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Autore: nikita82roma    21/07/2017    5 recensioni
Ambientata prima dell'ultimo episodio della prima stagione. Castle e Beckett sono sulla scena del crimine di un duplice omicidio, una coppia di coniugi con una bambina in affido: Joy entrerà prepotentemente nella vita di castle e ancora di più in quella di Beckett. Il passato si scontrerà con il futuro, scelte, errori e decisioni vecchie e nuove porteranno i nostri dentro un percorso dal quale uscirne non sarà facile, dove giusto e sbagliato non sono così netti e dove verranno prese decisioni sofferte.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Nuovo personaggio, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima stagione
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- Joy cosa c’è? Stai male? - Rick era rientrato in camera della bambina e l’aveva trovata con le mani a coprirsi le orecchie e la testa tra le ginocchia. Non la vedeva in volto, ma da come sussultava aveva capito che stava piangendo. Le accarezzò la schiena fino a quando non si calmò.

- Tu e Kate non dovete litigare per colpa mia. - Gli disse tirando su con il naso sotto la mascherina, guardandolo con i suoi occhioni verdi, gli stessi occhi di Kate, gli fece male solo pensarlo.

- Non è colpa tua, Joy. - Provò a rassicurarla.

- Sì, invece. Prima tu e Kate eravate amici, ora urlate e vi trattate male. Io non voglio questo. - Rick le asciugò le lacrime con un fazzoletto e poi le prese le mani parlandole dolcemente.

- No, Joy, tu non hai colpa di niente. È vero, io e Kate eravamo amici, ma quello che sta accadendo non è colpa tua, ma delle sue scelte. Kate ha sbagliato, con me ma soprattutto con te. Doveva essere sincera.

- Tu la odi adesso, vero?

- Non la odio, sono solo molto arrabbiato ma soprattutto deluso. Io non voglio che lei ci faccia ancora del male, mi capisci? - Joy annuì.

- Kate ti ha fatto del male?

- Mi fidavo di lei e lei non è stata sincera, mi ha fatto molto male. - Ammise alla bambina.

- Anche io mi fidavo di lei. Pensavo fosse mia amica, invece lei… era la mia mamma e non me lo ha detto… - Gli occhi di Joy tornarono a riempirsi di lacrime. Rick la strinse a se, era proprio quello che voleva evitare.

- Joy, io non voglio tenerti lontano da lei, però non voglio nemmeno che soffri. Dimmi tu cosa vuoi fare, ti prometto che farò tutto quello che vuoi per farti stare bene. - Le sussurrò mentre la cullava per farla calmare. Pensò che forse aveva esagerato, che Joy in qualche modo avesse bisogno di una madre, ora che sapeva chi era. Aveva paura, però, che Kate in qualche modo riuscisse veramente a portarla via e dopo quello che si erano detti se lei avesse ottenuto la custodia di Joy, sicuramente lui non l’avrebbe più rivista.

- Io… non lo so Rick, sono confusa… Io rivorrei tutto come prima, quando eravamo negli Hamptons e stavamo bene. Quando Kate ancora non era la mia mamma…

- Lo vorrei tanto anche io, Joy… Non sai quanto mi piacerebbe che fosse ancora tutto come in quei giorni… - Le sussurrò mentre le dava un bacio tra i capelli, ed era vero, avrebbe tanto voluto che tutto fosse sempre come in quei giorni, quando era tutto più facile, quando lui e Beckett si erano avvicinati tanto quanto non gli sembrava possibile, quando era convinto che lei lo capisse e si fidava di lei. Anche lui avrebbe rivoluto avere quella Kate, quella che si era preoccupata per lui quando aveva finto di annegare in piscina, quella che lo stuzzicava e lo prendeva in giro, quella che lo ascoltava e consolava, quella che aveva baciato e con cui aveva fatto l’amore, quella che aveva dormito abbracciata a lui. Ecco perché era così arrabbiato con lei, perché con le sue menzogne aveva cancellato tutto quello e non la poteva perdonare, nemmeno per questo o forse soprattutto per questo. Pensò che era un vigliacco, che stava usando Joy per punirla per come si era comportato con lui e questo non lo rendeva di certo migliore di lei, ma ogni volta che se la trovava davanti, ogni volta che lei provava a toccarlo, sentiva come un fuoco bruciargli dentro ed era un fuoco fatto di rabbia e di tutto il resto che aveva sempre provato per lei, che ora però non voleva più sentire.

- È complicato Rick… - mormorò Joy

- Lo so piccola. Ma non c’è nessuna fretta. Quando sarai pronta potrai fare quello che vuoi, ok? - Le diede un altro bacio, poi la fece sdraiare nel letto. Era meglio che non si sforzasse troppo ancora.

- Rimani con me? - Gli chiese prendendogli la mano per paura che se ne andasse.

- Certo che rimango con te.

- Rick, ma se poi io volessi vedere Kate, tu ti arrabbierai con me?

- No, non mi arrabbierò mai con te. È normale che tu possa volerlo. Solo che ti chiedo di pensarci bene e di farlo quando ti senti veramente pronta.

 

Fu Jim questa volta a raccogliere l’ira di Kate. Raramente si era fatta vedere da suo padre così e quel lato del suo carattere irruente e aggressivo non lo vedeva più da quando era adolescente. Risoluta sì, ma non come quella sera. Non lo stava praticamente a sentire qualsiasi cosa dicesse, aveva solo ripetuto all’infinito lo stesso concetto: doveva fare qualsiasi cosa per farle riavere sua figlia. Lei rivoleva Joy, non sarebbe mai arrivata a tanto, ma Castle ce l’aveva spinta senza nemmeno prendere in considerazione più miti soluzioni che avrebbero fatto il bene di tutti, di Joy per prima. Sapeva che Castle le voleva bene e che stava facendo il meglio per lei ed era certa che sotto quel suo comportamento c’era dell’altro, un volergliela far pagare per questioni che non riguardavano Joy ma loro due. Era lui quello ferito che non la accettava prima ancora che sua figlia. Non avrebbe voluto, però, che Joy si trovasse in mezzo a quello, ad una lotta tra una madre che non ha mai conosciuto ed una famiglia che la ha accolta e supportata in uno dei momenti più delicati della sua già difficile vita.

Jim le promise che avrebbero fatto tutto il possibile, aveva già avvisato il suo socio che aveva contattato alti colleghi esperti in materia. Era stato previdente ed aveva anticipato i tempi, conosceva sua figlia e sapeva che il richiamo verso quella bimba sarebbe stato troppo forte perché mantenesse i suoi propositi di lasciar correre e non provare a riaverla con se. In fondo Katie era la sua bambina ed era convinto, nonostante tutto, di conoscerla un po' e non si era sbagliato.

Kate aveva parlato più volte con Alexis e Martha, soprattutto dopo che Joy era tornata a casa. Si informava ogni giorno di come procedesse il suo recupero e del suo stato di salute. Aveva già fatto il primo dei controlli settimanali in ospedale che si sarebbero ripetuti con la stessa cadenza per un paio di mesi. Alexis le raccontava soprattutto le cose migliori di quella situazione, del loro rapporto, di come lei e Joy di divertissero insieme in quella segregazione forzata, delle cose che le piacevano e di quelle che odiava. Martha, invece, contrariamente a quello che poteva pensare, era la più realista, si confidava con Kate dei problemi quotidiani che c’erano per creare quell’ambiente sicuro in cui Joy doveva vivere senza andare ad intaccare il suo sistema immunitario ancora troppo debole. Le raccontava anche di come Rick cercasse di renderle tutto un gioco per alleggerire la situazione e di come lei, invece, si rendesse conto della realtà delle cose quasi più di lui, ma non gli aveva mai detto nulla, per non deluderlo. “Rick si diverte a giocare” Joy così aveva detto a Martha e lei lo aveva riportato a Kate riuscendo, nonostante tutto, a strapparle un sorriso. Un amaro sorriso, perché Kate pensò che quello era proprio uno dei lati del suo carattere che lo aveva fatto innamorare e si sarebbe morsa la lingua se solo lo avesse detto e non pensato. Ma era troppo, anche il solo pensiero.

 

Kate era a casa quella mattina, era rimasta al distretto fino a notte fonda per interrogare un sospettato per portarlo alla confessione che c’era stata dopo un lungo gioco psicologico durato ore. Montgomery le aveva detto quindi di prendersi mezza giornata libera, si sarebbe vista con suo padre ed il suo socio più tardi per discutere di alcune cose riguardati la causa per l’affidamento di Joy e poi sarebbe andata a pranzo con Lanie. Aveva bisogno di evadere un po’, anche se sapeva che inevitabilmente anche con lei sarebbe finita a parlare di Joy e Castle e a confidarsi. Ma la sua amica aveva la capacità di riuscire ad alleggerire sempre tutto e di darle quello sprone che anche se spesso non voleva seguire, a volte le serviva per aprire gli occhi su realtà che non voleva vedere.

Aveva appena finito di prepararsi una tazza di caffè, avrebbe voluto berlo rilassandosi per qualche minuto ascoltando la sua musica preferita e provare a non pensare a nulla per un po’, ma il suono insistente del campanello ruppe il suo idillio ancora prima che lo potesse cominciare. Si sistemò l’ampia tshirt che aveva indossato per stare più comoda in quelle torride giornate di fine agosto ed andò ad aprire, preparandosi già alla visita di qualche venditore porta a porta da liquidare velocemente.

- Spiegami cosa è questo! - Sbraitò Castle appena aprì la porta entrando dentro travolgendola, tenendo stretto in pugno un foglio.

- Non so cosa sia Castle, vuoi spiegarmi? - Rispose senza allontanarsi dalla porta che continuava a tenere aperta.

- Me lo ha consegnato stamattina il mio avvocato. È la richiesta per l’affidamento di Joy che il tuo avvocato ha presentato al tribunale dei minori, ecco cos’è! - Urlò facendoglielo vedere. Beckett lesse velocemente annuendo.

- Allora? Ti avevo avvisato che l’avrei fatto. Non mi hai lasciato scelta.

- Vuoi veramente questo? Vuoi metterti a fare una guerra contro di me? È questo che vuoi per tua figlia?

- No. Io non volevo nessuna guerra, né con te né con nessun altro. Volevo solo avere la possibilità di conoscerla, di passare del tempo con lei, di far sì che lei conoscesse me. Non mi sembrava tanto, non mi sembrava troppo. Volevo solo conoscere mia figlia, Caste. Mia figlia. Ma tu non lo hai permesso e non mi hai lasciato nessuna alternativa. - Rispose decisa.

- Ah quindi secondo te sarebbe colpa mia? Chiediti perché non conosci tua figlia. Ha dieci anni e se non sai niente di lei e lei non sa niente di te c’è una sola responsabile e sei tu.

- Non abbiamo più nulla da dirci Castle, perché sei venuto qui? Cosa vuoi da me?

- Hai ragione, non abbiamo più nulla da dirci. Sono io che sono stato uno stupido a pensare che per una volta potessi fare qualcosa per quella bambina e non pensare solo ai fatti tuoi, non mettere te stessa al centro delle tue decisioni, a pensare prima di tutto a quello che è meglio per Joy ma evidentemente sbagliavo. Per te conti solo tu, vero? Prima non ti faceva comodo avere una figlia e l’hai scaricata, ora invece la rivuoi anche a costo di strapparla alla prima famiglia che la ama veramente che incontra nella sua vita. Complimenti Beckett, ti candideranno al premio madre dell’anno. - Perché era lì? Non lo sapeva nemmeno lui, non sapeva cosa dirle e l’unica cosa di cui era capace era attaccarla, perché così era più facile non doversi difendere. Guardava Beckett negli occhi, ad ogni sua parola vedeva il suo dolore e si sentiva meschino perché voleva proprio quello, voleva che soffrisse tanto quanto stava soffrendo lui, per lei.

- Vattene Castle. Esci da qui. E se da ora in poi hai qualcosa da dirmi, parla con il mio avvocato. Il nome ce l’hai.

Aspettò che uscisse e poi chiuse violentemente la porta di casa. Quello era solo l’inizio ed era molto peggio di quanto potesse pensare.

   
 
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