei bambini. Mi alzo di scatto e corro in bagno, raccogliendo nel frattempo la camicia da notte dal pavimento e lanciandola ad Ana, che ridendo di mette a sedere e la indossa.
Quando esco dal bagno, mia moglie è beatamente distesa nel nostro letto, che non è ancora stato invaso dai nostri figli, ed è bellissima, con i capelli bruni distesi a ventaglio sul cuscino, e sul viso quell’espressione di appagamento post-sesso che è semplicemente divina.
Nell’esatto momento in cui mi distendo nuovamente accanto a lei, la porta della camera si spalanca, e due piccoli diavoletti saltano sul nostro letto, tuffandosi tra le nostre braccia.
“Buongiorno!!” esclamiamo Ana ed io in coro.
Phoebe viene ad accoccolarsi al mio petto, ed è una delle sensazioni più belle del mondo. “La mia principessa bellissima!” dico consumandole la guancia di baci e facendola ridere.
Teddy, invece, si siede sulle gambe di Anastasia e si lascia coccolare; ha un vero e proprio debole per la sua mamma, tipico dei figli maschi.
“Possiamo aprire le nostre uova?” chiede poi il mio ometto.
“Naaah, io ho sonno e voglio dormire..” dico stendendomi e fingendo di riaddormentarmi.
“No papà daii!” Teddy mi scuote, e Phoebe lo imita.
“Prova a fargli il solletico” gli suggerisce Ana, sussurrando.
Ma prima che i bambini possano provarci, li acciuffo entrambi e li faccio finire di schiena sul materasso.
“Il solletico? Adesso vi faccio vedere io!” comincio a fare il solletico ad entrambi, ed è uno spasso vederli ridere e dimenarsi.
Amo da morire questi momenti di giochi, scherzi e complicità, questi momenti solo nostri, unici, semplici, e alla fine sono quelli che contano di più. È bellissimo sentire il suono della risata dei miei figli, e vedere lo sguardo colmo di amore e adorazione di Anastasia, che ci osserva sorridente.
“Papà sei una schiappa!” mi prende in giro mia moglie.
Io interrompo la tortura ai miei bambini, e mi avvicino a lei, fissandola con le sopracciglia sollevate.
Il suo sorriso si spegne. “No Christian..” mi avverte.
“No cosa?” dico un attimo prima di piantare le dita nei suoi fianchi e riservare la stessa tortura anche a lei.
“Dai Christian..” farfuglia mia moglie, ridendo e tentando di sfuggirmi. “Bimbi difendetemiii!!” urla poi.
Teddy e Phoebe si uniscono a noi, creando una meravigliosa confusione, e pochi istanti dopo ci ritroviamo tutti e quattro abbracciati tra le lenzuola, con il fiatone per la lotta, ma felici e innamorati.
 
Qualche ora più tardi, dopo un’abbondante colazione dominata dal cioccolato e una lunga attesa, da parte mia e di Teddy, che le donne di casa si facessero belle, siamo finalmente a casa dei miei genitori. Parcheggio l’auto accanto a quella di mio fratello e poi Ana ed io scendiamo, apriamo le portiere per slacciare i seggiolini a Teddy e Phoebe e li lasciamo finalmente liberi di correre tra le braccia dei nonni, che come al solito li accolgono e li coccolano come se non li vedessero da sei mesi.
“Buona Pasqua ragazzi!” esclamano i miei genitori, abbracciando me ed Ana.
“Anche a voi” rispondiamo mia moglie ed io.
“Elliot e Mia sono già arrivati, aspettavamo solo voi..” ci informa mio padre, mentre entriamo in casa.
“Le mie donne hanno impiegato parecchio tempo a prepararsi, puoi immaginare..”
Anastasia alza gli occhi al cielo. “Sei noioso” mi strizza una guancia e vi lascia poi un tenero bacio, sotto lo sguardo divertito di mia madre e mio padre.
Raggiungiamo il salone, dove troviamo i miei fratelli con coniugi e bambini. Dopo diversi minuti di saluti, abbracci e auguri, soprattutto ai piccoli Elliot e Christian per il loro compleanno, i bambini si mettono a giocare, mentre noi grandi gustiamo un aperitivo, chiacchierando del più e del meno.
Per il pranzo mia madre ha apparecchiato in giardino, è una bellissima giornata di sole, tiepida, e leggermente ventilata: una perfetta giornata di primavera.
È buffo vedere quanto le tavolate di famiglia siano anno dopo anno più numerose, ed è una cosa che mi riempie il cuore. Fino a qualche anno fa non apprezzavo a fondo questi momenti in famiglia, ma l’amore e la paternità hanno cambiato la mia visione della vita, o meglio, mi hanno aperto gli occhi su tante cose che prima mi ostinavo a non guardare.
“Dai amore non la vuoi la pappa??” Mia supplica il piccolo Christian per farlo mangiare.
Elliot, invece, è più mangione del fratello, se non stiamo attenti affonda anche la testa nel piatto.
“Non vuole mangiare?” domando, sedendomi accanto a mia sorella.
“Solitamente è di buon appetito, ma in questi giorni fa un po’ di capricci. Forse è di malumore per i dentini..”
“O forse semplicemente è brontolone come lo zio omonimo” mi stuzzica mio fratello.
Afferro un mucchietto di arachidi da una ciotolina e gliele lancio contro.
“Ragazzi!!” ci richiama mia madre, divertita.
“Bambini direi..” la corregge Kate, che insieme a mia moglie ci osserva scuotendo la testa e sorridendo.
“Zia posso dargliela io la pappa?” interviene Teddy.
“Amore mio” mia sorella gli accarezza i capelli “Non credo che questo monello ceda..”
Mio figlio, però, imperterrito e determinato come suo padre (non per vantarmi), prende lo stesso il cucchiaino dal piattino e lo porta verso la bocca del suo cuginetto.
“Vedi Chris, è buono!” cerca di convincerlo.
E la cosa più incredibile è che Christian apre davvero la bocca e accoglie quella specie di poltiglia altrimenti nota come pastina.
Ethan e Mia sgranano gli occhi.
“Non ci credo” dice mio cognato.
“Oddio, amore della zia, ti assumo come babysitter!”
“Che cos’è un bisitter?” domanda confuso Teddy, facendo ridere tutti noi.
“E’ una persona che si occupa dei bimbi piccoli..” gli spiega Ana.
“Allora sì, lo faccio!” conferma mio figlio, continuando a dare da mangiare al piccolo Chris.
Ana ed io ci guardiamo negli occhi, orgogliosi del nostro bambino, e forse un pizzico impauriti dal fatto che il tempo scorre veloce, troppo veloce, e da un momento all’altro i nostri figli diventano grandi, prima ancora che possiamo rendercene conto.
Non appena i piccolini di casa hanno finito di mangiare, mia madre e mia sorella portano in tavola il pranzo per tutti noi, che emana un profumo fantastico.
Il pranzo procede sereno, scorrevole e bellissimo, in un’atmosfera di famiglia, di unione, di complicità, di divertimento e di leggerezza.
Poso il braccio sulle spalle di mia moglie, che chiacchiera amabilmente con Kate, Mia e mia madre di cose puramente femminili, e contemporaneamente discuto con mio padre, Elliot ed Ethan di baseball. Mi godo le attenzioni della mia famiglia e mi sento in pace con me stesso e con il mondo. Ana di tanto in tanto si volta, mi sorride, mi bacia teneramente la guancia, e così fanno anche mia sorella e mia cognata con i rispettivi mariti. Non avrei mai pensato di dirlo, e tantomeno di viverlo, ma è così bello sapere che siamo tutti felici innamorati e realizzati; certo ne abbiamo ancora di strada da fare, ma l’importante, secondo me, è che ognuno di noi sembra aver trovato il proprio posto nel mondo, ed ora dobbiamo essere bravi a lottare per questo posto, per questa serenità e per l’unione della nostra famiglia.
Incontro lo sguardo di mia madre, e dalla luce e dalla serenità che esprimono i suoi occhi mentre osserva i suoi figli, credo stia pensando la stessa cosa.

“Allora pronti??” domanda mio padre.
“Sììììì!!” urlano i bambini.
“Allora uno.. due.. e tre! Via!!!”
Al via i bambini cominciano a correre per il giardino alla ricerca delle uova colorate (tipico gioco della tradizione pasquale americana, NdA). Noi li guardiamo dal gazebo, e ci divertiamo quasi quanto loro a vederli correre e sgambettare qua e là, arrabbiandosi quando non riescono a trovare nulla, e illuminandosi quando riescono a mettere qualche uovo nel cestino. Sebbene non abbiano imparato ancora a camminare bene, anche i gemellini partecipano al gioco, aiutati da mamma e papà.
Anastasia si siede sulle mie gambe, ed io le cingo la vita con le braccia.
“Si stanno divertendo, eh?”
Mia moglie annuisce e ride. “E’ così bello quando sono tutti insieme..”
“E guardate poi Teddy come aiuta Elizabeth, la segue ovunque..” nota Kate, divertita.
“Si sente grande..” osserva Elliot.
“Ha un istinto di protezione che è qualcosa di eccezionale, è un enorme pregio!” interviene mia madre.
Ana ed io sorridiamo, orgogliosi del nostro cucciolo.
Pochi minuti dopo i bambini fanno ritorno con i cestini pieni, felici e fieri della loro caccia.
“Guarda papà, tanti tanti!!” Phoebe mi mostra il suo cestino, colmo di uova multicolori.
“Ma sei bravissima!!” esclamo, prendendola in braccio e facendola volteggiare.
Ethan prende in braccio entrambi i suoi figli, uno a destra e l’altro a sinistra. “Avete visto anche Elliot e Chris quanto sono stati bravi?”
“Sono stati bravissimi!” dice Ana, scompigliando i capelli ad entrambi e facendoli ridere.
“Anche le principesse di papà sono state eccezionali!” mio fratello coccola le sue bambine, che sorridono fiere.
Da quando sono nate Ava ed Elizabeth mio fratello è diventato un coccolone; chi l’avrebbe mai detto. Ma, d’altronde, non l’avrei mai detto neanche per me stesso, quindi…
“Ma le sorprese non sono finite!” interviene mia madre, posando sul tavolo un enorme cesto di vimini. “Qua ci sono delle uova di cioccolato per dei bimbi che sono stati bravissimi!!”
“Sììììì!!” esclamano tutti i piccolini, arrampicandosi sulle sedie per arrivare sul tavolo.
“Alt, alt!!” li ferma mio padre, prima che si avventino nel cesto. “Ognuno ha il suo uovo, e per scoprire qual è, dovete guardare bene le carte..”
Resto perplesso, non comprendendo a pieno cosa intenda dire mio padre. Lo capisco un attimo dopo, quando mio fratello tira fuori il primo uovo, e notiamo che sulla carta rosa sono stampate diverse foto di Ava, così come le altre uova, due con la carta rosa e tre con quella azzurra, portano le foto di Phoebe, Elizabeth, Teddy, Elliot e Chris. Beh, devo ammettere che con questa trovata delle uova con la carta personalizzata con le foto i miei genitori si sono davvero superati.
Felici come solo alla loro età si può essere, i bambini cominciano a scartare le uova, e sono stupendi i loro occhi che si illuminano davanti a tutto quel ben di Dio di cioccolato e sorprese all’interno delle uova.
“Possiamo mangiare un po’ di cioccolata?” domanda mio figlio, facendo da portavoce per tutti e sei.
“Sì” rispondo “Però prima ringraziate i nonni..”
Teddy, Phoebe, Ava ed Elizabeth scendono dal tavolo e corrono a rifugiarsi tra le braccia dei miei genitori.
“Grazie nonni!” esclamano tutti e quattro in coro, mentre mia sorella ed Ethan prendono in braccio i gemellini in modo che possano unirsi all’abbraccio.
I miei genitori tengono stretti a sé i loro nipoti, e potrei giurare di vedere i loro occhi lucidi.
Se lo meritano: la nostra felicità e quella dei nostri figli ha in loro le radici più solide e profonde.
 
Chris ed Elliot, uno in braccio ad Ethan e l’altro in braccio a Mia, battono le manine, mentre noi cantiamo in coro Happy birthday to you. Davanti a loro ci sono due piccole torte rotonde con la panna bianca e azzurra, nei loro occhioni si riflettono le luci delle due candeline.
Mi sembra incredibile che sia già passato un anno dal giorno, o meglio dalla notte, della loro nascita. Ricordo ancora sulla pelle l’ansia della corsa in ospedale, l’angoscia di mia sorella prima che arrivasse suo marito, le lunghe ore di attesa. E poi, finalmente, la notizia che tutto era andato bene, che mia sorella stava bene e i bambini erano sani e forti.
Ricordo ancora l’emozione di quando li vedemmo per la prima volta, attraverso il vetro del nido; erano piccoli ma bellissimi, e il primo pensiero che mi balzò alla testa fu che mia sorella ce l’aveva fatta, dopo l’incubo che aveva attraversato, dopo aver sofferto tanto, aveva finalmente realizzato il suo sogno, dando alla luce due piccoli miracoli. Ricordo ancora l’emozione immensa di vederli per la prima volta, tenerli in braccio, e scoprire che Mia ed Ethan avevano deciso di dare loro il mio nome e quello di mio fratello.
Il nome è qualcosa di importante, che resta per sempre, e tutt’ora quando ci rifletto non riesco a credere a dove arrivi l’affetto di nostra sorella per noi.
La guardo, felice, sorridente ed emozionata, insieme a suo marito e ai suoi bambini, e mi sento felice per lei, per quello che sta costruendo, per i traguardi che ha raggiunto e i sogni che ha realizzato. Avrà anche ventotto anni, ma per me è sempre la mia piccola sorellina.
Al termine della canzoncina, i bimbi soffiano sulla propria candelina, ridendo felici quando riescono a spegnerla.
Quando arriva il turno della nostra foto di rito, io prendo in braccio Elliot, Ana tiene Chris, mentre Teddy e Phoebe salgono sulle sedie dietro al tavolo. I figli di mia sorella credo abbiano preso da lei: adorano stare al centro dell’attenzione e fare foto, il che è difficile da riscontrare nei maschietti.
Prima di lasciare il posto ad altri invitati per le foto, mia sorella chiede uno scatto solo mio con in braccio il piccolo Christian, in quanto padrino di battesimo. Il mio nipotino mi osserva curioso e ride, mostrando i tre piccoli incisivi che gli sono spuntati, e che rendono il suo sorriso semplicemente adorabile. Lo tengo stretto a me e, mentre il fotografo scatta, rinnovo tra me e me quella promessa che ho fatto il giorno del battesimo: amo il mio nipotino, né più né meno di quanto ami gli altri tre, ma essere il suo padrino significa essere una guida per la vita; spero di esserne all’altezza, spero di insegnargli ciò che è buono e ciò che è cattivo, e spero di saper esserci per lui in qualsiasi momento.
La foto più bella, però, è quella che ritrae tutti i bambini insieme. Anziché scattarla banalmente accanto alle torte, il fotografo preferisce farli sedere tutti sul prato. Teddy tiene tra le gambe Elliot e contemporaneamente cinge con un braccio le spalle di Elizabeth, mentre Chris è seduto tra Phoebe ed Ava: sono semplicemente meravigliosi.
Dopo aver preso la mia fetta di torta al buffet, intravedo mia sorella seduta su uno dei divanetti e la raggiungo.
“Cosa fai qui tutta sola?” chiedo, sedendomi accanto a lei.
“Approfitto del fatto che i bambini siano stati rapiti dai nonni per riposarmi un attimo. Non sono più abituata a portare tacchi alti..” dice, affondando la forchettina nella sua fetta di torta.
Ridacchio. “Mi sa che hai ragione..” osservo, assaggiando a mia volta la torta: una squisitezza di crema chantilly e fragoline di bosco.
“Ti è piaciuta la festa?” domanda.
“Certo. È stata una festa bellissima. Posto stupendo, cibo ottimo, anche l’intrattenimento è stato bello, ma d’altronde l’hai organizzata tu, quindi non avevo alcun dubbio..”
Mia sorella ride, allungandosi verso di me e baciandomi una guancia. “Grazie!”
“Non mi avrai mica lasciato il segno del rossetto?” domando, strofinandomi la guancia.
“No tranquillo, l’ho testato durante tutta la serata sulle guanciotte dei miei figli e non ha lasciato tracce”
Rido, guardandomi poi intorno, alla ricerca dei miei nipotini. Chris è in braccio a mia madre, mentre Elliot gioca con lo zio omonimo.
“Sono sempre più belli” mormoro “E poi sono così intelligenti, allegri!”
Mia sorella volge lo sguardo nella mia stessa direzione e sorride orgogliosa. “Non è sempre facile gestire due bambini piccoli contemporaneamente, spesso non sappiamo cosa fare, e soprattutto io ho paura di dedicare più attenzioni ad uno piuttosto che all’altro. Però poi.. li guardo giocare insieme, ridere, dormire, scoprire il mondo, adesso stanno anche facendo i primi passi, e un pochino mi sento fiera di me stessa e di mio marito..”
Poso il piattino sul tavolino accanto al divanetto. “Devi essere fiera di te stessa e di tuo marito. Siete dei genitori eccezionali. Crescere due gemelli non è semplice, ma basta guardare il sorriso sul volto di Elliot e Chris per vedere quanto siete bravi con loro..”
Mia sorella mi guarda con gli occhi che luccicano e uno splendido sorriso sul volto.
“Grazie” mormora accoccolandosi al mio petto.
Sorridendo, le cingo le spalle con un braccio e le bacio una tempia.
“Qui c’è qualcuno che reclama la sua mamma!!”
Mia ed io solleviamo lo sguardo e vediamo venire verso di noi mio padre con in braccio il piccolo Elliot.
Mia sorella si alza e prende in braccio suo figlio. “Cucciolo della mamma” sussurra, mentre il bimbo appoggia la guancia alla sua.
“Io vado a cercare mia moglie” dico lasciando una carezza sulla testa al mio nipotino e avviandomi verso l’interno del ristorante.
Scorgo Ana in lontananza che chiacchiera ad un tavolo con Kate e mia madre e la raggiungo. Mia moglie sorride vedendomi arrivare, e si alza per venirmi incontro.
“Dov’eri?” domanda, prendendomi le mani.
“Chiacchieravo con mia sorella. Hai assaggiato la torta?”
Ana scuote la testa. “Non mi va..”
La cosa mi risulta strana, Anastasia non rifiuta mai un dolce.
“Come mai?”
“Ho mangiato troppo oggi, tra il pranzo dai tuoi genitori e la festa..”
Le sfioro una guancia con il dorso delle dita. “Sicura che sia solo questo? Non ti senti bene?”
“Nono, sto benissimo. Mi sento solo lo stomaco in subbuglio per il troppo cibo..”
“Mm, hai ragione. Effettivamente forse abbiamo un pochino esagerato” la prendo tra le braccia e la bacio, fino a quando una tenera vocina non ci interrompe.
“Mamma andiamo a casa?” si lamenta Phoebe.
Mi chino per essere alla sua altezza. “Perché amore? Non ti stai divertendo?”
Lei annuisce. “Però sono stanca..”
“Cucciola” la prendo in braccio, e lei adagia comodamente la testa sulla mia spalla. “E’ stanca” mi rivolgo ad Ana, che mi sorride e accarezza i capelli di nostra figlia.
Tenendo in braccio Phoebe, che nel giro di pochi minuti si addormenta tra le mie braccia, accompagno Ana a cercare Teddy, e poi salutiamo la nostra famiglia, prima di andare via.
È stata una giornata piena e stancante, ma bellissima, all’insegna della famiglia e dell’atmosfera di festa. Ne avevamo proprio bisogno.
 
Allungo il braccio accanto a me, alla ricerca di mia moglie, ma trovo solo le lenzuola stropicciate e fredde. Apro di scatto gli occhi e sbatto le palpebre più volte per abituarli all’oscurità. Mi metto a sedere e do un’occhiata al cellulare: le quattro del mattino.
Mi alzo per cercare Anastasia, e giuro che se la trovo di nuovo in cucina ad ingozzarsi mi metto ad urlare. In queste ultime settimane spesso e volentieri di notte o prima di andare a dormire la trovo con la testa nel frigorifero a cercare dolci e spuntini vari. Anche se, a dire il vero, dopo la grande abbuffata dell’altro ieri tra il pranzo dai miei e la festa dei gemellini, ieri ha mangiato meno del solito, ma in fondo la capisco, anche io ho avuto lo stomaco sottosopra tutto il giorno.
Prima di imboccare le scale per scendere al piano terra, come sempre mi affaccio in cameretta, e mi sorprendo di trovare Anastasia lì, seduta sul divanetto, che osserva i nostri figli.
“Pss” sussurro, mentre entro in cameretta.
Ana sussulta leggermente, ma sorride non appena solleva lo sguardo. “Hey” mormora.
Mi siedo accanto a lei. “Ero convinto di trovarti in cucina a mangiare..”
Lei ride silenziosamente. “No, tranquillo, nulla del genere.. Solo che.. mi sono svegliata e non riuscivo più a riaddormentarmi..” poi rivolge lo sguardo ai nostri bambini “Guardarli dormire mi rilassa..”
C’è qualcosa che non mi convince nella sua voce, come se ci fosse qualcosa che mi sfugge, che la tormenta.
“Piccola” sussurro, prendendole il mento tra le mani e costringendola a guardarmi negli occhi “C’è qualcosa che non va?”
Lei chiude gli occhi e scuote la testa. “No, va tutto bene” mi sorride, ma questo non mi tranquillizza.
Durante la giornata di ieri è stata un po’ strana, alternava momenti di dolcezza e serenità ad altri di nervosismo ed intrattabilità.
“Sei sicura amore?”
Ana sorride e annuisce. “Sì, amore, davvero..”
La bacio con dolcezza e poi la attiro contro il mio petto, carezzandole i capelli e baciandole più volte la fronte.
“Christian” dice ad un tratto mia moglie, sollevando il viso “Lo sai che ti amo da morire, vero?”
Sgrano gli occhi, colpito da questa sua improvvisa insicurezza. Non posso fare altro che stringerla forte a me e trasmetterle attraverso questo abbraccio tutto il mio amore. “Certo che lo so. Anche io ti amo piccola mia, da morire..”
 

Il giorno seguente

Un bussare deciso alla porta interrompe la voce di Ros, che stava illustrando agli uomini seduti al grande tavolo di vetro le linee guida del nostro progetto futuro. La mia fedele vice mi rivolge un’occhiata contrariata: sa che non amo le interruzioni durante le riunioni.
“Avanti!!” esclamo.
La porta si apre e si materializza la figura di Andrea, che si chiude la porta alle spalle e si scusa per l’interruzione, chiedendo poi di parlare un attimo in privato con me. Mi scuso con tutti e mi alzo, raggiungendo la mia assistente con non poca ansia: Andrea mi conosce bene, e se ha interrotto la riunione, vuol dire che si tratta di qualcosa di importante.
“Cosa succede?” domando, abbassando la voce in modo che possa sentirmi solo lei.
“Mi perdoni, Mr Grey, non avrei mai voluto disturbarla, però.. è arrivata sua moglie e vorrebbe parlare con lei..”
Inarco un sopracciglio: cosa ci fa Ana qui, in pieno orario di lavoro?
“Mia moglie?”
“Sì, io le ho detto che lei era in riunione e l’ho fatta accomodare nel suo studio. Lei mi ha detto che può tranquillamente aspettare la fine della riunione.. però.. ecco, l’ho vista un po’ agitata, scossa.. Non so..”
Adesso inizio seriamente a preoccuparmi, non è da Anastasia piombare qui all’improvviso, e le informazioni di Andrea non fanno che confermare il mio timore che sia successo qualcosa di serio.
“Grazie mille Andrea, hai fatto benissimo..”
Lei sorride e torna al suo lavoro. Io torno al tavolo delle riunioni, ma senza sedermi.
“Signori, mi scuso immensamente, ma c’è stato un piccolo imprevisto che richiede il mio intervento. Spero di risolverlo nel più breve tempo possibile, e nel frattempo affido la direzione dell’incontro a Miss Bailey, che è praticamente la mia metà..”
“Solo in azienda ovviamente” precisa Ros, strappando una risata a tutti gli uomini che circondano il tavolo.
Con un sorriso forzato li congedo ed esco, raggiungendo rapidamente il mio ufficio.
Anastasia è in piedi davanti alla vetrata, con il viso rivolto verso Seattle. Si volta di scatto non appena sente la porta chiudersi.
“Hey”
Le vado incontro, baciandole le labbra. Mi basta uno sguardo fugace per capire che c’è qualcosa che la tormenta.
“Andrea mi ha detto che eri in riunione..”
“Sì, ma non sarei mai riuscito a mandare avanti la riunione sapendo che tu eri qui, senza sapere il motivo..”
Lei annuisce, sospirando.
“Ana” le prendo il viso tra le mani e la guardo negli occhi “Che cosa succede?”
Mia moglie si stacca da me, e cammina su e giù davanti alla scrivania.
“Io non avrei mai voluto piombare qui all’improvviso, solo che non sapevo cosa fare..”
“Anastasia, è successo qualcosa ai bambini?” chiedo timoroso.
“Nono, tranquillo. Teddy è all’asilo e Phoebe alle giostre con Mia e i gemellini..”
Tiro un sospiro di sollievo. “Allora che cosa sta succedendo? Ti prego amore dimmelo, sto impazzendo..”
Ana alza gli occhi al cielo e prende un lungo sospiro. “Io.. avrei potuto aspettare te oggi pomeriggio, perché non volevo disturbarti a lavoro, solo che non riuscivo più ad aspettare.. Avrei potuto farlo da sola ed evitare di aspettare, ma da sola non ce la faccio, ho bisogno di te..”
Mi passo nervosamente una mano sul viso: sono sempre più confuso, non capisco assolutamente nulla.
“Tesoro per favore, ti prego, mi spieghi di cosa stai parlando? Non.. non riesco a capire niente se parli così..”
Con un altro profondo e rumoroso sospiro, Ana afferra la sua borsa, che aveva appoggiato su una poltrona, la apre e prende un piccolo sacchetto di plastica.
Non appena vedo l’oggetto che estrae dal sacchetto, il mio cuore perde un battito, per poi ricominciare la sua corsa veloce, velocissima, al punto che sembra che voglia fuoriuscire dal petto.
Un test di gravidanza.
 
 


 
   
 
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